Nothing
«Muoviti Draco, o faremo tardi!»
«Da quando tieni così tanto alla puntualità, Blaise?» replicai calmo, mentre mi infilavo lentamente una camicia nera di stoffa pregiata. Nel frattempo il mio compagno di dormitorio, nonché amico d'infanzia, passeggiava nervoso avanti e indietro per la stanza da circa mezz'ora, rischiando di farmi impazzire.
«Possibile che ti ci voglia tutto questo tempo per vestirti?» proseguì imperterrito con la ramanzina, ignorando la mia domanda retorica: Blaise era sempre stato fissato con gli orari e le scadenze, questo perché era una persona pignola, allenato a programmare tutto minuto per minuto.
L'esatto contrario di me, che vivevo praticamente alla giornata.
«È solo una stupida festa, non andiamo a incontrare il Ministro...» osservai, annodando meticolosamente la cravatta smeraldo intorno al collo, ed evitando come al solito di ottenere un risultato perfetto, una delle mie vecchie abitudini.
«E per Salazar, smettila di agitarti, o giuro che ti Schianto all'istante!»
A quelle parole pronunciate con un tono leggermente minaccioso, Blaise cessò di camminare e si sedette sul letto, sbuffando di tanto in tanto. Cercai di non far caso a lui, non volevo che la maschera di fredda tranquillità costruita con tanta fatica quel pomeriggio crollasse di punto in bianco...
«È naturale che sia così teso, ma come potresti capire, tu non hai invitato Daphne Greengrass alla festa!»
«E allora? È una ragazza, Blaise! Solo una ragazza!»
«Certo, è solo la ragazza più bella del nostro anno...» dichiarò sarcasticamente lui.
Il mio pensiero corse fulmineo verso un'altra strega, che tutti definivano la più brillante della sua età, e prima che potessi fermarmi dalle mie labbra sgusciò una sottile sillaba, che ovviamente non passò inosservata a Zabini.
«No...»
«Come hai detto?»
Ormai è fatta.
«Ho detto no, non è la più bella.» ripetei, prendendo un respiro profondo.
Blaise strabuzzò gli occhi, fissandomi come se gli avessi rivolto il peggiore degli insulti, ma provando a mettermi nei suoi panni mi riusciva piuttosto facile comprendere il suo stato d'animo. Io stesso avrei reagito allo stesso modo ad un'affermazione del genere, figurarsi se mi avesse costretto a rivelargli chi, secondo me... Dannazione, dovevo ancora imparare a chiudere la mente a me stesso, certe riflessioni non sarebbero neppure potute passare per l'anticamera del mio cervello...
Attesi simulando indifferenza la domanda successiva, che sicuramente Blaise, da serpe in seno quale era, non mi avrebbe risparmiato.
«E sentiamo, chi sarebbe secondo te la più bella? La Parkinson, forse?»
«Proprio così.» confermai distaccato.
Non avrei mai ammesso la verità, neanche sotto tortura.
«Non capisco proprio cosa tu abbia nella testa, Draco. Fra parentesi, è da un po' di tempo a questa parte che sei su un altro pianeta, che ti succede?»
Pianeta Granger.
«Non succede niente, Zabini. Niente.»
Tra di noi ricorrevamo all'uso del cognome solo in casi particolari: quando discutevamo, quando ce l'avevamo con l'altro per qualche motivo, quando uno dei due si rifiutava di collaborare... Quella volta, c'erano tutti e tre i presupposti.
«Sì, certo... Non sono stupido Malfoy, so che nascondi qualcosa. Per caso...» aggiunse poi, riducendo la voce ad un sussurro. «Si tratta di Lui?»
«Anche se fosse, non te lo direi.»
Troncai il discorso con facilità, prima che Blaise iniziasse a pormi domande alle quali io non potevo e non volevo rispondere: Nessuno avrebbe saputo del piano, della missione, o di come mi sentissi al pensiero di dover uccidere un uomo, neppure lui.
«Adesso possiamo anche andare.» dichiarai, afferrando la bacchetta e infilandola nella tasca posteriore dei pantaloni. A quell'affermazione Blaise sembrò dimenticare i suoi dubbi riguardo me e il Signore Oscuro, si alzò dal letto come se avesse avuto delle molle sotto i piedi e si diresse rapidamente verso la Sala Comune passandosi una mano fra i capelli corvini.
«Spiegami perché sei tanto agitato, Blaise.» gli imposi mentre raggiungevamo le nostre accompagnatrici; non che mi interessasse più di tanto il motivo per cui si stava comportando da psicotico, ma dovevo fare in modo di essere sicuro che non avrebbe più tirato fuori l'argomento, e l'unica soluzione era distrarlo.
«Te l'ho già detto.»
«Pensavo scherzassi. Non starai davvero così per la Greengrass...»
«È una cosa seria, Draco... Io... Credo di essermi innamorato di lei.» confessò a testa bassa.
«Cosa?» esclamai sbalordito, convinto che il mio amico avesse voglia di scherzare.
Lui non si era mai innamorato di nessuna da quando lo conoscevo, normalmente sfruttava il suo fascino di Purosangue per usare le ragazze solo come divertimento passeggero, e poi scaricarle senza farsi troppi problemi; da quel punto di vista Blaise ed io avremmo anche potuto essere gemelli, io stesso mi ero sempre comportato in quel modo, e a mio parere era la scelta migliore. Divertimento senza impegni.
Noi Serpeverde, e soprattutto noi Mangiamorte, non eravamo capaci di amare, lo sapevano tutti, non avevamo tempo per certe cose, e se anche nella mia vita mi fosse capitato di provare un qualche tipo di sentimento non l'avrei riconosciuto.
«Tu avresti raccontato in giro che noi...»
«Che noi cosa?»
«Non è possibile.» bisbigliai affranto.
«Invece sì. Non avrei mai pensato che potesse succedermi qualcosa di simile.» ribatté Zabini funereo, pensando che mi stessi riferendo a lui.
«Lei non è come le altre, mi capisci?»
Sì, Blaise. Non immagini neppure quanto.
«No. Non capisco. Ho solo un consiglio da darti: lascia perdere.»
«Ci ho provato, Draco, davvero. Ma non riesco a starle lontano, quando la vedo mi sembra di impazzire... Sento il dovere di prenderla fra le braccia, e farla mia.»
Perché ne ho bisogno. E ti voglio.
«Secondo me ti stai confondendo le idee, conosciamo Daphne da una vita, ormai, e prima d'ora non mi sei mai sembrato interessato a lei... Togliti lo sfizio se vuoi, ma non convincerti che ne sei innamorato, o per te sarà la fine.» conclusi veemente, mentre ci avvicinavamo al pannello di pietra girevole.
«Perché ho l'impressione che tu stia parlando per esperienza personale? Devi forse dirmi qualcosa?»
Baciami. Adesso.
«Non essere ridicolo, io non mi innamorerò mai di nessuna.»
«Ora dici così, ma verrà un giorno, Draco... Non sarai immune a vita.»
Non riuscii a reprimere un verso di sorpresa, che fu però fortunatamente soffocato da un gridolino.
«Draco! Finalmente sei arrivato, andiamo...»
Pansy, avvolta da un sontuoso abito color viola cupo che non le donava per niente, si agganciò possessiva al mio braccio non appena io e Blaise uscimmo dai sotterranei, stritolandomi in una morsa ferrea così simile eppure così diversa da quella della Mezzosangue.
Ricorda cos'avevi giurato a te stesso, Draco...
Stasera non esiste Voldemort, non esiste il piano, non esiste alcuna minaccia di morte. Stasera niente e nessuno avrà il permesso di sottometterti. Nemmeno lei.
La mia irritante dama mi trascinò letteralmente per le scale, atteggiamento che di solito non avrei tollerato, ma che in quel caso era necessario per coprire ciò che provavo davvero; lanciai un'espressione di scusa a Blaise per averlo abbandonato, e lui mi rispose con un cenno del capo, segno che aveva capito la situazione.
In realtà non aveva capito proprio niente.
E neanch'io.
«Cominciavo a preoccuparmi, di solito è la ragazza che fa aspettare il ragazzo... Comunque... Hai sentito che dovrebbe venire un vampiro, stasera?»
Non mi preoccupai di fingere di ascoltare le chiacchiere noiose ed inutili di Pansy mentre camminavamo per i corridoi illuminati da enormi lanterne colorate, promettendo a me stesso che a distanza di mezz'ora dall'inizio della festa avrei trovato un modo per liberarmi di lei e della sua presenza indesiderata; cominciavo a pentirmi seriamente di averla invitata, in tutta Hogwarts c'erano sicuramente centinaia di ragazze migliori di lei... Senza dubbio nell'ufficio di Lumacorno ne avrei trovata qualcuna con cui divertirmi, mi sarei fatto andar bene chiunque.
Sicuro di volere proprio chiunque?
«Eccoci.» trillò all'improvviso Pansy, intervenendo proprio nel momento in cui la mia mente stava per formulare il peggiore dei pensieri su una certa persona. Il rumore di risate, musica e voci aumentava ad ogni passo. Mi arrestai di scatto, preparandomi mentalmente a varcare la soglia dell'ufficio e ricordando il pessimo spettacolo al quale sarei stato obbligato ad assistere: la Mezzosangue con quel gargoyle di McLaggen. Possibile che i miei propositi omicidi verso di lui fossero aumentati di giorno in giorno nell'ultima settimana?
Non mi interessava il motivo per cui quel Portiere da quattro soldi fosse tanto popolare, avevo intenzione di escogitare un modo per farlo sfigurare di fronte a tutti, a lei in particolare, anche se si trattava dell'ennesimo desiderio di cui non comprendevo la ragione. La logica mi rammentava che McLaggen non mi aveva mai fatto nulla di male, ma era ufficialmente stato ribattezzato come mio nemico nel momento stesso in cui aveva accettato di venire alla festa con la Granger.
Perché lei lo aveva invitato? Da quando erano tanto intimi? Volevo sapere, vedere con i miei occhi e scoprire cosa ci fosse realmente fra loro.
Perché ti interessa tanto?
La presenza di McLaggen poteva compromettere la riuscita del mio piano, non potevo lasciare che iniziasse a frequentare la Granger e la allontanasse da me, avevo bisogno di tenerla vicina, di diventare l'unico per lei.
Spiegazione ragionevole.
Una parte di me, però, ignorava bellamente tutte quelle motivazioni, sentivo che qualcosa nella Granger mi spingeva ad odiare tutti gli altri ragazzi, e non ero sicuro di riuscire a dominare quell'istinto possessivo ancora a lungo...
Entrando nella stanza, fui costretto ad interrompere per un attimo il flusso dei miei pensieri impazziti per lo stupore: che fosse stato costruito così o che lui avesse usato qualche espediente magico per farlo diventare tale, l'ufficio di Lumacorno era molto più grande di quello degli altri insegnanti. Soffitto e pareti erano stati ricoperti da arazzi color smeraldo, cremisi e oro: sembrava di essere dentro un'enorme tenda. La sala era affollata, calda e inondata dalla luce rossa di un elaborato lampadario d'oro appeso al soffitto: dentro svolazzavano delle vere fate, ciascuna una lucente scheggia di luce. Voci accompagnate da mandolini cantavano in un angolo remoto; un'aura di fumo di pipa aleggiava sulle teste di molti stregoni anziani immersi in conversazione, e un certo numero di elfi domestici si faceva strada strillando nella foresta di ginocchia, portando pesanti vassoi d'argento carichi di cibo, tanto da sembrare tavolini errabondi.
«Draco, ragazzo mio!» tuonò Lumacorno non appena io e Pansy ci fummo insinuati nella porta. La sua accoglienza calorosa mi stupì alquanto, ed il merito era sicuramente dell'impeccabile pozione della Granger; non riuscii a reprimere un ghigno soddisfatto al ricordo di come l'avevo costretta a cedermi il suo calderone e dell'espressione di sfida che mi aveva lanciato subito dopo.
«Vieni, vieni, ci sono tante persone che vorrei presentarti!»
Lumacorno indossava un cappello di velluto infiocchettato coordinato alla giacca da camera, che io trovavo decisamente orrendo. Mi afferrò il braccio così forte che sembrava volesse Smaterializzarsi con me, e mi guidò risoluto nel cuore della festa; Pansy lasciò ondeggiare per un po' la mano lungo il fianco, probabilmente nella speranza che io gliela prendessi, ma vedendo irrealizzato il suo desiderio si limitò a seguirci, delusa.
Mi guardai rapidamente attorno, scrutando nervoso la calca di persone alla ricerca di una in particolare, ma di lei e del suo amico neppure l'ombra.
Che si fossero appartati in qualche angolo?
«Draco, ti presento Eldred Worple, un mio vecchio studente, autore di Fratelli di Sangue: La Mia Vita tra i Vampiri... e naturalmente il suo amico Sanguini.»
Worple, che era un ometto occhialuto, mi prese la mano e la strinse con entusiasmo; il vampiro Sanguini, alto ed emaciato, con ombre scure sotto gli occhi, si limitò a fare un cenno. Sembrava annoiato. Un gruppo di ragazze curiose ed eccitate gli stava accanto.
«Molto piacere, io... Oh, ma quello non è Harry Potter?»
Roteai gli occhi, mentre il mio interlocutore si allontanava senza troppi complimenti in direzione dello Sfregiato, che era appena arrivato in compagnia di Lunatica Lovegood.
«Godetevi la festa, ragazzi. Harry, caro ragazzo...»
Anche Lumacorno si dileguò come un fantasma nella folla per andare incontro al suo prediletto, normalmente mi sarei infastidito, ma in quel caso potevo solo essere sollevato che si fossero tolti dai piedi. Nessuna traccia della Granger.
Sta' calmo, magari non c'è ancora...
Mossi qualche passo verso il centro della sala, che era stato adibito a pista da ballo, e fu allora che la vidi. La vidi davvero per la prima volta. Indossava un abito a pieghe rosa pallido, lungo o forse avrei dovuto dire corto, fino al ginocchio, più stretto in vita, che lasciava scoperta una porzione esagerata di pelle nuda; probabilmente doveva aver fatto un incantesimo ai capelli, che non erano cespugliosi e ribelli come al solito, bensì morbidi e lucenti. Era bellissima, e così...
Attraente.
Desiderabile.
Hermione.
Notai che stava ballando e contemporaneamente conversando sotto il vischio con quel verme che, mentre le raccontava delle sue innumerevoli parate, non staccava un attimo gli occhi dalla sua pericolosa scollatura: mi ci volle tutto il mio autocontrollo e la mia forza di volontà per non ucciderlo con le mie mani seduta stante.
«Che stai guardando?»
Pansy, vai a quel paese...
«Niente...»
Provai a distogliere lo sguardo, consapevole che se qualcuno si fosse accorto del mio stato d'animo sarebbe stata la fine, ma niente, ero continuamene attratto in quella direzione, non potevo fare a meno di guardarla, di immaginare come sarebbe stato se le mani sui suoi fianchi fossero state le mie...
Lo ammazzo...
«Andiamo a ballare.»
Trascinai con furia sulla pista Pansy, che probabilmente scambiò quell'irruenza come interessamento verso di lei e non poté che essere soddisfatta; in realtà volevo solo osservarli più da vicino, anche se avevo il presentimento che la situazione sarebbe presto peggiorata. Ero furioso.
Non sopportavo di vederli insieme, non sopportavo il modo viscido in cui lui la guardava e la toccava e detestavo accorgermi che lei non faceva nulla per impedirlo, quando invece solo poche settimane prima aveva schiantato me contro una parete...
Sollevò di scatto la testa, come se si fosse accorta della mia presenza solo in quel momento, e mi fissò negli occhi con un'espressione indecifrabile: perdermi completamente in quelle pupille nocciola fu sin troppo semplice, contemplare le sue labbra un bisogno primario.
«Non avrei mai creduto che la Mezzosangue potesse comportarsi da sgualdrina... Solo per farsi notare da Weasley, assurdo!» sussurrò Pansy, mentre quasi mi stritolava.
«Da chi?»
«Non dirmi che non te ne sei accorto! Quella vuole solo farlo ingelosire...»
Per le mutande di Merlino, Granger... Così fai ingelosire la persona sbagliata!
E poi, Weasley? Non era possibile.
Non darò nessun filtro d'amore a Ron...
Il ricordo di come l'avevo incastrata, quella prima volta in Biblioteca, mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Possibile che per una volta Pansy e la sua lingua biforcuta avessero ragione? Possibile che la Granger potesse volere qualcuno che non fossi io? Mi sembrava tremendamente sbagliato.
La musica proseguiva incurante della battaglia interiore che mi stava consumando, e tutti coloro che ondeggiavano da un piede all'altro abbracciati ai rispettivi partner sembravano in estasi.
Tutti erano soddisfatti, tranne me.
Era un'altra quella che avrei voluto sostenere fra le mie braccia, ma non potevo ancora averla, sarebbe stata lei a venire da me, lei la prima a cedere. Eppure, quando mi accorsi delle sue labbra imprudentemente vicine a quelle di McLaggen, la mia convinzione si sgretolò del tutto. Avevo davvero intenzione di starmene a guardare mentre l'Idiota tentava di baciare la mia... la Mezzosangue?
No.
«Draco, dove vai?»
«Torno subito... Sai, il bagno...»
Mi allontanai rapidamente da Pansy, ignorando i suoi tentativi di farmi rimanere con lei il più possibile, e mi posizionai dietro un'ampia tenda di velluto arancione in fondo alla sala, dalla quale godevo di una perfetta visuale. Ancora pochi centimetri, e le loro labbra si sarebbero sfiorate...
«Furunculus!»
Il viso di McLaggen iniziò a ricoprirsi di gigantesche bolle, che dovevano essere più che disgustose a giudicare dal volto orripilato della Granger e del resto dei presenti; sogghignai soddisfatto nel riporre con innocenza la bacchetta, lieto che nessuno mi avesse notato, e tornai a godermi lo spettacolo.
«Ma che accidenti è questa roba? Per Godric, chiunque sia stato me la pagherà cara...»
«Cormac, qualcuno deve averti lanciato un Incantesimo Offensivo: è meglio che tu vada in Infermeria, Madama Chips avrà di sicuro dell'Essenza di Dittamo...»
Una morsa dolorosa mi assalì allo stomaco nel sentir pronunciare da lei il nome dell'Idiota, anche se mi rassicurai constatando che in esso non c'era neppure la minima sfumatura d'affetto o di preoccupazione. Anzi, sembrava quasi impaziente di liberarsi di lui.
Merlino, stava per baciarlo!
Sbraitando, McLaggen corse in Infermeria tamponandosi il viso con un fazzoletto, mentre il resto della folla, dopo un'iniziale curiosità per quanto era accaduto, riprendeva lentamente a danzare e conversare. La Granger rimase immobile per qualche istante a mordersi nervosamente l'interno della guancia, dopodiché lasciò il centro della pista, guardandosi attorno per controllare di non essere seguita. Sarebbe dovuta obbligatoriamente passare di fronte al drappeggio dietro il quale mi ero appostato.
Non ebbi neppure bisogno di chiedermi cosa fare.
«Ma cosa...?»
L'afferrai saldamente per un braccio non appena fu abbastanza vicina, e la strattonai con violenza dove nessuno avrebbe potuto vederci, cercando di schivare i calci che nel frattempo aveva iniziato a tirare. Non appena scoprì l'identità del suo "aggressore", aggrottò la fronte e arricciò le labbra in una smorfia di profondo disgusto che riuscì solo a smuovere ancora di più l'esigenza di averla, in ogni modo possibile.
«Che diamine fai, Malfoy?» strillò divincolandosi dalla mia mano arpionata sul suo avambraccio, senza riuscire a liberarsi. Quel modo di fare così irruento e ribelle la rendeva più desiderabile e più detestabile allo stesso tempo, e mi spaventava non riuscire a trovare un equilibrio fra le due possibilità, non avevo idea di quale istinto avrebbe prevalso, alla fine. Sapevo solo che non l'avrei lasciata andare, fin quando non mi avesse restituito quel che mi aveva portato via, fin quando non avesse chiarito i suoi intenti.
«Questo dovresti spiegarmelo tu, non credi?» sibilai, muovendo un passo verso di lei; per tutta risposta assottigliò lo sguardo, riducendo gli occhi a due fessure.
«Non capisco.»
«Cos'avevi intenzione di fare, eh? Stavi per baciare quell'imbecille di McLaggen?»
La Granger inarcò le sopracciglia per lo stupore, travolgendomi ancora una volta con la potenza delle sue iridi, e facendosi odiare per il potere che esercitava su di me.
La odiavo.
«Non sono affari tuoi.»
«Invece sì, e voglio saperlo adesso.»
Le sue guance si tinsero di un lieve rossore, proprio com'era successo in Biblioteca.
«Non... Non l'avrei baciato, d'accordo? L'avrei respinto. Ora lasciami!»
«No che non ti lascio. Pensi che non sappia cosa sarebbe successo se io non fossi intervenuto?»
«Sei stato tu?» soffiò inferocita.
«Certo che sono stato io, chi se no?»
«E' stato un gesto scorretto, gli hai lanciato una fattura quando lui non poteva difendersi...»
«Non mi interessano le tue nobili ragioni, Mezzosangue, dovresti ringraziarmi piuttosto. Dimmi, credevi fosse opera di Lenticchia? O forse lo speravi?»
Spezzata.
Così mi sembrò in quel momento. Ma il rapido lampo di dolore che le mie parole le avevano provocato svanì quasi immediatamente, per lasciare spazio alla rabbia.
«Tu farnetichi, Malfoy. Ti consiglio di trovarti un buon medimago, ora se non ti dispiace vorrei tornare alla festa...»
Si voltò rapida, ma fui più veloce di lei nell'agguantarla nuovamente per le spalle e intrappolarla con il mio stesso corpo; percepii il desiderio crescere, e mi pareva di usare violenza a me stesso impedendomi di annullare le distanze fra di noi e riuscire finalmente a possederla.
«Ti ho detto di lasciarmi!»
«Dannazione, Mezzosangue! Vuoi fermarti un attimo? Mi stai facendo impazzire! In tutti... i sensi.» ammisi, scendendo involontariamente con lo sguardo all'altezza dei pantaloni, dove si era formato un leggero rigonfiamento.
Perfetto, ci mancava solo questa...
«Oh...»
Anche lei l'aveva notato, il suo imbarazzo era evidente, trapelava da ogni suo gesto, ma per lo meno aveva smesso di agitarsi... Rimanemmo in silenzio, nessuno dei due sapeva cos'avrebbe dovuto dire, mentre continuavamo a divorarci con gli occhi: lei voleva me quanto io volevo lei, lo sentivo.
Contemporaneamente però sentivo che non potevamo avere ciò che desideravamo, c'erano troppe complicazioni, troppo orgoglio da parte di entrambi...
«Malfoy, non ti capisco.»
Quell'innocente affermazione mi mandò su tutte le furie: come poteva non capire, come poteva non provare quello che provavo io?
«Non è vero, tu capisci.»
«No, non capisco cosa ti sia preso, non so con quale diritto tu mi stia facendo questa scenata... Noi non siamo amici, a malapena ci rivolgiamo la parola, e tu non perdi occasione per insultarmi, perché dovrei rendere conto a te di quello che faccio? Non siamo niente, Malfoy...»
«Niente, eh? Eppure non la pensavi così, quella notte, quando mi hai implorato di baciarti.
E l'altro giorno, in Biblioteca, anche lì era niente?»
Spalancò ancora di più gli occhi a quella domanda, ed era una reazione più che giustificabile, io stesso non riuscivo a capacitarmi di quanto stessi dicendo, quelle parole non mi appartenevano... Non ero più io.
«Non avremmo dovuto... È stato un errore...» mormorò alla fine, senza più guardarmi.
Un errore.
Mentiva.
Presi bruscamente il suo viso fra le mani, facendola sussultare e rabbrividendo per via della scossa elettrica che avevo percepito non appena ero venuto a contatto con la sua pelle morbida: ci trovavamo a pochi millimetri di distanza, così vicini, che sarebbe bastato davvero poco per unirci...
«Anche questo è un errore, allora?»
Prima che potesse replicare, in un eccesso d'impeto premetti la mia bocca sulla sua, sentendomi finalmente appagato: lei schiuse immediatamente le labbra, permettendo alla mia lingua di entrare e concedendo a me l'opportunità di esplorarle l'anima. In quel bacio misi tutta la mia frustrazione, la collera che provavo nei suoi confronti, perché per colpa sua stavo perdendo me stesso, la capacità di frenarmi si era dileguata nel momento stesso in cui l'avevo intravista sulla pista da ballo. Non provavo nulla, solo... Volevo solo che quell'attimo non terminasse mai.
Ero completamente stordito dal suo profumo, travolto dall'ambra dei suoi occhi, distrutto dalla potenza di quel che sentivo dentro, e a cui non sapevo dare un nome. Contemporaneamente, l'immagine di lei così vicina a McLaggen mi provocava fitte di dolore e di rabbia crescenti, ogni volta che la guardavo mi sembrava di ascoltare di nuovo le parole di Pansy...
«Non avrei mai creduto che la Mezzosangue potesse comportarsi da sgualdrina... Solo per farsi notare da Weasley, assurdo!»
Lei non lo ama, no! Lei...
«Smettila, ti prego.»
Lei voleva che mi fermassi.
E il tono di voce in cui me lo chiese, le sue mani che cercavano debolmente di spingermi via, spazzarono di colpo qualsiasi emozione, lasciando il vuoto, solo il nulla, dentro di me. Era durata così poco... Niente a che vedere con il bacio in Biblioteca, niente a che vedere con la libertà che avevo provato. Percepii qualcosa rompersi, frantumarsi in mille pezzi, all'altezza del petto, mentre un sentimento che ben conoscevo tornava a prendere possesso di me: il disprezzo.
«Continueremo a restituirci il favore, vuoi?»
«Sì.»
Aveva mentito.
Mi allontanai subito da lei, come se mi fossi bruciato, e senza accorgermene mi sfregai le labbra con un lembo di camicia: il vecchio Draco stava prendendo il sopravvento, il vecchio Draco voleva ferirla, annientarla, distruggerla.
«Cosa c'è, per caso hai qualcos'altro da fare? Dev'essere difficile dividersi fra tre ragazzi diversi... Non so, magari McLaggen è tornato dall'Infermeria e vuoi riprendere da dove vi ho interrotti... Oppure hai un appuntamento con Weasley?»
«Sei...geloso?»
Pronunciò quella parola con esitazione, come se avesse timore di associarla proprio a me.
Salazar, certo che sono geloso!
«Stai scherzando? Non potrei mai essere geloso di una come te, di una sgualdrina...»
Che cazzo hai detto, idiota!
Mi pentii immediatamente di averla chiamata in quel modo, al punto che mi sarei volentieri auto-cruciato, quando la vidi incassare il colpo con un'espressione di pura sofferenza dipinta sul viso. Quando i suoi occhi divennero lucidi. Quando una goccia salata le ricadde lungo la guancia.
Stupido, stupido, stupido.
«Strano, visto che quello è il genere di ragazza che ti sbatti di solito...»
La sua capacità di reagire ad un'offesa era davvero notevole, quanto quella di saper rispondere a tono. Aveva ragione lei. Il mio comportamento era del tutto incomprensibile.
Tutto sbagliato, tutto da rifare. Un passo avanti, e due indietro.
Tentai di avvicinarmi di nuovo, non sapendo come fare per rimediare ad un madornale errore, consapevole che dandole della donna di facili costumi avevo probabilmente distrutto tutto ciò che di vero avevamo condiviso.
«Senti, io...»
«Non dire altro, adesso ho capito tutto...»
Non lasciare che se ne vada...
Nonostante fosse un gesto rischioso, le presi una mano tremante, resistendo all'impulso di baciarla di nuovo, perché convinto che se l'avessi fatto, lei non avrebbe mai ricambiato.
«Dimmi che non hai visto nei miei occhi quello che io ho visto nei tuoi.»
Che mi succede?
«Io non...»
«Dillo qui, adesso, davanti a me. Poi ti lascerò in pace, te lo giuro, tutto tornerà come prima. Ma voglio la verità.»
Il suo silenzio faceva più male di uno Stupeficium in pieno petto, ma fu anche la delusione generata da esso che mi spinse a proseguire in quel delirio.
«Possibile che tu non te ne accorga, Granger?»
Sollevò ancora una volta lo sguardo dal pavimento, e quel che lessi nell'umido dei suoi occhi fu disarmante: speranza. Mi avvicinai ancora un po' a lei, continuando a stringerle la mano e portando contemporaneamente l'altra al suo viso.
«Che cosa devo fare perché tu capisca che...»
«Hermione! Sarà un'ora che ti cerco, ma dove ti eri cacciata?»
Che possano riempirti di Pasticche Vomitose, Potter.
«Oh Harry, io...»
«Malfoy? Che ci fa lui con te? Ma tu... Stavi piangendo?»
«Non è niente, solo...»
«Che le hai fatto, bastardo?»
Ci mancavano solo lo Sfregiato, la sua bacchetta sfoderata e i suoi istinti protettivi...
Che diritto aveva lui di toccarla?
«Levati di mezzo Potter, non sono affari tuoi.»
«Malfoy, dimmi che le hai fatto o giuro che...»
«Harry, calmati! Non mi ha fatto... niente.»
Niente.
Noi non siamo niente.
Non mi ha fatto niente.
Così vicini, eppure così irrimediabilmente lontani.
«Vieni... Andiamo via...» disse cercando di trascinare via lo Sfregiato, che sembrava pronto per un duello imminente contro di me; nell'osservare la sua espressione collerica e il suo braccio che circondava protettivo le sue spalle nude, all'improvviso capii.
C'era un motivo per cui l'avevo sempre detestato, per cui avevo sempre tentato di screditarlo in ogni modo, l'eroe del mondo magico, un motivo evidente.
Potter aveva qualcosa che a me mancava: lei.
Uscendo dalla tenda, finsi di non notare l'ultimo sguardo supplice che la Granger mi aveva lanciato, quasi come un invito a fermarla, a completare quella terribile frase che sarebbe potuta essere la mia rovina.
Niente.
Che cosa devo fare perché tu capisca che mi sto innamorando di te?
♥
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