✧ ⋆ 4. Una principessa senza corona ⋆ ✧

Se qualcuno entrasse nell'appartamento in questo momento, penserebbe che sono pazza.

Sono sdraiata per terra, nel centro esatto della pozza di luce proiettata dal lucernario, mentre mi lascio cullare dal dolce tepore irradiato dal pavimento in legno.

Posato sul petto, proprio sopra al cuore, ho il vecchio walkman della nonna, e nelle orecchie la voce di Sting che canta Every Breath You Take mi fa muovere la testa a tempo.

Se nonno Henry è sempre stato un accanito lettore, nonna Catherine, da cui ho preso il mio secondo nome, era una grandissima appassionata di musica. È morta poco dopo la nascita di mia sorella Altea, quindi non ho mai avuto la possibilità di conoscerla, ma le sue canzoni preferite mi parlano ogni giorno, da quando sono bambina.

Quando passavo i pomeriggi a casa del nonno, oltre alla lettura, un'altra delle mie attività preferite era indossare le cuffie fin troppo grandi del vecchio walkman della nonna e ascoltare uno dei suoi mixtapes; li teneva tutti all'interno di una valigia in pelle, lasciata aperta in un angolo del soggiorno, e io adoravo rovistarci all'interno, scegliendo ogni volta una nuova cassetta da ascoltare. Quando il walkman arrivò nel Regno Unito, negli anni Ottanta, la nonna non era più una ragazzina, ma l'idea di poter portare con sé la sua musica preferita la entusiasmò tanto che il nonno non poté non regalargliele uno. E poi, quando notò quanto mi piacesse, lo regalò a me, insieme a tutta la collezione di mixtapes, dicendomi che la nonna sarebbe stata orgogliosa di avere una nipote con dei gusti musicali tanto simili ai suoi.

Così, sono cresciuta ascoltando le canzoni delle band più celebri di quegli anni, i Pink Floyd, i Police, i Duran Duran, i Queen e tanti altri, preferendoli alle hit contemporanee.

Solitamente, i mixtapes della nonna riescono sempre a distrarmi, ma questo pomeriggio sono più irrequieta che mai.

È sabato e, durante il weekend, né io né Fionn lavoriamo; è Mr Macdonald a occuparsi dei turni diurni del sabato, poi l'ufficio rimane chiuso fino al lunedì.

La prima settimana di università, quella dedicata all'orientamento, è appena terminata e dalla prossima inizieranno le lezioni vere e proprie.

Finora, sono sopravvissuta a ben cinque turni insieme a Fionn.

Quando siamo in ufficio, il mio supervisore non mi guarda mai negli occhi e si limita a impartirmi ordini; finora, il mio lavoro è consistito per lo più nel gestire la burocrazia e tutti i compiti più gravosi, come rincorrere gli studenti su e giù per i cinque piani di Cassidy House per i motivi più disparati.

Tuttavia, nonostante lo scherzetto del primo giorno e la generale aura di ostilità che Fionn emana, ammetto che non riesco mai a essere arrabbiata con lui fino in fondo. Non importa quanto mi respinga, quanto si impegni per farsi odiare, sono troppo incuriosita da lui per lasciarmi intimorire; ogni volta che mi sorprendo a guardarlo di nascosto, da dietro un plico di documenti quando siamo in ufficio o da sopra il bordo di una tazza di tè le rare volte in cui ci incrociamo in cucina, sento dentro di me l'irrefrenabile bisogno di conoscerlo. Vorrei sapere da dove viene, chi è davvero, qual è la sua storia.

Nonostante la mia abilità nel leggere le persone, lui continua a rimanere un mistero, un foglio bianco che non ne vuole sapere di mostrarmi il suo contenuto nascosto.

Ho perso il conto delle volte in cui mi sono ritrovata con le labbra socchiuse, pronta a rivolgergli una qualsiasi domanda; purtroppo, mi sono sempre fermata un attimo prima di riuscirci, sapendo che, in ogni caso, non avrei mai ricevuto alcuna risposta.

Ho fantasticato spesso sui suoi tatuaggi, che da quella prima notte non ho mai più visto, sul loro vero significato, sulla loro provenienza, e ho fissato fin troppe volte la sua stampella, domandandomi quando e come sia diventata la sua fedele compagna di vita.

E, a quanto pare, non sono l'unica a trovarlo tanto interessante.

Nonostante molti lo pensino per via del mio carattere, non sono un'ingenua; so perfettamente che Fionn è un tipo... attraente. Come lo sanno anche tutti gli altri inquilini di Cassidy House. Più volte durante l'ultima settimana ho visto ragazze sospirare al suo passaggio e bisbigliare cose indicibili mentre pensavano di non essere sentite.

E non sono solo le ragazze a farlo.

Anche molti ragazzi sembrano affascinati da lui e dalla sua aura imperscrutabile, da tutte le storie che i suoi occhi sembrano nascondere.

Purtroppo, però, Fionn Kelly è un mistero che non ha alcuna intenzione di venir svelato, non importa quanto intensamente io o chiunque altro ci provi.

Anche in questo momento non ho idea di dove sia. So solo che è uscito verso l'ora di pranzo, essendosi svegliato poco prima. Non mi ha rivolto la parola, né per dirmi dove fosse diretto né quando sarebbe tornato, così mi sono ritrovata sola e senza sapere cosa fare. Non che mi aspettassi di passare la giornata insieme a lui, ma non mi sarebbe dispiaciuto condividere il silenzio dell'appartamento con qualcuno.

Quando frequentavo la scuola, prima sotto costrizione di mio padre e poi per mio stesso volere, passavo quasi tutte le giornate fuori casa, impegnata con lo studio, le attività extracurricolari, i corsi di lingua e lo sport. Amavo essere produttiva, conoscere nuove persone, impiegare il mio tempo ad acquisire conoscenze sempre diverse, e questa fame di fare non mi ancora abbandonato. Ma, purtroppo per me, le attività organizzate dai club dell'università verranno presentate solo la prossima settimana. E, come se non bastasse, Landon e Isobel sono entrambi tornati a casa per il weekend, lasciandomi sola nel campus.

Ecco perché, di sabato pomeriggio, sono sdraiata sul pavimento del mio soggiorno ascoltando vecchia musica, impaziente di trovare qualcosa con cui distrarmi.

Nel frattempo, il walkman ha iniziato a riprodurre una nuova canzone, Sweet dreams degli Eurythmics, una delle mie preferite.

Inizialmente mi limito a canticchiare qualche verso, ma poi il ritmo della canzone mi conquista sempre di più, fino a quando non mi ritrovo in piedi, a saltellare per la cucina, cantando a squarciagola il ritornello. Muovo la testa a ritmo con i suoni alieni del sintetizzatore, spingendomi fino in camera mia, dove con un salto salgo in piedi sul letto, trasformandolo in un palcoscenico.

Sono quasi alla fine della canzone quando un baluginio improvviso ai limiti del mio campo visivo mi convince a smettere di dimenarmi. Mi tolgo immediatamente le cuffie e mi abbandono tra i cuscini, allungandomi ad afferrare il telefono dal comodino; lo schermo illuminato mi dice che ci sono un paio di chiamate perse da parte mia sorella e un suo messaggio.

Da: Altea

Vediamoci da Stonyrust alle 16:30.

Sospiro e scuoto il capo.

Altea è sempre stata così: qualsiasi cosa le esca dalla bocca ha sempre il suono di un ordine e mai di una richiesta. In questo, purtroppo, è fin troppo simile a nostro padre.

Non ho idea del perché voglia vedermi, ma sono più che certa che abbia a che vedere con le mie "discutibili scelte di vita", come lei stessa le ha definite più volte.

Tentenno per qualche minuto, torturando con dita nervose il rivestimento in spugna delle vecchie cuffie del walkman. Una parte di me vorrebbe accampare una scusa e rimandare ancora per un po' il confronto con Altea, ma l'altra, quella più rumorosa e insistente, sta cercando di convincermi che uscire di casa e passare del tempo con qualcuno, anche se quel qualcuno è mia sorella, è sicuramente più allettante che rimanere chiusa in casa a esibirmi di fronte a un pubblico invisibile.

Dopo aver controllato l'ora e aver constatato che mancano solo trenta minuti all'appuntamento, le scrivo di getto, confermandole che ci sarò.

Afferro i primi vestiti che trovo nell'armadio, una camicetta bianca e una gonna con motivo scozzese.

Sto per indossare la prima, quando mi rendo conto di non aver messo il deodorante.

Sono certa che la chiacchierata con Altea mi farà sudare non poco; meglio prevenire situazioni spiacevoli.

Senza pensarci, mi precipito fuori dalla stanza vestita solo per metà, in reggiseno e con la camicetta stretta in mano.

Tuttavia, un ostacolo inaspettato si frappone tra me e il bagno.

Sorpresa, grido, facendo un salto indietro e cercando di coprirmi il petto alla bell'e meglio con la camicetta.

"Cosa ci fai tu qui?" domando con una vena di disperazione nella voce, sentendo le guance andare a fuoco dalla vergogna.

Fionn è fermo di fronte alla porta del bagno, tutto vestito e con ancora le scarpe indosso, segno che dev'essere appena rientrato in casa. Quando i nostri sguardi si incontrano, giurerei di aver scorto una scintilla nelle sue iridi scure, un barlume di umanità che mi fa rabbrividire dalla testa ai piedi; il tutto, però, non dura che un istante, dato che poco dopo Fionn si gira, dandomi le spalle.

"Ci vivo," mi risponde.

Sconcertata dalla sua nonchalance, continuo a rimanere immobile, la camicetta stretta al petto come se ne andasse della mia stessa vita.

"È proprio per evitare situazioni come questa che ho creato la regola numero due," continua, imperterrito, con lo stesso tono di voce che userebbe per chiedermi di riordinare una pila di documenti in ufficio.

In questo momento, il mio cervello dovrebbe pensare a qualsiasi cosa tranne che alle sue stupidissime regole, ma è più forte di me; senza volerlo, le ho imparate tutte a memoria e ora la numero due riecheggia senza sosta nel mio cervello.

Per evitare situazioni spiacevoli, la porta del bagno va sempre chiusa a chiave quando lo si sta utilizzando.

Vorrei fargli notare che, in questo caso, la regola numero due è inapplicabile, dato che non sono neanche riuscita a raggiungerlo, il bagno; fortunatamente, però, riesco a mordermi la lingua e a prendere un bel respiro. Sono già in ritardo e sono certa che, provocandolo, non farei che peggiorare la situazione.

"Per favore, potresti andare in camera tua? Ho un appuntamento e tu sei davanti alla porta del bagno, che gradirei usare con una certa urgenza," dico, sentendo la mia voce stridere dall'imbarazzo.

Lui non ribatte e, dopo un istante di esitazione, zoppica fino alla sua camera e si chiude la porta alle spalle con un tonfo.

Tiro un sospiro di sollievo, sopraffatta dai brividi che mi increspano la pelle e dal nodo che mi ha stretto lo stomaco in una morsa. Vorrei muovermi, correre a chiudermi a chiave nel bagno, e invece rimango immobile, il tessuto sottile della camicetta ancora stretto nei pugni.

L'unica cosa a cui riesco a pensare è che Fionn, il mio coinquilino, il mio capo, mi ha appena visto mezza nuda nel salotto di casa nostra.

Un respiro tremante mi esce dalle labbra.

Direi che sono appena stata accontentata: il mio non è più un comune e noiosissimo sabato pomeriggio.

Non ho idea di quanto altro tempo passi, prima che il mio telefono trilli nell'altra stanza, facendomi sobbalzare sul posto.

Dev'essere Altea che mi ricorda gentilmente di quanto odi i ritardatari.

Farò meglio a muovermi se non voglio andare incontro alla sua furia.

Non senza qualche difficoltà, mi scrollo di dosso l'imbarazzo, e finisco di prepararmi nel giro di dieci minuti.

Quando entro in salotto e mi affretto a recuperare la borsetta dall'attaccapanni, di Fionn non c'è traccia; ringrazio il cielo e mi lancio di corsa giù per le scale di Cassidy House, pensando che, magari, entro stasera riuscirò a smaltire tutto l'imbarazzo che ho ancora in circolo e a fronteggiarlo senza sentire l'impulso di correre a nascondermi in camera mia.

Stonyrust è la libreria-caffè situata nella piazza centrale di Blackcross e, anche correndo alla massima velocità che le mie Mary Jane mi consentono, non posso che impiegarci venti minuti a raggiungerla.

Arrivata davanti alla vetrina variopinta, con il fiato mozzato e la camicetta appiccicata alla schiena per via del sudore, mi prendo solo qualche altro istante per sistemarmi i capelli nel riflesso del vetro. Ed è proprio mentre sto raddrizzando il mio cerchietto che noto un volantino attaccato alla porta.

Club del libro della Blackcross University

Iscrizioni aperte a partire dal 2 settembre, primo incontro il 12!

Prego inviare un'e-mail a [email protected] se interessati

Entusiasta, tiro fuori il telefono dalla borsetta e scatto una foto al volantino, pensando che forse ho appena trovato un modo per riempire i miei weekend solitari al campus.

Con un umore decisamente migliore, entro nel locale e assaporo il profumo dolce e burroso di Shortbread che permea l'aria, insieme a quello sottile e appena percepibile della carta stampata. Quando frequentavamo il liceo, io, Isobel e Landon venivamo spesso qui a studiare o a fare merenda; per questo ci sono particolarmente affezionata e mi sento sempre a mio agio tra le sue mura.

Mi guardo attorno e sto per salutare mia sorella, seduta a uno dei divanetti in fondo al locale, quando mi accorgo che non è sola. Sento il sorriso morirmi sulle labbra nell'esatto momento in cui riconosco nostra madre nella figura composta e impettita seduta al suo fianco.

Istintivamente, mi ritrovo a fare un passo indietro, il mio intero corpo desideroso di mettere quanta più distanza possibile tra me e loro.

"Astrea!" esclama allora mia sorella, sollevando una mano per farsi notare.

Agli occhi degli altri, il suo potrebbe sembrare un normalissimo cenno, ma io la conosco meglio di chiunque altro e non faccio fatica e leggere l'ammonimento che si agita nel suo sguardo.

Non ti azzardare a metterci in imbarazzo.

Sospiro e stiro delle pieghe invisibili sul mio trench. Poi, a testa bassa, mi dirigo nella loro direzione.

Sia mai che con il mio comportamento indecoroso arrechi nuovamente danno al buon nome dei Mcallister...

"Buon pomeriggio," saluto, mentre mi accomodo sul divanetto di fronte al loro e poso la borsetta al mio fianco.

"Sei in ritardo," mi fa notare Altea, sottolineando come sempre l'ovvio.

Io e mia sorella non ci somigliamo affatto.

Abbiamo otto anni di differenza, ma Altea ne ha sempre dimostrati di più, forse per via della sua espressione intransigente o della piega così dura e innaturale delle sue belle labbra. Io, al contrario, sono sempre sembrata molto più giovane della mia età, apparendo agli occhi di molti come "un'eterna bambina".

Altea ha ereditato i capelli color cioccolato e i meravigliosi occhi verdi da nostra madre, mentre io ho i boccoli biondi e disordinati di nostro padre e un paio di iridi che non hanno mai deciso fino in fondo se essere marroni o verdi.

Lei è sempre stata rigida, seria, fredda e responsabile, la figlia perfetta agli occhi dei miei genitori. Io, invece, ero la ragazzina incontrollabile, sensibile e sognatrice che non ha mai avuto un posto all'interno della famiglia.

"Lo so, scusatemi," rispondo, cercando in tutti i modi di non guardare mia madre.

"Landon ci ha raccontato tutto."

Secca, decisa, senza alcuna pietà.

È così che Altea introduce il vero motivo per cui ci troviamo qui oggi.

Sgrano gli occhi davanti alle sue parole.

Landon? Cosa c'entra Landon con tutto questo?

Tuttavia, prima che possa anche solo aprire bocca per chiederle una spiegazione, Altea mi ferma con un gesto deciso della mano. I suoi occhi color muschio sono fissi su di me e le sue labbra sono arricciate nella sua tipica espressione contrariata.

"Ero davvero curiosa di sapere come avresti fatto a pagare le spese di vitto e alloggio durante la tua permanenza al campus, ma non pensavo che saresti arrivata a tanto," dice, lapidaria, incrociando le braccia sul petto. "Posso capire l'aver scelto di lavorare per l'università, non c'è alcunché di indecoroso a riguardo, ma vivere con uno sconosciuto, un uomo per giunta... ti ha per caso dato di volta il cervello, Astrea?"

Sotto al tavolo, stringo il tessuto della gonna nei pugni, cercando in tutti i modi di rimanere calma. Non apro bocca, sapendo perfettamente che Altea non ha ancora finito di rimproverarmi.

"Non li guardi i telegiornali? Sei estranea a tutte le notizie di femminicidio e violenza sessuale che si sentono in giro al giorno d'oggi? Quell'uomo con cui stai vivendo potrebbe farti del male in qualsiasi momento e non ci sarebbe nessuno ad aiutarti!"

Mia sorella non ha tutti i torti.

So di aver compiuto un azzardo andando a vivere con Fionn, ma, dopo questa prima settimana di convivenza, so di non avere nulla da temere; Mr Kelly può essere burbero, freddo e schivo, ma sento di potermi fidare di lui. E quello che è accaduto questo pomeriggio ne è la riprova; un altro uomo, uno con delle cattive intenzioni, non si sarebbe comportato come lui, non avrebbe distolto lo sguardo così velocemente e non si sarebbe voltato prim'ancora che glielo chiedessi.

O almeno credo...

Tuttavia, so che provare a spiegarlo ad Altea sarebbe inutile; per lei io sono solo la sorellina ingenua e sprovveduta che non sa come funziona il mondo.

"Landon mi ha detto tutto di lui," continua imperterrita, le guance arrossate dalla foga mentre si piega sul tavolo e abbassa la voce. Al collo porta uno dei suoi foulard di seta preferiti, quello a righe bianche e nere, e mi domando come faccia a respirare, dato che sembra sempre più stretto sopra ai tendini tesi e alla pelle arrossata. "Mi ha detto che è una persona inquietante, uno storpio per di più."

Spalanco gli occhi davanti alle sue parole, sentendo qualcosa incrinarsi dentro di me.

"Altea, ma cosa stai dicendo?" mormoro, sgomenta, con un filo di voce.

Lei non batte ciglio e continua a guardarmi con fare altezzoso; non ha la minima intenzione di rimangiarsi quello che ha appena detto.

Affondo le unghie nella carne sensibile delle cosce, domandandomi come faccia a essere tanto crudele, tanto disumana. Vorrei dirglielo, ribattere in qualche modo alle sue accuse, ma il mio corpo non ne vuole sapere di reagire. Rimango inerme sotto al suo sguardo impietoso, incapace di aprire nuovamente bocca.

"Astrea, torna a casa, per favore."

Sussulto, quando la voce di mia madre spezza il silenzio carico di tensione.

Da quant'era che non la sentivo?

Finalmente, mi volto nella sua direzione.

Penelope Chapman è bellissima. Elegante e impeccabile come sempre, se non fosse per l'espressione sofferente che le increspa la fronte e le sopracciglia delicate.

"Parlerò io con tuo padre. Riusciremo a sistemare le cose," insiste. "Sono sicura che ci sia ancora un posto per te nel Bachelor in Giurisprudenza."

Un sorriso triste si dipinge sulle mie labbra.

Quando dissi alla mia famiglia che non avrei studiato legge, sapevo che mio padre e Altea non avrebbero mai accettato un "tradimento" del genere da parte mia, ma una minuscola parte di me sperava ancora che la mamma lo avrebbe fatto.

Eppure, così non è stato.

Mia madre è sempre stata sottomessa al volere di mio padre e, in diciotto anni di vita, non l'ho mai vista mettere in discussione, anche solo una volta, il suo volere.

Quindi, forse, non mi sarei dovuta stupire tanto quando lei non ha alzato un dito per difendermi; si è limitata a rimanere in silenzio, nell'ombra di mio padre, annuendo sommessamente e a capo chino.

Anche ora, nelle sue parole, riesco a leggere la sua impronta, il suo spettro oscuro e ingombrante.

Tuttavia, c'è stato un tempo in cui mia madre, forse, mi avrebbe capita, in cui, con enorme sforzo, sarebbe riuscita a combattere al mio fianco.

È stata lei a leggermi la mia prima storia.

Quando ero ancora una neonata, prima di uscire per una festa o qualche importante serata di gala, si prendeva sempre cinque minuti per leggermi qualcosa, facendomi addormentare tra le sue braccia; o, almeno, questo è quello che mi ha raccontato il nonno, che era lì ad assistere, pronto a prendersi cura di me non appena lei e mio padre fossero andati via.

A volte, la mamma leggeva per me anche in altre occasioni: in un pomeriggio estivo particolarmente caldo o a tarda sera, quando già faticavo a dormire.

Poi, con il passare del tempo, ha smesso.

Una volta amava le storie.

Mio nonno dice che era esattamente come me, con la testa sempre nascosta tra le pagine di un libro e gli occhi colmi di meraviglia. Rimaneva sveglia a leggere fino a tarda notte nella sua cameretta e la nonna doveva sempre alzarsi per sgridarla e intimarle di andare a letto.

Poi qualcosa in lei è cambiato.

Ha deciso di abbandonare la sua passione per i libri e studiare qualcosa di più "concreto", di più "sicuro". È così che ha conosciuto mio padre e ha deciso di dedicare tutta la sua vita a lui e al loro lavoro.

E, nonostante mi faccia male ammetterlo, io ho sempre avuto il terrore di diventare come lei.

Abbasso lo sguardo, distogliendolo da quello implorante di mia madre, e scuoto il capo.

No, non tornerò a casa.

"Astrea, siamo stanchi di questa situazione, stanchi della tua sciocca ribellione. Continui a dire di voler studiare letteratura perché è la tua vera passione, ma poi non sai neanche cosa vuoi fare davvero dopo l'università. Se continui a rifugiarti tra le pagine dei libri senza mai alzare gli occhi e renderti conto di come funziona il mondo, non andrai da nessuna parte nella vita! Rimarrai per sempre una stupida bambinetta con la testa piena di sogni e un grandissimo nulla tra le mani!"

È raro che Altea alzi la voce, soprattutto in pubblico. Ma, quando lo fa, è quasi sempre per accanirsi su di me.

Affondo ancora di più le unghie nelle cosce, sentendo il tessuto sottilissimo delle calze in nylon lacerarsi in risposta. Un po' come il mio cuore in questo momento.

Sbrigativamente, afferro la borsetta e mi alzo in piedi, cercando con tutta me stessa di trattenere le lacrime.

"Astrea, non provare ad andartene!" mi intima sibilando mia sorella, sporgendosi oltre il tavolo come se volesse ghermirmi e costringermi a tornare al mio posto.

"Astrea..." rincara la dose mia madre, ma con voce più dolce, quasi supplichevole.

Scuoto il capo per l'ennesima volta, gli occhi completamente oscurati da una patina di lacrime.

"Scappi sempre, è l'unica cosa che sai fare."

Questa è la goccia che fa traboccare il vaso.

Mi volto e lascio velocemente lo Stonyrust, conscia di tutti gli sguardi curiosi che mi si aggrappano addosso con le unghie e con i denti.

Cammino a testa bassa fino a quando non mi chiudo la porta dell'appartamento alle spalle, il petto tremante e le guance rigate di lacrime.

Fortunatamente, Fionn non sembra essere in casa, così posso chiudermi nella mia stanza senza dargli spiegazioni riguardo al mio trucco colato o alle mie calze strappate.

Non so quante ore siano passate quando mi risveglio dallo stato di trance in cui ero caduta e mi tolgo le cuffie del walkman, avendo sentito il mio telefono vibrare impazzito per diverso tempo.

Certa che siano dei messaggi da parte di Altea a cui non ho alcuna voglia di rispondere, scorro le notifiche sullo schermo, raggomitolata in un angolo del mio letto.

Tuttavia, non si tratta di Altea; se possibile, è ancora peggio.

Mi alzo a sedere di scatto sul materasso, affrettandomi ad aprire Instagram.

Clicco su una notifica a caso tra le decine che affollano il mio inbox e un nuovo post di @blackcrosswanted fa capolino sullo schermo; si tratta della pagina anonima di gossip sugli studenti della Blackcross, quella che tutti seguono con grande interesse ma su cui nessuno vorrebbe mai finire.

Avvistata questo pomeriggio allo Stonyrust, Mrs Chapman, la nota professoressa di Legge, con le sue due figlie. La più piccola delle sorelle Mcallister, Astrea, è una nostra nuova studentessa e un personaggio abbastanza noto qui a Blackcross per via del suo cognome. Tuttavia, secondo quanto riportatoci dalle nostre fonti, la principessina di mamma e papà ha appena perso la sua corona; mentre discuteva con la madre e la sorella, abbiamo scoperto che non è più l'orgoglio dei suoi genitori e che ha deciso di seguire la sua strada, lavorando e dormendo insieme al misterioso Fionn Kelly, responsabile di Cassidy House, per studiare letteratura e mandare all'aria l'eredità di famiglia.

È questa la caption riportata sotto al carosello di foto scattate a mia insaputa questo pomeriggio; gli scatti mi ritraggono prima inerme e sconsolata sotto allo sguardo incandescente di Altea, poi a testa bassa e in procinto di andarmene e, infine, in lacrime mentre esco di corsa dal locale.

Continuo a fissare lo schermo, incredula, ma non mi azzardo ad aprire la sezione commenti. Non ho il cuore di farlo.

Eppure, nonostante l'umiliazione, la rabbia e l'imbarazzo, il mio sguardo continua a tornare sempre sulla stessa frase.

Lavorando e dormendo insieme al misterioso Fionn Kelly.

I responsabili di @blackcrosswanted sapevano cosa stavano facendo quando hanno scelto quelle esatte parole.

Se io mi sento tremare dalla testa ai piedi al solo pensiero, Fionn sarà fuori di sé dalla rabbia non appena lo scoprirà.

E, probabilmente, sarò io a pagarne le conseguenze.

Che dire...
Secondo voi come reagirà Fionn al post di @blackcrosswanted?
E, oltretutto, sbaglio o in questo capitolo c'è un cognome un po' familiare? 👀

Nel prossimo scopriremo ancora più particolari sulla storia di Astrea e sul rapporto molto particolare che ha con la sua famiglia.
Ma la verità è che io non vedo l'ora sia il 7 febbraio per postare il capitolo 6 che, vi avverto, è uno dei miei preferiti

Detto questo, basta spoiler!
Noi ci vediamo la prossima settimana con il quinto capitolo.

Un abbraccio,
Lady 🫶🏻

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