Now we're even

«... Nel settembre di quello stesso anno, un sotto-comitato di stregoni sardi...»

Lunedì mattina, ora di Storia della Magia, probabilmente la materia più noiosa del programma; la teneva il professor Rüf, l'unico insegnante fantasma, e la cosa più eccitante mai accaduta durante le sue lezioni era il suo ingresso in aula attraverso la lavagna.

Decrepito e avvizzito, molti dicevano che non si era accorto di essere morto. Era accaduto semplicemente che un giorno, alzatosi per andare a lezione, aveva lasciato il proprio corpo su una poltrona davanti al camino, nella stanza dei professori; ma anche così, le sue abitudini non erano minimamente cambiate.

Quel giorno, come al solito, la lezione era noiosa, ed io non riuscivo neppure a pensare di provare a seguirla. Rüf aveva aperto i suoi appunti sulla Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289 e cominciato a leggere: la sua voce era un ronzio monotono, come un vecchio aspirapolvere, tanto che tutta la classe era caduta in un torpore profondo, risvegliandosi di tanto in tanto per segnare un nome o una data, e poi tornando a dormire.

Normalmente io prendevo nota di tutto, per poi passare i miei schemi ad Harry e Ron, ma era una giornata particolare, e anziché prestare attenzione lasciavo che i miei pensieri vagassero senza una meta precisa oltre i confini della mia concentrazione.

Lunedì.

Erano passati più o meno due giorni dal misterioso incidente di Katie Bell ad Hogsmeade, e da allora non si era parlato d'altro: girando per i corridoi affollati fra una lezione e l'altra, si veniva a conoscenza delle versioni più assurde, da uno sdoppiamento di persona all'ipotesi che Katie fosse realmente in contatto con lo stesso Tu-Sai-Chi e agisse per suo ordine.

Le uniche persone a conoscenza dell'effettivo svolgimento dei fatti eravamo io, Harry e Leanne, ancora troppo sconvolta per farne parola con qualcuno; in ogni caso, la professoressa McGranitt, al termine dell'interrogatorio, ci aveva proibito tassativamente di divulgare la notizia, per evitare pettegolezzi inutili. Naturalmente quella precauzione era servita a ben poco, dal momento che al ritorno dalla visita a Hogsmeade tutta la scuola era stata informata più o meno minuziosamente di quanto era accaduto.

Per i nostri compagni era solo l'ennesima storiella avvincente e misteriosa su cui fare pettegolezzi, erano in pochi a rendersi davvero conto di quanto grave fosse l'intera faccenda: se, come probabilmente era andata, qualcuno aveva sottoposto Katie alla Maledizione Imperius per far sì che consegnasse quella collana ad Hogwarts, significava che qualcuno era in pericolo. C'erano enormi punti di domanda in sospeso, incognite che però erano indispensabili per la soluzione dell'enigma.

Chi?

Chi era il mandante della collana?

Chi stava cercando di far fuori all'interno del castello?

Chi poteva essere tanto stupido da tentare un colpo simile?

Del resto avevamo convenuto che, tirando le somme, era stata una manovra contorta e difettosa sotto parecchi aspetti, quasi certamente il pacchetto non sarebbe comunque entrato nella scuola, perché Gazza lo avrebbe intercettato e confiscato... Però era comunque una mossa letale, chiunque vi si celasse dietro o era un pazzo, o era disperato.

O forse entrambe le cose.

Come?

Come era riuscito ad incantare Katie e a passare inosservato?

Come si era procurato quell'antica reliquia micidiale di argento e opali?

Come aveva permesso che finisse in mani innocenti?

Essendo la prima uscita dell'anno, non c'era studente che vi avesse rinunciato a causa del maltempo, e alla fine più di mezza Hogwarts aveva finito con il rifugiarsi nel pub di Madama Rosmerta, per bere una Burrobirra calda e provare a rendere piacevole quei rari momenti liberi dagli impegni scolastici. Per questo motivo dovevo riconoscere che il responsabile del quasi-omicidio era stato abile nel non farsi notare, nello strisciare silenzioso.

Come una serpe.

Nella confusione nessuno si sarebbe accorto che c'era qualcosa di sospetto, e questo lui o lei lo sapeva.

Neppure Leanne si era resa conto che la sua amica era sotto incantesimo, almeno fino a quando non l'aveva vista librarsi nell'aria emettendo urla agghiaccianti, perciò l'astuzia dell'artefice di tutta quella macchinazione non era da sottovalutare.

Aveva trascurato gli aspetti basilari, e si era preoccupato di quelli più sottili.

Interessante.

Ricordavo di aver intravisto la collana a Notturn Alley, in una teca di Magie Sinister, quando mi ero arrischiata in quel negozio spettrale per scoprire qualcosa in più sulle intenzioni di Malfoy.

Merlino, alla fine c'entra sempre...

Rammentai in un flash istantaneo il colloquio con la McGranitt e Piton, che era rimasto in disparte ad osservare la scena fissandomi con evidente disprezzo, più del solito, a dire il vero; sembrava quasi che qualcosa in me lo turbasse o lo disgustasse profondamente, fatto sta che nei suoi occhi pece dominava il ribrezzo più assoluto.

Inizialmente nella stanza era presente anche Leanne, ed era stata la prima di noi tre a raccontare alla professoressa che Katie era andata in bagno ai Tre Manici di Scopa ed era tornata con quel pacchetto anonimo. Era parsa un po' strana, e poi avevano litigato sul fatto di accettare o no oggetti ignoti, e la discussione era culminata nella zuffa per il pacchetto, che si era strappato e si era aperto. A quel punto, Leanne era stata così sopraffatta che non c'era stato verso di cavarle altro. La McGranitt l'aveva spedita in infermeria con l'ordine di farsi dare qualcosa da Madama Chips per calmarsi, ma io sapevo che dietro quell'invito c'era un secondo fine: rivolgersi direttamente a me ed Harry.

«Che cosa è successo quando Katie ha toccato la collana?»

«Si è alzata in aria» aveva risposto Harry prima che io potessi parlare. «E poi ha cominciato a urlare ed è precipitata. Professoressa, posso vedere il professor Silente, per favore?»

«Il Preside è via fino a lunedì, Potter.» aveva detto la professoressa McGranitt, sorpresa.

«Via?»

«Sì, Potter, via! Ma qualunque cosa tu abbia da dire su questa terribile faccenda sono sicura che puoi dirla anche a me!»

«Credo che Draco Malfoy abbia dato a Katie quella collana, professoressa.»

Strisciando. Come una serpe. Argento e opali.

Malfoy.

Apparentemente tutto quadrava.

A quell'affermazione, tutti i presenti avevano avuto reazioni differenti: la McGranitt aveva spalancato gli occhi scandalizzata, Piton li aveva socchiusi ancora di più, sforzandosi di non lasciar trapelare minimamente il suo stato d'animo. Io avevo involontariamente strofinato i piedi a terra, come a voler mettere una certa distanza fra me ed Harry: avrei preferito che non rivelasse nulla dei suoi sospetti, almeno fino a quando non avesse avuto qualche prova schiacciante della colpevolezza di Malfoy.

Lo stai proteggendo?

Gli stavo semplicemente concedendo il beneficio del dubbio, anche se non capivo il perché.

«Questa è un'accusa molto seria, Potter. Hai qualche prova?»

«No, ma...» aveva esitato Harry, poi aveva iniziato a raccontare di quando aveva seguito Malfoy fino da Magie Sinister e della conversazione che aveva origliato. Quando aveva finito di parlare, la professoressa McGranitt era un po' confusa..

«Malfoy ha portato qualcosa da riparare da Magie Sinister?»

«No, professoressa, voleva solo che Sinister gli dicesse come aggiustare una cosa, non l'aveva con sé. Ma non è questo il punto, il fatto è che ha comprato qualcosa nella stessa occasione, e io credo che fosse quella collana...»

«Hai visto Malfoy uscire dal negozio con un pacchetto simile?»

«No, professoressa, ha detto a Sinister di tenergliela da parte...»

A quel punto ero intervenuta: non riuscivo più a starmene con le mani in mano mentre Harry gettava fango su Malfoy, sentivo di dover fare qualcosa nonostante lui fosse anche il mio nemico e avessi tutte le ragioni del mondo per incriminarlo. Forse si trattava solo della mia passione per la giustizia, dal momento che trovavo pressoché assurda la teoria di Harry, ma potevo benissimo constatare che quella fiducia era completamente folle.

Che cosa mi sta succedendo?

«Ma Harry,» lo avevo interrotto. «Sinister gli ha chiesto se voleva portarla con sé, e Malfoy ha detto di no...»

«Perché non voleva toccarla, è chiaro!»

«Veramente ha detto:- Non posso portarlo così per strada -» continuavo a rimarcare, sperando che servisse a qualcosa e non preoccupandomi di allarmare Harry con il mio comportamento più che insolito.

«Be', sarebbe sembrato un idiota a portare una collana...» aveva improvvisato lui.

«Oh, Harry! Sarebbe stata tutta impacchettata, per non toccarla, e quindi piuttosto facile da nascondere sotto un mantello, nessuno l'avrebbe vista! Secondo me, qualunque cosa si sia fatto mettere da parte Malfoy, dev'essere rumorosa o voluminosa: qualcosa che sapeva avrebbe attirato l'attenzione... e comunque io ho chiesto a Sinister della collana, non ti ricordi? Quando sono entrata per scoprire che cosa gli aveva chiesto Malfoy, l'ho vista.

E Sinister mi ha detto il prezzo, non ha detto che era già venduta...»

Uno a zero per me.

«Sei stata così prevedibile che ha capito le tue intenzioni in cinque secondi, è chiaro che non te l'avrebbe detto... Comunque Malfoy avrebbe potuto mandare qualcuno a prenderla, da allora...»

«Basta così!» aveva ordinato la McGranitt, mentre io aprivo la bocca per ribattere, furente.

«Potter, apprezzo che tu mi abbia detto questo, ma non possiamo accusare il signor Malfoy solo perché ha fatto visita al negozio in cui questa collana potrebbe essere stata comprata. Lo stesso vale probabilmente per centinaia di persone. E poi abbiamo messo in atto strettissime misure di sicurezza quest'anno, non credo che quella collana avrebbe potuto entrare a scuola a nostra insaputa...»

«Ma...»

«E soprattutto» si era intromesso inaspettatamente Piton, che fino a quell'istante era rimasto in silenzio, immobile e maligno; sia io che Harry che la professoressa McGranitt ci eravamo voltati stupiti, nessuno di noi si aspettava quell'intervento.

«Il signor Malfoy oggi non era a Hogsmeade.» aveva concluso l'odiato insegnante di Pozioni in tono terribilmente definitivo e apatico.

«Come fa a saperlo?»

«Perché era con me, gli avevo chiesto un colloquio nel mio ufficio questa mattina. E non usare quell'atteggiamento insolente, Potter.»

Malfoy non era ad Hogsmeade.

Mi costava parecchio ammetterlo, ma per una volta l'intervento di Piton era stato risolutivo in senso positivo, era riuscito almeno per il momento a togliere Malfoy dai guai e soprattutto a privarmi di quel briciolo di sospetto che, pur non volendo, continuavo testardamente a nutrire. Non sopportavo la convinzione che il furetto non fosse capace di acquistare e spedire a qualcuno una collana maledetta, io lo odiavo, sapevo che era una persona ripugnante e non avrei dovuto interessarmi della sua sorte...

Perché invece mi sentivo così protettiva nei suoi confronti?

«... e così si concluse la famosa Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289, che conferì alle streghe di tutto il mondo il diritto di gestire l'uso della magia. Per la prossima lezione vi chiedo di scrivere un rotolo e mezzo di pergamena su questo affascinante argomento.»

Sollevai la testa dal banco e mi resi conto che la lezione era appena terminata e Rüf era sparito; gli altri si trascinavano fuori dall'aula con aria confusa e assonnata, per dirigersi all'ora successiva. Cercai di riscuotermi dai miei pensieri disorganici e di fare mente locale: quale lezione avevo dopo Storia della Magia?

«Hermione, io vado a Erbologia, ci vediamo alla terza ora?»

Harry si era materializzato affianco a me, mentre Ron era già uscito con Lavanda; repressi quell'immagine e mi concentrai sulla domanda del Prescelto.

«Alla terza ora?»

«Non devi andare in Biblioteca per la punizione?»

Mi sorprese che Harry conoscesse a memoria il mio orario, ma mi sconcertò molto di più accorgermi di aver dimenticato quell'ora di tortura pura in Biblioteca.

Con Malfoy.

«Ah, è vero... Allora a dopo.» risposi, cercando di non apparire troppo agitata: era normale che lo fossi, l'ultima volta quella serpe mi aveva minacciata, e qualcosa mi presagiva che non sarebbe rimasto indifferente, che avrebbe sfruttato in ogni modo il vantaggio che aveva su di me.

Mossi qualche passo riluttante verso il luogo che conoscevo meglio in tutta Hogwarts, sempre riflettendo. perché ultimamente mi sentivo così insicura? In passato avevo combattuto contro pericoli enormi, ed ero consapevole che il prossimo anno avrei dovuto affrontarne di peggiori, soprattutto non mi ero mai lasciata plagiare tanto facilmente da Malfoy... Al contrario di Harry e Ron, non avevo mai provato a rispondere alle sue provocazioni, perché speravo che ignorarlo fosse la soluzione migliore, e poi non volevo che sapesse che i suoi insulti mi ferivano... Preferivo fingere di essere superiore a certe cose, e fino a quel momento come sistema aveva funzionato piuttosto efficacemente.

Ora, però, non potevo più ignorarlo, perché mi teneva in pugno.

Non mi aspettavo una tale manovra da parte sua, ero stata ingenua e incosciente, e probabilmente l'unica alternativa al pagarne le conseguenze era sottomettermi a Malfoy.

Mai!

All'inizio ero stata colta di sorpresa, lo ammettevo, e avevo smesso di ragionare, abbandonandomi alla paura che Malfoy potesse raccontare a tutti ciò che avevamo fatto; ma adesso sapevo a cosa andavo incontro, sapevo che il nemico non era da sottovalutare, e che dovevo giocare meglio le mie carte.

Questa volta avrei vinto io la partita.

Era tempo di ribellarsi, di tornare ad essere l'Hermione di sempre.

Non indugiai un secondo di fronte alla porta della Biblioteca e avanzai a passo deciso, sebbene avessi il cuore all'altezza della gola per l'agitazione: non potevo fare a meno di chiedermi a quale nuova tortura avrei dovuto resistere in quella stanza...

Mi fermai di fronte ad una Madama Pince imbronciata, ritta davanti all'ingresso, che senza parlare tese una mano verso di me in un gesto secco e sbrigativo; sbuffando leggermente, sfilai dalla tasca la mia bacchetta e gliela porsi sgarbatamente, consapevole che stavo cedendo di mia spontanea volontà l'unica arma infallibile che possedevo contro Malfoy.

Chissà se l'avrei trovato ad aspettarmi...

Abbassai la maniglia repentinamente, ed entrai. Lui era già lì, seduto al tavolo come l'ultima volta, solo che era di spalle e riuscivo a vedere solo la sua schiena sollevarsi e abbassarsi ritmicamente, a percepire il suo respiro sottile e silenzioso. Era talmente immobile che per un attimo credetti che fosse sotto l'effetto di un Petrificus Totalus. Non sapevo bene cosa fare, mi sentivo piuttosto a disagio lì impalata ad osservarlo, così mi schiarii leggermente la voce e attesi che si voltasse e mi rivolgesse un'occhiata di disprezzo come al solito.

Lui però non si mosse: sospirò, abbassò di qualche centimetro la testa e prese ad osservarsi le mani pallide.

Mani.

Le stesse mani che si erano chiuse attorno alla mia gola, per ferire.

Le stesse mani che su di me erano state tanto ardenti, per guarire.

Le stesse mani che avevano percorso le linee del mio corpo con tanto delirio, per avere.

Mi girai verso uno scaffale e portai le mie mani sulle guance, cercando disperatamente di impedire loro di acquistare colore in eccesso a causa di quei pensieri, e contemporaneamente pregando che Malfoy fosse il primo a spezzare quel silenzio inquietante. In quell'occasione, sentivo eccezionalmente di preferire il dolore al nulla.

«Che fai Mezzosangue, arrossisci?»

Sussultai di vergogna e al contempo di sorpresa: si muoveva troppo rapidamente, non sarei mai riuscita a stargli dietro e a farmi trovare pronta...

«Non chiamarmi in questo modo.» cambiai discorso, sperando di risultare abbastanza decisa.

A giudicare dal suo ghigno, ogni buon proposito era vano.

Notai però che c'era qualcosa di diverso, in lui, un dettaglio impercettibile che ancora non ero in grado di cogliere.

Meno altezzosità, o più inquietudine?

«Non hai l'autorità per contestarmi, ricordi?»

«Come se avessi bisogno del tuo permesso, Malfoy.»

«Tecnicamente, è così.»

Come si permetteva? Pretendeva addirittura il diritto di giudicare cosa potessi dire o meno, voleva il controllo assoluto della mia persona, ma poteva scordarselo, non avrei mai più obbedito alle sue richieste assurde, una volta era bastata. Mi ritornò alla memoria il furto di Felix Felicis di cui ero stata vittima, e sentii la rabbia salire, come la marea.

«So a cosa stai pensando, so cosa vuoi dirmi, lo leggo nel tuo viso. Avanti, dillo e basta.»

A quell'invito insolito non riuscii a trattenermi e scattai, muovendo qualche passo in avanti.

«Sei solo un idiota! Non ho intenzione di farmi ricattare da te, rivoglio indietro la mia pozione, ora!» quasi gridai, confortata dal fatto che nessun altro all'infuori di Malfoy mi avrebbe sentita. Non ero così folle da pensare che quell'invito bastasse ad assoggettarlo, ma sarebbe servito a me come semplice sfogo.

Il suo ghigno si allargò di poco, mentre si passava una mano fra i capelli biondi.

«E perché? Pensavo che una sapientona come te non credesse nella fortuna...»

«Che ne sai tu di me? Sono stata io a portare a termine il compito per Lumacorno meglio di tutti, quindi la Felix spetta a me.»

«Avresti dovuto pensarci prima di cedermi il tuo calderone, Mezzosangue. Non sono stato certo io a costringerti, mi sembra.»

«Invece sì, non avevo altra scelta: se non avessi fatto ciò che mi chiedevi, tu avresti raccontato in giro che noi...»

«Che noi cosa?»

Si alzò violentemente dalla sedia, e indietreggiare fu un riflesso automatico; in tutta risposta lui si avvicinò ancora di più e mi prese per un braccio con prepotenza.

Una debole scossa voltaica risalì dal palmo della mia mano fino al gomito, e dovetti deglutire per evitare di mugolare per la fitta subita.

«Lasciami subito!» riuscii a sillabare, e mi stupii nell'udire la mia voce tanto calma e perentoria. Un attimo dopo Malfoy mi lasciò andare di scatto, come se si fosse bruciato.

«Scusa...»

Fu un sussurro, ma il silenzio era talmente pesante che non mi fu difficile cogliere quella parola, né potei credere di essermi sbagliata. Mi aveva davvero chiesto scusa?

Malfoy?

Mi si accostò ancora un po', ed io iniziai a sentirmi strana: dalla sua direzione provenivano gli effluvi di menta e dopobarba che ormai conoscevo, misti ad altri odori altrettanto identificabili: erba appena tagliata e pergamena nuova.

Un campanello d'allarme squillò assordante nella mia mente, in uno dei tanti flashback che mi sopraffacevano di solito.

«È Amorentia!»

«Lo è. Immagino tu sappia che effetti ha...»

«È il filtro d'amore più potente del mondo!»

«Esatto! L'hai riconosciuta, immagino, dalla sua tipica luminosità madreperlacea...»

«E dal vapore che sale in caratteristiche spirali. E dovrebbe avere un odore diverso per ciascuno di noi, a seconda di ciò che ci attrae, e io sento aroma di erba appena tagliata e pergamena nuova e... pasta dentifricia. Alla menta.»

Oh.

«Mezzosangue? Hai sentito quello che ho appena detto?»

Sbattei convulsamente le ciglia per risvegliarmi da quel torpore, e la prima cosa che vidi fu l'oceano in tempesta.

Occhi.

Gli stessi occhi che avevano lanciato fiamme, per ferire.

Gli stessi occhi che avevano mostrato comprensione, per curare.

Gli stessi occhi che mi avevano scrutata con ostinazione, per avere.

Azzurro. Grigio. Cobalto. Antracite.

«Mezzosangue?»

Malfoy aveva preso a scuotermi delicatamente per richiamare la mia attenzione, ma io ero completamente persa nel suo sguardo perforatore.

«Cosa?» chiesi distratta, senza accorgermi di aver sussurrato.

«Ti ridarò la Felix Felicis...» ripeté lui, senza nascondere un'espressione di profondo fastidio ed incredulità per aver proferito quelle parole.

«Davvero?»

Non credevo alle mie orecchie. Doveva essere sotto incantesimo, altra spiegazione non c'era.

«Davvero. Ma a due condizioni.»

Ecco, avrei dovuto aspettarmelo! Non era da Malfoy fare favori senza pretendere qualcosa in cambio, figurarsi a me... Non solo, in questo caso poneva addirittura due clausole...

Quella pozione però mi serviva, ne avevo bisogno, e mi sentivo disposta a tutto per averla, perciò decisi di ascoltare ciò che lui aveva da propormi, e di agire di conseguenza.

Non poteva essere niente di pericoloso o illegale, giusto?

«Ti ascolto.» dissi, sempre mantenendo il contatto visivo con quegli occhi di ghiaccio.

«Primo, dovremo dividere la fiala, e prendere ciascuno la sua parte.»

«Ma io non...»

«O così, o non se ne fa niente. Vuoi conoscere la seconda condizione o hai paura?»

Paura io? Evidentemente Malfoy mi sottovalutava parecchio.

«D'accordo, come vuoi, la divideremo. Che altro?»

Malfoy mi mise una mano sulla spalla, la fece scivolare lentamente lungo la schiena e, ignorando i brividi che mi percuotevano con energia, mi attirò a sé con morbidezza.

«Che stai facendo?» annaspai, in preda al panico, e abbassando subito lo sguardo per non cadere preda di quel diavolo tentatore.

Emozione?

Quali erano ora le sue intenzioni?

«Mi devi un favore.»

«Ti ho già detto che non accetto il tuo sporco ricatto, non ti devo niente.»

«Non mi riferivo a questo...»

Portò le dita gelide sotto il mio mento, costringendomi a guardarlo negli occhi ancora una volta, consapevole del potere occulto che esercitavano su di me; avvertii un tremolio incessante all'altezza dello stomaco, mentre il cuore mi martellava sonoramente nel petto.

Cercai di parlare, ma riuscii solo ad emettere un verso strozzato privo di senso.

Ormai eravamo vicinissimi, troppo vicini, troppo...

«Quando me l'hai chiesto tu, io ho accettato. Adesso tocca a te ricambiare.»

Ancora non capivo dove volesse andare a parare, non ricordavo una situazione in cui mi ero trovata a chiedere un favore proprio a Malfoy...

A meno che...

No, è impossibile.

Accostò il suo viso al mio collo, inspirando profondamente, e distinsi la vicinanza pericolosa della morbidezza della sua bocca sulla mia pelle.

Così non va affatto bene.

Respirai anch'io a pieni polmoni, per poter godere appieno del suo profumo inebriante e irresistibile, che mi travolgeva a ondate regolari.

Menta.

Erba appena tagliata.

Dopobarba.

Pergamena nuova.

Malfoy.

Le sue labbra si spostarono sull'orecchio, con molta più gentilezza rispetto a quando mi aveva morso il lobo, e le mie gambe oscillarono rischiosamente.

«Non hai ancora capito?» sussurrò, con voce roca e suadente.

Scossi impercettibilmente la testa, ormai in trance, solo per poter prolungare quel senso di appagamento illimitato.

Se non mi bacia subito, potrei anche impazzire...

«Baciami.»

Persi un battito, o forse mille, perché in quelle sette lettere riconobbi il desiderio repellente che mi aveva accompagnato in quei giorni e al quale non riuscivo a dare un nome.

O forse non volevo?

Di una cosa ero certa, però: Malfoy non poteva scegliere clausola migliore per il nostro accordo.

«Perché?»

Stupida, stupida, stupida!

Con quell'inutile domanda avevo rovinato tutto, lo sentivo, probabilmente ora Malfoy mi avrebbe chiamata di nuovo Mezzosangue, se ne sarebbe andato e...

Lui però non fece nulla di tutto ciò: si strinse ancora di più a me e mi fissò con intensità maggiore rispetto a prima.

«Perché ne ho bisogno.» rispose semplicemente.

«E ti voglio.»

Un secondo, e le mie labbra erano poggiate sulle sue.

Labbra.

Le stesse labbra che mi avevano derisa, per ferire.

Le stesse labbra che mi avevano accarezzato, per curare.

Le stesse labbra che mi avevano torturato, per avere.

Nella foga di quel bacio sbattei con violenza contro la libreria, tanto che alcuni volumi caddero a terra con un tonfo sordo; provai un dolore lancinante alla testa, ma non mi importava. Ero troppo felice.

Sì, così mi sentivo. Non come la prima volta che ci eravamo baciati, nel corridoio del settimo piano, no, quella volta era diverso, quella volta non ero sicura. Adesso invece desideravo con tutta me stessa lasciarmi privare di ogni molecola d'aria presente nella stanza, e morire soffocata dalla potenza del bacio.

Ti voglio.

Nessuno mi aveva mai voluta prima, nemmeno per gioco.

Le mani di Malfoy continuavano a scorrere, avanti e indietro per il mio corpo sovraccarico di energia; senza avvedermene, gli morsi con forza il labbro inferiore per l'impazienza .

Si lasciò sfuggire un gemito sommesso, anche se non riuscii a comprendere da quale sensazione derivasse.

Dolore o piacere?

Mi ritrovai ad assaporare uno spruzzo del suo sangue, sangue puro, il mio gesto spontaneo doveva avergli lacerato il labbro...

Dolore.

Mischiato ad esso, però, c'era il gusto della sua lingua, calda e rapida, che tracciava freneticamente il contorno della mia bocca, in un frangente di puro desiderio.

Piacere.

Con il braccio continuava a cingermi saldamente la vita, avvicinando sempre di più il suo bacino al mio: un fremito d'eccitazione mi attraversò la spina dorsale, dal basso verso l'alto e poi a ritroso. Quella morsa di ferro mi faceva sentire protetta, al sicuro, ma anche esaltata, perché era come se lui stesse cercando di fondere i nostri corpi in ogni maniera possibile, a furia di strattoni.

Nel frattempo scendeva possessivo con le dita lungo il collo, i fianchi, le gambe, e ad ogni contatto con il freddo delle sue mani percepivo delle scosse poderose.

Lambiva e marchiava come suo ogni centimetro della mia pelle, ed io sentivo il bisogno di fare lo stesso. Mentre le labbra continuavano a rincorrersi e a lottare in una battaglia senza fine, poggiai il palmo della mano destra sul suo petto muscoloso e presi a tracciare linee immaginarie sul suo addome. Dapprima mantenni il tocco lento e delicato, per paura di sbagliare, dal momento che quello era per me un gesto completamente nuovo e soprattutto strano. Ma poi, fra le sue braccia, sprofondai nell'oceano dell'estasi, e riuscii a reprimere ogni pudica esitazione: qualcosa di spigoloso premeva contro una delle mie scapole, probabilmente un libro. Perché dovevo essere sempre io a finire con le spalle al muro?

Ti prego, fa che duri per sempre...

Capivo perfettamente cosa intendesse, anch'io volevo lui. Non c'entrava nulla con ciò che pensavo di provare per Ron, niente con lui avrebbe potuto essere tanto entusiasmante...

Più che altro poteva esserci l'imbarazzo.

Invece con Malfoy... L'imbarazzo si fotteva da solo, ecco.

Lui era del tutto fuori controllo, potevo accorgermene con estrema facilità, e il sentirmi desiderata così tanto da una sola persona mi mandava in visibilio.

Perché non fingeva, era chiaro, nessuno sarebbe stato in grado di fingere così bene...

Mi aggrappai con tutte le mie forze a quel maglione spaventosamente verde, che mi ricordava ogni secondo la gravità del peccato terribile che stavamo commettendo, di nuovo.

Ma non riuscivo a farci caso, non più. Mi baciava con tanto trasporto, tanta furia, da comprendere quanto grande fosse il suo tormento, mi stringeva talmente forte, come se avesse avuto paura che potessi sfuggirgli di mano un'altra volta.

Presi il suo viso fra le mani, per fargli capire attraverso il mio corpo che non avevo la benché minima intenzione di andarmene di lì, potevamo continuare e continuare all'infinito, non ne avrei mai avuto abbastanza. Il biondo accenno di peluria sottile sulle sue guance mi pungeva e solleticava le dita, un'altra nuova sensazione della quale in futuro non avrei più potuto fare a meno.

Staccò per un attimo la sua bocca dalla mia, per semplice mancanza d'ossigeno, ma per poggiarla subito dopo sul collo, vagando attraverso le curve e insinuandosi nelle piccole cavità delle clavicole. Poggiò una mano sul mio sterno, e poté così toccare il battito frenetico e irregolare del cuore; nonostante avessi gli occhi chiusi, sentivo il suo sguardo incendiarmi con la sola intensità delle iridi...

Chissà cosa pensava...

Forse era pentito, come era successo anche a me alcuni giorni prima, forse se ne sarebbe presto andato, magari mi avrebbe dato della sciocca per avergli creduto, avrebbe rivelato che ancora una volta si era trattato di uno dei suoi...

Non riuscivo a pensare, non potevo, non volevo, rischiavo di annegare nell'impeto di quegli istanti; i nostri corpi collaboravano l'uno con l'altro in una perfetta simbiosi, e dovevo obbligatoriamente lasciare che la dinamite che era dentro di me esplodesse su di lui.

Il calore umido che la sua bocca emanava era talmente febbrile che mi sembrava di impazzire dal desiderio, dalla brama di avere di più. Tutto di lui mi scuoteva, i tre elementi principali sprigionavano scintille dappertutto.

Mani.

Ora una di esse era intrappolata fra i miei capelli, li attorcigliava con una veemenza che non mi dispiaceva affatto, esempio di violenza positiva, che anziché frenarmi mi accendeva ancora di più. L'altra, invece, continuava a descrivere con il palmo e le falangi disegni improbabili su ogni minima parte di me, introducendosi sotto il pullover inequivocabilmente scarlatto della divisa da Grifondoro e accarezzando la pelle nuda del mio ventre.

Occhi.

Li apriva solo di tanto in tanto, frazioni di burrasca marina che bastavano ad inabissarmi del tutto in lui; l'unico motivo per cui attendevo che il bacio terminasse erano proprio quegli occhi trasparenti e incredibilmente vivi, speravo che si poggiassero ancora una volta su di me, che scavassero ininterrottamente fino ad estrarre l'anima, cosicché potessero accorgersi del marasma di palpitazioni da cui era dominata.

Labbra.

Deponevano baci leggeri dappertutto, solleticando ciascuna porzione di collo esposta alla loro fame insaziabile. Protestai leggermente quando si fermarono crudelmente a mezzo millimetro dalle mie, e lo sentii sorridere con debolezza. Sorridere, non sogghignare.

Non avevo molti altri parametri di confronto, ma ero certa che nessuno al mondo baciasse divinamente come lui; avvertii un moto di fastidio tremendo nel constatare che doveva essersi allenato parecchio per arrivare a risultati simili, e per la rabbia gli infilai un gomito nel torace. Lui però non parve infastidito, e proseguì con quel dolce massacro.

Passai l'indice sul suo labbro inferiore, ancora leggermente macchiato di sangue: ripensai ai nostri ultimi incontri "ravvicinati" e provai un curioso senso di riscatto, dal momento che ero sempre stata io a subire la ferocia da parte di Malfoy. I lividi violacei sul collo, il morso sull'orecchio, la contusione che sicuramente mi era comparsa dietro la testa dopo aver sbattuto contro lo scaffale, ma anche le pesante umiliazioni riservatemi in passato e alle quali non avevo mai reagito...

Abbandonò un ultimo bacio leggero sulla mia bocca, e mi fu impossibile trattenermi dall'approfondirlo, ormai il serpente mi aveva accolto fra le sue spire, e aspettava solo l'occasione perfetta per stritolarmi...

«Ora... Siamo pari.» mormorò all'improvviso, con il fiato corto.

«Come?» bofonchiai, delusa perché aveva spezzato così bruscamente quell'armonia: i ruoli sembravano essersi miseramente invertiti...

«Non posso più ricattarti» spiegò lui con un sospiro, «senza essere ricattato a mia volta.»

In effetti il suo ragionamento era esatto: adesso anch'io avevo la possibilità di raccontare in giro che Draco Malfoy aveva avuto, per così dire, bisogno di me, e quindi non ero più costretta a fare nulla in cambio del suo silenzio. Da un lato ero sollevata, ma dall'altro...

Ora, la domanda era perché.

Perché mi ostinavo a difendere Malfoy?

Perché avevo accettato di baciarlo?

Perché mi consumavo nel desiderio che succedesse ancora?

Gli misi le braccia attorno al collo con cautela, per timore che potesse respingermi.

«Quindi, se adesso fossi di nuovo io ad avere bisogno di un favore... Non saremmo più alla pari?» gli chiesi, cercando di apparire il più convincente possibile.

Mi fissò, apparentemente stupito: la presa sui miei fianchi, che prima si era leggermente allentata, tornò a farsi granitica. Accostò di nuovo il suo viso al mio, con uno sguardo che rischiò di farmi crollare.

«Dipende dal favore...» disse piano, scandendo ogni parola; con il pollice prese a carezzarmi una guancia con movimenti circolari, e mi sfuggì un singulto. Ancora una volta avevo perso l'uso della parola, forse Malfoy conosceva i segreti dell'ipnosi...

«Credo che d'ora in poi non saremo mai più pari. Continueremo a restituirci il favore, vuoi?» sussurrò alle mie labbra, tradendosi su quali fossero le sue intenzioni.

Corrispondevano alle mie, del resto.

Non avevo alcun dubbio su quale sarebbe stata la mia risposta a quella domanda inutile.

«Sì.»

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