Vulnerable, but safe
«Mio Signore...»
«Zitto, non un'altra parola. Sto pensando. Sai, in fondo l'Avada Kedavra mi ha stancato, è un incantesimo che ho già usato tante volte, e per te vorrei qualcosa di diverso, qualcosa di più... divertente, ecco.»
«Permettetemi di spiegare...»
«Oh, non c'è assolutamente niente da spiegare, niente che non possa capire da me. Se speri che ciò che hai da dire mi convinca a risparmiarti, sei un povero illuso. Il tuo tradimento è l'unica cosa che mi interessa, e prima che il sole sia sorto Nagini avrà già privato il tuo misero corpo delle membra che gli saranno rimaste.»
Sentii le mie labbra tremare impercettibilmente sotto lo sguardo pallido della luna che filtrava attraverso la finestra.
La manica sinistra della tunica era arrotolata quanto bastava a lasciar scorgere l'avambraccio e ciò che vi era marchiato sopra: teschio e serpente, il Male più nero.
Ripensai alla smorfia di sorpresa e di disgusto che era comparsa sul suo viso quando aveva scoperto quell'abominio, il mio segreto: pensavo di averla persa per sempre, che fosse troppo tardi per rimediare al più grande errore della mia vita, c'era talmente tanto dolore nei suoi occhi da farmi stare male...
Non è come pensi, le avevo detto.
L'ennesimo sbaglio. Avrei dovuto prendere il suo viso fra le mani, asciugarle le lacrime e confessarle che sì, ero uno di loro, le avevo mentito, per un certo periodo l'avevo usata per i miei sporchi propositi, ma che niente di tutto ciò contava più, ormai.
Avrei dovuto dirle che l'amavo.
Negli occhi color ghiaccio di Voldemort, invece, c'era solo sadismo.
Avevo paura, provavo un gran desiderio di piangere, correre via, sfuggire alla morte terribile che mi si prospettava. Ma non potevo.
Un uomo non piange, mai, e neppure tenta di scappare.
Dovevo rimanere, e resistere, per lei.
Finché restavo lì, in casa mia, nessuno l'avrebbe più toccata, ne ero sicuro.
E di certo io avrei fatto anche l'impossibile per evitare che le succedesse qualcosa di ancora più terribile: essere costretto ad ascoltare le sue urla strazianti, senza avere la possibilità di intervenire, era stato orribile, mi era persino sembrato che le torture inflitte sul corpo di lei si ripercuotessero sul mio, lacerandomi la carne e provocandomi delle fitte di dolore insopportabile. E ricordare che l'aguzzina era stata proprio mia zia Bellatrix non faceva altro che aumentare la mia rabbia e il mio senso di colpa, la nausea provata nello scorgere una cascata di folli riccioli scuri e disordinati che copriva interamente la figura di lei tornava a farsi sentire di tanto in tanto.
«Che altro avete preso dalla mia camera blindata? Parla!»
«Niente, non abbiamo preso niente, la prego...»
«Non ti credo! Crucio!»
Solo urla.
Da quel momento ero riuscito a sentire solo urla.
Le minacce del Signore Oscuro si sarebbero presto concretizzate, non avrei potuto fermarlo, non sarei riuscito ad evitare che mi uccidesse, ma quello che mi importava davvero era trovare qualcosa con la quale chiunque in grado di fare del male alla ragazza che amavo riuscisse a distrarsi; se questo qualcosa ero proprio io, se la mia morte poteva in qualche modo essere un diversivo, allora ero disposto a tutto. Bisognava solo fare in modo di ritardarla il più possibile.
A Lord Voldemort era sempre piaciuto giocare con il cibo prima di mangiarlo, lo sapevo bene, l'avevo visto tante volte... Dovevo prendere tempo, tempo a sufficienza da permettere che i suoi amici la portassero in salvo, e poi...
Quello che sarebbe successo poi non aveva alcun rilievo.
In un angolo della stanza buia, Bellatrix osservava la scena divertita, emettendo di tanto in tanto la sua sadica risata; nella mano destra stringeva un pugnale sporco di sangue ancora fresco, lo stesso con cui aveva inciso nella sua carne le parole"Nata babbana" .
Sentii la mia mascella contrarsi.
Eravamo rimasti solo noi tre, nell'enorme salone del Malfoy Manor: i Ghermidori erano stati cacciati da tempo, nonostante ancora cercassero di reclamare la loro ricompensa per aver catturato Harry Potter, i miei genitori erano stati costretti a lasciare la stanza.
Strano, avrei giurato che Voldemort non aspettasse altro che di farla pagare nel peggiore dei modi a Lucius per aver distrutto involontariamente la sua preziosa profezia, ancora non capivo perché non avesse lasciato che lui e Narcissa, mia madre, assistessero impotenti alla mia esecuzione...
Quasi sicuramente sarebbe toccata loro la medesima sorte.
«Davvero non ti capisco. Avresti potuto avere tutte le streghe del mondo magico, Purosangue della migliore razza, con me avresti ottenuto il potere, la gloria, e invece hai rovinato ogni cosa... per una sporca Mezzosangue come quella. La tua stupidità è pari solo alla mia grandezza.»
Una risatina familiare mi giunse da dietro le spalle, ma non mi voltai; non riuscivo neppure a far caso all'enorme serpente che mi stava di fronte, osservandomi famelico, di certo aspettava solo il momento in cui il suo padrone gli avrebbe servito la cena...
Un tempo l'idea di poter conquistare facilmente qualsiasi donna mi entusiasmava, ora l'unico sentimento che riuscivo a provare a quella proposta era il disgusto.
I miei pensieri erano tutti per lei.
Sporca Mezzosangue.
Quante volte le avevo rivolto io stesso quell'insulto tremendo? Cosa credevo di dimostrare? Per colpa di quegli stupidi ideali sul sangue puro che mi erano stati inculcati sin da bambino avevo perso tempo, tempo che invece avrei potuto passare con lei, ed era stato troppo tardi quando me n'ero finalmente reso conto. Quella notte lo avevo visto, avevo visto il suo sangue, ed era identico al mio, stesso colore, stesso odore, stessa consistenza, d'altronde avrei dovuto immaginare che in una creatura tanto pura non potesse esserci nulla di sporco...
Era stato troppo tardi, quando avevo deciso che per lei ne valeva davvero la pena.
Ricordare quanto mi fossi comportato da stupido contribuiva solo ad approfondire quella voragine che si era aperta nella mia anima già martoriata nell'istante in cui lei mi aveva lasciato solo, e pensare che ero stato io stesso ad allontanarla...
Allo stesso tempo la desideravo, troppo.
«Tuo padre dovrebbe vergognarsi, e tua madre pentirsi del giorno in cui sei nato, non c'è disonore più grande di un figlio che rinnega il buon nome della famiglia. E quella ragazza, se poi così si può definire... Se pensavi di voler fare l'eroe, ti sei sbagliato di grosso: ucciderò te, e lei sarà la prossima. Il suo legame con Harry Potter ha già creato troppi problemi, avrei dovuto eliminarla anni fa...»
Aprii la bocca per ribattere, ma la richiusi un secondo dopo. Dovevo fare attenzione.
Nessuna delle parole di Voldemort mi scalfiva minimamente, a parte le minacce contro di lei: certo, mi ero messo in una situazione dalla quale era praticamente impossibile uscire, probabilmente anche i miei genitori sarebbero stati puniti per il solo fatto di aver generato un traditore del proprio sangue... Avevo mai riflettuto su questo? Sì, ovviamente lo avevo fatto; più di una volta mi ero chiesto quanto convenisse, gettare al vento tutto ciò che possedevo, mettere a rischio non solo la mia vita, ma anche quella di tutte le persone che amavo, sarebbe servito a qualcosa?
Perché non ero stato più perspicace nell'intuire la risposta?
Nel frattempo il Signore Oscuro sembrava non curarsi del turbine di pensieri che affollava la mente del suo Mangiamorte traditore, nonostante fosse il più abile Occlumante di tutti i tempi: continuava a camminare lentamente, avanti e indietro, con Nagini alle calcagna, probabilmente riflettendo sul modo migliore per uccidermi.
«Tuttavia, non è di questo che ti accuso, la mia indulgenza è nota a tutti i miei seguaci, e parecchie volte ho perdonato coloro che per un attimo avevano, come dire, perso la strada.»
Perché, Draco, perché?
Un momento, avevo sentito bene? C'era forse una minima possibilità che Lord Voldemort si dimostrasse magnanimo nei miei confronti, che mi concedesse di restare vivo?
«Tutti meritano una seconda opportunità. Il fatto però è un altro: questa era la tua seconda opportunità. Ti avevo affidato un compito della massima importanza, ma comunque semplicissimo: uccidere Silente. Avresti ottenuto la tua ricompensa, e rigirato le sorti già precarie della tua famiglia. Hai fallito.»
La debole scintilla di speranza che si era accesa nel mio cuore si estinse sul nascere. Voldemort non sapeva perdonare, e non lo avrebbe fatto neppure con me, perché non gli servivo più a niente. Finché potevo essere una delle sue tante pedine nell'ennesima partita al massacro, ero al sicuro. Vulnerabile, ma al sicuro.
Adesso invece sarebbe stato rischioso per lui lasciarmi andare, conoscevo una discreta quantità di informazioni che, rivelate alla persona giusta, sarebbero potute tornare molto utili. Non mi era più permesso vivere.
«C'è dell'altro: non ti è bastato voltare le spalle a quello che era il tuo dovere, lasciando che altri lo portassero a termine al tuo posto come un codardo, hai fatto di peggio. Questa notte Potter era qui, ce l'avevo in pugno, lui e i suoi amichetti, ma per colpa tua mi è sfuggito di nuovo!»
Allora era per questo che era tanto arrabbiato! Non gli importava che mi fossi opposto alla tortura di una Mezzosangue, il gesto in sè, quanto ciò che questo aveva comportato.
Era la fuga di Harry Potter, del Prescelto, ad aver scatenato la sua ira.
Davvero credeva che avessi agito per aiutare Potter?
Voldemort non si rendeva conto che di quello là non mi importava nulla...
«Cosa c'è, Silente ti ha contagiato? Anche tu ora pensi che l'amore possa risolvere tutto? Oh, scusa, magari eri convinto che la Mezzosangue ti amasse? Povero sciocco.»
«Tu non sai niente di lei e dell'amore, niente!»
Senza volerlo ero passato dal "voi" al "tu", cosa che non avevo mai sentito fare da nessun Mangiamorte. Ma ormai cosa avevo da perdere? Sarei morto comunque, tanto valeva trascorrere gli ultimi minuti di vita che mi restavano cercando di difendere lei, di non permettere che nessuno dubitasse del nostro amore incondizionato.
Vulnerabile, ma al sicuro. Con lei.
«Certo, lei ti ama. E allora perché non è qui? Ti ha abbandonato senza pensarci un attimo appena ha avuto la possibilità di mettersi in salvo. Possibilità che sei stato tu a darle.»
Il mio animo di Serpeverde fu profondamente turbato da quelle parole prive di pietà e di compassione, parole che volevano solo ferire: una parte di me, quella che ancora riusciva ad essere razionale, era del tutto consapevole che Voldemort mi stava provocando; sentivo però che c'era qualcosa di vero in quello che stava dicendo. Avrei tanto voluto che lei fosse rimasta, che mi fosse stata accanto in quel momento così difficile, avrei dato qualsiasi cosa per poterla stringere un'ultima volta...
Se mi avesse amato come diceva, non se ne sarebbe andata, non si sarebbe gettata fra le braccia di Lenticchia per Smaterializzarsi non appena avevo fatto cadere il lampadario...
Ma come potevo essere così egoista! Il vecchio Draco si rifiutava di credere che, se non se ne fosse andata, l'avrebbero sicuramente uccisa, nel peggiore dei modi, ed io, il nuovo Draco, non volevo questo, no: lei doveva continuare a vivere, essere felice anche senza di me. Aveva lasciato il Manor con i suoi amici e Dobby, l'elfo domestico che una volta era appartenuto alla mia famiglia, ma un attimo prima di procedere con la Smaterializzazione Congiunta l'avevo vista tendere inutilmente una mano verso di me, nell'ultimo, disperato tentativo di portarmi con loro. Anche se l'avevo tradita, imbrogliata, distrutta, anche se non riusciva neppure a reggersi in piedi a causa delle torture di Bellatrix, aveva comunque pensato a tentare di proteggermi.
Si era ricordata.
«Non è servito a niente, te lo ripeto, lei morirà insieme a tutti quelli della sua schifosa razza.
Avresti dovuto dirle addio in modo migliore.»
Voldemort accarezzò piano Nagini, poi alzò di scatto la bacchetta puntandola contro la mia figura: era ormai la fine, avevo fatto tutto ciò che potevo.
«Non è abbastanza!» urlai a me stesso, pur comprendendo che a qualcosa sarebbe servito sicuramente, avevo la certezza che l'elfo domestico fosse riuscito a portarla via da lì, e questo era ciò che davvero contava.
Anche Weasley l'amava, non le avrebbe mai fatto mancare nulla.
Al pensiero dei folti capelli castani vicini a quelli rosso fuoco, provai una morsa allo stomaco che non aveva niente a che fare con la mia morte imminente: era la gelosia, l'odio verso chi sarebbe riuscito a farla sua per sempre.
Lenticchia non la meritava, no! L'aveva fatta soffrire troppe volte, quell'idiota, non era giusto che si appropriasse di qualcosa che non gli sarebbe potuto appartenere comunque...
Perché il suo cuore era già mio, non mi avrebbe mai dimenticato, mai.
Non fare lo stupido, adesso.
Sì, era giusto così. In fondo lo avevo sempre saputo, il nostro era un amore proibito, verde smeraldo e rosso cremisi non c'entravano nulla l'uno con l'altro, così come un Serpeverde e una Grifondoro non avrebbero mai potuto stare insieme, ma c'erano state delle volte in cui ci avevo creduto davvero... Grazie a lei. Tra i due era lei la più forte, la più determinata, la più ostinata a riporre una cieca fiducia in qualcosa di tanto ignoto e travolgente, lei quella che puntualmente mi ritrovava quando mi perdevo.
Portai le mani pallide alla testa, e con un unico gesto deciso mi sfilai il cappuccio, rivelando così una chioma biondissima, da sempre il mio tratto distintivo, in alto contrasto con l'oscurità del mantello: volevo morire rimanendo me stesso, non da Mangiamorte.
Ma io, chi ero? Nell'ultimo anno appena trascorso avevo avuto costantemente la strana, spiacevole sensazione che un'altra persona si fosse fatta strada a forza dentro di me, scavando nelle profondità della mia esistenza. All'inizio era stato doloroso, la mia anima era spaccata a metà, ed io non riuscivo a fare niente per impedirlo. Non riuscivo o non volevo?
Draco, tu non sei un assassino...
Non volevo.
«L'Anatema che Uccide sarà anche ripetitivo, ma ha i suoi lati positivi. Adoro la vista del terrore nello sguardo delle mie vittime...»
Ti ucciderà. Harry Potter ti ucciderà.
Lo pensavo davvero. Per quanto lo odiassi e lo considerassi un idiota, Potter aveva coraggio, questo glielo dovevo riconoscere. Sarebbe toccato a lui porre fine a tutti quegli orrori, e quel momento era sempre più vicino, lo sentivo. Un'altro degli scarseggianti lati positivi di Harry (forse ormai era arrivato il momento di cessare le ostilità...) era la sua profonda amicizia con lei: ne ero geloso, ovviamente, detestavo il modo protettivo in cui la guardava, i gesti d'affetto che si scambiavano spesso, ma non avevo nessun diritto di pretendere l'esclusiva su di lei; erano come fratelli, niente di più, fra loro non c'era nulla di neanche lontanamente simile a ciò che esisteva fra noi.
Non era sola, aveva altre persone vicino oltre a me, e questa consapevolezza riusciva a tranquillizzarmi e a ferirmi allo stesso modo: perché non potevamo stare insieme, e vivere l'uno dipendendo esclusivamente dall'altra? Perché la gente doveva immischiarsi?
Per invidia, forse?
Chissà come lei avrebbe reagito alla notizia della mia morte...
Chissà se lo avrebbe saputo, piuttosto.
Era stata costretta a spostarsi continuamente da quando la sua foto era comparsa fra quelle dei ricercati sulla Gazzetta del Profeta, non si fermava mai nello stesso posto per più di una settimana, e non aveva molti modi per rimanere informata su ciò che accadeva nel frattempo nel mondo magico. Inoltre avevo ragione di credere che l'inseparabile trio di Hogwarts non avrebbe mai sprecato del tempo parlando di me, anche se pochi minuti fa li avevo aiutati.
Fra me e lei esisteva un patto, ora che lo ricordava non lo avrebbe spezzato, ne ero sicuro, neppure dopo che me ne fossi andato per sempre.
Con un respiro profondo, chiusi gli occhi, sforzandomi di visualizzare il più precisamente possibile il suo viso, così che anche la morte potesse essere lieta grazie a lei.
Era passato davvero troppo tempo dall'ultima volta che l'avevo baciata, e di fronte allo sguardo affamato della bestia che si avvicinava sempre di più a me per un attimo ne ebbi compassione: per quanto il suo padrone continuasse ad offrirle cibo, vittime su vittime da sbranare, lei non era mai sazia. Come me.
Di lei non ne avrei mai avuto abbastanza, le sue labbra erano come una droga, non potevo disintossicarmene neanche provandoci.
E persino in quel momento non riuscivo a fare a meno di avere fame anch'io.
Da perfetto masochista, avrei solo voluto del tempo. Più tempo che mi permettesse di rivivere tutti gli istanti trascorsi con lei, e invece a mia disposizione non c'era neppure un secondo, un granello di clessidra.
Magari potremmo andarcene...
E lasceresti tutto per me?
Perché diavolo non eravamo fuggiti insieme quando ne avevamo l'occasione?
Perché non le avevo dato retta quando me l'aveva proposto?
Pensavo che rimanendo avremmo comunque trovato un modo per continuare a salvarci la vita a vicenda, che non serviva scappare, perché alla fine i buoni avrebbero vinto.
Solo un mucchio di stronzate.
Avevo paura, ecco perché.
Dopotutto lì avevo un posto comodo dove abitare, cibo con cui sfamarmi, e credevo che i rischi fossero minimi; se me ne fossi andato, cosa mi sarebbe rimasto? Niente casa né cibo, ogni minuto sarebbe potuto essermi fatale.
Ma avrei avuto lei. Non capivo che la mia unica casa era il suo cuore, finché fosse rimasta con me non avremmo corso nessun pericolo.
Solo adesso che ci eravamo divisi per sempre riuscivo davvero a rendermi conto che quello che avevo appena perso era la mia unica ragione per continuare a vivere.
Come avevo potuto essere così cieco?
Non ero neppure riuscito a dirle che l'amavo, mai, neanche quando i nostri corpi divorati dalla passione si erano adattati ad essere una cosa sola, lei aveva ceduto, ero certo che sarebbe successo, fin dall'inizio.
E forse l'avevo sempre amata, anche se non lo sapevo.
Ne avevo bisogno, fisicamente, volevo sentirla mia di nuovo, litigare con lei fino allo sfinimento e poi affondare il viso nei suoi capelli e respirare il suo profumo, trovare rifugio nelle sue labbra, sentirla ansimare e riprendere fiato dopo un mio bacio...
«Davvero hai combinato tutto questo con la Mezzosangue? A me fa ribrezzo solo il guardarla... Come sei riuscito addirittura a...»
Resta calmo, calmo...
Detestavo l'idea dei miei pensieri più intimi nelle mani del Signore Oscuro, quei ricordi dovevano appartenere a me, me solo...
Vulnerabile, ma al sicuro. Dentro di lei.
«Ti sarai divertito, immagino. Anche il nostro amico Grayback non vede l'ora di giocare un po' con lei. Bellatrix, lo hai già mandato a cercarla?»
«Certamente, Mio Signore. Ma avrei voluto pensarci io a quella.»
Tremai al solo pensiero dei modi in cui l' avrebbe torturata Bellatrix se fosse stata ancora nelle sue mani, ma poi mi resi conto che la fine che Voldemort aveva pianificato per lei era ben peggiore.
«Grayback no...» sussultai, stringendo forte i pugni e desiderando con tutto il cuore di riavere indietro la mia bacchetta. Quel lupo mannaro non l'avrebbe avuta vinta, lei era mia.
«Non mi è mai piaciuto essere costretto ad usare le Maledizioni Senza Perdono sui miei Mangiamorte, ma per una feccia come quella... Si merita un trattamento speciale. E lo meriti anche tu.»
Non ebbi neanche il tempo di chiedermi cosa intendesse: il pesante silenzio che regnava in tutta la casa fu spezzato dal grido "Crucio!", e poi da quelle che dovevano essere le mie urla di dolore. Non avevo mai provato prima la Maledizione Cruciatus sulla mia pelle, era come se il mio corpo venisse trapassato in continuazione da lame taglienti, e poi ancora e ancora, ininterrottamente. Anche se non c'era traccia di sangue, riuscivo a sentirlo ribollire nelle vene, affluire al cervello come un'ondata di cera bollente senza fine.
Quando tu sei con me, non ho paura di niente.
Lo strazio maggiore consisteva nell'essere costretto a ricordare quei pochi momenti in cui eravamo stati felici, quelle poche occasioni in cui mi ero sentito libero di amarla e di averla.
Dopo un tempo che a me parve interminabile, inaspettatamente come era cominciata la tortura finì: mentre recuperavo a fatica il respiro e la lucidità, mi resi conto di essere accasciato a terra, grondante di sudore.
È come se fossi invincibile.
«Ora ho altro da fare, a mio parere sei ormai un essere inutile, e voglio finirla qui. Ma prima devi sapere che mentre tu, da debole, urlavi e ti contorcevi, Grayback ha trovato una traccia della tua Mezzosangue, e fra pochi minuti l'avrà fra le sue mani.»
«No...»
Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso polveroso, e non tentai neppure di fermarle, tutti i principi che prima mi avevano imposto di non perdere il controllo si erano dissolti nel nulla. Non poteva essere vero. Non doveva essere vero. Non...
«Mi dispiace. Mi dispiace davvero.»Non lo ascoltavo, e non lo vedevo, di fronte a me c'era solo il vuoto; l'idea che Voldemort potesse avermi mentito non mi sfiorò neanche per un attimo
Lei era la mia Mezzosangue, nessuno poteva permettersi di toccarla... Dopo tutti i sacrifici che avevo fatto per tenerla lontana dal mondo oscuro in cui io ero costretto a vivere, popolato di esseri mostruosi e psicopatici assetati di sangue, erano riusciti comunque a trovarla, a fare in modo che la minaccia costituita dalla mente del famoso trio venisse estirpata alla radice.
Ero vulnerabile, e neppure al sicuro.
Che cos'hai in mente, Malfoy?
Perché sentivo la sua voce?
«Nagini...»
Baciami.
Ti amo, Hermione.
«Uccidi!»
♥
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