That's my fault

Sette giorni.

Erano passati esattamente sette giorni da quando Ginny Weasley mi era corsa incontro in Sala Grande per darmi la tremenda notizia che suo fratello Ron era stato avvelenato.

Sette giorni trascorsi in Infermeria, ogni momento libero passato ad osservare i progressi del mio amico, che ormai si era quasi completamente ristabilito e finalmente poteva tornare a frequentare le lezioni con regolarità.

Sette giorni da quando ero riuscita una volta per tutte a liberarmi di una parte di quel pesante fardello che mi opprimeva, esprimendo ad alta voce i miei sentimenti per lui.

«Voglio che torniamo ad essere amici come prima, anche se io... penso di essere ancora innamorata di te.»

Ce l'avevo fatta, avevo confessato, ma solo perché ero sicura che né lui né altri potessero sentirmi in quel momento.

Era stato come se fossi sola, avevo avuto bisogno di sfogarmi senza però che qualcuno mi ascoltasse. Sì, come ragionamento poteva sembrare strano, ma c'era un motivo per cui avevo aspettato che l'Infermeria fosse completamente vuota e Ron vivo per miracolo e in stato d'incoscienza, un motivo ben preciso. Non potevo espormi così tanto di fronte ad altri, e non l'avevo mai fatto: sia Harry che Ginny sapevano più o meno come stavano le cose, ma si erano accorti da soli di tutto, così come tutti. Non avevo mai ammesso di provare qualcosa per Ron, ed ora ero felice di questa decisione, perché non ero più sicura che fosse la verità. Qualcosa era cambiato, più di qualcosa, a dirla tutta: Ron si era mostrato piuttosto insensibile nei miei confronti, anche se non stavamo insieme non aveva senso mostrarsi geloso e poi girare per il castello con un'oca perennemente incollata alle labbra... E questo perché aveva saputo del "bacio" con Viktor Krum! Ma insomma, ero forse tenuta ad aspettare in eterno che lui si decidesse? No, affatto.

Comunque per me Viktor non aveva significato nulla, eravamo amici di corrispondenza, niente di più: con lui non c'era stato niente di simile a quello che sentivo adesso con...

Smettila subito.

Dovevo ancora imparare a porre un freno ai miei pensieri, quando iniziavo a ragionare su qualcosa era sempre inevitabile che la mia mente finisse per concentrarsi su tutt'altro.

Ma perché poi? Perché dovevo ostinarmi a censurare quel nome dai miei ricordi, quando sapevo benissimo che non sarebbe servito affatto? Eccolo, il problema di tutte quelle incertezze su Ron: avrei dovuto pensare continuamente a lui, per esserne innamorata come credevo, e invece...

Invece pensavo a Malfoy.

Santo Godric.

Com'era potuto accadere? Possibile che fossi stata tanto volubile da arrivare a formulare una convinzione del genere?

Insomma, io ero sempre stata una studentessa modello, abile negli Incantesimi, Grifondoro a tutti gli effetti, la migliore amica del Prescelto.

Lui... Insomma, lui era Malfoy.

Mi aveva sempre odiata, ed io avevo sempre detestato lui, d'altronde era perfettamente normale fra serpi e grifoni, duelli improvvisati in corridoio e visite regolari da Madama Chips per rimediare a fatture lanciate per caso erano all'ordine del giorno... Lui poi era il Principe dei Serpeverde, un figlio di Mangiamorte, sospettato di attività illecite, e avrei potuto continuare con la lista all'infinito. Come avrebbe reagito Harry se avesse saputo che la sua migliore amica se la faceva nientemeno che con colui che era stato il suo rivale numero uno sin da quando entrambi avevano messo piede ad Hogwarts?

Senza contare che il mistero che collegava la Stanza delle Necessità con la formula di uno strano incantesimo sconosciuto era rimasto irrisolto. Non mi ero più preoccupata di venirne a capo, gli ultimi eventi avevano fatto sì che quella faccenda passasse completamente in secondo piano.

Me n'ero dimenticata, così come avevo dimenticato cinque anni d'odio e di offese. Perché tutto il male che Malfoy mi aveva fatto era niente, niente in confronto al bene...

Meglio non pensarci.

Riflettere era inutile. Inutile ragionare, lambiccarmi il cervello per capire cosa diavolo avesse improvvisamente smesso di funzionare come avrebbe dovuto... Le sensazioni malsane che mi spingevano ogni volta a cedere a quell'attrazione non provenivano dalla mente, ormai ne ero certa, bensì dal ventre, dalla parte più sensibile del mio corpo.

Ma perché proprio con lui?

«Se è così, stiamo facendo lo stesso sogno.»

«Herm? Mi stai ascoltando?»

Il rapporto fra me e Ron, da quando era quasi morto avvelenato nell'ufficio di Lumacorno, era tornato alla normalità totale, o quasi: nessuno di noi si era scusato, sembravamo aver stretto un tacito accordo che prevedeva il rifiuto di qualsiasi discorso imbarazzante e che potesse creare disagio; semplicemente, ci comportavamo come se nulla fosse successo. Anche perché io non ero sicura di aver fatto qualcosa di male per cui dover chiedere scusa, ma di questo era meglio che nessuno venisse informato. Inoltre c'erano alcuni argomenti tabù che andavano evitati, come la relazione di Ron con la Brown o il bacio che c'era stato tra me e Viktor Krum al quarto anno. Tutto ciò, insomma, che avrebbe rischiato di portarci a discutere.

Eravamo molto gentili l'una con l'altro, e questo era una novità, considerato che prima io e lui non eravamo in grado di resistere neppure due giorni senza battibeccare. Lui appariva quasi imbarazzato, come se facesse il possibile per non farmi arrabbiare, tutto era molto formale, e non potevo decidere se ciò fosse un bene oppure un male: a volte sentivo la mancanza di quella complicità che avevo sempre avuto con entrambi i miei amici, dall'altra, stranamente, non mi importava più.

Non avevo più voglia di vivere ogni giorno identico a quello precedente, non mi interessava essere compiaciuta, o trattata con riguardo.

Volevo diventare un'altra.

E lui era l'unico che potesse aiutarmi.

Lui non mi aveva mai trattata come se potessi rompermi o esplodere da un momento all'altro.

Lui era proibito, pericoloso, qualcosa che non ci si sarebbe aspettato da me, e proprio per questo mi attraeva.

Perché era diverso.

«Certo che ti ascolto, Ron. Cos'ha fatto Malfoy stavolta?»

«Malfoy? Che c'entra il Furetto? Stavamo parlando di McLaggen...»

Ops.

Quell'ossessione stava iniziando a diventare un problema più grave di quanto potesse sembrare: finché i miei deliri restavano qualcosa di strettamente personale andava tutto bene, riuscivo ancora a controllarli, ma se coinvolgevano anche i miei amici, influenzando la mia vita di tutti i giorni, allora...

Non ero affatto brava a dire bugie, prima o poi mi avrebbero scoperto. Fortunatamente quella mattina Ron era troppo preso dal suo racconto per curarsi di me, come sempre, del resto.

«Come ha fatto Weasley a rinunciare a tutto questo? Come ha fatto a perdere te...»

«Oh... McLaggen, certo.»

Non mi arrischiai ad aggiungere altro, dal momento che non avevo la più pallida idea di quale fosse l'argomento della conversazione. Piuttosto, preferii lanciare un'occhiata all'orologio appeso alla parete dell'Infermeria di fronte a me: per niente al mondo avrei fatto tardi...

«Certo, mi dispiace che Grifondoro abbia perso e che Harry abbia avuto quel piccolo... ehm, incidente, ma sono felice che sia stata tutta colpa di quell'arrogante montato, lui che si credeva invincibile... Ora tutta la scuola sa chi è il vero Portiere della squadra.»

Ah, certo, la partita. Ron parlava dell'ultima partita di Quidditch. Ecco perché mi ero distratta.

Dovetti sorbirmi altri dieci minuti nei quali appresi tutti i dettagli dell'incontro, dalla terribile performance di McLaggen, che aveva sostituito Ron, all'esilarante cronaca di Luna Lovegood: aneddoti dei quali avevo sentito e risentito parlare nei giorni precedenti, non ne potevo proprio più.

Guardai ancora l'orologio, impaziente, mentre mi arrotolavo e srotolavo nevroticamente la treccia intorno alle dita.

«Veramente io avevo in programma di fare altro...»

In quell'istante, la porta dell'Infermeria si spalancò, e Ron si voltò di scatto sul fianco sinistro, fingendo credibilmente di russare. Alzai gli occhi al cielo, spazientita: quella scena si era ripetuta almeno un centinaio di volte da quando era stato quasi avvelenato, e sia io che tutti coloro che andavano a trovarlo regolarmente cominciavamo ad essere piuttosto stufi.

«Non è Lavanda.» sbuffai, e Ron si girò di nuovo, sollevato.

«Merlino ti ringrazio.»

«Quando pensi che parlerete? Si sta insospettendo parecchio, sai? Si chiede come sia possibile che tu sia sempre addormentato quando lei viene qui. Non lascia respirare Harry con le sue domande sulla vostra relazione...»

«Va bene, va bene, ho capito. Le parlerò.»

Quell'argomento mi interessava ancor meno del Quidditch, ad essere sincera: non mi ero mai divertita a fare la consulente di coppia dei miei amici, di solito mi sforzavo di non darlo a vedere per non sembrare egoista, ma dentro mi sentivo ribollire dalla rabbia. Era come se tutti volessero sbandierarmi in faccia i loro problemi, le loro relazioni, una moltitudine di cotte infantili e di cuori infranti da rimettere insieme. Harry era corso da me quando al quarto anno Cho Chang aveva rifiutato il suo invito al Ballo del Ceppo, o quando al quinto anno l'aveva baciata mentre lei era in lacrime... Ginny si era sempre sentita in diritto di pretendere da me una risposta, un consiglio, la sua infatuazione per il Prescelto la tormentava sin da quando era bambina, e tormentava di conseguenza anche me. E io?
Io non avevo mai parlato con nessuno delle mie vicende sentimentali, semplicemente perché non c'era proprio nulla da dire. Perché? Cosa mi mancava? Cos'avevano Cho Chang e Lavanda Brown in più rispetto a me? Non lo sapevo.

C'era stata solo una persona in grado di farmi sentire diversa, speciale, l'ultima dalla quale mi sarei aspettata qualcosa del genere...

«... Hermione, cos'hai oggi? Mi sembri su un altro pianeta.»

Accidenti, ci sono cascata di nuovo...

«Scusa Ron, hai ragione, mi sono persa un attimo...»

«Mi avevi detto che dopo ci sarebbe stata un'ora libera...»

Cosa c'entra adesso?

«Infatti è così.» replicai confusa.

«E allora perché continui a fissare l'orologio?»

Evidentemente Ronald era convinto che avrei passato tutto il tempo a mia disposizione con lui in Infermeria, come mi ero premurata di fare per tutta la settimana, del resto. Gli ero stata talmente vicino da arrivare a trascurare qualsiasi altro impegno: i compiti, le lezioni, le punizioni imposte dalla McGranitt, un certo Serpeverde biondo e ammaliatore...

Ma non quel giorno.

L'insegnante di Trasfigurazione a suo tempo aveva compreso la situazione, e mi aveva esonerato dal riordinare la Biblioteca finché Ron non si fosse ristabilito del tutto. Teoricamente quel momento sarebbe arrivato solo quando Ron avrebbe lasciato l'Infermeria, quindi non ero ancora obbligata ad adempiere ai miei doveri... Ma non si trattava di costrizioni, o di condizionamenti di alcun tipo.

No, la verità era che non ce la facevo più. Non potevo più stare senza vederlo.

E questo come lo spieghi a Ron?

«Mi piacerebbe restare, davvero, ma sono veramente indietro con i compiti...»

Che scusa patetica. Ma per la vecchia Hermione sarebbe anche potuta risultare credibile, dopotutto. Ron si adombrò e rimase in silenzio per un attimo.

«Ah... Quindi devi andartene?» mi chiese poi, guardandomi dritto negli occhi. Non ne fui affatto toccata.

«Sì, ma tornerò presto, te lo prometto. Tra poco dovrebbe venire qui Harry.» aggiunsi, così che potesse risollevarsi il morale pensando a quanto lui e il suo migliore amico si sarebbero divertiti a insultare McLaggen.

«D'accordo. Allora ci vediamo.»

«A più tardi, Ron.»

Gli sorrisi, poi mi diressi verso la porta, forse troppo sollecitamente per una che avrebbe dovuto svolgere i compiti arretrati di un'intera settimana... Ma no, la vecchia, noiosa Hermione ne sarebbe stata più che entusiasta.

«Hermione, aspetta!»

«Sì?»

Non ho tempo Ron.

Non ho più tempo per nessuno di voi.

«Ecco, volevo solo dirti che... Mi dispiace, insomma...»

«Che cosa?»

Si schiarì la voce, fissandomi imbarazzato.

«Per quello che è successo fra di noi. Mi sono comportato da idiota e... Sì, ti chiedo scusa.»

Avevo sentito bene? Ronald Weasley si era appena scusato?

Di certo era l'effetto del veleno... Quello che mi stupì di più, comunque, non fu tanto l'assistere ad un evento più unico che raro. Piuttosto mi sorprese accorgermi che non me ne importava assolutamente nulla.

«È tutto a posto, Ron.» lo rassicurai sorridendo. «Davvero.»

Lui parve confuso.

«Ma come, tutto a posto? Non ci siamo parlati per settimane, e ora...»

«Ora le cose sono cambiate. Ho capito di aver esagerato, puoi stare con chi vuoi ed io non ho il diritto di intromettermi solo perché sono tua amica. Io ho la mia vita e tu la tua.»

Finalmente tutto sarebbe potuto tornare come una volta, io, lui ed Harry, l'inseparabile trio. Non ero così sicura di volere che questo accadesse, in realtà. E forse neanche Ron lo voleva, a giudicare dalla sua espressione.

«Però io... Credevo che tu mi...»

«Certo che non ti odio, Ron. Ti vorrò sempre bene, non mi importa se stai con un'oca giuliva o con una principessa. E adesso scusami, devo proprio andare. Ci vediamo presto.»

Non attesi neppure la sua risposta.

Corsi fuori dalla stanza prima che Ron potesse proferire parola, le mie gambe non si fermarono finché non ritenni di essere a distanza di sicurezza dall'Infermeria. Non sapevo proprio cosa mi fosse preso: perché mai avevo reagito in quel modo? Perché non gli avevo lasciato la possibilità di aprirsi davvero, di esprimere quel che sentiva? Dopotutto era ciò che avevo sempre desiderato, che Ron si svegliasse dallo stato di perenne letargo in cui sembrava essere caduto sin dalla nascita e si decidesse a farsi avanti... Eppure in quel momento non riuscivo a rifletterci sopra a dovere, le porte delle aule tutte uguali mi scorrevano di fronte mentre mi dirigevo verso la Biblioteca.

Non riuscivo a pensare a nient'altro che non fosse lui. Stavo per rivederlo, nel giro di pochi minuti avremmo avuto il primo vero contatto da quando Piton ci aveva interrotti, nella classe di Incantesimi: durante quella lunga e pesante settimana, Malfoy sembrava essere scomparso nel nulla. Non si presentava mai ai pasti, non si trovava nei corridoi, e stranamente le lezioni in comune con i Serpeverde non erano più così frequenti come un tempo.

Lui non ti ha cercata.

Perché avrebbe dovuto farlo?

La notte della festa di Lumacorno, sulla Torre, era stato così... dolce. Faticavo ad associare quell'aggettivo proprio al ragazzo che, fra tutti i miei nemici, era quello che si trovava maggiormente alla mia portata, la stessa serpe che per anni mi aveva tormentata servendosi del suo stupido sangue puro. Prima, quando pensavo a Malfoy, mi veniva in mente una lunga serie di epiteti poco gentili, che nulla avevano a che vedere con quelli che adesso non potevo fare a meno di formulare. Lui si era mostrato diverso, non solo dalla persona che credevo di conoscere e di avere bene inquadrato, ma anche da tutti gli altri. Era difficile da spiegare, persino a me stessa: ormai mi ero arresa da tempo per quanto riguardava certe sensazioni, rassegnata alla solitudine, ad una vita vuota e soprattutto povera di quel sentimento tanto agognato da chiunque. Eppure i la morsa che mi attanagliava lo stomaco quando mi baciava, i brividi che risalivano lungo la mia spina dorsale ogni volta che mi sfiorava anche solo con un dito... Tutto ciò era completamente nuovo per me, e il fatto che fosse proprio Draco Malfoy a scatenare quell'oceano di emozioni mi destabilizzava del tutto. Non avevo idea di cosa provassi, né dove mi avrebbe portato quella situazione, andavo incontro all'ignoto più di quanto avessi mai rischiato. Eppure ero felice.

E se io mi sentivo così solo insieme a lui, magari anche lui...

«Dimmi che non hai visto nei miei occhi quello che io ho visto nei tuoi.»

Cercai di reprimere quei pensieri, dandomi della stupida e nel frattempo iniziando a pormi quella lista di domande proibite che nell'ultima settimana aveva fatto capolino nella mia mente almeno un migliaio di volte e alle quali puntualmente ero stata costretta a dare le medesime, secche risposte.

Dov'era finito Malfoy?

Dove vuoi che sia, siamo in una scuola...

Gli era forse successo qualcosa?

Figuriamoci, a quest'ora lo saprebbe tutto il mondo magico...

Che intenzioni ha con me?

A quanto pare, nessuna.

Eppure qualcosa era cambiato, in

Fu in quel momento, forse, che mi resi conto di quanto il mio comportamento fosse ridicolo: che fine avevano fatto l'orgoglio, la fierezza, la lealtà verso i miei amici? Dov'era nascosta quella parte di me abituata a reagire di fronte ad un'ingiustizia, a non farsi mai mettere i piedi in testa, almeno in apparenza? Tutti quei dubbi erano ingiustificati, insomma, era sempre il comportamento di Malfoy quello che cercavo di capire... Quella serpe avrebbe potuto essere capace di qualsiasi cosa, eppure da quando eravamo tornati ad Hogwarts avevo lentamente abbassato le mie barriere, fino a distruggerle quasi del tutto. Era davvero la scelta giusta da fare?

Sentivo che quell'incontro in Biblioteca sarebbe stato decisivo, sempre ammesso che lui si fosse presentato... Avevo lo strano sospetto che avesse voluto evitarmi di proposito, e l'orribile presentimento che nulla sarebbe andato come desideravo.

Svoltai distrattamente l'angolo e per poco non sbattei contro la professoressa McGranitt che veniva dalla parte opposta, seguita da una pila di pergamene volanti.

«Oh! Mi scusi professoressa, non l'avevo vista...»

«Non è niente, signorina Granger.»

La McGranitt sembrava abbastanza stupita di vedermi, mi scrutava quasi sospettosa, come se avessi potuto saltare in aria da un momento all'altro: nel suo sguardo c'era preoccupazione.

Ma perché mai l'insegnante di Trasfigurazione avrebbe dovuto essere preoccupata per me? Nonostante il mio cervello si sforzasse, non riuscivo proprio a capire.

«Stai andando in Infermeria dal signor Weasley?»

Un'altra anomalia. La McGranitt non mostrava mai indiscrezione né semplice curiosità verso quel che riguardava le relazioni dei suoi studenti, o comunque verso qualsiasi cosa non riguardasse le attività scolastiche. Quella domanda, pertanto, risultava del tutto fuori luogo.

«Veramente no, ci sono appena stata.»

«Ah. Ma se non sbaglio adesso hai un'ora libera...»

E questo cosa c'entra?

«Sì.» confermai, confusa.

Lei mi fissò aggrottando la fronte, una piccola ruga si aggiunse a quelle che già le incorniciavano il viso; sembrava che aspettasse di sentire dell'altro da me, ma non avevo né il tempo né la voglia necessari per indagare ulteriormente.

«Ora devo andare, Madama Pince mi aspetta.»

«Hai un appuntamento con Madama Pince?»

Che fosse sotto l'effetto di un Confundus? A quel punto dovevo considerarla come l'ipotesi più accreditata.

«Non proprio, devo riordinare la sezione di Pozioni. Non ricorda? Mi ha assegnato proprio lei questa punizione, qualche settimana fa...»

Parlai lentamente, scandendo ogni sillaba e sperando che la McGranitt si risvegliasse da quello stato di confusione e trasognatezza in cui incredibilmente sembrava essere caduta. Tirai un sospiro di sollievo quando la vidi spalancare gli occhi per un attimo, per poi fare un cenno di approvazione, come se avesse capito solo in quel momento di cosa stavamo parlando.

«Certo, ricordo perfettamente. Ma ricordo anche di averti assolto dal tuo compito finché il signor Weasley non si fosse rimesso.»

«Ron sta bene, non ha più bisogno di me. E poi c'è anche Harry a fargli compagnia, e sua sorella, e...»

Mi espressi con una foga eccessiva, e quando me ne resi effettivamente conto era già troppo tardi. La McGranitt era allibita da quella risposta inaspettata, lo intuivo dalla sua espressione costernata e indiscutibilmente contrariata.

«Un attimo, signorina Granger. – mi interruppe, alzando il tono per far prevalere la sua voce sulla mia. «Mi stai dicendo che preferisci trascorrere il tuo tempo a scontare una punizione piuttosto che offrire assistenza ai tuoi amici?»

Ma da quando le interessava tanto? Da quando le esigenze personali degli studenti venivano prima della tanto amata disciplina? Inoltre, dal modo in cui si era espressa trasparivano accuse e insinuazioni che proprio non mi piacevano: forse ero paranoica, ma era come se mi stesse rimproverando di aver abbandonato Harry e Ron. Per stare con Malfoy. Nessuna delle due lo aveva nominato, ma avvertivo comunque un'allusione a lui e al fatto che lui potesse essere coinvolto o meno in quella situazione. Possibile che la McGranitt sapesse?

«Non ho detto questo.» ribattei, più acida di quanto avessi voluto. Lei sollevò ancora di più le sopracciglia, in attesa di una giustificazione che risultasse plausibile.

Pensa Hermione, pensa...

Furono proprio i pessimi trascorsi con Malfoy a fare da ancora di salvezza.

«Semplicemente vorrei portare a termine il compito che mi ha assegnato il più in fretta possibile, la sezione di Pozioni è molto fornita e non intendo certo rischiare di ricevere un'altra punizione, visto che ogni minuto che trascorro con Malfoy è un chiaro invito ad un utilizzo illegale della magia.»

Oltre al fatto che ogni volta che lo guardo il mio autocontrollo va a farsi benedire, e che prima o poi potrei dimenticare che siamo in Biblioteca...

Mi squadrò in silenzio, poi parve rasserenarsi: se l'era bevuta.

«In tal caso non deve più preoccuparsi, il signor Malfoy ha provveduto a scontare la punizione per entrambi durante questa settimana.»

«Che cosa?»

Ancora una volta mi mostrai più turbata del necessario, ma mi risultava difficile, quasi impossibile, porre un freno alle mie emozioni. Quell'ultima notizia, poi, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

«Madama Pince mi ha mandato un gufo proprio questa mattina: si è detta soddisfatta del lavoro svolto, e ha aggiunto che probabilmente l'ora libera di oggi sarebbe stata sufficiente per portarlo definitivamente a compimento.»

Questo significa che non potrò più vederlo?

«Ma com'è possibile? Voglio dire, come ha fatto Malfoy a riordinare tutti quei libri da solo, e in così poco tempo? Pensavo che ci sarebbero voluti mesi!»

«Non ne ho idea, signorina Granger, ma posso assicurarti che non ha usato la magia. Dalla tua espressione sembra quasi che ti dispiaccia...»

«No... No, niente affatto.» replicai, risultando poco convincente persino a me stessa.

«Bene. Mi pare di aver capito che le cose fra te e il signor Malfoy non sono cambiate.»

«Esattamente. Ora vado.»

La superai senza aspettare una risposta e senza preoccuparmi di essere stata troppo sgarbata e sbrigativa.

Presi a correre in direzione della Biblioteca, incurante delle proteste e degli "Ehi!" borbottati ogni volta che urtavo qualche studente

Non me ne importa un accidenti della McGranitt. Non mi importa un accidenti di nessuno.

Volevo solo trovarlo, trovare Malfoy e constatare con i miei occhi che era davvero riuscito a riordinare quella maledetta stanza da solo. Perché l'aveva fatto? Ero sempre stata convinta che fin quando non fossi tornata ad adempiere ai miei doveri non gli sarebbe mai neppure balenata nel cervello l'idea di continuare a svolgere il compito senza di me, non si sarebbe mai abbassato ad un livello simile... Invece a quanto pareva si era dato da fare sul serio, l'ennesima prova del suo essere in grado di confondermi e distruggere tutte le mie certezze in continuazione.

L'ha fatto per me?

Non sapevo come interpretare quel gesto, né la sua misteriosa assenza durante quella settimana, né niente che lo riguardasse, in effetti. Malfoy era un'incognita pericolosa, forse la più difficile che mi fossi trovata a dover risolvere nella vita, se quando eravamo insieme i dubbi aumentavano, la distanza li portava a livelli stratosferici. Da qualche parte, però, dovevo pur cominciare.

Corsi a perdifiato, finché non giunsi di fronte all'immensa entrata della Biblioteca: non provai neppure a riprendere fiato, semplicemente mi avvicinai e abbassai con forza la maniglia. La porta non si aprì, perché qualcun altro dall'altro capo aveva contemporaneamente provato ad uscire, qualcuno che senza dubbio voleva essere schiantato all'istante... Sbuffando, indietreggiai e incrociai le braccia al petto, mentre con il piede tamburellavo sul pavimento, impaziente. Una testa bionda fece capolino oltre l'uscio, e qualcosa all'altezza del mio stomaco tremò con violenza.

«Malfoy!» esclamai senza volerlo, mentre lui alzava lentamente lo sguardo e i suoi occhi si posavano su di me per la prima volta dopo sette, lunghissimi giorni. Avevo atteso quel momento a lungo, sin da quando ero stata costretta a lasciare l'aula di Incantesimi, mi ero sorpresa a fantasticare su come sarebbe stato, eppure rimasi delusa. In quegli occhi non c'era traccia della luce speciale che avevo sperato di riconoscere, nemmeno i residui: era uno sguardo vuoto, privo di qualsiasi emozione.

Uno sguardo che esprimeva totale, terribile indifferenza.

Forse non è come pensi, forse è solo un'impressione...

«Che cosa vuoi?»

Chiunque sarebbe fuggito a testa bassa, lontano dal suo tono di voce freddo e distaccato, dal suo corpo rivolto verso il corridoio, come se non vedesse l'ora di andarsene, convinto di star perdendo tempo. A prima vista sembrava essere tornato il Malfoy di sempre, anzi, sembrava che non se ne fosse mai andato. Il ragazzo che mi aveva stretta fra le braccia sulla Torre di Astronomia e quello che mi stava di fronte non potevano essere la stessa persona. Tuttavia decisi di non lasciarmi intimorire da quella durezza improvvisa e di andare a fondo della questione: ero sempre una Grifondoro testarda e orgogliosa, non potevo permettere che tutte le domande che mi ronzavano in testa rimanessero senza una risposta, avevo bisogno di sapere.

Pessima scelta.

«Io... Ecco, ho trovato questa sul pavimento di fronte all'Infermeria e mi è sembrato che fosse tua...»

Mostrai la sciarpa Serpeverde che avevo riconosciuto come sua dall'odore, e subito mi detti dell'idiota: non mi ero preparata nessuna scusa, e non potevo certo dirgli "Sono talmente ossessionata dal tuo odore che riconoscerei la tua sciarpa fra mille". Ma lui non sembrava porsi queste domande, anzi.

Si limitò a fissare per una frazione di secondo il mio braccio teso nella sua direzione, poi scrollò le spalle con noncuranza.

«Fanne pure quello che credi, io non la voglio.»

Che intende dire? Vuole che tenga qualcosa di suo?

Probabilmente la mia espressione speranzosa costrinse Malfoy ad aggiungere dell'altro, per evitare incomprensioni.

«Non voglio portare niente che sia stato toccato da una Mezzosangue.»

No... Non l'ha detto davvero...

La speranza s'infranse di colpo non appena lessi nel suo sguardo quello stesso disprezzo che vi avevo trovato al secondo anno, la scena si presentò talmente vivida che per un attimo mi sembrò di essere nel cortile di Hogwarts, al cospetto di un biondino presuntuoso e arrogante che stringeva in mano la sua Nimbus DuemilaUno nuova di zecca con aria di trionfo.

«Per lo meno, nessuno della squadra del Grifondoro si è dovuto comprare l'ammissione. Loro sono stati scelti per il talento.»

«Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue.»

Quella volta avevo incassato il colpo quasi senza battere ciglio, anche se mi aveva ferita non ero rimasta sorpresa, conoscendo Malfoy e l'ambiente in cui era cresciuto, ma adesso...

Qualcosa era cambiato. Fu questo pensiero a impedirmi di reagire come avrei fatto normalmente, riuscii solo a chinare leggermente il capo, per sottrarmi il più in fretta possibile a quello sguardo così gelido e privo di sentimento.

«Fa' come vuoi.» mormorai, cercando di rispolverare il tono che avevo sempre usato quando Malfoy insultava me o i miei amici. Avevo bisogno di parlargli ma allo stesso tempo non volevo arrischiarmi ad aggiungere altro, sentivo che se l'avessi fatto una nuova ondata di cattiveria mi avrebbe travolto.

Ero ancora alla ricerca di una possibile spiegazione, di un motivo valido per cui Malfoy si stesse improvvisamente comportando in quel modo, la mia mente lavorava frenetica, tanto da non accorgermi che quell'idiota platinato si era voltato e aveva iniziato a percorrere il corridoio nel senso opposto. Forse lasciarlo andare era la scelta migliore, lasciare che tornasse alla sua vita mentre io recuperavo la mia, fingendo che niente fosse mai successo. Forse avrei dovuto dimenticare la sensazione che provavo ogni volta che mi sfiorava anche solo con le dita, convincermi che era causata dalla mia inesperienza.

Forse.

«Hai davvero finito di riordinare tutti i volumi?»

Si fermò, nonostante una parte di me temesse che se ne sarebbe andato senza neppure voltarsi.

«Sì.»

Presi un respiro profondo prima di continuare.

«Perché l'hai fatto? Voglio dire, la punizione era anche mia, e tu...»

«Ho lavorato al tuo posto, lo so.» mi interruppe. «Almeno adesso siamo entrambi liberi.»

«Che intendi dire?»

Riconobbi all'istante l'ombra che gli attraversò lo sguardo, era quella che avevo intravisto pochi minuti prima, e tutte le volte in cui mi aveva chiamata "Mezzosangue".

È finita.

«Ho preferito fare il doppio della fatica da solo piuttosto che doverla dividere con te. Il solo pensiero di trascorrere anche un altro minuto lì dentro in tua compagnia mi disgustava.»

Qualcosa all'altezza del mio petto esplose in mille schegge acuminate, insieme alla voglia di correre via e non tornare più indietro.

Questa schifosa Mezzosangue l'hai baciata, ricordi?

No, non potevo dirlo. Altro che Grifondoro, ero una codarda.

«Il tuo disgusto nei miei confronti è totalmente ricambiato, Malfoy.»

Non mi guardò neppure prima di andarsene, ma del resto sarebbe stato troppo disdicevole per chiunque guardare negli occhi una come me... Rimasi immobile mentre si allontanava, il cuore in frantumi la sua sciarpa ancora stretta in mano, le lacrime iniziarono a scorrere lungo le guance.

Che ti aspettavi?

L'Hermione saccente di un tempo ora non esitava a rimbeccarmi con i suoi fastidiosi "te l'avevo detto", ma io non l'ascoltavo, era come se tutto si fosse fermato intorno a me.

Mi vergognavo. Mi vergognavo di me stessa, di essere figlia di Babbani, mi vergognavo di essere nata con qualcosa di meno rispetto a tutti gli altri maghi. Perché se lui diceva che il mio sangue era sporco, allora il mio sangue era sporco.

La consapevolezza fece più male di qualsiasi domanda senza risposta. Ormai era successo l'irreparabile, lo sentivo, e provare a rimediare sarebbe stato inutile: ero legata al giudizio di Malfoy in maniera eccessiva, ridicola, quasi malata, eppure sapevo che da quel momento in poi sarei stata condizionata da lui in tutto e per tutto. Mi aveva strappato con prepotenza dalle mani quella felicità che era stato proprio lui a donarmi, ed io non ero stata capace di tenerlo vicino come avrei dovuto. Evidentemente c'era qualcosa di davvero sbagliato in me, se si era sentito in diritto di trattarmi in quel modo, evidentemente io gliel'avevo lasciato fare. Mi ero comportata da irresponsabile, cercando di dimenticare per un po' la ragione e di imparare finalmente a seguire l'istinto, ma avevo commesso un errore dopo l'altro. Malfoy mi aveva usata, solo Merlino sapeva a che scopo, ed ora aveva deciso che non gli servivo più. Ma allora perché...

«Credi che io non mi sia fatto nessuna domanda? Pensi forse che per me sia facile sostenere tutto questo? So cosa significa guardarsi allo specchio e non riconoscersi... Tu parli tanto di sentimenti, di emozione, e questo no, non so cosa sia, non sono capace e soprattutto... Non posso.»

Mentiva.

Non sarebbe servito a nulla ricordare le circostanze in cui Malfoy era diventato Draco, eppure già sapevo che non ne avrei più potuto fare a meno: le parole che mi aveva rivolto, così falsamente sincere, sarebbero state il mio unico appiglio nei giorni a seguire, e questo mi umiliava.

Ma che scelta avevo? Ormai ci ero dentro.

Rimasi lì, di fronte alla Biblioteca, a piangere in silenzio, pensando a quello che avevo appena perso.

È tutta colpa mia.

***

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