The cursed necklace
«Hermione!»
La voce sicura e limpida di Ginny Weasley mi raggiunse mentre, stremata, mi lasciavo cadere a peso morto su una delle poltroncine imbottite della Sala Comune di fronte al fuoco scoppiettante.
Quella notte non avevo chiuso occhio, ed era prevista un'uscita a Hogsmeade: per la prima volta a sedersi al tavolo dei Tre Manici di Scopa saremmo stati solo io ed Harry, ma la cosa non mi dispiaceva, per niente. Di sicuro Lavanda avrebbe trascinato Ron-Ron nella sala da tè di Madama Piediburro, e io non sarei stata costretta ad averli sott'occhio per tutto il tempo, così come Harry, del resto. Avevo la sensazione che il comportamento di quei due lo avesse già stancato, nonostante fossero passati pochi giorni dal loro...
In ogni caso, non era quello il motivo per cui ero in piedi all'alba, con delle profonde occhiaie e una voglia di vivere pari a zero...
Serrai le palpebre con forza, come per cancellare tutte le immagini e i ricordi della giornata tremenda che avevo vissuto il giorno prima, ma li riaprii subito non appena percepii un intenso profumo di fiori accanto a me.
Non volevo che Ginny pensasse che non avevo voglia di parlare con lei, anche se era la verità.
«Ciao, Ginny.»
Probabilmente neppure lei era riuscita a dormire, ma al contrario di me non sembrava sfinita né sconvolta. Sprofondò in un divanetto vicino sorridendo, e così facendo i suoi capelli rosso fuoco sembrarono quasi prendere vita. Osservai meglio la mia amica con la coda dell'occhio: era davvero bella, molto più alta di me nonostante avesse un anno in meno, i suoi vivaci occhi azzurri risaltavano parecchio sulla pelle liscia e appena spruzzata di lentiggini.
Difficile credere che si trattasse della bambina goffa e impacciata che avevo intravisto al binario nove e tre quarti al primo anno... Tutto sommato non c'era da stupirsi se era considerata una delle ragazze più attraenti ad Hogwarts, informazione che lei si preoccupava sempre di smentire in mia presenza, ma che io sapevo essere un dato di fatto.
In me invece non riuscivo a trovare nulla che si avvicinasse anche solo lontanamente alla parola attraente: mi rendevo conto di essere piuttosto sgraziata, il mio corpo non possedeva le forme che invece avrebbero dovuto comparire ormai parecchio tempo prima... Probabilmente il carico quotidiano di libri che pesava ogni giorno sulla mia schiena contribuiva in modo rilevante al farmi sembrare ancora più bassa di quello che ero; i capelli erano il mio più grande cruccio, nonostante i più svariati tentativi non sarei mai riuscita a dar loro una forma un po' più armonica, dovevo rassegnarmi a convivere con quel cespuglio castano sulla testa...
Niente di particolare negli occhi, marroncini e insignificanti, ma fortunatamente ero riuscita a rimpicciolire leggermente i denti, un orripilante tratto che mi contraddistingueva quando ero più piccola, e che non avrei mai più dovuto fronteggiare.
Grazie tante, Malfoy.
Insomma, ero una strega piuttosto ordinaria, e che io ricordassi questo non mi aveva mai dato particolarmente fastidio, perché non avevo mai speso troppo tempo davanti allo specchio o a preoccuparmi di come apparissi alle persone.
«Sono superiore a queste cose.» mi ripetevo sempre.
Scuse e ancora scuse, adesso sì che era tutto chiaro: avevo chiuso gli occhi, proprio come pochi istanti prima, ostinandomi a non voler vedere e accettare l'evidenza, convinta che studiare, essere la prima della classe e contribuire alla salvezza del mondo magico insieme ad Harry Potter bastasse per essere qualcuno.
Ora invece mi accorgevo che non era mai bastato, che non ero nessuno.
In qualsiasi circostanza partivo comunque svantaggiata per colpa del mio sangue, generatore di antichi e inevitabili pregiudizi, dovevo fare di più, anche se non ero in grado di stabilire cosa rientrasse e cosa no in quel "più".
Ginny invece sembrava saperlo, nel corso del tempo aveva acquisito quel dono speciale, concesso a pochissimi, che conferiva la straordinaria capacità di piacere a chiunque senza fare nulla di eroico.
Eppure lei era partita dal basso, proprio come me: non apparteneva ad una delle famiglie più altolocate d'Inghilterra, seppur indiscutibilmente Purosangue, né spiccava per particolari doti fisiche o intellettuali. Dalla sua parte, però, c'era stata la metamorfosi, quel famoso cambiamento che teoricamente avveniva in tutte le ragazze e che faceva sì che una mattina, svegliandosi, scoprissero di essersi trasformate come per magia in splendidi cigni.
Conoscevo quella trasformazione solo per sentito dire, ovviamente: la natura non si era dimostrata altrettanto clemente, con me, destinandomi a rimanere per sempre un brutto anatroccolo...
Nessuno mi avrebbe mai amata.
«Perché mi guardi così?»
Non mi ero accorta di aver fissato Ginny con troppa insistenza, e come svegliandomi da un lungo sonno compresi che mi aveva rivolto la parola, che si aspettava di ricevere una risposta.
«Scusa, sono piuttosto stanca. Com'è andata la prima settimana?» risposi, cercando di sembrare realmente interessata a ciò che aveva da dirmi, quando invece tutto quel che volevo era un po' di riposo, soprattutto mentale.
«Un inferno. I professori non hanno fatto altro che terrorizzarci con la storia dei G.U.F.O, prevedo un anno tremendo...»
«Non devi preoccuparti, in fondo sono solo esami, no?»
«Solo esami? Ti senti bene, Hermione?»
No.
«Certo, sto benissimo. Ma penso ci siano molte altre cose più importanti, e che dopotutto non valga la pena angosciarsi tanto...»
Ginny continuava a scrutarmi perplessa, così decisi di cambiare totalmente argomento, per evitare di infilarmi in discorsi nei quali non volevo addentrarmi. Neanch'io sapevo cosa mi passasse per la testa, e provare a parlare con qualcuno del caos che avevo dentro avrebbe solo peggiorato la situazione.
Nonostante Ginny fosse una delle mie amiche più care, non mi sentivo propensa a raccontarle di quanto ultimamente mi sentissi inadeguata, o dei miei sentimenti confusi per Ron, o di come Malfoy si stesse spudoratamente approfittando di me...
Del bacio...
Avevo la spiacevole sensazione che non sarebbe riuscita a capire, e come lei tutti gli altri; nessuno aveva idea del dolore che provavo, ed io ero determinata a lasciare immutata la situazione.
E poi doveva esserci un motivo preciso per cui Ginny era venuta a cercarmi, la conoscevo piuttosto bene e sapevo che il suo intento non era certo parlare della difficoltà dei G.U.F.O, né per sapere semplicemente come stavo.
Purtroppo da questo punto di vista era un po' egoista, non si creava alcun tipo di problema nel "costringere" qualcuno ad ascoltarla se aveva bisogno di consigli, e non mollava la presa finché non aveva ottenuto ciò che desiderava.
Io, al contrario, tacevo fiduciosa, sperando che la perspicacia in ambito sentimentale che sentivo di possedere illuminasse anche le persone a me più care, facendo capire loro che persino io esigevo aiuto, a volte...
«Dai, dimmi tutto.»
«Come... Come fai a sapere che c'è qualcosa di cui ti voglio parlare?»
Voglio.
Non vorrei.
Quell'uso particolare dei tempi verbali confermava tutte le mie ipotesi, Ginny dava ormai per scontato che io fossi disposta, a prescindere dal resto, ad essere comprensiva, paziente, volenterosa, una buona amica, insomma. Era così, in effetti, ma per la prima volta ero infastidita da quel comportamento, e soprattutto dalla mia consueta accondiscendenza.
Perché solo io dovevo obbligatoriamente impegnarmi nel coltivare i miei rapporti con gli altri? Non potevano essere gli altri, a mostrare di tenerci davvero?
«La tua espressione dice tutto. Fammi indovinare... Harry?»
Un lungo, lento sospiro fu la conferma alla mia insinuazione, pronunciata forse con una punta di acidità di troppo: non avevo dubbi riguardo l'argomento della nostra prossima conversazione, erano anni che Ginny si struggeva per Harry, cercando disperatamente un modo per catturare la sua intenzione, ed erano anni che mi tormentava affinché la aiutassi.
In quel caso, vederla tanto afflitta mi consolò, perché riuscii a convincermi che dopotutto non era poi così perfetta, anche se quel pensiero mi fece sentire piuttosto in colpa.
«Mi sono girata e rigirata nel letto per tutta la notte... Sto pensando di lasciar perdere, Hermione. Insomma, questa storia va avanti da troppo tempo, e non so se ne vale davvero la pena... Lui continua a vedermi solo come un'amica, e mi fa star male, è ora di smetterla con i sogni d'infanzia e cercare l'amore vero.»
«Sicura di avermi detto tutto? Fino a ieri eri convinta dei tuoi sentimenti per Harry, e ora all'improvviso ti vengono questi dubbi...»
«Insomma... Ieri sera Dean mi ha chiesto se voglio essere la sua ragazza, ma io non so...»
«Ah, ecco.»
Avrei voluto dire qualcosa di più, qualcosa che probabilmente lei si aspettava da me e che io in quel momento non riuscivo ad elaborare. Ero arrabbiata, mi sentivo implodere, e se non fuggivo da lì al più presto la mia collera accumulata sarebbe esplosa contro Ginny...
Come al solito, mi chiedevo perché. Perché la mia vita sentimentale doveva essere così desolante? Perché gli altri avevano sempre storie intriganti di cui parlare, mentre io ero costretta al pessimo ruolo di uditrice rassegnata?
Fortunatamente Ginny non sembrava essersi accorta della mia ostilità, presa com'era dal raccontarmi i dettagli più insignificanti ed irrisori sulla fantomatica "proposta" di Dean Thomas, sulla sua indecisione, e sul suo desiderio di provare ad escludere Harry dalla sua vita per un po'.
Non si rendeva conto che dei suoi problemi futili me ne fregavo, che anche volendo non avrei potuto interessarmene, non quando ero oppressa e in crisi a causa dei miei.
«... E così io gli ho risposto che preferivo pensarci un po' su, in realtà volevo prima parlarne con te, di solito i tuoi consigli mi schiariscono le idee...»
Cosa pretendeva, che le risparmiassi la seccatura di riflettere per conto suo? Reclamava forse la soluzione su un piatto d'argento? Certo che sì.
L'avevo abituata io a farlo.
«Non saprei, Ginny. Io sono ancora convinta che Harry non ti veda solo come un'amica, solo che lui è talmente ostinato da non volerlo accettare... Forse gli serve una spinta nella giusta direzione.»
«Mi stai dicendo che dovrei dire di sì a Dean per fare ingelosire Harry?»
«Se preferisci metterla in questi termini, sì. Ti suggerisco semplicemente di vivere la tua vita, magari in questo modo lui ti noterà di più.»
Lo pensavo veramente, non si trattava di un consiglio di circostanza: non mi erano sfuggiti gli sguardi che Harry lanciava spesso a Ginny nell'ultimo periodo, e lo conoscevo abbastanza bene da essere sicura che prima o poi avrebbe ceduto, se solo lei si fosse messa completamente in gioco.
Certo, dispensare consigli agli altri era semplice, il difficile stava nel seguirli quando si trattava di me stessa...
Io non sapevo neppure cosa significasse, mettersi in gioco e correre il rischio.
«Hai ragione, come sempre del resto. Grazie davvero, Hermione, sei una vera amica.»
Ginny mi strinse in un abbraccio veloce, dopodiché corse fuori dalla Sala Comune, probabilmente per cercare Dean e comunicargli che accettava la sua proposta.
Almeno si era tolta dai piedi...
Mi detestavo davvero quando formulavo quei pensieri e non riuscivo a reprimerli, ma non potevo evitarlo, specie se mi sentivo particolarmente infelice. Eppure avrei dovuto considerarmi fortunata ad essere ancora in vita, anziché compatirmi e deprimermi per un amore non corrisposto... Se veramente di amore si trattava, ovvio.
Una vera amica.
perché quella descrizione riusciva ad innervosirmi tanto? La mia funzione era sempre la stessa, la gente si aspettava da me che assumessi la parte della confidente, della saggia, della giusta...
Basta, accidenti! Io non volevo più esserlo.
Volevo trasgredire alle mie beneamate regole del cazzo, fregarmene per una volta dei sentimenti degli altri e pensare un po' di più ai miei, ormai ridotti ad un cumulo di briciole e scaglie di vetro... E solo perché ero stata io a concedergli di spezzarsi. Dovevo smetterla con i dubbi, le preoccupazioni e i sensi di colpa, dovevo imparare a vivere per me stessa, perché fino a quel momento non ci avevo mai neppure provato, ed ecco i risultati.
Amareggiata, ripensai a tutte quelle volte in cui la mia bocca aveva detto sì quando invece il mio cervello urlava no, e mi detti della stupida almeno mille volte.
Ti sei lasciata ricattare da Malfoy...
Ancora mi rifiutavo di crederci. Ero arrivata ad un passo dalla soluzione più semplice e comoda per risolvere parecchi dei miei problemi, non avevo neppure dovuto faticare troppo per raggiungerla, e invece...
Addio Felix Felicis.
Entrambi i vincitori delle due dosi di pozione l'avevano conquistata con l'inganno: Harry con il misterioso aiuto del cosiddetto Principe Mezzosangue, Malfoy con il mio.
Ma se non fossi stata costretta dalla sua ennesima minaccia e dall'eloquenza del suo sguardo, non gli avrei mai ceduto il mio calderone...
Se quella notte non mi fossi comportata tanto svergognatamente, di sicuro tutto questo non sarebbe successo, ormai era appurato. Però bisognava considerare anche l'altro lato della medaglia, il fatto che effettivamente avevo infranto i limiti nella maniera più impensabile, e mi era piaciuto.
Inutile continuare a girarci intorno e a negare, non sarei riuscita ad imparare a giocare sporco se la mia mente ragionava ancora da mente pulita.
Il bacio di Malfoy mi aveva fatta sentire desiderata per la prima volta da quando ero entrata nell'età dell'attrazione, anche se alla fine dei conti era tutto finto, tutto calcolato.
Ma così terribilmente eccitante che...
«Allora, andiamo?»
Sobbalzai con violenza, ma mi rilassai subito dopo nel ritrovarmi un Harry sorridente di fronte: evidentemente dovevo essermi persa in quei pensieri demenziali per l'ennesima volta, e avevo trascurato del tutto lo scorrere del tempo.
Mi guardai intorno per accertarmi che il mio amico non si fosse improvvisamente trasformato in un mattiniero, e constatai che in effetti la Sala Comune si era riempita di Grifondoro in borghese.
Io indossavo un semplice paio di jeans Babbani e un pullover verde menta che avevo comprato quell'estate insieme a mia madre, durante uno dei nostri rari giri per negozi. L'anonimato dei miei vestiti mi fece sentire emarginata, più di quanto non fosse mai successo.
Ron fortunatamente non c'era, e forse il motivo per cui Harry insisteva tanto per uscire subito era proprio evitare di incontrarlo, una saggia decisione.
«Certo.»
Mi alzai a malincuore dalla mia poltroncina e mi avviai con Harry fuori dal castello, senza passare a fare colazione come al solito, dal momento che presto avremmo bevuto Burrobirra ai Tre Manici di Scopa...
All'immenso portone d'ingresso ci attendeva Gazza, probabilmente il custode più sgradevole ed intollerante che Hogwarts avesse mai ospitato, insieme al suo Sensore Segreto.
Da quando la comunità magica aveva riconosciuto il ritorno di Voldemort, le misure di sicurezza erano pressoché aumentate, specialmente a scuola, e non era possibile recarsi ad Hogsmeade senza prima essere controllati.
«Le precauzioni non sono mai abbastanza, quando si tratta di voi malandrini...»
Impiegammo qualche minuto a testa per l'ispezione, alla fine Gazza decise che non eravamo intenzionati a portare fuori dal castello nessun oggetto oscuro e potemmo proseguire con la nostra passeggiata, tremando leggermente per le stoccate superflue del Sensore.
Era una mattinata nuvolosa e piuttosto fredda, l'ambiente grigio e tetro rifletteva perfettamente il mio stato d'animo; dopo i primi istanti di silenzio, fu Harry ad intavolare per primo una conversazione.
«Ehi, non vuoi che ti racconti com'è andata la lezione con Silente?»
Giusto, me n'ero completamente dimenticata: la sera precedente avrebbe dovuto incontrarsi con il Preside per la prima delle sue lezioni speciali, che lo avrebbero potuto aiutare nella battaglia contro Voldemort. L'interesse e la curiosità si risvegliarono dentro di me, cancellando per un po' la tristezza e la confusione.
«Certo! Cosa ti ha insegnato? Degli incantesimi avanzati?»
«Niente del genere, lui...»
E così Harry si lanciò nella descrizione della serata, di come aveva dato uno sguardo al passato di Tom Riddle insieme a Silente, e della raccomandazione che quest'ultimo gli aveva fatto alla fine.
«Mi ha chiesto di entrare più in confidenza con Lumacorno, anche se ancora non capisco il perché...»
Dinnanzi a noi si intravedevano i tetti degli edifici e dei negozi di Hogsmeade, uno dei pochi villaggi dell'Inghilterra abitati interamente da maghi, e man mano che ci avvicinavamo al centro del paesino riuscivamo a riconoscere i nostri luoghi preferiti, quelli che eravamo soliti frequentare.
«Forse Lumacorno sa o possiede qualcosa che potrebbe esserti utile, in ogni caso non sarà troppo difficile, lui ti adora.» risposi, enfatizzando di proposito il mio totale disappunto, mentre con una spinta decisa spalancavo la porta di legno dei Tre Manici di Scopa, che era già affollato nonostante fosse solo mattina inoltrata.
C'era una presenza in particolare, però, che mi turbava e mi metteva a disagio, una presenza che non riuscivo a vedere né ad identificare: percepivo uno sguardo poggiato insistentemente su di me, come se qualcuno mi stesse scrutando...
A fatica ci spostammo per cercare un tavolo libero, dopodiché ci sedemmo e ordinammo due Burrobirre (con lo zenzero nella mia).
«Ancora con quella storia? Io non ho barato, ho semplicemente seguito delle istruzioni diverse dalle tue per preparare quella pozione! Ho corso il rischio e ne è valsa la pena.» ribatté lui divertito, inarcando il sopracciglio.
Preferii limitarmi a sospirare, perché se avessi risposto avrei dato vita ad una discussione amichevole senza fine, e soprattutto non volevo ricordare un'altra volta ciò che era successo con Malfoy di cui Harry non doveva essere al corrente.
Ultimamente succedevano troppe cose, con Malfoy.
«Oho, chi abbiamo qui?»
«Professor Lumacorno, che piacere incontrarla! Anche lei è qui per una Burrobirra?»
Solo ad un uomo entusiasta e ingenuo come Lumacorno poteva sfuggire il tono spudoratamente falso di Harry.
«Veramente io preferisco qualcosa di più forte, stai per diventare maggiorenne e presto capirai cosa intendo...»
«Oh, capisco benissimo, professore...»
«Ho intenzione di dare una piccola festicciola nel mio ufficio la prossima settimana, naturalmente il permesso non sarà accordato a tutti, e naturalmente spero che tu sarai dei nostri.»
«Certo, non vedo l'ora.»
«Spedirò un invito anche a lei, signorina Granger, porti pure chi desidera.»
«Oh... Grazie professore, cercherò di venire.»
Lumacorno si allontanò saltellando, e noi potemmo tirare un sospiro di sollievo.
«Certo, non vedo l'ora... Lascia che te lo dica, Harry, non sei credibile per niente.»
«Ha parlato l'esperta... Intanto ti ho rimediato un invito ad una festa, dovresti ringraziarmi.»
Entrambi scoppiammo a ridere mentre sorseggiavamo la Burrobirra calda, ed io rischiai quasi di strozzarmi, ma d'altra parte mi sentivo anche più leggera rispetto a quando ero entrata nel locale.
Notai in un angolo Ginny e Dean immersi in una fitta conversazione, talmente vicini che le loro teste si sfioravano; non passarono pochi secondi prima che iniziassero a baciarsi.
Distolsi lo sguardo imbarazzata, pregando che Harry non si girasse e non assistesse a quella scena, sapevo fin troppo bene come ci si sentiva ed ero intenzionata ad evitargli quell'esperienza spiacevole.
All'improvviso la porta si spalancò di nuovo ed entrarono Ron e Lavanda, accompagnati da una folata di aria gelida.
O forse era la mia immaginazione.
Sentii il sorriso morirmi sulle labbra e la mia schiena irrigidirsi, nel frattempo Harry gettava occhiate nervose al nuovo arrivato, quasi a volergli intimare di mantenere una distanza di sicurezza dal nostro tavolo, se aveva cara la pelle. Lui però pareva più sconvolto dalla scena che gli si presentava giusto pochi tavoli più in fondo, se non fossi stata tanto arrabbiata con lui lo avrei invitato caldamente a lasciar perdere sua sorella e la sua vita sentimentale...
«Ehi, che state facendo?»
Ancora una volta dimostrava la sua grande delicatezza e soprattutto la sua ipocrisia: perché mai avrebbe dovuto avere il diritto di lamentarsi di Ginny e Dean quando era lui il primo promotore di schifose manifestazioni pubbliche?
Impiegai qualche istante per realizzare che non era quello il guaio più grave, perché anche Harry ora si era voltato nella direzione in cui tutti gli sguardi dei maghi presenti erano puntati, e la sua espressione era tale e quale a quella di Ron, con la differenza che nella sua c'era anche parecchia malinconia.
Dovevo provare a salvarlo prima che commettesse qualche sciocchezza, proprio come era successo a me.
«Ehm... Harry? Mi sono appena ricordata che devo... comprare una piuma nuova. Mi accompagneresti?»
Come scusa suonava piuttosto patetica, a essere sincera.
«Andiamo, tanto qui non abbiamo più niente da fare.»
Finsi di non cogliere il triste doppio senso che si annidava in quelle parole e dopo aver lasciato cadere un galeone sul tavolo mi alzai, lieta di fuggire da lì e da quell'assillante, paranoica sensazione di essere costantemente osservata...
Rapidamente uscimmo dal locale, proprio mentre Ginny gridava: «Quello che faccio non ti riguarda!»
Imbarazzata sollevai il viso, e mi accorsi che durante il nostro breve soggiorno ai Tre Manici di Scopa il tempo era cambiato radicalmente: le nuvole grigiastre e passeggere si erano trasformate in cumuli neri, il vento era rabbioso, l'aria pesante e satura di umidità.
Una goccia di pioggia cadde proprio sulla mia fronte, seguita a ruota da centinaia di altre lacrime di cielo. Non potevo capitarmi una scusa migliore per tornare a scuola.»
«Niente piuma, per questa volta.»
Ci incamminammo a ritroso per la strada che avevamo percorso prima, camminando rapidi e con la testa china, per evitare le sferzate dolorose del vento pungente. Davanti a noi, c'erano altre due studentesse di Hogwarts, e tra loro riconobbi Katie Bell, membro della squadra di Quidditch di Grifondoro, che teneva in mano un pacchetto.
«Non sono affari tuoi, Leanne.»
Stavano evidentemente litigando, anche se era impossibile intuire il motivo della discussione; dopo qualche minuto, la ragazza di nome Leanne si slanciò verso il pacchetto, Katie lo strinse a sé con uno strattone. Il contenuto cadde a terra.
All'improvviso Katie si levò a mezz'aria con grazia, le braccia aperte come se stesse per volare. Eppure c'era qualcosa di sbagliato, qualcosa di inquietante... I lunghi capelli scuri le vorticavano attorno il viso frustati dal vento forte, ma i suoi occhi erano chiusi e il volto era privo di espressione. Sia io che Harry che Leanne eravamo bloccati.
Poi, a quasi due metri dal suolo, Katie emise un urlo terribile. I suoi occhi si spalancarono, ma qualunque cosa vedesse o provasse, era evidente che le procurava un dolore tremendo. Urlò e urlò; anche Leanne cominciò ad urlare e afferrò Katie per le caviglie, cercando di trascinarla a terra. Noi corremmo avanti per aiutarla, ma proprio mentre la prendevamo per le gambe, Katie precipitò su di noi; riuscimmo a sorreggerla, ma si contorceva tanto che non potemmo trattenerla. Così la calammo a terra, dove si agitò urlando, senza riconoscerci.
Mi guardai intorno frettolosamente, cercando qualcuno a cui poter chiedere aiuto.
Scorsi attraverso la pioggia fitta un'enorme sagoma scura venire verso di noi, così lasciai Katie con Harry e Leanne e mi mossi in quella direzione.
«Hagrid!» esclamai senza fiato, trattenendo quel gigante buono per la manica della pelliccia di castori lurida, mentre strizzavo gli occhi bagnati.
«Hermione! Ti conviene correre al riparo, con questo tempo prenderai un raffreddore... Sono andato a trovare Grop, cresce così in fretta che non ci si...»
«Hagrid, c'è una ragazza che si è fatta male laggiù, o che è stata stregata, o qualcosa...»
«Cosa?» domandò Hagrid, chinandosi di più per sentirmi sopra l'ululato del vento.
«Qualcuno è stato stregato!» gridai in preda al panico.
«Stregato? Chi è stato stregato... Harry? Ron»
«No, nessuno di loro, è Katie Bell... Da questa parte...»
Corremmo insieme lungo il viottolo. In un attimo trovammo il gruppetto intorno a Katie, che continuava a contorcersi e urlare; Harry e Leanne cercavano di calmarla.
«State indietro!» intimò Hagrid. «Fatemela vedere!»
«Le è successo qualcosa!» singhiozzò Leanne. «Non so che cosa...»
Hagrid fissò Katie per un attimo poi, senza una parola, si chinò, la prese fra le braccia e cominciò a correre verso il castello. Poco dopo le urla penetranti di Katie erano svanite e il solo rumore rimasto era il ruggito del vento.
Andai dall'amica di Katie che piangeva a dirotto, e le passai un braccio attorno alle spalle.
«Sei Leanne, vero?»
La ragazza annuì.
«È successo all'improvviso, o...?»
«È successo quando si è strappato quello.» raccontò Leanne sempre singhiozzando, e indicò il pacchetto che giaceva al suolo. La carta marrone ormai inzuppata che lo avvolgeva si era squarciata rivelando un lucore verdastro. Harry si chinò con la mano tesa, ma io gliela bloccai e lo tirai indietro.
«Non toccarlo!»
Mi accovacciai. Dalla carta spuntava un'elaborata collana di opali.
«Io l'ho già vista.» mormorò Harry, fissandola. «E anche tu. Era esposta da Magie Sinister, il cartellino diceva che era maledetta. Katie deve averla toccata.»
Alzai lo sguardo su Leanne, che tremava in maniera incontrollabile.
«Come ha fatto Katie ad averla?»
«È per questo che stavamo litigando. Aveva il pacchetto quando è uscita dal bagno dei Tre Manici di Scopa, ha detto che era una sorpresa per qualcuno ad Hogwarts e lei doveva consegnarlo. Era tutta strana mentre lo diceva... Oh no, oh no... scommetto che era sotto la Maledizione Imperius, e io non me ne sono accorta!»
Leanne fu scossa da nuovi singhiozzi. Per confortarla, le battei dolcemente su una spalla.
«Non ha detto chi gliel'aveva dato, Leanne?»
«No... non voleva... e io le ho detto che era una stupida e di non portarlo a scuola, ma lei non ascoltava e... e poi ho cercato di prenderglielo... e... e...» Leanne gemette.
«È meglio che torniamo a scuola.» suggerì Harry. «Così sapremo come sta. Andiamo...»
Esitò per un attimo, poi si sfilò la sciarpa, ricoprì con cautela la collana e la raccolse.
«Dobbiamo mostrarla a Madama Chips.»
Mentre procedevamo su per la strada, mi accorsi che Harry stava riflettendo a giudicare dalla sua espressione di intensa concentrazione. Appena mettemmo piede nel parco del castello, non riuscì più a trattenersi.
«Malfoy sa della collana. Era in una teca di Magie Sinister anche quattro anni fa, l'ho visto che la guardava quando mi nascondevo da lui e da suo padre. È questa la cosa che stava comprando il giorno che l'abbiamo seguito! Se l'è ricordata ed è tornato a comprarla!»
Rimasi in silenzio, soppesando la gravità dell'accusa che Harry aveva appena rivolto a Malfoy, e soprattutto cercando di valutare quanto potesse essere veritiera, avvertendo uno strano peso all'altezza del petto.
«Non... non so, Harry» esitai. «Un sacco di gente va da Magie Sinister... E la ragazza non ha detto che Katie l'ha presa nel bagno delle donne?»
«Ha detto che quando è tornata dal bagno l'aveva con sé, non è detto che l'abbia trovata proprio nel bagno...»
«La McGranitt...» lo avvertii, troncando la conversazione. La professoressa stava correndo verso di noi, sotto la pioggia, con un'espressione preoccupata dipinta sul viso.
«Hagrid dice che voi tre avete visto cos'è successo a Katie Bell... Nel mio ufficio, subito!»
Mentre seguivamo in silenzio la McGranitt lungo i corridoi, lieti di trovarci finalmente in un ambiente caldo e accogliente, meditai su quanto Harry aveva appena supposto.
Insomma, la sua era una teoria piuttosto insolita, e sapevo bene che si fondava soprattutto sulla rivalità che c'era fra lui e Malfoy... Però sapevo anche che quest'ultimo tramava qualcosa, e toccava a me indagare per scoprire di che si trattasse, in modo da capire se davvero la collana fosse stata a Katie da lui o da qualche suo complice.
Inspiegabilmente, l'idea che Malfoy avesse potuto commettere un atto tanto malvagio mi addolorava, ed ero decisa a dimostrare ad Harry, ma soprattutto a me stessa, che non aveva niente a che vedere con quell'oscura vicenda.
♥
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top