Bambini
In qualche modo Morgan aveva ottenuto il giorno libero. Il mister l'aveva squadrato da capo a piedi per almeno un minuto prima di acconsentire con un cenno; cosa avesse visto, se gli occhi rossi o le spalle basse, Morgan non avrebbe saputo dirlo.
Indossò una felpa senza il logo della squadra, non ci teneva a farsi riconoscere, mise un pallone nello zaino e iniziò a vagare per l'isola senza nessuna destinazione in mente.
Voleva solo non pensare. A un certo punto un pallone mezzo sgonfio gli colpì piano la caviglia, e un bambino con corti capelli castani gli si avvicinò. "Scusi signore...". "Stai piangendo? Che è successo?".
Il castano abbassò gli occhi, tirando su col naso. "Io e i miei amici stavamo giocando una partita, ma siamo andati sotto di tre goal. Il nostro allenatore... ci ha lasciati da soli, e non possiamo continuare a...". "Vi aiuto io. Posso, no?". "Beh... non c'è un vero regolamento, quindi...".
Morgan sorrise e prese il bambino per mano e si fece guidare. "Come ti chiami?". "Fenny. Tu?". "Morgan".
Raggiunsero un campetto da calcio nascosto in mezzo a due edifici, dove una ventina di ragazzi aspettavano seduti a terra. "RAGAZZI! Ho trovato un allenatore!".
Il gruppo di bambini con la pettorina gialla si alzò applaudendo ed esultando. "Il secondo tempo inizia tra poco. Mister, che facciamo?". Morgan si sedette a terra. "Vi divertite". Un ragazzo con i capelli blu alzò un sopracciglio. "In che senso?". "Ascoltate. So come siete voi bambini: il divertimento conta, ma quando iniziate a diventare competitivi volete solo vincere. E un allenatore che lascia la squadra nel momento del bisogno... di sicuro non insegna a divertirsi".
I bambini non sembravano ancora convinti. "Va bene. Facciamo che vi do' solo un'indicazione: non fate tutto da soli. Fidatevi dei vostri compagni. Per il resto, ragazzi, divertitevi. Sorridete, ridete, cadete e rialzatevi, ma per l'amor del cielo, divertitevi!".
Fenny fu il primo a sorridere e alzare il pollice. "Dai ragazzi! Divertiamoci!".
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Alla fine la partita era finita con un innocuo pareggio, e Fenny ringraziò Morgan per un numero infinito di volte.
"Te l'ho detto, è stato un piacere. Spero che abbiate capito la lezione". "Sì sì sì! Grazie signore!".
Mentre camminava per le strade di Liocott ricevette una chiamata. "Pronto?". "Ehy sorellina". "Ciao Isa. Va tutto bene?". "Io... uhm... sì. Volevo chiederti come stai".
Morgan alzò gli occhi al cielo.
"Fai veramente schifo a mentire. Che succede?". "Uh... volevo chiederti un consiglio. Lo so che probabilmente non è... insomma... secondotedovreichiedereaKimdiuscire?".
"Wow, rallenta un momento tesoro. Non ho capito un accidente". "Secondo te dovrei... chiedere a Kim di uscire?".
Morgan si diede un cinque mentale: una delle sue ship supreme stava per avverarsi!
"Non vedo perché no, dove sta il problema?". "Ecco, vedi... io non so se le interesso in quel senso". "Fammi capire. Non sai se è lesbica o etero?". "Più o meno". "Ci credo che quando hai fatto il test dello Smistamento non sei finita in Corvonero... tesoro, quella ragazza è più lesbica di te". "Ehy!".
Morgan poté praticamente sentirla arrossire dall'altra parte del telefono. "Scherzi a parte, Izzy, chiedile di uscire. Ti farà bene distrarti un po'. Non preoccuparti". "Grazie Ygritte. Tu voglio bene". "Anche io".
Quando richiuse la chiamata sospirò, tirando fuori due pillole dalla tasca e ingoiandole senza acqua.
Dopo aver distrutto la chiavetta USB si era trovato solo nel bel mezzo di un attacco di panico, ed era stato uno dei peggiori che avesse mai avuto.
Gli serviva aria, gli serviva distrarsi da qualsiasi cosa potesse ricordargli la sua famiglia.
Chiese informazioni qui e là, ricevendo risposte in almeno quattro lingue diverse, e alla fine decise semplicemente di tornare alla sede dell'Inazuma Japan.
Riuscì a evitare tutti i membri della squadra e a raggiungere la propria camera senza intoppi, ma quando aprì la porta gli mancò il terreno sotto i piedi.
Pallida come un cadavere, in piedi in mezzo alla stanza con i frammenti della chiavetta USB in mano, Celia lo aspettava.
Lo fissò negli occhi con uno sguardo a metà fra lo speranzoso e il terrificato.
"Chi sei tu?". Il pavimento cominciò a ruotare vertiginosamente, e prima di poter muovere un passo Morgan si ritrovò per terra, gli occhi rivolti al soffitto che sembrava collassare su se stesso.
Adesso vomito.
Non accadde, ma i sensi li perse lo stesso.
SURPRISE BITCHES I'M BACK!!!
Porca miseria non aggiornavo tipo da gennaio mi sento stra mega in colpa aiuto ahahahahahah MA SONO VIVA GIURO
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