✧ ⋆ 3. Le regole della casa ⋆ ✧

1. Le camere da letto sono spazi privati e, come tali, vanno trattati. Nessuno dei due potrà accedere alla camera dell'altro senza prima aver ricevuto un'autorizzazione esplicita.

2. Per evitare situazioni spiacevoli, la porta del bagno va sempre chiusa a chiave quando lo si sta utilizzando.

3. Cibi e bevande vanno riposti solo negli scaffali e nei ripiani del frigorifero contrassegnati con il proprio nome.

4. Non è possibile invitare ospiti di alcun tipo, né amici né parenti.

5. Non c'è un coprifuoco, ma sarebbe preferibile rientrare prima della mezzanotte per non disturbare il sonno altrui.

6. Dei turni per la pulizia delle aree comuni verranno pattuiti di comune accordo in un secondo momento.

7. È auspicabile che il nostro rapporto rimanga strettamente professionale. Non siamo amici e non dobbiamo esserlo.

Aggrotto le sopracciglia, interdetta davanti all'ultima regola.

L'aula magna è gremita di persone, tra professori, studenti ed ex alunni pronti a prendere parte alla cerimonia d'apertura dell'anno accademico.

Landon è seduto al mio fianco e continua a leggere con la coda dell'occhio le regole che Fionn ha scritto per me; l'espressione sul suo viso è confusa tanto quanto la mia, ma sicuramente più infastidita.

Alla mia destra, Isobel fa lo stesso, arrotolandosi distrattamente una ciocca di capelli sull'indice; lo fa sempre quando è concentrata su qualcosa.

"In fin dei conti non sono poi così irragionevoli," osservo, tentando di spezzare il silenzio carico di tensione che si è venuto a creare tra di noi.

"Certo, ma il punto sette è un po'..." esita Isobel, stringendosi nelle spalle.

Strano?

Senza senso?

Completamente fuori di testa?

Potrei definirlo in tanti modi, ma la verità è che non voglio mostrare a Isobel e Landon quanto questa situazione mi metta a disagio; sarebbe un po' come dargli ragione e ammettere che la mia decisione di dividere l'appartamento con Fionn è stata una pazzia.

"Sono certa che non dica sul serio... mi è sembrato un tipo un po' chiuso, magari fa solo fatica a fare amicizia," continuo, cercando di giustificarlo, nonostante neanche io creda fino in fondo alle mie parole.

"O forse è solo uno psicopatico e tu faresti meglio ad andartene da quell'appartamento il più in fretta possibile," dice lapidario Landon, strappandomi la lista dalle mani e accartocciandola nel pugno.

"Landon!" esclama Isobel, stupita.

Per un istante, chiudo gli occhi e prendo un profondo respiro.

Questa giornata sta già mettendo a dura prova la mia pazienza.

Con delicatezza, poso una mano su quella chiusa a pugno di Landon e, guardandolo negli occhi, gli chiedo silenziosamente di ridarmi il foglio. Lui assottiglia lo sguardo e stringe le labbra in un'espressione contrariata, ma alla fine lascia la presa.

"Grazie," mormoro, posando il foglio in grembo per cercare di stirarne le pieghe. "Vi ho già detto che non ho alcuna intenzione di lasciare quell'appartamento. Mr Kelly sarà anche un tipo particolare, ma sono certa che, con il tempo, si ammorbidirà."

Per fortuna, né Landon né Isobel hanno il tempo di ribattere, dato che il rettore dell'università, Mr Hurst, sale sul palco e dà ufficialmente inizio alla cerimonia. Subito dopo, è il turno di ogni direttore di facoltà di accogliere i propri studenti e illustrargli cosa li attenderà durante questo nuovo percorso accademico. Sento il cuore nel petto battere all'impazzata e un piacevole calore irradiarsi in tutto il corpo quando la direttrice della facoltà di Lettere, Mrs Bennet, prende la parola.

Il suo cognome mi ha sempre fatta sorridere.

Ho letto Orgoglio e pregiudizio fin troppe volte, ma mai tante quante quelle che ho visto la sua trasposizione cinematografica del 2005. Conosco a memoria ogni battuta e fotogramma, ma continuo a vederlo almeno una volta al mese, ogni volta che mi sento persa o giù di morale. È senza ombra di dubbio il mio comfort movie per eccellenza.

"È con grande piacere che mi rivolgo a tutti voi, nuovi studenti della facoltà di Lettere, e vi do il mio più sentito benvenuto. Sapere che al mondo ci sono ancora delle persone tanto coraggiose da abbracciare la forza delle parole, della carta e dell'inchiostro e farne il proprio mestiere mi riempie il cuore e mi fa sperare in un futuro migliore. In un mondo che corre sempre più veloce e in cui molti ormai faticano a riconoscere il potere delle storie, sarà vostro dovere non dimenticarlo mai e condividere questo messaggio con chiunque sarà pronto ad ascoltarvi. E anche con coloro che non lo saranno. Vi auguro che gli anni che passerete tra queste mura saranno solo l'inizio della favola che avete sempre sognato."

Mentre Mrs Bennet si allontana dal leggio e i presenti le dedicano uno scroscio di applausi, io mi aggrappo saldamente al foglio di carta che ancora tengo stretto in mano, imponendomi di non scoppiare a piangere.

Mrs Bennet ha colpito dritto nel segno, proprio come farebbe la sua omonima letteraria.

Nella mia vita ci sono state fin troppe persone che non hanno mai compreso la mia passione per la letteratura, la mia cieca fede nella magia dei libri. Ed è proprio per questo che mi trovo qui; per dimostrare loro quanto si sbaglino, quanto possa essere prezioso ciò che hanno dimenticato o che, forse, non hanno mai conosciuto.

Dopo il meraviglioso discorso di Mrs Bennett, ne vengono numerosi altri, come quello noiosissimo del direttore della facoltà di Matematica e Fisica, quello breve e conciso della direttrice della facoltà di Economia o ancora quello particolarmente coinvolgente del direttore della facoltà di Scienze; quest'ultimi vengono seguiti con particolare interesse da Landon e Isobel che, rispettivamente, hanno deciso di iscriversi a un Bachelor in Economia e Finanza e a un Master's Degree in Farmacia.

Entrambi, al contrario mio, hanno deciso di seguire il volere dei loro genitori e studiare qualcosa che, un giorno, gli permetterà di subentrare come dirigenti nelle rispettive aziende di famiglia.

Proprio come i miei genitori speravano che anche io avrei fatto.

Sospiro e distolgo lo sguardo dal palco, lasciandolo libero di vagare per la stanza pur di sfuggire a quei pensieri.

Mi è sempre piaciuto osservare le persone, cogliere i più piccoli particolari del loro aspetto o comportamento, fantasticare su quelle che potrebbero essere le loro vite.

Prima i miei occhi si posano su due ragazzi seduti vicini, con le mani che quasi si sfiorano; non si stanno guardando o parlando, ma le loro dita si cercano in continuazione, in delle carezze che potrebbero sembrare casuali a un occhio poco attento. Sorrido, sapendo che non lo sono affatto.

Poi sposto la mia attenzione su una ragazza dai capelli rossi che mastica una gomma, appoggiata alla parete vicino all'entrata. Ha un vestito così corto da arrivarle a malapena a metà coscia ma, a giudicare dal modo in cui fa picchiettare ripetutamente la punta delle sue ballerine a terra, si direbbe che non è poi così spavalda come vorrebbe dare a vedere.

Sto cercando di immaginare quale potrebbe essere il suo corso di studi quando, all'improvviso, la porta si spalanca e il mio sguardo viene automaticamente calamitato in quella direzione. È così che mi ritrovo a studiare con interesse il ragazzo appena entrato, che sta attraversando l'aula in direzione delle prime file; tiene la testa incassata nelle spalle e le sue mani tremano appena, prima che le nasconda sbrigativamente nelle tasche dei pantaloni dal taglio classico. Le persone attorno a lui sembrano sorprese di vederlo e bisbigliano furiosamente al suo passaggio, cosa che non sembra piacergli neanche un po'.

Mentre osservo la sua espressione dura dietro alle lenti degli occhiali, un attimo prima che prenda posto in seconda fila, mi rendo conto che c'è qualcosa di familiare in lui; un ricordo accartocciato e ammantato di polvere continua a rivoltarsi sul fondo dei miei pensieri, cercando in tutti i modi di tornare a galla, ma senza alcun risultato.

Landon deve essersi accorto della mia curiosità nei confronti del ragazzo, perché si sporge verso di me e mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di sussurrare: "Perché Scott ti interessa così tanto?"

Pur cercando di ignorare il suo gesto fin troppo intimo, incrocio il suo sguardo, sorpresa. "Scott come Frederick Richard, il figlio di Oscar Thomas Scott?" domando, ritraendomi davanti ai brillanti occhi verdi di Landon, fin troppo vicini per i miei gusti.

In risposta, lui fa un mormorio d'assenso e riporta lo sguardo sulla nuca del ragazzo. "Mi hanno detto che, dopo il Bachelor, si è preso due anni di pausa. All'epoca, fece parlare di sé nel campus per via di un qualche racconto da psicopatico che aveva scritto...  una di quelle robe che piacciono a te."

Storco il naso davanti a quelle parole, ma sono fin troppa sorpresa per badarci davvero.

Allora, io, Landon e Isobel eravamo ancora troppo piccoli per frequentarlo, ma c'era stato un periodo in cui Frederick e la sua famiglia prendevano regolarmente parte alle serate organizzate dalla Blackcross Association; mi ricordo che suo padre, un noto scrittore, incuteva un gran terrore in tutti i bambini, suo figlio Frederick compreso. Poi, senza alcun preavviso, gli Scott avevano lasciato l'associazione, forse per via del caratteraccio di Mr Scott, che sembrava non andare affatto d'accordo con mio padre.

Per poco non mi scappa una risatina quando, improvvisamente, mi ricordo dell'incredibile cotta che mia sorella Altea si era presa per Frederick e il suo naso cosparso di lentiggini.

Da quello che ho potuto vedere, però, non è rimasto quasi nulla di quel ragazzino malaticcio e maldestro che faceva battere il cuore a mia sorella. Il Frederick che ho visto entrare in questa stanza era alto e affascinante, misterioso e tormentato come uno dei migliori personaggi di Donna Tartt.

Dopo qualche istante, anche Isobel si unisce alla conversazione e finiamo per parlare di Frederick e dei vecchi tempi fino alla fine della cerimonia, quando Mr Hurst ci invita a spostarci in mensa per il pranzo.

Il resto del pomeriggio scorre velocemente e, dopo un'ottima porzione di polpettone con purè di patate, io, Isobel e Landon ci separiamo, ognuno diretto alla propria facoltà per una lezione introduttiva sui corsi che seguiremo questo semestre.

Entrare per la prima volta nella Scott Hall è stato come compiere il primo passo in direzione di un sogno che custodisco dentro di me sin da bambina.

Sapevo a malapena camminare quando mia madre iniziò a portarmi sempre più spesso in visita da suo padre, un professore di lettere in pensione; per qualche motivo, non ne volevo sapere di rimanere da sola con le decine di tate a cui i miei genitori cercavano di affidarmi e l'unica persona che riusciva davvero a tranquillizzarmi era mio nonno. Così, per buona parte della mia infanzia, fino a quando mio padre non mi convinse a riempire i miei pomeriggi di attività extracurriculari e corsi avanzati, i miei genitori furono costretti ad affidarmi alle cure di mio nonno ogni volta che erano troppo impegnati per occuparsi di me. Ovvero, quasi ogni giorno.

All'epoca ancora non lo sapevo, ma la casa di nonno Henry sarebbe diventato uno dei miei posti preferiti al mondo. Ovunque mi avventurassi nella sua villetta di campagna, c'erano libri a perdita d'occhio, librerie stracolme e scaffali piegati sotto al peso di fin troppi volumi, e non ci volle molto prima che io e il nonno iniziassimo a leggerli insieme.

All'inizio, fu lui a farlo per me, tenendomi sulle sue ginocchia e facendomi ridere con le sue espressioni buffe e la voce che imitava quella dei personaggi. Poi, quasi verso la fine della scuola materna, iniziai a leggere le prime parole da sola; fu allora che mio padre si mise in testa che ero un prodigio e che sarei diventata una sua degna erede come socia di punta dello studio di famiglia.

Quello che né lui né mia madre hanno mai capito è che la mia voglia di imparare prima del tempo non era dovuta a chissà quale genio nascosto, ma era solo il risultato di tutti i semi che mio nonno aveva piantato in me sin dalla nascita. L'amore per i libri, per quelle storie che coloravano i miei pomeriggi e che mi accompagnavano come un dolce ricordo anche per il resto della giornata, stava sbocciando in me in tutta la sua scintillante vitalità e non avrebbe mai smesso di germogliare.

Crescendo, cominciai a leggere io per il nonno, per esercitarmi e per dargli una tregua dopo tutti quegli anni passati a fare da cantastorie per il mio solo diletto. Poi crebbi ancora e io il nonno iniziammo a leggere insieme gli stessi libri, commentandoli davanti a una tazza di tè la domenica pomeriggio, l'unico momento libero della settimana che mi concedevo.

Insieme abbiamo tirato di spada al fianco dei Tre Moschettieri, aspettato che un pesce abboccasse sulla barca di Santiago de Il vecchio e il mare e pianto per la triste fine della sciagurata Anna Karenina.

Ed è stato grazie a quelle storie, a quei personaggi e a tutto quello che mi hanno insegnato, che ho capito che avrei dovuto dedicare la mia vita ai libri, in un modo o nell'altro.

Se avessi seguito il volere di mio padre e avessi imboccato una strada diversa da questa, non ci sarebbe voluto molto prima che la mia anima cominciasse ad appassire, uccidendomi un po' di più ogni giorno.

La verità è che ancora non so in che modo darò sfogo al mio amore per la letteratura, ma sono qui alla Blackcross per scoprirlo.

✧ ⋆ ✧ ⋆ ✧

È pomeriggio inoltrato quando, a malincuore, lascio le grandi aule luminose della Scott Hall e corro verso Cassidy House, pronta per cominciare il mio primo turno di lavoro.

Sento una scarica di pura elettricità trapassarmi da parte a parte quando spalanco il portoncino rosso del dormitorio e busso sulla porta dell'ufficio di Mr Kelly.

Sono terrorizzata all'idea di fare un disastro o di risultare inadeguata ai suoi occhi, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro.

E, comunque, non ho la minima intenzione di arrendermi.

"Avanti," dice una voce sommessa dall'interno dell'ufficio.

Lentamente apro la porta, sentendo qualcosa contorcersi dentro di me quando i miei occhi si posano sulla figura alta e slanciata di Fionn, in piedi con un faldone in mano dietro alla scrivania.

Ieri sera era troppo buio perché lo notassi, ma ha delle mani meravigliose: sono pallide e affusolate, percorse da venature in rilievo come se fossero state scolpite nel marmo dal più abile degli artisti. C'è solo una nota stonata in esse: sono cosparse di macchie d'inchiostro.

Aggrotto le sopracciglia, curiosa di fronte a quella piccola bizzarria.

Che abbia appena finito di litigare con una penna difettosa?

Oggi indossa una camicia a quadri sui toni del grigio, lasciata aperta sopra una maglietta nera, che copre completamente i suoi tatuaggi, dando l'illusione che non siano mai esistiti. La stampella è posata lì accanto, contro una libreria colma di documenti dall'aria ordinata.

Le pareti dell'ufficio, così come la scrivania e tutti gli altri mobili, sono completamente bianchi e Fionn sembra una macchia nera in mezzo a tutto quel candore.

"Buon pomeriggio!" esclamo, sorridendo nonostante l'agitazione.

Il mio collega non risponde, non mi guarda nemmeno a dire il vero, e si limita a fare un verso di assenso e a indicarmi una pila di documenti pericolosamente in bilico sul bordo della scrivania; se l'atmosfera non fosse tanto pesante, mi lascerei sfuggire una risata per la curiosa somiglianza tra questa scena e quella di ieri sera.

"Quelli sono tutti i moduli di registrazione dei residenti di Cassidy House. Molti sono stati compilati solo per metà e ad altri mancano delle informazioni necessarie come l'indirizzo e-mail o il numero di telefono. Ti prego di rintracciare gli studenti in questione e di chiedergli di riempire i campi mancanti. Mi servono tutti compilati entro domattina."

Le sue parole, più che delle istruzioni, sembrano una condanna a morte. E forse lo sono davvero dato che dentro Cassidy House vivranno almeno una cinquantina di studenti e i fogli impilati sulla scrivania non sembrano essere molti di meno.

Sto per aprire bocca e chiedere alcune delucidazioni, ma Fionn mi precede.

"Questa," dice, alzando finalmente gli occhi dal faldone che stava esaminando per porgermi una risma di fogli, "è la lista di tutti i residenti, con rispettivi nomi e numeri di camera."

La accetto con un piccolo sorriso che, ancora una volta, non viene ricambiato.

Il volto di Fionn è completamente inespressivo, esattamente come ieri sera.

Io, però, non mi lascio intimidire e, nonostante sia evidente che Fionn non veda l'ora di rimanere solo, indugio ancora per qualche istante di fronte alla scrivania.

"Forse," azzardo, "potremmo appendere degli avvisi nelle bacheche e chiedere a tutti gli studenti interessati di recarsi qui in un ufficio entro la fine della giornata per finire di compilare i moduli. Sono certa che in questo modo riusciremo a rendere il processo molto più veloce e ordinato..."

Non credo che farmi correre su e giù per i cinque piani di Cassidy House sia il modo più efficiente per portare a termine questo compito, soprattutto perché potrei non incrociare tutti gli studenti entro domattina, essendo molti di loro ancora in giro per il campus.

Mi ritrovo a sobbalzare, sorpresa, quando Fionn lascia ricadere pesantemente il faldone che teneva in mano sulla scrivania. I suoi occhi corrono a cercare i miei e preferirei quasi non lo avessero fatto, perché per la prima volta esprimono un'emozione vera e propria. Una che mi fa rabbrividire fin nelle viscere.

"Capisco che questo è il tuo primo giorno, ma sei stata assunta in qualità di mia assistente, non di mia collaboratrice. Se mai vorrò il tuo parere su qualcosa, sarà mia premura chiedertelo," sibila e capisco che si sta trattenendo a stento dall'urlarmi contro; lo vedo dal modo in cui stringe la mascella, tanto forte che temo possa rompersela da un momento all'altro, e lo sento nell'inflessione della sua voce, che si è caricata di un accento irlandese tanto forte da rendermi quasi impossibile capirlo.

"Scu-scusami, stavo solo cercando di darti una mano," mi giustifico, torcendomi le mani in grembo.

Lui sospira pesantemente e, mentre si siede con una smorfia di dolore, mormora sottovoce quella che ha tutta l'aria di essere un'imprecazione in gaelico.

Imigh leat.

O qualcosa del genere.

I miei genitori e persino i miei nonni non hanno mai conosciuto più di qualche parola in gaelico scozzese, ma, anche se lo parlassi fluentemente, non sarei comunque in grado di comprendere gli insulti di Fionn, dato che il gaelico scozzese e quello irlandese sono due lingue diverse.

"L'amministrazione mi ha chiesto di consegnare quei moduli per domani mattina e nessuno qui legge davvero le comunicazioni affisse in bacheca. Quindi, per favore, vai a fare il tuo lavoro così che anche io possa dedicarmi al mio."

Capendo che forse stavolta è meglio rimanere in silenzio, mi limito ad annuire sommessamente e a prendere la pila di moduli dalla scrivania, prima di uscire dall'ufficio e chiudermi la porta alle spalle. Non appena quel labile confine si frappone tra noi, ricomincio a respirare normalmente, sentendo le ginocchia molli e tremanti.

Nella mia testa la voce di Landon che dà a Fionn dello psicopatico continua a riecheggiare senza sosta, ma faccio di tutto per ignorarla.

Ho appena scoperto due nuove cose su Fionn Kelly.

Numero uno: è un tipo irascibile.

Numero due: non gli piacciono i suggerimenti.

Farò meglio a tenerlo bene a mente se voglio arrivare alla fine dell'anno senza aver scoperto che aspetto ha il mio superiore quando è veramente arrabbiato.

Mi concedo qualche altro istante per riprendere fiato, poi occupo uno dei tavolini del salotto comune al piano terra. Per prima cosa controllo e conto tutti i moduli; per fortuna, se così si può definirla, sono "solo" trentadue, e ciò significa che entro stasera dovrò rincorrere "solo" trentadue studenti.

Stilo una lista di tutti gli interessati e, armatami di penna e tanta pazienza, salgo al primo piano, dato che iniziare la mia ricerca dalle camere mi è sembrata la cosa più logica.

Ci metto più di un'ora per bussare alle porte di tutti e trentadue gli studenti smemorati e, fortunatamente, ventuno di loro mi aprono; qualcuno si presenta sulla soglia in boxer o a petto nudo, altri cercano di nascondere impacciatamente il fatto che non fossero soli e una ragazza mi soffia addosso una nube di vapore al caramello, direttamente dalla sua sigaretta elettrica verde fluorescente.

A tutti quelli che non rispondono, faccio scivolare un bigliettino sotto la porta, chiedendogli di presentarsi urgentemente nella sala comune al piano terra; è proprio qui, infatti, che continua la mia ricerca.

Ingoiando l'imbarazzo e cercando di farmi forza, mi ritrovo a ripetere ad alta voce i nomi degli undici studenti mancanti innumerevoli volte, facendo la spola tra il salotto e la cucina. Dopo un'ora buona, riesco a intercettare nove di loro e a fargli compilare i campi mancanti nei loro moduli.

Nel frattempo, gli studenti non coinvolti si fanno due risate grazie al mio pietoso teatrino, ma alcuni di loro sono tanto gentili da andare a recuperare i compagni mancanti.

Sono ormai le otto passate quando gli ultimi due studenti si presentano davanti a me. Mi trovano abbandonata in una delle poltroncine di pelle del salotto, il tavolino di fronte a me cosparso di fogli e le mani infilate nei capelli.

Vorrei urlargli contro, dirgli che per colpa loro non ho ancora cenato e ho quasi raggiunto il limite della mia pazienza, ma mi limito a riprendermi i moduli compilati e ad augurargli la buonanotte.

Mentre raccolgo i documenti per riportarli a Fionn, oltre alla coltre di stanchezza e fastidio che obnubila i miei pensieri, sento anche un pizzico di soddisfazione; ho portato a termine il compito assegnatomi alla perfezione nonostante il poco tempo che mi era stato dato, dimostrando a Fionn che, in fondo, potrei non essere poi così male come assistente.

Sono pronta a prendermi la mia piccola rivincita, ma, purtroppo, le cose non vanno secondo i piani. Infatti, quando apro la porta dell'ufficio, ad attendermi non c'è l'espressione imperscrutabile di Fionn, ma quella sorpresa di un uomo di mezza età.

"Oh, stavo cercando Mr Kelly..." mormoro, confusa, stringendomi i documenti al petto.

"Tu devi essere Miss Mcallister, la nuova collaboratrice," osserva lo sconosciuto, alzandosi in piedi e porgendomi una mano. "Io sono Mr Macdonald, Benjamin, mi occupo del turno di notte."

Annuisco con aria assente mentre ricambio il suo gesto, guardandomi attorno come se Fionn potesse saltare fuori dal nulla da un istante all'altro.

"Il vostro turno finisce alle sette, dopodiché tocca a me darvi il cambio. Fionn non ti ha avvertita?" indaga, forse notando la mia espressione spaesata.

"No," scuoto il capo, cercando di darmi un contegno. "Mi ha solo chiesto di riconsegnargli urgentemente questi moduli. Mi ha detto che gli sarebbero serviti entro domani mattina."

Mr Macdonald si affretta ad afferrare il plico di fogli che gli porgo e, dopo averne scorsi alcuni, vedo le sue sopracciglia aggrottarsi in un'espressione confusa.

"C'è qualche problema?" domando agitata, sentendo tutto il corpo chiedere pietà; potrei scoppiare a piangere se dovessi rimettermi a cercare anche solo uno studente.

"No, no, è tutto perfetto," mi rassicura Mr Macdonald, facendomi tirare un sospiro di sollievo, che mi si blocca prepotentemente in gola non appena sento la seconda parte della frase. "Ma questi vanno consegnati entro la fine della settimana, non capisco perché Fionn te li abbia chiesti con tanta urgenza."

Sento i miei occhi spalancarsi davanti a quelle parole. Mr Macdonald pare notarlo, perché si affretta a posare i documenti sulla scrivania, lontani dal mio sguardo, e a sorridere pacatamente mentre mi accompagna verso l'uscita.

"È probabile che mi stia sbagliando e che i documenti vadano consegnati domani, Fionn non sbaglia mai su queste cose. Ora vai pure a riposare, immagino sarai stanca. Buonanotte."

Un attimo dopo mi ritrovo da sola nel salotto, la porta dell'ufficio chiusa alle spalle.

Quasi inconsciamente, mi trascino su per le sei rampe di scale ed entro nell'appartamento, trovandolo buio e vuoto; solo una sottile lama di luce fuoriesce da sotto la porta della camera di Fionn, tradendo la sua presenza.

È in quel momento che vorrei lanciare la borsa a terra e mettermi a urlare, maledicendo il nome del mio capo, nonché coinquilino, e sfidandolo a uscire da quella stanza, se ne ha il coraggio.

Invece, rimango perfettamente in silenzio, le unghie che arpionano la pelle tesa delle cosce, e mi abbandono sul sofà, sentendo tutto il corpo urlare in risposta; l'unica cosa positiva di queste ore di lavoro extra è che forse, con tutta la stanchezza accumulata, riuscirò a dormire stanotte.

Sospiro.

Vorrei davvero credere a Mr Macdonald, ma qualcosa mi dice che Fionn non gradisce affatto la mia presenza qui e che il suo è stato solo un pessimo tiro mancino.

Fisso lo sguardo sul soffitto e respiro intensamente fino a quando la rabbia non svanisce del tutto.

Non mi arrenderò così facilmente.

Fionn dovrà inventarsi qualcosa di peggio per convincermi a scappare via da Cassidy House.

Qualcosa di molto peggio.

Oh sì, avete letto bene. FREDERICK RICHARD SCOTT IS IN THE HOUSE
Morivo dalla voglia di pubblicare questo capitolo solo per farvi leggere quella scena che, se avete ben notato, è la stessa che Laverna ci racconta in Redamancy, ma vista dagli occhi di Astrea.

Per chi non avesse letto Redamancy, il caro FRS ne è il protagonista e oggi ha avuto un piccolo cameo anche in Hendiadys (il primo di altri, forse, chissà 👀).

Non commenterò il comportamento di Fionn, lascerò a voi il piacere di farlo.
Noi ci vediamo la prossima settimana, stesso giorno stessa ora, con un nuovo capitolo abbastanza... scoppiettante

Un abbraccio,
Lady

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