IV.

-Un tipo particolare quel Richie Tozier, eh?-
Eddie sollevò lo sguardo su Norman, seduto sul letto di fronte al suo, intento a sfilarsi le scarpe.-Non saprei.- Rispose, stringendosi goffamente nelle spalle.
In realtà Richie era strano sul serio. Dopo aver dato il benservito alla squadra di football, si era seduto tra di loro al tavolo della mensa e aveva iniziato a parlare di cose ridicole: il viaggio turbolento dal Maine alla Georgia, il pessimo clima cui si stava ancora abituando, le patatine fritte mollicce che distribuiva la mensa ("Le hai provate, Kaspbrak? Certo che le hai provate, sei qui da sei mesi. Non fanno schifo anche a te?" aveva cianciato, e prima che il giovane potesse rispondere aveva cambiato argomento di nuovo).
Per inciso, Eddie odiava il cibo della mensa. Non riusciva neppure ad immaginare la sporcizia che regnasse nelle cucine, e se la cuoca si preoccupasse di lavarsi le mani prima di iniziare a preparare anche il più misero dei toast. Ma era contento di non essere riuscito a fare un'affermazione del genere, perché a quel punto lo strano sarebbe stato lui, e non più Richie Tozier.
Norman intanto si stava cambiando per mettersi a letto, e Eddie rimase per un po' a fissare la sua schiena forte e abbronzata mentre infilava la maglia del pigiama.
Gli si strinsero le viscere, e si disse che prima o poi avrebbe dovuto fare qualcosa per rompere quella staticità asfissiante. Attirarlo a sé e baciarlo, come aveva già fatto altre volte con gente che conosceva ancor meno. Perché con lui era tutto più difficile? Perché aveva la sensazione che se avesse allungato una mano per toccarlo si sarebbe dissolto tra le sue dita come ectoplasma?
-Credi che ci starà attaccato per tutto il tempo, da ora in poi?- Chiese ancora Norman, infilandosi sotto le coperte.
Eddie posò la testa sul palmo per poterlo guardare meglio.-Non è un cane, Nor.-
L'altro si mise pancia sotto, le braccia infilate tra il materasso e il cuscino, il capo girato verso di lui.-Lo so. Non mi hai risposto, però.-
Il ragazzo sollevò una spalla.-Che ne so. Anche se fosse, non sarebbe male avere un nuovo amico.-
Norman distolse lo sguardo, sprofondando ancor di più il volto nel cuscino.-No, hai ragione. Non sarebbe male.-
Eddie non fu convinto da quella risposta, anche se non avrebbe saputo dire il perché.
Pur non avendo memoria degli anni precedenti al trasloco, ricordava di non aver mai avuto molti amici alle superiori: aveva instaurato un rapporto di confidenza con il suo compagno di banco, quel tanto che bastava per potergli chiedere una penna o telefonargli quando perdeva una lezione. Non si era neppure mai legato a nessuno, quelle con altri ragazzi erano state solo avventure di una notte precedute da qualche chiacchiera di circostanza mentre si attendeva che l'alcol facesse abbastanza effetto da potersi sfilare i pantaloni senza scrupoli di coscienza.
Ma Norman?
Norman era il sole.
Amava stare in mezzo alla gente, partecipare alle feste, ballare attorno ai falò sulla spiaggia. Ovunque andasse c'era gente che lo conosceva e gli offriva da bere. Persino i membri della squadra di football risentivano ancora della sua assenza, a quattro mesi dalla sua rinuncia.
Eddie sentiva di averlo costretto ad una vita di reclusione, in qualche modo. Pur di difenderlo, Norman si era allontanato da chiunque lo schernisse, e le persone erano davvero molte.
Si sentiva in colpa, costantemente, perché era evidente che l'altro ne soffrisse.
Ricordava di una notte, a settembre dell'anno prima, in cui era stata organizzata una festa in spiaggia, e nessuno sapeva ancora chi fosse Eddie Kaspbrak, e Norman era solo il nuovo e invadente compagno di stanza che l'aveva trascinato lì a forza.
C'era un fuoco altissimo appiccato in mezzo alla sabbia, e ovunque l'odore dell'alcol. Qualcuno aveva portato uno stereo, alla radio stavano trasmettendo una vecchia canzone funk.
Eddie era ancora intento a chiudere lo sportello della macchina che Norman si era già tuffato nella mischia, togliendosi le scarpe mentre correva, e aveva iniziato a ballare, in un modo che l'aveva lasciato a bocca aperta.
Lui non aveva mai avuto tanta disinvoltura e gioia di vivere.
Gli occhi di Norman brillavano più del fuoco, quella sera. Eddie non li aveva mai più visti luccicare così.
Per questo era anche un po' sollevato di aver conosciuto Richie.
Era picchiatello, sì, ma forse abbastanza da ignorare i commenti maligni degli altri studenti e rimanere con loro.
Eppure Norman non sembrava contento all'idea.
Se fosse stato più sicuro di sé, se avesse avuto più certezza dei sentimenti di Norman nei suoi confronti, Eddie avrebbe osato pensare che fosse geloso. Geloso che qualcuno potesse infilarsi nella loro bolla e ammaliarlo fino a portarlo via da lui, facendola scoppiare.
Ma Eddie era tutto fuorché sicuro di sé, per cui scacciò quel pensiero così com'era venuto, e si rigirò tra le coperte, spegnendo la luce e dichiarando chiusa la conversazione.

Eddie fu costretto a riaccendere la luce un paio d'ore dopo.
Dalla camera di fronte proveniva un rumore continuo e assordante che all'una di martedí mattina era scarsamente tollerabile.
Norman gemette e si coprí in fretta gli occhi con le mani.
-Eddie!- Strillò.-La luce, accidenti!-
-Mi dispiace, é che non riesco a trovare le scarpe al buio.-
-Ma perché, dove vai?-
-A cantargliene quattro.- Rispose bruscamente il ragazzo, allacciando rapidamente un paio di Converse nere.-Non é normale fare tutto questo casino in mezzo alla settimana.-
Norman parve d'un tratto piú che sveglio, e spalancò gli occhi.-Aspetta, sei sicuro di voler andare?-
Eddie infilò un'altra delle felpe che il compagno aveva lasciato in giro, appesa per il cappuccio sul bordo di una mensola.-Che potrebbe mai succedere?- Ribatté, passando una mano tra i capelli scompigliati.
-Non sappiamo nemmeno chi ha occupato la stanza di fronte. Potrebbe trattarsi di...-
-Un arrogante manesco che mi prenderà a pugni se gli chiedo di abbassare il volume?- Interruppe Eddie, seccato, le mani sui fianchi.-Credo che correrò il rischio.-
Uscí dalla stanza senza rivolgergli una seconda occhiata e rimase per alcuni istanti immobile nel corridoio, a metà tra la sua stanza e quella del chiassoso dirimpettaio.
Prese un paio di profondi respiri, tentando di tranquillizzarsi - ultimamente i tentativi di Norman di proteggerlo da tutto e tutti lo facevano scattare come una molla.
Il fatto che si preoccupasse per lui era straordinario, Eddie gliene era grato. Non sapeva come avrebbe passato quei mesi con il marchio del folle in fronte se non ci fosse stato Norman.
Ma aveva bisogno di affrontare la vita a modo suo ogni tanto - aveva diciannove anni e non poteva piú nascondersi dietro le spalle di qualcun altro.
Mosse qualche passo e bussò insistentemente sulla porta di legno per sovrastare la musica e il vocio.
Dopo diversi tentativi e colpi sempre piú bruschi gli fu finalmente aperto da una ragazza con un folto caschetto di capelli rosa.- Ti serve qualcosa?- Domandò seccata, per poi fare un palloncino con la gomma da masticare che aveva in bocca.
Eddie stette a fissarla per qualche istante.
Era sicuro di averla già vista in giro per il college, e sapeva che la stanza sarebbe stata assegnata ad uno studente nuovo, quindi non poteva trattarsi di lei.
La ragazza gli scoppiò il palloncino in faccia, facendolo trasalire.-Allora? Che vuoi?- Chiese ancora.
-Io...-
-Liz? Chi c'é?- Urlò una voce dall'interno, interrompendolo.
Liz, la ragazza dai capelli rosa, gli diede le spalle per rispondere:-Lo strambo.-
Eddie fece una smorfia e sentí venir meno le parole, al punto da rimanere completamente zitto quando sulla soglia, accanto a Liz, comparve Richie Tozier, con la stessa camicia hawaiana di quella mattina e una sigaretta spenta in mano.
-Eddie Kaspbrak!- Esclamò, afferrandolo per un braccio, e il giovane si ritrovò inaspettatamente tirato all'interno della stanza.
C'era uno stereo vicino al balcone che riproduceva musica rock ad un volume improponibile, l'aria della camera era grigia e densa di fumo e, per quel che il ragazzino poté vedere tra un colpo di tosse e l'altro, c'era una dozzina di persone appollaiata sui due letti e sulla scrivania.
-Sei qui per la festa?- Chiese Richie, offrendogli la sigaretta.
Eddie scosse il capo verso il mozzicone, poi coprí con le mani gli occhi che bruciavano.-No, sono venuto per chiederti di abbassare il volume.-
-Ehi, svitato!- Gridò qualcuno dal fondo della stanza, e Eddie riaprí gli occhi per incontrare quelli di un ragazzo moro con un pizzetto che andava nel '70.-Quando urli in piena notte nessuno viene in camera tua a rompere le palle per dirti di abbassare la voce.-
Si levò un coro di risatine che perforò le orecchie di Eddie piú dell'assolo di chitarra che stava riproducendo lo stereo.
Norman aveva ragione, avrebbe fatto meglio a non andare.
Richie Tozier gli mise una mano sulla spalla, facendolo sobbalzare.
Eddie si voltò a guardarlo: lui era l'unico a non ridere.
-Perché non vai a fare il simpatico da un'altra parte?- Gridò, scuro in volto, rivolto al ragazzo che l'aveva insultato.-La festa é finita.- Aggiunse poi, facendo un cenno a tutti gli altri.
Ci furono sbuffi e proteste, e Richie si allontanò da Eddie per tirare in piedi la gente seduta sui letti e spingerla fuori dalla stanza.
-Forza, circolare.- Diceva, gesticolando animatamente verso la porta, come un vigile.
Il ragazzino rimase a bocca aperta per tutto il tempo mentre a poco a poco la stanza si svuotava.
Alla fine rimasero solo lui e Richie, uno di fronte all'altro.
Il nuovo arrivato si avviò verso il balcone e lo aprí, facendo entrare aria pulita.
-N-non era necessario...- Balbettò Eddie, fissando la sua nuca.
Richie si voltò.-Scherzi? C'é puzza di uova marce qua dentro.-
Non era quel che Eddie intendeva, ma stava ancora metabolizzando l'accaduto: quel quasi sconosciuto aveva davvero cacciato via delle persone dalla sua stanza perché l'avevano offeso?
-Senti, Kaspbrak, devo assolutamente fumare.- Disse, sollevando la sigaretta che teneva ancora in mano.-Mi raggiungi fuori? Facciamo due chiacchiere.-
Di nuovo, al ragazzino non fu data occasione di rispondere. Richie era già uscito fuori al balcone, la sigaretta tra le labbra, quasi desse per scontato che avrebbe accettato.
Eddie era stanco morto e voleva solo tornarsene a dormire, ma stare con Richie gli parve un'alternativa migliore che rimettersi a letto solo per sognare atrocità. E poi, quel ragazzo meritava qualche minuto della sua compagnia, dopo quel che aveva fatto.
Eddie strinse il corpo minuto tra le braccia mentre lo raggiungeva all'esterno, il vento notturno a sferzargli il viso.
Richie aveva messo le mani a coppa sulla sigaretta nel tentativo di accenderla. La fiammella finalmente divampò, illuminando per pochi istanti i suoi occhi scuri.
Prese una lunga boccata dalla sigaretta e appoggiò le braccia alla balaustra, guardando dritto davanti a sé con lo sguardo scintillante.
La stanza di Richie affacciava sul cortile interno, di cui si vedeva il prato quasi grigio nell'oscurità.
Eddie infilò le mani nelle tasche della felpa di Norman, guardando con la coda dell'occhio le fronde degli alberi che ondeggiavano.-Perché l'hai fatto?- Insistette.
Richie buttò fuori il fumo, che salí verso il cielo come se fosse sbucato da un camino.-Sono stati sgarbati. Non mi piace circondarmi di persone del genere.- Portò di nuovo la sigaretta alle labbra carnose.-E poi, molti di loro non li avevo neppure invitati io. Si sono infilati in camera senza chiedere.-
-Avresti potuto mandarli via prima.-
Il ragazzo si strinse nelle spalle.-Sono una persona accomodante. Non me ne frega se qualcuno fuma una sigaretta in camera mia o alza il volume del mio stereo. Solo, non mi va che si trattino male gli altri.-
Eddie ricordò il modo in cui aveva guardato i ragazzi della squadra di football quella mattina. Non lo conosceva ancora abbastanza bene da distinguere le espressioni sul suo volto, ma probabilmente si trattava di rabbia.
-Hai davvero lasciato perdere Brian e Malcolm perché hai bisogno di una mano con lo studio?- Chiese, come colpito da un'illuminazione improvvisa.
Richie emise una bassa risata, l'ombra di una fossetta all'angolo della bocca, prima di fare un altro tiro.-No. Me la caverò grandiosamente anche senza il tuo aiuto, ma quei due sono dei veri stronzi. Come puoi sopportare che ti trattino cosí?- Domandò infine, girando la testa per guardarlo.
Eddie ne fu spiazzato.
C'era una sincera preoccupazione nei suoi occhi, che non si sarebbe aspettato da una persona che conosceva da cosí poco.
-Lo fanno tutti.- Rispose semplicemente.
Richie aggrottò le sopracciglia.-E tu non fai niente per impedirglielo?-
Il ragazzino si strinse nelle spalle.-All'inizio mi arrabbiavo.- Rivolse lo sguardo al pavimento di mattonelle, alle sue Converse immacolate e alle scarpette scucite di Richie.-Poi ho capito che era inutile, che la mia rabbia li faceva solo divertire di piú. Allora ho iniziato ad ignorarli.-
-Non sembra che stia servendo.- Richie inspirò l'ultima boccata dal mozzicone, poi lo spense e lo gettò in un vaso vuoto.
Inspiegabilmente, Eddie pensò al balcone suo e di Norman, strabordante di arbusti e fiori - il suo compagno di stanza sarebbe inorridito nel vedere il balcone di Richie cosí scarno, con vasi di coccio pieni di terra sterile disseminati qua e là.
-Non ci faccio nemmeno piú caso.-
-Non é vero.- Il ragazzo si voltò completamente verso di lui, le braccia incrociate.-Si vede che ci rimani male. Ammutolisci.-
Eddie si morse una guancia.-Beh, non é che sia questo gran chiacchierone, di solito.-
Richie fece una smorfia e scosse il capo, divertito.
Il ragazzino sentí un brivido corrergli lungo la schiena. Non gli piaceva trattare determinati argomenti, soprattutto con persone che conosceva appena, ma Richie aveva un modo cosí naturale di porsi, una sincerità cosí vivida, che trapelava da ogni poro, e un odore familiare, di menta e nicotina...
Era possibile si trattasse di uno dei ragazzi con cui aveva fatto sesso da ubriaco a qualche festa in cui si era imbucato? Anche se Richie aveva detto, quella mattina, di non essere mai stato in Georgia prima del college...
-Ti sembrerà strano,- Disse d'un tratto, deciso a strappare il cerotto.-ma mi sembra di conoscerti già. É possibile che ti abbia visto da qualche parte?-
Richie si appoggiò con la schiena alla ringhiera, le braccia ancora incrociate, la camicia che svolazzava attorno al suo corpo rivelandone la sottigliezza.-Non saprei, forse in qualche strip club.- Rispose, ammiccando.
Eddie si accigliò notevolmente.-Cosa? No! Non frequento certi posti.- Rispose di getto, poi, temendo di averlo offeso, chiese pacatamente:-Lavori in uno strip club?-
Richie si stava mordendo le labbra, tentando di trattenere una risata che alla fine gli esplose in petto, facendolo piegare in due.-Cielo, Kaspbrak. Sei uno di quelli che credono a qualsiasi cosa gli venga detta?-
-No.- Ribatté con stizza, il cipiglio confuso si era fatto minaccioso.
Richie se ne accorse, e aggiunse:-Sei anche permaloso.-
-No, che non lo sono.-
-Lo sei, Eds.-
A Eddie mancò il respiro.
"Sei troppo carino quando ti arrabbi, Eds.", risuonò improvvisamente una voce nella sua testa, squillante, di bambino.
-Non...- I suoi occhi si puntarono in quelli di Richie, neri e scintillanti come onice, e gli sembró di affogarci dentro.-non chiamarmi cosí.- Completò, ingoiando a fatica il groppo che aveva in gola.
L'altro sorrise, in un modo che gli fece tremare le gambe.
-Come vuoi, Eds.-

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