Verità
Morgan rimase fermo a bordo campo. O meglio, a bordo piscina: con tutto quel fango sembrava di essere in una palude.
Il mister lo guardò. "Forza Morgan, entra anche tu". "Va bene".
Se non ho interpretato male questo esercizio è fatto per allenare il gioco aereo...
Appena entrato ricevette palla da Austin, controllò di petto e saltò. "Ma che fa?". Con una sforbiciata servì Jude e riatterrò in piedi, sollevando un'ondata di fango.
Morgan fissò il regista negli occhi.
E muoviti a capire!
Scott, d'altro canto, era appena finito con la faccia nel fango. "Andiamo Scott! Che fai, dormi?". "Scusate ragazzi... non mi sento tanto bene".
Il ragazzino uscì dalla piscina di fango, andando in camera sua e togliendosi gli indumenti sporchi.
Poi si lasciò cadere sul letto, le mani a coprire gli occhi. Ripensò al giorno prima.
"Che significa che non è la mia sorella biologica?". "Tua madre... vedi, lei e tuo padre avevano una figlia. Adele. Ma... è morta dopo pochi giorni. Dopo quella disavventura... per tua madre era diventato impossibile avere figli". "E io allora?". "Aspetta. Credevamo tutti che fosse sterile, così ricorsero all'adozione".
Scott strinse più forte la propria tazza. "E poi sono arrivato io". "Esatto. In realtà... tua madre scoprì di non essere lei il problema. Era tuo padre. Era sterile, e... e lei decise di ricorrere all'inseminazione artificiale per avere te". "E allora perché mi ha abbandonato? Se mi voleva così tanto...". Le mani adesso gli tremavano.
"È stato tuo padre a costringerla. Lui... voleva che tu sparissi".
La tazza gli cadde di mano, sbriciolandosi sul pavimento. Dunque era quella la verità. Non era sua madre a non averlo mai voluto, ma suo padre.
E Ygritte... Ygritte non era davvero sua sorella.
Non aveva senso... non... non aveva senso.
Qualcuno bussò alla porta. "Chi è?". "Sono Xavier". "Avanti". Il ragazzo con i capelli rossi entrò nella stanza. "Tutto okay Scott?". "No. Per niente".
Gli raccontò di quello che aveva scoperto. "Capisci? Tutto quello che credevo vero è una menzogna". "Non credo ti cambierebbe la vita". "Che vuoi dire?". Xavier sospirò.
"Vedi, quando cresci orfano... capisci che i legami di sangue contano relativamente poco. Ygritte non era mia sorella, eppure le volevo bene come se lo fosse stata. Così come voglio bene a Jordan".
"Guarda che con Jordan è diverso". Xavier arrossì. "Che vuoi dire?". "Andiamo! Se ne sono accorti pure i muri che ti piace". Il rosso si grattò la nuca imbarazzato.
"Beh... sì. Mi piace un sacco, e da un bel po' di tempo, in realtà". "Complimenti! Credo tu sia stato l'ultimo ad accorgersene". I due si misero a ridere.
"Tieni duro, Scott". "Credi migliorerà?". "Non lo so. La mia sorellona dice... che ogni tanto sembra di sì... e ogni tanto sembra di essere come all'inizio".
Arrivarono al giorno della finale del girone asiatico.
Jude fissò il medaglione di Ygritte. Aveva paura. Una paura fottuta.
Aprila solo... solo... lo saprai.
Si rigirò il ciondolo argentato fra le mani.
Se non lo faccio adesso... non ne avrò più il coraggio.
Fece scattare il pulsante e il ciondolo si aprì, rivelando un foglietto di carta ripiegato così tante volte da sembrare piccolissimo. Era la scrittura di Ygritte.
Ciao Jude.
Le lacrime gli risalirono subito agli occhi.
So che sarai triste, e che magari avrai chiuso dentro di te ogni emozione per paura di soffrire. Ma non credere che funzionerà, Jude. Lo so, ci ho provato.
Sorrise amaramente. La sua ragazza lo conosceva bene.
Non funziona per una semplice ragione: tu non sei solo, amore mio. Se non potrò esserci io accanto a te, ci sarà la squadra. E Celia, e chiunque altro ti conosca. Non. Sei. Solo.
So che credi di aver toccato il fondo, ma... ma ci sarà sempre qualcosa da trovare. Un appiglio a cui aggrapparsi.
Cerca sempre, Jude, e lo troverai.
Jude ci rimase di sasso. Non era quello che si aspettava, per niente. Non poteva avergli scritto quel messaggio, non era da Ygritte congedarsi con così poche parole. E con così poca ironia.
Controllò l'interno del medaglione.
C'era una sorta di scollatura...
Cerca sempre, Jude.
Usò le unghie, e un pezzo di medaglione saltò via, rivelando un doppio fondo in cui era nascosto un foglietto ancora più piccolo.
Jude.
Se stai leggendo questo vuol dire che sono morta. Lo dirà il medico, lo diranno i chirurghi che hanno cercato di farmi ripartire il cuore, lo dirà la macchina del battito cardiaco.
Le righe successive gli fecero girare la testa.
Ma non sarà la verità.
Jude, io non sono morta. Non so dove mi troverò quando leggerai questo biglietto, ma sarò viva. C'è qualcosa di grande in gioco, qualcosa di cui non posso parlarti adesso. Sappi solo che ti amo, e che è per questo che non posso venirti a cercare subito.
Ma presto, Jude. Presto tornerò da te.
Ti amo, Ygritte.
Morgan era in camera sua, davanti allo specchio del bagno. Fissò il proprio riflesso. Non si riconosceva: quel ragazzo con i capelli viola e gli occhi verdi non era di sicuro lui.
Salì sull'autobus insieme agli altri, senza avere il controllo del suo corpo. Quel corpo che non riconosceva più da un bel po'. Sedette accanto a Caleb, ma nessuno dei due sembrava in vena di parlare.
Poi il mezzo si fermò, e appena Morgan vide la capigliatura di Felix sentì il sangue risalirgli alla testa. Il livido allo zigomo non si era formato per miracolo, ma quello allo stomaco eccome, e faceva ancora male.
Scese incazzato nero, assieme ad Archer e Mark. "Capitano, andate. Di lui ci occupiamo noi". Felix rise loro in faccia.
"Fossi in te non riderei, Peppa Pig. Mi pare di averti ampiamente dimostrato la scorsa volta che con me non hai speranze". Poi un gruppetto di ragazzi, fra cui l'amico di Archer di nome Justin, si offrirono di coprirli.
"Justin...". "Morgan, io non ti conosco. Però so che è grazie a te se Archer si è dato una svegliata. Quindi andate, ci pensiamo noi". A malincuore Morgan salì di nuovo sul bus, e finalmente raggiunsero lo stadio.
"Scusate ragazzi, devo andare nello spogliatoio". Morgan si chiuse nel bagno e si fissò di nuovo allo specchio. Si prese in mano una ciocca di capelli, imprecando.
"Merda...". Dal proprio borsone tirò fuori un barattolo di tintura rossa, lo aprì velocemente e se ne spalmò una leggera quantità su tutta la testa, poi accese il rubinetto e si risciacquò.
Qualcuno bussò alla porta: due, quattro, poi sei colpi. "Entra". Xavier fece capolino dalla porta. "Stavo pensando a... quello che mi hai detto qualche giorno fa. Riguardo a dire la verità". "Vuoi farlo adesso?". "No... non prima della partita. Dobbiamo essere tutti concentrati".
Morgan tirò la testa fuori dall'acqua, passandoci velocemente un asciugamano sopra, poi tirò fuori dal borsone un piccolo contenitore per lenti a contatto.
"Allora... allora quando?". "Dopo. Non so... esattamente quando, ma devo farlo. Non ce la faccio più". "È rischioso". "Non ho intenzione di dare tutte le spiegazioni del caso, quello sarebbe rischioso" disse, mentre armeggiava con le lenti a contatto.
Morgan si mise il borsone in spalla e fece per uscire.
"Ygritte".
Il ragazzo si voltò, mentre le lenti verdi coprivano il viola delle sue iridi.
"Fai attenzione, okay?". "Faccio sempre attenzione".
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