III.
Il lunedì fu una giornata movimentata e chiassosa.
Era iniziato il secondo semestre, e in quel periodo arrivavano nuovi studenti che non avevano frequentato il primo.
Eddie era stato svegliato dallo stridio di un megafono proveniente dal cortile, con cui il rettore dava il benvenuto alle matricole.
Sentiva sprazzi del discorso attraverso le finestre chiuse, la solita pappardella sul prestigio dell'università, sull'eccellente preparazione scientifica che metteva a disposizione, sulla struttura all'avanguardia.
Eddie fece una smorfia al pensiero che un altro centinaio di persone sarebbe venuto a conoscenza delle sue urla notturne, ormai era diventato la mascotte del college, tutti lo strattonavano e punzecchiavano come una pignatta.
Si rigirò tra le coperte e trovò Norman nel suo letto, un braccio infilato sotto il cuscino.
Avevano di nuovo dormito insieme?
Aveva avuto un altro incubo, quella notte - in cui era intrappolato in una galleria piena di specchi, come quelle dei Luna Park, e non riusciva ad uscirne in alcun modo. Non era stato il solito brutto sogno pieno di sangue e bestie fameliche. Era quasi la materializzazione di un'ansia - una paura soffocante, come se stesse per accadere qualcosa e il cuore gli palpitasse nel petto in attesa.
Si era svegliato con un ansito soffocato e la fronte imperlata di sudore ghiacciato. Norman si era seduto accanto a lui, gli aveva tenuto la mano per un po', poi dovevano essersi addormentati entrambi, sfiniti.
Eddie non pensava che avrebbero di nuovo condiviso il letto, dopo la notte dell'incubo con la cameriera. L'aveva interpretato come un evento straordinario, una cosa da una volta e basta, una consolazione a cui aveva ceduto in preda al terrore.
Eppure a distanza di quattro giorni eccoli di nuovo sdraiati uno accanto all'altro, sotto il pesante piumone che combatteva il freddo di metà febbraio.
Il ragazzo non avrebbe saputo dire se la cosa gli facesse o meno piacere: voleva bene a Norman, e forse una parte di lui lo desiderava. Forse una parte di lui avrebbe solo voluto stringerlo al petto e infilargli le mani sotto la maglia di cotone, sfiorando e stringendo la pelle che anni di esercizio avevano teso e modellato.
Ma Norman sembrava una creatura troppo distante, troppo eterea, per poter solo pensare di avvicinarla in quel modo. Tra tutte le sue piante, i suoi silenzi rilassati, gli occhi grandi e verdi, era come un cervo in mezzo alla foresta: Eddie temeva che se avesse allungato una mano per toccarlo sarebbe fuggito.
E in qualche modo sentiva di sporcare l'immagine che aveva di lui pensando a cose del genere, quasi stesse gettando carbone sul suo corpo immacolato.
L'altra parte di Eddie, però, era lontana da tutto quel filosofeggiare se desiderare Norman fosse sbagliato o meno. Perché c'era sempre quel senso di nostalgia nel suo petto, la sensazione della carne che tirava verso quella di qualcun altro, qualcuno di antico e distante, nel tempo e nello spazio. E in quella malinconia non c'era posto per il corpo di Norman - non era neppure contemplato.
Al quarto fischio del megafono, il biondo spalancò gli occhi, trasalendo.
Incontrando lo sguardo di Eddie, parve ammorbidirsi.-Cos'è questo rumore?- Chiese, la voce roca.
L'altro gettò un'occhiata verso la finestra alle loro spalle.-Il discorso per le matricole.-
-Oh, per amor del cielo.- Norman infilò la testa sotto il cuscino, come se avesse intenzione di rimettersi a dormire.
Come se fosse del tutto naturale, per lui, rimanere ancora nel letto di Eddie, anche se non ce n'era un vero bisogno. Come se fossero stati due amanti che si scambiavano convenevoli tra le lenzuola.
Di nuovo, Eddie non seppe cosa pensare. Di nuovo, l'idea di posargli una mano tra le scapole e accarezzarlo finché non si fosse riaddormentato lo sfiorò.
Non lo fece, perché la sua stessa mano parve rifiutare quel gesto, divenendo di marmo.
-Forse dovremmo alzarci.- Disse.
Le cose tra loro erano sempre state strane, al punto da sembrare normali. C'era sempre stata quella tensione tra la loro pelle, quell'elettricità aleggiante e inespressa, quelle parole non dette. Nessuno dei due si era mai preoccupato di farlo presente, ma Eddie sapeva che anche Norman si sentiva così: sul filo del rasoio.
La tensione non diventava mai lussuria, l'elettricità non diveniva tempesta, il silenzio non si faceva rumore.
Mancava qualcosa - e forse si trattava proprio di quel sentimento che Eddie teneva sottochiave, custodito per il ragazzo dai capelli ricci che odorava di menta e nicotina.
-Come fai ad avere tutte queste energie dopo la nottataccia che abbiamo passato?- Domandò Norman da sotto al cuscino.
Eddie non sapeva bene cosa rispondere. La verità era che andava avanti a caffè e ansia. Dato che non aveva ancora fatto colazione, solo ansia.
L'incubo degli specchi aveva peggiorato la situazione. Non che i suoi sogni fossero premonitori - sarebbe già morto mille e una volte in maniere atroci, altrimenti - ma c'era davvero qualcosa di diverso in quello.
Qualcosa che lo fece alzare in piedi, scavalcando malamente il corpo dell'altro.
-Vado a mangiare.- Avvisò, infilandosi una delle felpe che Norman aveva lasciato ad ammuffire sulla sedia davanti alla scrivania.-Cosa ti porto? Una brioche?-
Il biondo tirò fuori la testa dal cuscino, i capelli scompigliati come se ci avesse passato in mezzo un rastrello da spiaggia.-Sei sicuro di voler andare da solo?-
C'era una buona probabilità che qualcuno gli rovesciasse addosso del latte per il puro gusto di umiliarlo, di questo Eddie era perfettamente cosciente. Così come sapeva che avrebbe ricevuto occhiate di ogni tipo e che capannelli di ragazzi avrebbero mormorato pettegolezzi al suo passaggio.
Però non poteva continuare ad usare Norman come scudo umano - per troppo tempo aveva vissuto alle dipendenze di qualcuno, che fosse sua madre o...
Fece una smorfia.
Dei Perdenti?
Cos'era quel nome ridicolo, così all'improvviso?
-Sono sicuro.- Rispose, ricomponendosi.-Allora? Brioche? Caffè?-
Norman sorrise un po', illuminando la stanza come se le tende fossero state aperte e fosse entrato il sole.-Tutt'e due.-
Anche dopo la colazione, quel lunedì non smise di essere strano.
Prima l'incubo diverso da tutti quelli precedenti, poi Norman che dormiva nel letto accanto a lui, poi un ragazzo dai capelli ricci e neri che gli sedeva accanto a lezione di biologia.
Eddie aveva provato un tuffo al cuore quando, voltandosi per individuare la fonte di un rumore, si era ritrovato ad un palmo di naso da quel giovane, tutto altezza, zazzera scompigliata e coni gelato su una leggera camicia hawaiana che a febbraio avrebbe dovuto fargli gelare il sangue nelle vene.
Il temerario sconosciuto si era seduto al suo fianco senza troppe cerimonie, continuando a sbatacchiare in giro lo zaino rosso e i pesanti libri, e Eddie era rimasto a fissarlo per un bel po', forse senza neppure vederlo davvero, perché non riusciva a ricordare di che colore fossero i suoi occhi.
Sapeva solo che il ragazzo ad un certo punto si era voltato e, inaspettatamente, aveva inarcato un angolo della bocca in un mezzo sorriso, che aveva lasciato Eddie ancor più stordito.
Perché uno sconosciuto avrebbe dovuto sorridergli?
L'idea che stesse cercando di flirtare aveva attraversato per un istante la mente di Eddie, che subito aveva calato il capo sul quaderno pieno di appunti, poco intenzionato a farsi distrarre durante una lezione cosí importante.
E soprattutto poco intenzionato a fare gli occhi dolci a qualcuno mentre Norman gli era seduto vicino.
Gli avrebbe dato fastidio? Eddie non avrebbe saputo dirlo, considerata la singolarità della loro relazione - piú di amici, meno di qualsiasi altra cosa - ma era meglio non rischiare.
Norman aveva il cuore tenero e Eddie avrebbe sempre evitato a tutti i costi qualsiasi cosa potesse ferirlo.
A fine lezione il ragazzo aveva tirato un sospiro di sollievo: avere accanto quel riccio con le caldane era stato piú faticoso di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere.
Lo sconosciuto non aveva fatto nulla per attirare la sua attenzione, ma Eddie aveva trovato difficile non guardarlo di sottecchi, di tanto in tanto, animato da una particolare curiosità. Gli era capitato, altre volte, di rimanere a fissare qualche bel ragazzo in autobus e fantasticare su dove stesse andando, su cosa ci fosse nella sua busta della spesa, su che musica stesse ascoltando nelle cuffiette.
Ma quello non era proprio il momento adatto per lasciarsi andare alle fantasie.
Eddie aveva continuato a rimuginare, e anche adesso era seduto sulla panca di un tavolo della mensa, una matita già mangiucchiata in bocca su cui continuava ad aggiungere morsi, appunti di biologia alla mano.
C'erano delle parole mancanti qua e là, e Eddie sapeva di essersele perse mentre guardava il profilo sottile dello sconosciuto, il naso e gli zigomi taglienti, i capelli ricci che quasi sfioravano il foglio su cui stava scrivendo per quanto stava curvo.
Ancora, Eddie non avrebbe saputo dire cosa ci fosse di cosí interessante in lui, ma lo era sicuramente piú della lezione che stava seguendo, e questa era la sua unica scusante.
Norman gli diede un colpetto sulla spalla, facendolo sussultare.
Il biondo era seduto sulla panca vicino a lui, una gamba incrociata sul sedile in legno e l'altra allungata sotto al tavolo. Erano gli unici due ad occuparlo, per cui di spazio per mettersi comodi ce n'era in abbondanza.
Quello, pensò Eddie, era uno dei pochi vantaggi dell'essere evitati dall'intero corpo studentesco.
-Che c'é?- Chiese, voltandosi per incontrare l'espressione assorta di Norman.
-Ti mancano le parole "ossidazione", "elettronegatività", "permanganato"...- Eddie prese a segnare velocemente mentre Norman continuava e continuava, in un elenco che pareva infinito.
Quest'ultimo si fermò all'improvviso, aggrottando le sopracciglia, lasciando l'altro con la matita a mezz'aria in attesa dell'ultima parola.-Perché eri cosí distratto?-
Eddie sentí il sangue affluirgli alle guance. Non era proprio il caso di dirgli che la sua attenzione era stata deviata da un bel paio di labbra e capelli neri come la pece.-Ripensavo all'incubo.- Mentí, abbassando subito gli occhi sul quaderno di Norman per trovare da sé la parola che l'altro non sembrava intenzionato a riferirgli.
"Combustione".
-Ehi, quello non é il ragazzo che era seduto accanto a te stamattina?-
Eddie si sentí come attraversato da una scossa elettrica, e incontrò con occhi agitati il punto che Norman stava indicando.
C'era effettivamente il suo sconosciuto qualche metro piú in là, circondato da alcuni membri della squadra di football, tra cui Brian e Malcolm.
Il primo teneva un braccio tornito attorno alle spalle del riccio, che sembrava cosí ancor piú gracile.
Parlottavano fitto fitto, sulle labbra dei giocatori un sorriso compiaciuto.
-Lo staranno convincendo ad entrare nella confraternita.- Commentò Norman, distogliendo lo sguardo con disinteresse, tornando ai suoi appunti.
Quindi é un nuovo studente, si disse Eddie.
Una parte di lui pensò che non poteva essere altrimenti, perché fosse stato lí già dallo scorso semestre, l'avrebbe sicuramente notato.
Una mano invisibile gli serrò le budella all'idea che quei meschini del club di football lo stessero già monopolizzando, negandogli ogni possibilità futura di avvicinarglisi.
Non che Eddie avesse effettivamente voglia di conoscerlo.
O forse sí? Un nuovo amico non poteva di certo fare male.
Ma sarebbe stato inutile, era sicuro che di lí a poco Brian gli avrebbe raccontato di quanto era folle il ragazzo che dormiva nell'ala A, al secondo piano, stanza ventisette, e che era meglio richiedere una camera nello stabile adiacente.
E fu proprio mentre Eddie stava per voltare il capo per tornare allo studio che lo sconosciuto guardò nella sua direzione, e il primo non trovò piú la forza di girare la testa, come inchiodato.
Neri. Aveva gli occhi neri. Eddie per un po' vi si perse, anche se da quella distanza non era in grado di definirne l'esatta forma o sfumatura.
Malcolm intercettò quello scambio di sguardi e ridacchiò, dando una pacca sulla spalla a Brian.
Subito i due giocatori si strinsero ancor di piú attorno al ragazzo, e iniziarono a mormorargli qualcosa all'orecchio, un po' ridendo, un po' lanciando occhiate di chiaro scherno verso Eddie.
La mortificazione serrò lo stomaco di quest'ultimo, fredda e pungente, mentre la vergogna gli imporporava le guance, ma lo sconosciuto non rideva insieme a Brian e Malcolm. Anzi, rimase imperturbabile, gli occhi fissi su Eddie con la stessa attenzione e delicatezza di pochi istanti prima.
Si distaccò dal gruppo, un guizzo della mandibola, e Eddie lo osservò sgomento mentre si avvicinava a lui di gran carriera.
-Ehi!- Gli urlò Brian, sbracciandosi.-Hai sentito quel che ti ho detto? É pazzo!-
Il riccio si bloccò a metà strada, le mani sui fianchi mentre si voltava verso la squadra di football, e Eddie deglutí a fatica, in attesa di capire cosa sarebbe accaduto - sarebbe tornato indietro da loro? Gli si sarebbe avvicinato per prenderlo in giro?
Il riccio parlò, e Eddie sentí per la prima volta la sua voce, roca e sgraziata.-Ecco, vedi, Bruce...-
-Brian!- Lo corresse Malcolm, minaccioso ma comunque ignorato.
-...il vostro gruppo é figo e tutto il resto, ma non sembrate molto intelligenti.- Il ragazzo indicò con un solo gesto Eddie e Norman, che gli guardavano la schiena accigliati.-Loro saranno anche pazzi, però credo siano secchioni, e ho proprio bisogno di una mano con lo studio.-
Norman spalancò notevolmente la bocca, Malcolm iniziò a blaterare qualcosa in difesa dei suoi compagni e del caposquadra, che si era crucciato con le ampie braccia conserte, e Eddie strillò allo sconosciuto, senza riflettere:-A chi hai dato del pazzo secchione?-
Questi si voltò, un sorriso sghembo stampato sul viso magro.-A te.- Rispose, e gli tese una mano.-Sono Richie Tozier. E tu?-
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top