1«A NEW BEGINNING»
»capitolo revisionato
•Canzone nei media: "Carry on my wayward son"
*
Stiles
La sveglia suonò alle sette e quarantacinque, dieci minuti prima del solito.
Abitavo abbastanza vicino al liceo di Beacon Hills, ma da quando avevo iniziato a passare a prendere Lydia a casa sua tutte le mattine, mi svegliavo sempre un po' prima.
Stoppai la musichetta che voleva farmi scendere dal letto molto svogliatamente con la mano, tentando di non addormentarmi nuovamente nell'atto.
Sentii le coperte avvolgermi le gambe e il resto del corpo portando con esse una strana sensazione di tepore, qualcosa che noti solo se ti focalizzi con tutti i tuoi sensi.
In quel momento stavo odiando il calore, come se quello esterno di fine estate non fosse già sufficiente.
Aspettai fermo circa cinque minuti, che mi servirono a realizzare che ero davvero sveglio e che avrei dovuto fare attenzione a quando mi sarei alzato.
La settimana prima ero rimasto impigliato nelle lenzuola e, a mio malgrado, ero caduto in perfetto stile bradipo, sbattendo il mento sul comodino.
Quando mi alzai, ancora con la vista offuscata, andai a scontrare contro la lavagna di vetro, che la sera precedente non avevo accostato al muro. In quei mesi non avevo né fili rossi, verdi o gialli appesi ad essa; gli ultimi li avevo tolti quando eravamo riusciti a scacciare il Nogitsune dalla mia mente.
A volte mi ritrovavo a pensare che quella creatura fosse ancora insediata in qualche angolo remoto del mio cervello e che stesse solo aspettando il momento giusto per uscire e farmi a pezzi.
Un essere che fa parte di te e che ti corrode dall'interno, dove in teoria dovresti essere protetto.
C'erano dei momenti in cui avrei voluto sotterrare la testa nel cuscino, momenti in cui invece riuscivo a resistere, calmare i battiti e respirare.
E quest'ultimi avvenivano sempre più spesso, fortunatamente.
Mi vestii mettendomi una camicia rossa e dei jeans, mentre pensavo a come sarebbe stato rivedere tutti i miei amici dopo le vacanza estive, dopo che ci eravamo a malapena sentiti per tre mesi.
Probabilmente la morte di Allison aveva contribuito a creare un vuoto fra noi; i fili si erano spezzati, come quando io li tagliavo con le forbici.
Speravo solo di poter fare dei nodi su questi, ricongiungere il tutto.
"Ci vediamo a scuola"
E me lo dice a luglio, l'inizio di quella che prevedo essere una lunga estate.
"Niente telefonate Stiles" mi ammonisce mio padre, con lo sguardo più serio che sia mai riuscito a fare.
"Perché?", ormai ho le lacrime agli occhi, "Perché?".
Niente, solo un freddo silenzio.
"Non chiamare nessuno dei tuoi amici, per favore".
"Non posso parlarti Stiles".
Avevano paura, erano completamente terrorizzati da quello che era successo.
La morte di una cacciatrice porta a questo: spinge le gente a pensare che se anche una ragazza così abile a combattere può morire, noi cosa avremmo potuto fare?
Quando scesi le scale per andare a fare colazione cercai di tenere un passo leggero per non svegliare mio padre, ma mi ci volle qualche secondo per scoprire che era già andato all'ufficio di polizia.
Le assi delle scale allora cominciarono a scricchiolare sotto il mio passo, ormai incurante di recare disturbo.
Presi velocemente una brioche dalla tavola e la mangiai con un solo morso ritrovandomi poi qualche briciola sulle guance e sul tappeto.
Mi ripromisi di pulire tutto al mio ritorno da scuola, cosa che poi ovviamente non feci.
Decisi di non prendere con me la giacca, lasciandola appoggiata sul divano; chiusi la porta di casa e andai verso la mia jeep azzurra e nera.
Entrai nella vettura e girai la chiave per l'accensione.
Il motore sembrava inceppato, ma la speranza è l'ultima a morire, dicono.
"Ti prego, ti prego parti", pensai sperando che non succedesse niente fuori programma.
Ovviamente non partì e fui costretto a scendere per riparare il guasto.
Aprii il cofano e vidi che uno dei tubi aveva un buco. Vi ci avvolsi il nastro adesivo grigio, che ormai tenevo sempre nello zaino, e avvitai uno dei bulloni con la chiave inglese.
La mia jeep ormai era più scotch che motore, non so come facesse ad essere ancora funzionante.
La prima volta che ho guidato questa macchina, sono finito dritto in una buca. Quello è stato il giorno in cui mio padre mi regalò il mio primo nastro adesivo.
Risalii in macchina e, dopo aver girato la chiave due volte, finalmente il motore partì.
Feci retromarcia fino ad arrivare alla fine della strada e poi andai dritto verso la casa di Lydia.
Bussai alla porta e la banshee fu subito lì davanti a me, impeccabile come sempre. Indossava un vestito che le arrivava fino a metà coscia, con una fantasia floreale. Portava i suoi splendidi capelli biondo fragola legati in una treccia a destra con un piccolo fiore alla fine. Un profumo delicato la avvolgeva, raggiungendo in fretta anche me.
«Ciao Stiles», mi abbracciò sorridente, accorciando così le distanze fra noi.
Da quando sono stato posseduto dal Nogitsune, lei mi si era avvicinata molto.
Non me ne spiegavo il motivo, avrebbe dovuto terrorizzarla il fatto di aver di fianco me, un assassino.
Colui che aveva ucciso la sua migliore amica.
Basta, non pensarci. Toglitelo dalla testa, non farlo notare a nessuno.
Non...
«Grazie del passaggio», disse facendomi l'occhiolino, gesto che le faceva risaltare ancora di più le ciglia perfettamente truccate.
Non capivo perché me lo dicesse sempre, ormai era diventata un'abitudine.
Ero innamorato di lei da sempre, credo, anche se non l'avevo mai ammesso.
Scott mi definiva un po' un "maniaco" nei suoi confronti e, se ripenso a come ero prima, devo ammettere che aveva ragione. Non sapevo come attirare la sua attenzione, e tutt'ora faccio fatica a starle accanto.
Eppure finalmente avevo capito che Lydia non era una ragazza modello, di quelle semplici che si vedono nei film.
Lei era una ragazza completamente diversa dal mito che le avevo creato attorno anni fa, capivo cosa c'era veramente sotto quello spesso strato di false sicurezze.
«Tranquilla, Lyds», ricambiai il saluto io.
Poi, sempre sorridendo, si diresse verso la macchina, con me dietro.
Come sempre.
«Scusa il ritardo, ma la jeep non partiva», dissi mentre guidavo per le strade di Beacon Hills.
«Non potresti cambiarla? Ormai ce l'hai da tanto tempo» propose giocherellando con le frange delle sua borsetta di pelle chiara.
Appena appoggiai la mano sul freno, le molecole della mia pelle vibrarono, come se il semplice avvicinarmi a lei creasse instabilità in me.
«Sai come la penso! Nessuno va lasciato indietro, compresa la jeep».
Ormai tutti i miei amici avrebbero voluto sbarazzarsi della mia macchina, ma cercavo già all'epoca di non ascoltarli. Era diventato una sorta di rituale: loro criticavano la vettura e io la proteggevo in modo paterno.
«Sì sì, scusa», mentre rideva, spinse verso l'esterno le sue labbra, come era solita fare.
Adoravo quando lo faceva.
Abbassò lo specchietto per passarsi alcuni strati di un rossetto rosa pallido sulle labbra. Quando ebbe finito si voltò verso di me, con sguardo soddisfatto.
«Va bene?», domandò mentre riponeva dentro la borsa il lucidalabbra.
Avrei potuto dirle tante di quelle cose in quel momento, avrei potuto dirle qualsiasi cosa.
Cosa darei per averlo fatto prima.
Mi limitai a dire: «Perfetto».
Quando finalmente arrivammo davanti al liceo, notai che la moto di Scott era già parcheggiata vicino alle altre.
«Sono già qua» avvisai Lydia, che però aveva prontamente notato il gruppo.
«Guarda, sono lì», Lydia mi prese per mano e iniziò a correre verso il nostro branco.
«Ehi, ragazzi!» urlò per farsi notare, sventolando le braccia in aria.
Scott e Kira si stavano tenendo per mano.
Lei a lui piaceva molto, ma a volte avevo come l'impressione che stesse nascondendo tutto il dolore che prova per la morte di Allison, e che non avesse nessuno con cui condividerlo.
Fa meno male in due, eppure lui non voleva dare questo carico a nessuno. È sempre stato così: avrebbe rischiato di morire, piuttosto che fare male a qualcuno che ama.
Per quando riguardava Lydia, lei e Kira erano diventate buone amiche e, se devo proprio dirlo, il duo Kitsune-Banshee mi faceva alquanto paura.
Abbracciai Scott e salutai Kira, poi mi riavvicinai al mio migliore amico e gli misi un braccio attorno alle spalle, in modo un po' goffo.
«Pronto, lupo mannaro?»
«Andiamo».
Detto questo ci dirigemmo verso l'aula della nostra prima ora di lezione.
Come ai vecchi tempi, come quando tutto era ancora normale.
Ma in quel momento era questa la nostra normalità.
Come ai vecchi tempi.
*
Spazio autrice:
Buon salve!
Come si capisce dal titolo, questa storia sarà un crossover tra TeenWolf e Shadowhunters. L'idea mi è venuta in sogno (dettagli) e sarà anche una Stydia.
Come sempre ditemi che ne pensate.
Un abbraccio,
darkwaystofly💕
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