The stairs like change

Non fu solo un sottile spiraglio di luce a svegliarmi, la mattina presto del primo giorno di lezione alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. No, ero angosciata da uno strano presentimento, come se avessi avuto la certezza che molto presto sarebbe successo qualcosa di terribile.

Certo, ultimamente le notizie di sparizioni, decessi apparentemente ingiustificati e stermini di intere famiglie Babbane erano nettamente aumentate sulla Gazzetta del Profeta, ma ormai tutto il mondo magico sapeva che Voldemort era tornato, che una guerra stava per scoppiare...

Tutti erano in pericolo allo stesso modo, in qualsiasi luogo si trovassero e a qualsiasi famiglia appartenessero. Ron, per esempio: lui era un Purosangue, tuttavia il Ministero della Magia non lo vedeva di buon occhio, come chiunque fosse vicino al Prescelto, del resto.

Io stessa subivo lo stesso trattamento, ma il rischio era molto più elevato, per una Mezzosangue come me. Detestavo quella parola, mi sentivo la prova vivente che non bastava il sangue puro per essere un buon mago o una buona strega, nonostante ciò mi rendevo conto che le mie idee alla società non interessavano.

E nel mondo in cui vivevo, soprattutto adesso, essere una Mezzosangue era un motivo sufficiente per rimanere uccisa, così come un Purosangue sarebbe stato sempre e comunque intoccabile.

Una vera ingiustizia, ovviamente, ma ormai ero abituata alle discriminazioni di questo genere, e avevo imparato a non darvi peso. O almeno a fingere di farlo.

Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue.

Repressi alcuni spiacevoli ricordi d'infanzia per evitare di ricominciare a crearmi problemi proprio dopo essere faticosamente riuscita a smettere: anno dopo anno, avventura dopo avventura, mi ero costruita una corazza contro la cattiveria di alcune persone, cercando di concentrarmi esclusivamente su qualcosa di davvero importante. Lo studio, ad esempio, ma soprattutto il sostegno verso Harry, che in quanto all'essere denigrato dagli altri per colpa di stupidi pregiudizi ne sapeva molto più di me.

Quella sensazione funesta, però, non riguardava nessuno dei miei migliori amici: durante la notte avevo fatto uno strano sogno, che ricordavo solo a tratti. C'era Bellatrix, con il suo solito aspetto da folle, un angelo biondo con la pelle di porcellana nascosto da un mantello scuro, il Marchio Nero e... Voldemort

Comunque fosse andata, qualcuno di vicino, molto vicino a me sarebbe morto per mano sua, e del suo serpente Nagini. Ma forse si era trattato solo di un incubo.

Con un fortissimo mal di testa, mi alzai dal letto e iniziai ad indossare la veste cremisi e oro, i colori della mia casa, ignorando le chiacchiere noiose e inutili delle mie compagne di dormitorio; non provai neppure a mettere in ordine la mia chioma cespugliosa, ci avevo rinunciato ormai da anni. Solo in occasione del Ballo del Ceppo, al quarto anno, ero riuscita ad usare la Tricopozione Lisciariccio, ma anche se l'effetto era stato davvero sorprendente non avrei avuto il tempo di replicare tutti quei complicati incantesimi ogni mattina...

Essere la migliore del corso comportava molti sacrifici, compresa la mia vanità.

Ciò era facilmente riscontrabile da parecchie cose, oltre ai capelli, me ne rendevo conto, e mi rendevo anche conto del fatto che, tralasciando Viktor Krum, nessun ragazzo mi aveva mai considerata se non come amica...

Tutto questo era deprimente, e mi pesava, anche se cercavo il più possibile di non darlo a vedere.

Sei una ragazza, Hermione, dovresti ricordartelo, qualche volta.

Appena fui pronta, raccolsi i libri nella borsa, infilai la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni e mi diressi nella sala comune di Grifondoro. Alla vista di Ron stravaccato su una poltrona, il mio cuore ebbe uno strano e leggero fremito: ultimamente mi era capitato più volte di provare per lui qualcosa che andasse oltre una semplice amicizia, e da parte sua Ron sembrava ricambiare. Ma ci conoscevamo ormai da troppi anni, ed eravamo come fratelli, niente di più, non dovevo confondere i miei sentimenti...

Probabilmente le mie erano solo fantasie di una ragazza che si trovava in astinenza d'amore da moltissimo tempo.

«Ehi, Hermione! Stavamo giusto parlando di te.»

Non potei non accorgermi dello sguardo inceneritore che Ron aveva lanciato ad Harry appena lui mi aveva salutata, e senza volerlo sorrisi, quasi compiaciuta. Notai anche che quest'ultimo aveva ancora delle escoriazioni sul naso, nonostante Tonks glielo avesse riparato la sera prima. Era stato davvero angosciante perderlo di vista sulle Espresso per Hogwarts e rivederlo solo qualche ora più tardi, con il viso coperto di sangue: perché mai certe cose capitavano solo ad Harry?

«Ah davvero? E perché?»

«Perché... Mi si è strappata una pergamena, e mi chiedevo se tu...» cercò di sviare Ron.

«Reparo. Anche se ormai dovresti essere in grado di eseguire un incantesimo così semplice, Ronald. Siamo al sesto anno!»

«Lo so, è che...»

«Lasciamo stare un attimo la pergamena di Ron, e parliamo di cose serie.» intervenne Harry, togliendo così dai guai il suo migliore amico, mentre ci incamminavamo verso la Sala Grande per la colazione.

Mi interrogai su cosa intendesse con "cose serie", sperando che non volesse parlare di Sirius o della profezia, sarebbe stato un evento inaspettato al quale né io né tanto meno Ron, che possedeva la sfera emotiva di un bradipo, avremmo saputo reagire nella maniera giusta.

Da quando il suo padrino era morto, Harry aveva evitato accuratamente di condividere i suoi sentimenti con noi, ma lo comprendevo, di sicuro aveva bisogno di tempo per accettare l'idea che l'unica persona che potesse fargli da famiglia se n'era andata...

Però ci aveva rivelato il contenuto della profezia, ed ero rimasta spiazzata, non potevo credere alla scelta terribile che gli si prospettava imminente: uccidere o morire, queste erano le possibilità. Ma del resto si trattava di Voldemort, colui che aveva inaugurato un capitolo tragico nella storia del mondo magico, e nessuno di noi avrebbe mai osato biasimare Harry per l'atto che prima o poi si sarebbe trovato in procinto di compiere. Da parte mia lo avrei aiutato e sostenuto, lo avrei seguito ovunque pur di prolungare la sua vita, ed ero certa che anche Ron la pensasse allo stesso modo.

«Cosa faceva Malfoy da Magie Sinister l'altro giorno?»

«Eccolo che ricomincia...» sbuffò Ron alzando gli occhi al cielo e anticipando la mia reazione: entrambi eravamo già stufi del comportamento irrazionale di Harry e dei suoi assurdi sospetti su Malfoy. Qualche giorno prima ci eravamo incontrati a Diagon Alley con il resto della famiglia più Hagrid, per acquistare tutto ciò che ci sarebbe servito durante il nuovo anno ad Hogwarts.Mentre visitavamo i Tiri Vispi Weasley, il sensazionale negozio di Fred e George, io, Harry e Ron avevamo intravisto Malfoy e sua madre Narcissa, per la seconda volta nell'arco di poche ore, che si aggiravano furtivi accompagnati da Grayback, il disgustoso lupo mannaro, e avevamo deciso, o meglio, Harry aveva deciso di seguirli.

Ci eravamo introdotti nelle stradine buie e insidiose di Notturn Alley, nascosti dal Mantello dell'Invisibilità, nonostante la signora Weasley ci avesse raccomandato più volte di rimanere uniti e di non commettere sciocchezze; i due erano entrati da Magie Sinister, uno dei più rinomati bazar di oggetti oscuri, e per riuscire ad ascoltare ciò che dicevano avevamo dovuto ricorrere a mezzi particolari come le Orecchie Oblunghe, una delle geniali invenzioni dei gemelli. Non eravamo riusciti a scoprire molto, ma quello che avevamo sentito era bastato ad Harry per formulare una teoria tutta sua.

«È un Mangiamorte, non ci sono altre spiegazioni. Ha mostrato a Sinister il Marchio Nero per spaventarlo, e quando Madama McClan...»

«Sì, lo sappiamo, - intervenni esasperata, - quando gli ha toccato il braccio sinistro si è subito irritato. Harry, Ronald ha ragione, sta diventando una fissazione. Dovresti pensare a cose più importanti, per esempio al fatto che sei...»

«Il Capitano della squadra di quest'anno, devi pensare alle selezioni!» disse Ron, ingozzandosi come al solito e sputando briciole di corn flakes ovunque.

«Io veramente volevo dire il Prescelto. Sei il Prescelto, devi prepararti a ciò che dovrai affrontare, sicuramente te lo dirà anche Silente...»

«Ron ha ragione. Oggi fisseremo la data.» ribatté Harry deciso.

«I maschi, non pensano ad altro che al Quidditch!» sbuffai fra me e me.

La verità era che non riuscivo proprio a capire come Harry potesse essere tanto rilassato: insomma, solo pochi mesi prima aveva scoperto, grazie alla profezia della professoressa Cooman, di essere il Prescelto, colui che avrebbe dovuto uccidere Voldemort e porre fine a quella terribile minaccia che tormentava il mondo magico da ormai troppo tempo.

«Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive.» sussurrai involontariamente. Harry se ne accorse e subito il suo viso si adombrò: mi pentii subito di aver tirato in ballo quella profezia, ma ero preoccupata, forse anche più di lui.

«Stai tranquilla, Hermione. Vedrai che andrà tutto bene.»

Mi circondò le spalle con un braccio, sotto lo sguardo di Ron, che si era fatto improvvisamente serio.

«Eccolo, guardate!» esclamò di scatto Harry, fissando un punto oltre la mia testa, verso l'ingresso della Sala Grande. Ron ed io guardammo nella stessa direzione per capire a chi si riferisse: proprio in quel momento Draco Malfoy stava prendendo posto al tavolo di Serpeverde. Aveva un'aria assorta, quasi persa, la sua pelle sembrava di una sfumatura leggermente più grigiastra del solito, quasi come quella di un malato; sosteneva il volto affilato con una mano, senza toccare cibo, lo sguardo fisso chissà dove.

Per un attimo fugace provai il desiderio di averlo più vicino, in modo da scrutarlo meglio e capire cosa lo turbasse, ma subito dopo mi detti della stupida e mi imposi di distogliere la mia attenzione da quel furetto. Non era affar mio il perché fosse tanto inquieto, e neppure mi importava.

«Basta con Malfoy, Harry. È ora di andare a lezione.»

«Osservatelo bene, non vedete che è preoccupato? Scommetto che sta tramando qualcosa, devo assolutamente riuscire a scoprire...» continuò a sproloquiare Harry mentre ci avviavamo verso l'aula di Trasfigurazione. né io né Ron fingemmo di ascoltarlo, poiché a nessuno dei due interessavano le idee del nostro amico su Malfoy: io ero impegnata nella ricerca del libro "Guida Pratica alla Trasfigurazione" e a reprimere l'istinto avuto poco prima, Ron invece stava probabilmente pensando concentrato alla sua prossima candidatura come Portiere.

Nel frattempo eravamo arrivati davanti alla porta della classe della professoressa McGranitt, dove si sarebbe tenuta la nostra prima ora di lezione.

«Accidenti, siamo insieme ai Serpeverde!» esclamò Ron, esprimendo tutto il suo disappunto: l'ostilità fra i rosso-oro e i verde-argento era aperta sin dalla fondazione della scuola, inaugurata nientemeno che da Godric Grifondoro e Salazar Serpeverde.«Guardate chi c'è! Potty, Lenticchia e la Mezzosangue zannuta!»Non riuscii a riconoscere a chi appartenesse quella voce, accompagnata da risatine di scherno, e la cosa mi sorprese, dal momento che di solito era proprio Malfoy a rivolgersi a noi in quel modo... Mi aspettavo comunque un'accoglienza del genere da parte dei nostri rivali, e non me la presi più di tanto, imitata da Harry, che continuava a spaziare con lo sguardo per l'aula, come se stesse cercando qualcuno. Ron, invece, guardava in cagnesco il gruppetto di Serpeverde.

«Non c'è! Malfoy non si è presentato! Visto, ho ragione, nasconde sicuramente qualcosa...»

«Piantala Harry, la lezione non è ancora iniziata, sarà solo in ritar...»

«Oh no! Ho dimenticato il libro in Sala Comune!» li interruppi di scatto.

Entrambi mi fissarono sconvolti.

«Tu cosa? Non hai mai dimenticato un libro da quando siamo in questa scuola, quasi ci dormi insieme!»

«Davvero divertente, Ronald. Corro a prenderlo, ci metto un attimo. Se arriva la McGranitt ditele che sto arrivando.»

Senza lasciare agli altri due la possibilità di replicare, avevo già percorso di volata il corridoio e svoltato l'angolo verso la Sala Comune di Grifondoro: non volevo assolutamente arrivare in ritardo alla prima lezione dell'anno, avrei potuto perdermi moltissime cose importanti...

Niente da fare, non sarei riuscita a smettere di interessarmi allo studio neppure volendo.Quella mattina però mi ero distratta, nel cercare di ricordare più dettagli del mio strano sogno avevo tralasciato le questioni più urgenti.

Salii in fretta la scala che conduceva alla Torre Nord, ma improvvisamente quella cominciò a muoversi, ed io per poco non caddi.

«Ma cosa...» iniziai ad imprecare, per poi ricordarmi una frase che avevo già sentito circa sei anni prima.

«Fate attenzione alle scale: a loro piace cambiare.»

Già, avrei dovuto pensarci prima, ma sfortunatamente era proprio quella la via più breve per arrivare al quadro della signora Grassa, e non avevo tempo per scegliere un percorso più sicuro.

Ma d'altronde a Hogwarts non c'era mai niente di sicuro.

Fui costretta a rimanere immobile mentre mi chiedevo dove mi avrebbero condotta le scale, sperando di arrivare il più vicino possibile alla mia classe.

Evidentemente però quello non era il mio giorno fortunato, infatti dopo un tempo che a me parve interminabile la scala si fermò proprio davanti al corridoio del settimo piano, l'ultimo.

E soprattutto, il più lontano dalla mia meta.

In quel preciso istante, l'orologio suonò il suo primo rintocco, segno che erano le otto in punto e la giornata era iniziata: per la prima volta in assoluto avrei fatto tardi.

Se solo avessi già sostenuto l'esame di Materializzazione! Che stupida, non ci si poteva materializzare e smaterializzare all'interno del castello, lo avevo letto su Storia di Hogwarts e ripetuto talmente tante volte ai miei amici che io stessa ero capace di dimenticarlo...

Dovevo rassegnarmi e correre.

Iniziai a camminare a passo spedito, ignorando i rimproveri e le battutacce delle persone dipinte nei quadri, che parlavano e si muovevano come fossero state vive.

Ero arrivata circa a metà del corridoio, e mi trovavo di fronte a quello che sapevo essere l'ingresso della Stanza delle Necessità, quando mi accorsi di un'ombra scura che si allungava sempre di più sul pavimento: c'era qualcuno che dall'altra parte dell'incrocio si stava avvicinando a me.

D'istinto mi nascosi dietro un'armatura, perfettamente consapevole del fatto che a quell'ora a nessuno studente era permesso girare tranquillamente per il castello: ero un Prefetto, ed era mio compito punire chiunque non stesse rispettando le regole.

Neanche un secondo dopo aver formulato questo pensiero, mi resi conto che non mi trovavo proprio nella posizione più adatta per giudicare: io stessa non avrei dovuto essere lì, per di più nascosta come una ladra e con la bacchetta alzata...

Per una volta avrei tralasciato i miei doveri, anche se ero piuttosto curiosa di scoprire chi fosse tanto incosciente, così mi acquattai meglio e aspettai che lo studente misterioso si avvicinasse per poterlo vedere. Dalla parete di pietra illuminata dalle torce a muro magiche spuntò una figura alta dai capelli biondo platino: era Draco Malfoy.

A giudicare dal suo modo di muoversi a scatti e con circospezione doveva essere agitato ed impaziente, il verde cupo della sua cravatta appena slacciata era perfettamente in sintonia con il pallore naturale del viso.

Da lontano non potevo esserne sicura, ma avevo il forte presentimento che fosse piuttosto agitato, e che non mi conveniva affatto essere scoperta se ci tenevo alla pelle.

Malfoy si fermò di fronte alla parete, e sapevo perfettamente cosa stesse aspettando: di certo stava formulando nella sua mente la richiesta da fare alla Stanza delle Necessità.

Per un attimo desiderai fortemente essere in grado di eseguire correttamente il Legilimens e smascherare le sue intenzioni, ma chissà perché era uno dei pochi incantesimi che proprio non mi riusciva.

Improvvisamente un immenso portone, reso più maestoso ed imponente dalle decorazioni in argento vivo, prese forma davanti a Malfoy, che di certo stava sogghignando per la soddisfazione. Odiavo vederlo felice, io e quel Serpeverde ci eravamo sempre detestati, lui in particolare mi considerava solo una Sanguemarcio, un'erbaccia da estirpare, e sapevo che ciò che lo rendeva contento non poteva essere niente di buono.

Sì, era un idiota arrogante e viziato, ma così dannatamente bello che...

Ma che diavolo mi saltava in mente! "Malfoy" e "bello" erano due concetti che la mia immaginazione non avrebbe mai potuto mettere sullo stesso piano...

Mi sporsi oltre l'armatura per osservarlo meglio, e senza volerlo la urtai.

Accidenti, perché ero così goffa? Feci giusto in tempo ad indietreggiare, mentre Malfoy si voltava di scatto, insospettito dal rumore che il mio corpo, a contatto con il metallo, aveva provocato.

Trattenni il respiro, pregando che non si accorgesse di nulla e che avesse troppa fretta per venire a controllare che non ci fosse nessuno. Non avevo paura del furetto, sarei riuscita a vincere un duello contro di lui anche senza una bacchetta (e il pugno che gli avevo tirato il terzo anno ne era la prova), ma proprio non mi andava di essere sorpresa lì a spiarlo...

Fortunatamente Malfoy decise che ciò che aveva da fare fosse più importante di qualsiasi strano rumore nel corridoio, perché si girò nuovamente ed entrò in fretta nella stanza.

Mentre osservavo il portone scomparire lentamente, provai l'istinto di correre e di infilarmi lì dentro con lui, ma sarebbe stato impossibile...

Lentamente uscii dal mio nascondiglio, dirigendomi verso la parete, sulla quale ormai non c'era più traccia dell'ingresso, e vi appoggiai l'orecchio, tentando inutilmente di scoprire qualcosa.

«Cosa nascondi, Malfoy?» sussurrai.

Fu in quel momento che lo notai: un angolo di pergamena appallottolato, sul pavimento. Incuriosita, lo raccolsi da terra e lo dispiegai: sentivo una strana adrenalina in corpo, e chissà perché ero convinta che la Stanza avesse voluto mandarmi un aiuto per scoprire cosa stesse combinando Malfoy, e che quello non fosse solo un vecchio frammento di foglio che qualcuno aveva buttato via.

Con impazienza lo portai più vicino agli occhi, e lessi.

Harmonia nectere passus.

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