Felix Felicis

«Muovetevi idioti, prima che ci scoprano!»

Da dietro la porta del bagno ottenni un grugnito come risposta, il che nella particolare lingua di Tiger e Goyle equivaleva ad un cenno affermativo. Era seccante fare la guardia mentre quei due si spogliavano degli abiti delle ragazzine che avevamo preso "in prestito" per rientrare nei loro, e non vedevo l'ora che si sbrigassero.

La mia abituale impazienza quel giorno era incrementata dall'ennesimo fallimento con l'Armadio: sembrava essere trascorsa una vita da quando avevo provato per la prima ad eseguire l'incantesimo correttamente, in realtà era passata appena una settimana, ma sapevo che ogni secondo perso contribuiva ad avvicinare la fine, per me.

Il Signore Oscuro, mia madre, tutti erano stati molto chiari sin dall'inizio: un passo falso e sarei morto, il minimo ritardo nel portare a termine la missione, e sarei morto.

Di tanto in tanto rimuginavo sulla mia scelta, che non era mai stata davvero mia, ma che a suo tempo mi era sembrata la più idonea a quella situazione complicata, la famosissima scelta fra bene e male. Quante cazzate, non esistevano il bene e il male, esisteva solo il potere e chi era troppo debole per usarlo.

Gli uomini malvagi sopravvivevano alle loro gesta, i buoni venivano sepolti insieme alle loro ossa, da sempre la vita presupponeva questo.

Non avrei permesso che diventasse il mio caso.

Provavo un misto fra disgusto e senso di colpa, a volte, nel ricordare che il prezzo da pagare per rimanere in vita e diventare un Mangiamorte degno di essere chiamato tale era la vita stessa. Mi sarei macchiato di una colpa enorme, la peggiore, a detta dei buoni, sarei riuscito poi a convivere con il rimorso?

Sì, ce l'avrei fatta, come tutti gli altri.

Dovevo.

Quale altra scelta avevo? Rinunciare, essere io a morire e trascinare con me tutta la mia famiglia? No. Bastava solo che mi abituassi all'idea, ecco.

Ma come potevo abituarmi all'idea di diventare...

Avanti, dillo.

Un assassino.

Non era quello il primo problema della lista da risolvere, comunque. C'era innanzitutto l'enorme fastidio dell'Armadio Svanitore rotto: di cambiare idea non se ne parlava, ormai avevo preso quella strada e condiviso il mio progetto con Lui, quindi bisognava che lo riparassi.

Per quello, c'era la Mezzosangue, ma non era detto che riuscissi a convincerla. Quella del ricatto era un'arma da non sottovalutare, ma lei era intelligente, e aveva già capito che tramavo qualcosa nella Stanza delle Necessità; se l'avessi costretta ad entrare lì e ad insegnarmi come fare, avrebbe presto collegato i vari indizi, e allora ero certo che non gliene sarebbe importato più nulla delle mie minacce...

L'avrei usata in altri modi, ma in ogni caso ci sarebbe voluto parecchio tempo, e io non ce l'avevo. Forse dovevo trovare una nuova opzione, un terzo piano da poter scegliere nel caso gli altri due non avessero funzionato, un metodo indiretto per commettere quell'omicidio.

In fondo il Signore Oscuro mi aveva ordinato di uccidere, ma non aveva specificato come dovessi farlo: il che significava per deduzione logica che non ero costretto ad adoperare l'Avada Kedavra, a stargli di fronte e ad ascoltare le sue preghiere prima di finirlo...

Esisteva l'avvelenamento.

Una strada molto più semplice e molto meno rischiosa, avevo svariate possibilità di conseguire il mio principale scopo in quella maniera, solo che non l'avevo presa in considerazione fin da subito perché mi era parsa troppo banale.

Volevo spiccare, guadagnarmi l'attenzione di Voldemort con un'idea brillante, perché chiunque sarebbe stato in grado di versare un po' di veleno in una bibita e poi attendere comodamente i risultati... Io, come al solito, volevo di più.

Ma ora iniziavo ad accorgermi che i mezzi non contavano tanto quanto il fine, in quella lotta contro i principi: l'unica cosa che davvero importava era che facessi quello che mi era stato imposto, come non interessava a nessuno, riguardava solo me.

Quindi ero libero di fare quel che desideravo.

Libero.

Quella parola mi era nuova, completamente estranea, nella mia vita non credevo di essermi mai sentito svincolato, tutto ciò che facevo era o per imposizione, o per interesse; non mi ero mai legato a nessuno, in nessun modo.

Non potevo affermare che mi mancasse, però...

Una delle due porticine di legno si spalancò di scatto, seguita subito dopo dall'altra, rivelando Tiger e Goyle nelle loro solite sembianze, e fui costretto ad interrompere le mie riflessioni.

«Era ora che usciste da questo fottuto bagno... Forza, andiamo.»

«Dove andiamo, Malfoy?» scattò inaspettatamente Tiger, piazzandomi davanti il suo faccione paonazzo e rabbioso. Era una novità assoluta sentirlo parlare in quel modo, mentre invece ero ormai abituato ad essere chiamato per cognome da lui e Goyle, ennesima prova delle mie considerazioni precedenti: non eravamo amici, non assomigliavamo neanche lontanamente al famoso trio di Hogwarts, non ci volevamo bene.

Io non volevo bene a nessuno.

Da sempre sapevo di poter contare su quei due energumeni, ma per gli scopi puramente pratici, avevo solo bisogno di guardie del corpo; è vero, mi rispettavano, ma perché mitemevano. Ed io mi ero sempre imposto di esserne compiaciuto, più che disgustato, anche se ora non ero più tanto sicuro che fosse la risoluzione migliore, ora che mi servivano consigli.

No, Draco Malfoy non si sarebbe mai abbassato ad un livello simile, non si sarebbe umiliato ad implorare qualcuno di prestargli il proprio conforto...

Nonostante tutto, alla fine, né Tiger né Goyle avevano mai osato ribellarsi, o pretendere delle spiegazioni in merito a ciò che ordinavo loro di fare, semplicemente perché erano troppo ottusi per capire che li stavo usando. In quel momento, però, mi parve di percepire nel tono di Tiger una certa stizza, un tentativo di intimorirmi che non avevo nessuna intenzione di tollerare.

«Dove vorresti andare, scusa? A fare una passeggiata? C'è lezione di Pozioni, adesso.»

«Nessuno di noi ha pranzato, oggi, e solo per stare ai tuoi comodi.»

Ecco, avrei dovuto immaginare che alla base di tutto ci fosse il cibo...

Ovviamente non avevo messo a parte Tiger e Goyle del mio piano, il loro ruolo consisteva unicamente nel prendere la Pozione Polisucco, assumere le sembianze di qualche altro studente ignaro e fare la guardia di fronte alla Stanza delle Necessità mentre io ero dentro.

Se qualcuno si fosse avvicinato con fare sospetto, loro avrebbero fatto in modo di avvertirmi e di impedirmi di uscire allo scoperto, fino ad un secondo segnale di cessato pericolo.

Era una piccola precauzione necessaria, non volevo certo essere scoperto né pedinato, per quello c'era già la Mezzosangue a piantare grane...

«Non pensi che sarebbe il caso di dirci almeno cosa stai tramando?»

Mi stavo innervosendo parecchio, non era loro diritto pretendere di sapere, da quando gli interessava tanto? Avevo già troppi problemi a cui pensare per star dietro ai loro capricci infantili, e non intendevo permettergli di soverchiarmi in quel modo arrogante.

«Senti, quello che faccio non vi riguarda, e non sono obbligato a darvi alcun tipo di spiegazione. Se vi dico di aspettare fuori dalla stanza per un'ora voi obbedite, il vostro pranzo non è qualcosa di cui io debba preoccuparmi, è chiaro?»

Alzai la voce e mi avvicinai minaccioso a Tiger, mentre Goyle osservava la scena qualche passo più indietro, con gli occhi bassi e lo sguardo spento di chi non sa ribellarsi.

Conoscevo bene quell'espressione, quante volte guardandomi allo specchio ne avevo visto il riflesso di fronte a me...

«Se volete continuare a stare dalla mia parte, dovete rispettare le mie regole. Ora, io vado a lezione, voi fate come vi pare.»

Uscii rapidamente dal bagno, preparandomi a contare mentalmente fino a tre.

Uno... Due...

Sentii dei passi pesanti risuonare poco dietro di me, e non riuscii a trattenere un ghigno di soddisfazione: ancora una volta il mio potere persuasivo aveva funzionato alla perfezione, seppur contrariati Tiger e Goyle erano di nuovo alle mie spalle.

D'altronde, senza di me non sarebbero andati lontani, quell'alleanza conveniva anche a loro, ed evidentemente dovevano averlo compreso.

Non mi importava che facessero quel che volevo controvoglia, purché lo facessero senza discutere.

Quel giorno avevo preferito saltare l'ora di pranzo piuttosto che una di lezione, per evitare ulteriori fastidi, e non mi pesava più di tanto, avevo perso qualsiasi voglia di cibo da un po' di tempo a quella parte...

Erano altri gli obblighi a cui ero stato inevitabilmente legato a pesarmi, primo fra tutti la punizione tremenda della McGranitt: non solo ero costretto a rinunciare a delle ore preziosissime nelle quali avrei potuto esercitarmi per riordinare una stupida biblioteca, addirittura dovevo farlo con la Mezzosangue.

Poteva forse esserci qualcosa di peggio?

Oltre che irritante, trovavo la vicinanza forzata con quella Sanguesporco totalmente pericolosa: mi disorientava, mi mandava in confusione, mi riportava alla mente il nostro bacio... C'era qualcosa in lei che mi attirava, ma che allo stesso tempo riusciva a mandarmi in bestia, tanto quanto il non riuscire a capire di cosa si trattasse.

In entrambe le occasioni in cui avevo accorciato le distanze fra noi, avevo provato una sorta di confusione, di battaglia interiore: una piccola parte di me ricordava il piano, il voler tentare di sedurla per poi manovrarla a mio piacimento, ma alla fine a prevalere era sempre il lato estroso, quello che se ne sbatteva altamente di ciò che avevo prestabilito...

L'ultima volta, ad esempio: ero arrivato in biblioteca con il fermo proposito di minacciarla ma allo stesso tempo di affascinarla come solo io sapevo fare, mi ero imposto di essere seducente e di non mostrare quanto mi costasse.

Era proprio quello il problema: non mi era costato affatto.

Mi ero avvicinato alla Mezzosangue, le avevo morso il lobo, l'avevo fissata dritto negli occhi, non perché dovevo, ma perché lo volevo.

Volevo studiare le sue reazioni, godere della sua espressione a metà fra la superbia e la vergogna, respirare ancora una volta quel profumo di sapone alla violetta di cui avevo già avuto modo di saziarmi, osservarla mentre si lasciava sfuggire sospiri sommessi...

Per la prima volta da quando ci conoscevamo, desideravo conoscerla, conoscerla e scoprirla.

Per poterla distruggere meglio?

Forse.

Di una cosa ero certo: pretendevo che tutti quei forse divenissero presto delle certezze.

Ognuno perso nei propri pensieri, sempre ammesso che Tiger e Goyle fossero dotati della capacità di ragionamento, scendemmo nei sotterranei, dove era situata l'aula di Pozioni: come al solito entrando fummo pervasi da un miscuglio di odori diversi e contrastanti, ma che per effetto di chissà quale stregoneria sembravano amalgamati alla perfezione.

Eravamo immersi in un'oscurità soffusa, gradevole, e la diversità di colori e profumi mi dava sempre leggermente alla testa, tanto che talvolta faticavo a tenere gli occhi aperti, dai vari calderoni ormai deformati dall'uso fuoriuscivano densi vapori.

Ma ciò che più amavo di quel posto era quello che vi veniva creato, faticavo a credere che delle boccettine quasi minuscole di vetro potessero contenere morte, euforia, fortuna, verità, amore... Mi faceva riflettere, pensare che lo stato delle cose e della materia doveva essere piuttosto fallace se bastava un sorso di liquido colorato a mutarlo radicalmente; una goccia di quelle pozioni aveva lo straordinario potere di manovrare i fili delicati delle relazioni interpersonali, riusciva ad unire le personalità più incompatibili e a dividere irreparabilmente quelle indissolubili.

Quella constatazione tanto misteriosa quanto veritiera mi affascinava, probabilmente invidiavo a quelle sostanze la capacità di interferire in maniera drastica e decisiva sulle vite di chiunque altro, l'elemento indispensabile che era l'infallibilità e che a me purtroppo mancava.

Ecco, ciò che bramavo maggiormente era proprio una garanzia.

Non serviva a nulla pianificare, escogitare tattiche e sperare di incappare in quella giusta per caso, se non potevo essere sicuro che avrebbe funzionato, non era sufficientemente proficuo.

Voldemort aveva giocato bene le sue carte, senza dubbio, e giorno dopo giorno mi pareva di scoprire nuovi motivi per cui avesse immolato proprio me: per primo, e ovvio, la vendetta, il desiderio di farla pagare a mio padre per il suo errore.

Ma allora, se davvero era così, il messaggio subliminale era un altro: se mi affidava un compito simile per infliggere dolore ai miei genitori, era solo perché pensava che non avrei mai potuto farcela, il suo disegno era quello di uccidermi sin dall'inizio.

Solo che l'Oscuro Signore aveva fama di essere un grande sadico, convinto che le sofferenze di una pre-tortura fisica o psicologica fossero più appaganti rispetto ad una morte rapida e "indolore"... Proprio quello che stava facendo con me.

Mi seccava e allo stesso tempo mi distruggeva essere considerato senza speranze, di solito non era così che funzionava, e soprattutto per questo ero propenso a mettermi alla prova e a dimostrare che non ero un idiota, che anch'io potevo fare la mia parte.

Forse, però, Voldemort mi aveva scelto anche per una seconda ragione, della quale mi ero appena accorto: il terrore del fallimento mi stava lentamente spingendo verso rimedi complessi ed intricati, e Lui indubbiamente aveva bisogno di qualcuno che si impegnasse al massimo, che avesse un motivo talmente valido per svolgere l'incarico da impegnarsi in tutti i modi possibili... Evidentemente io corrispondevo a quella descrizione.

Basta, era inutile continuare a riflettere, esaminare, cercare vie d'uscita, non potevo tirarmi indietro e neppure volevo, il mio orgoglio non me lo consentiva.

Se solo il Signore Oscuro mi avesse assegnato una commissione un po' più...

Semplice?

Un incombenza un po' meno...

Criminale?

«Oho! Svelti, svelti, prendete posto e tirate fuori i libri.»

Quel Bolide del professor Lumacorno aveva fatto la sua apparizione nell'aula, tremolante come una Gelatina Tuttigusti, scoccando sguardi languidi a destra e a manca e sorridendo teatrale. L'unico aspetto positivo che riuscivo a vedere in lui era la sua appartenenza alla casa dei Serpeverde, anche se davvero non mi capacitavo di come il Cappello Parlante potesse aver scorto in lui un minimo di potenziale, di certe qualità essenziali...

Trovavo quell'uomo insopportabile, con una serie di vizi tremendi, primo fra tutti la spudorata e malcelata adulazione nei confronti lo Sfregiato... Aveva perfino osato omettere la mia presenza dal suo ridicolo "Lumaclub", riservato, stando a quanto si diceva in giro, ai figli e nipoti dei maghi più influenti dell'ultimo ventennio; come se mi importasse!

Mi sarebbe solo piaciuto ostentare ancora una volta la mia superiorità di Purosangue, ammesso che esistesse qualcuno incapace di vederla e accettarla...

Qualcuno c'era, in verità.

Poggiai una mano sul mento e mi voltai appena verso il tavolo, in modo da avere una visuale indisturbata sulla Granger, sulla Mezzosangue Granger: era seduta sul bordo dello sgabello, dando ritmicamente dei colpetti alla gamba di esso, e guardandosi intorno con aria saccente. Probabilmente non vedeva l'ora che Lumacorno iniziasse la lezione e attaccasse con le domande sui vari ingredienti delle pozioni, cosicché lei avesse la consueta occasione di sventolare in aria la mano nell'attesa di straziarci tutti con la sua convinzione fastidiosissima di essere un genio.

Nonostante gli aspetti abituali, però, vedevo in lei dell'altro. Ad un affamato di dettagli come me non poteva sfuggire il fatto che la Granger e Lenticchia somigliavano a due perfetti estranei, quando fino a pochi giorni fa si comportavano da patetici amici del cuore; inoltre Potter sedeva fra loro due, cercando nervosamente di fare conversazione, ma la sua incompetenza in materia di relazioni era evidente lontano un miglio...

Ripensai all'unico momento in biblioteca in cui ero riuscito a farle perdere il controllo, e lei aveva reagito, mostrando anche il suo palese, disperato bisogno di parlare, di sputare addosso a qualcuno la sua rabbia.

«Non darò nessun filtro d'amore a Ron...»

Aveva pronunciato il suo nome in un sussurro, come se stesse trasgredendo a una regola che le impediva di nominarlo, ma allo stesso tempo era chiaramente delusa, frustrata

Come me.

Che la Mezzosangue avesse una cotta per quell'imbecille non era mai stato un segreto, anche se lei da fiera Grifondoro si era illusa di averlo ben nascosto... Peccato che Weasley avesse ritenuto Lecca Lecca, altrimenti conosciuta come Lavanda Brown, più all'altezza del gravoso compito di sopportarlo quotidianamente.

Era davvero strano, però, e non riuscivo a smettere di interrogarmi su quali altri segreti la Mezzosangue custodisse tanto gelosamente dentro di sé, mi scoprivo tormentato dall'inspiegabile voglia di conoscerli tutti...

Girati subito e finiscila di sparare stronzate!

«Silenzio, silenzio! Ho in serbo una lezione piuttosto speciale, oggi.»

Sempre la stessa solfa, quel Lumacorno avrebbe anche potuto inventarsi qualcosa di più originale: per quanto mi riguardava, fino a quel giorno avevo assistito ad una sola lezione veramente interessante, ed era stato quando...

«Visto che l'ultima volta vi ho visti particolarmente concentrati sul Distillato della Morte Vivente grazie al piccolo premio in palio, ho deciso di ripetere l'esperimento. Colui o colei che al termine di queste due ore mi presenterà un accettabile Distillato Soporifero, riceverà in premio un'altra piccola dose di Felix Felicis. La prossima volta sceglierò un'altra pozione, ma penso che tutti siate affascinati all'idea di avere successo in qualsiasi impresa tentiate di conseguire. Ricordo perfettamente quando io l'ho presa, due giornate assolutamente fantastiche...»

Ignorando i discorsi svagati di Lumacorno, spostai il mio sguardo avido sulla minuscola fiala che teneva stretta nel pugno grassoccio, e che era oggetto di desiderio di tutti i maghi presenti in quella stanza. Si stava ripetendo la stessa identica situazione dell'ultima volta, l'attenzione di ognuno era concentrata su quel liquido dorato e sul modo in cui avrebbe potuto essere utilizzato: chi sognava di vincere la prossima partita di Quidditch, chi sperava in un colpo di fortuna durante un esame, chi desiderava rappacificarsi con qualcuno...

A me sì che serviva davvero.

Forse una volta tanto credere nel gioco della sorte mi avrebbe aiutato, forse avere semplicemente fiducia era l'unico modo che avevo per non crollare, e una ritoccatina alle circostanze sarebbe stata l'ideale nel mio caso... Magari sotto l'effetto della Felix sarei riuscito a riparare l'armadio, e allora sì che sarebbe diventato tutto più semplice...

Avevo fatto quei ragionamenti anche quando a vincere la pozione era stato lo Sfregiato, e allora sì che avevo seriamente meditato di lanciargli un incantesimo ben piazzato, per colpa sua avrei perso l'ennesima occasione.

Ma ora, ora mi si presentava l'imperdibile possibilità di rimediare, e non me la sarei lasciata sfuggire per nulla al mondo.

«Bene, direi che potete cominciare, le istruzioni sono come al solito nel vostro manuale. Signor Potter, purtroppo questa volta non potrà gareggiare, in quanto ha già ricevuto la sua dose di fortuna, anche se mi aspetto di essere stupito comunque da lei e dalla sua abilità. Buon lavoro a tutti.»

Mi alzai dal mio sgabello trepidante, accesi il fuoco e iniziai rapidamente a cercare gli ingredienti giusti, mentre lasciavo che il mio cervello agisse a parimenti: non avevo la minima idea di come Potter fosse improvvisamente riuscito a diventare il migliore della classe in Pozioni, ma in quel momento non costituiva un problema, una volta tanto Lumacorno aveva fatto qualcosa di buono impedendogli di gareggiare...

In ogni caso, c'era la Mezzosangue da battere. Ero più che convinto delle mie capacità, ma sapevo anche che non erano sufficienti in confronto alle sue, dovevo trovare una soluzione, o mi avrebbe battuto...

Lessi le istruzioni sul manuale:

Distillato Soporifero

Istruzioni per la fermentazione:

1x Muco di Vermicolo

1x Rametto di lavanda

1x Radici di valeriana

Ingrediente base

Preparazione

- Aggiungi 4 rametti di lavanda nel mortaio

- Aggiungi 2 misurini di ingrediente base al mortaio

- Frantuma con il pestello fino a ottenere un impasto cremoso

- Aggiungi 2 gocce di muco di vermicoli nel calderone.

- Aggiungi 2 misurini di ingrediente base nel calderone

- Riscalda a fuoco lento per 30 secondi

- Aggiungi 3 misurini di miscuglio tritato nel tuo calderone

- Agita la bacchetta

- Lascia fermentare per 70 minuti

- Aggiungi 2 misurini di ingrediente base nel calderone

- Riscalda a temperatura elevata per 1 minuto

- Aggiungi 4 radici di valeriana nel tuo calderone

- Mescola 7 volte, in senso orario

- Agita la bacchetta per completare la pozione.

Era piuttosto complicato, molto probabilmente nessuno in quella stanza sarebbe stato veramente in grado di eseguire nel modo giusto quella pozione...

Versai gli ingredienti nell'ordine stabilito, anche se il composto nel mio mortaio non risultava affatto cremoso come avrebbe dovuto... Il tempo sembrava volare in quell'aula, fatto sta che dopo quelli che a me erano parsi minuti le due ore a nostra disposizione stavano per scadere, ed io ero appena a metà dell'opera.

Osservai il lavoro degli altri, cercando di capire chi fosse più avanti rispetto a me: al mio tavolo non c'era nessuno che potesse anche solo sperare di eguagliarmi, così come in quelli di Tassorosso e Corvonero. Poi, dietro di me c'era la Granger.

La sua pozione era di un intenso azzurro vivo, proprio la tonalità descritta dal libro, mentre la mia era blu scuro. Accidenti, non avrei permesso che la Felix Felicis andasse sprecata ancora una volta, dovevo essere io a vincerla! Ma come, come avrei...?

Ovvio. Che stupido a non averci pensato prima, mi sarei risparmiato la fatica del tentativo...

Tesi il collo, e notai che Potter e Weasley erano impegnati a tossire e a tentare di ridurre il fumo nero che fuoriusciva dal calderone di Lenticchia con degli incantesimi, mentre il resto dei nostri compagni era distratto dal cercare di migliorare il proprio Distillato negli ultimi minuti che rimanevano.

Lumacorno mangiava ananas candito provando a non farsi notare da nessuno.

Mi voltai completamente, fino ad incontrare lo sguardo intenso e altero che ben ricordavo: arricciai leggermente le labbra, mentre lei mi fissava interrogativamente, e con il capo accennai al suo calderone. Impiegò pochi istanti per capire, e spalancò gli occhi per l'indignazione; per tutta risposta strizzai i miei, cercando di fare in modo che si ricordasse i dettagli della nostra ultima conversazione.

Era inesorabilmente obbligata a fare ciò che io volevo, se teneva a mantenere ignoto il suo/nostro segreto. Ovviamente io non avevo la benché minima intenzione di rivelarlo a nessuno, non mi sarei messo tanto in ridicolo solo per fargliela pagare, c'era addirittura il rischio che la voce arrivasse ai Mangiamorte...

Particolare che avevo "casualmente" mancato di riferirle mentre la ricattavo.

Lei rimase interdetta per un po', indecisa se arrendersi o meno, spostando l'attenzione prima sul suo calderone, poi sulla bottiglietta di Felix, e soprattutto sui suoi amici; sbuffò e infine, dopo essersi guardata furtivamente attorno per accertarsi che nessuno la stesse osservando, si alzò e scambiò rapidamente i nostri calderoni, sotto la mia attenta supervisione.

Prima di tornarsene al suo posto, però, non mancò di scoccarmi uno sguardo duro, a metà fra la furia e la delusione, probabilmente mi colpevolizzava di aver spezzato il suo sogno, e in effetti era proprio così... In qualsiasi modo avesse pianificato di utilizzare la Fortuna Liquida, se mai l'avesse vinta, non sarebbe più stato possibile, grazie a me.

Non mi importava. Di sicuro l'urgenza dei desideri della Mezzosangue non eguagliava minimamente la mia, lei non rischiava di morire, per quanto mi riguardava mi sentivo più che a posto con la coscienza. Anzi, addirittura dopo parecchi giorni riuscivo a divertirmi.

Soddisfatto, scrutai il liquido azzurro che ora era di fronte a me, in preda ad una nuova euforia, pensando che dopotutto l'idea di sfruttare un po' la Granger era brillante, e che se avessi giocato bene le mie carte i risultati sarebbero andati oltre ogni aspettativa.

«Ehi Hermione, che cos'è successo alla tua...»


«Oh, sta' zitto Harry!»


Non riuscii a trattenere un ghigno nell'ascoltare accidentalmente quel rapido scambio domanda/risposta che c'era stato fra i due, e soprattutto nel distinguere irritazione e risentimento nella voce di lei.

«E il tempo è... scaduto! Allontanatevi dalle pozioni, prego.»

Lumacorno saltellò fra i vari tavoli in senso antiorario, quindi il nostri lavori sarebbero stati gli ultimi ad essere visionati: non degnò nessuno di molti sguardi soddisfatti, limitandosi a dare un'annusatina qua e là e a tossire rumorosamente quando gli giungeva un vapore troppo intenso.

«Non male, non male, signorina Granger, anche se la sua pozione non è completa per il momento è quella che si avvicina di più ai requisiti. Dubito che qualcuno sia riuscito a fare meglio di lei, comunque...»

Cercai di cancellare la mia espressione di trionfo e di soddisfazione, e rimasi immobile mentre Lumacorno avvicinava il suo faccione al calderone che la Mezzosangue era stata così gentile da prestarmi.

«Oho! Azzurro fiordaliso! La sfumatura perfetta, senza dubbio... E sento anche un ottimo profumo di lavanda, segno che tutti i residui di vermicoli sono scomparsi. Abbiamo un vincitore Sepeverde, stavolta: congratulazioni signor Malfoy, ecco la meritata ricompensa.»

Sotto le occhiatacce dei miei compagni (di una in particolare) afferrai trionfante la fiala scintillante, facendola scivolare nella borsa e sentendomi entusiasta come se quel successo fosse stato realmente mio. Pazienza, mi bastava il premio.

Ora dovevo stabilire come e in che dosi utilizzarlo: mi ero proposto sin da subito di non sprecare tutta la Felix per una sola occasione, sia perché c'erano tanti punti che andavano perfezionati nei miei progetti, ma anche perché speravo irrazionalmente di riuscire a conservarne un po' per facilitarmi delle circostanze che non riguardassero Voldemort...

Ero un illuso, però sceglievo di vederla così.

Poco prima avevo formulato l'ipotesi di avvelenare un oggetto per poterlo uccidere, per prima cosa potevo lavorare su questo, tanto il giorno seguente ci sarebbe stata una gita ad Hogsmeade alla quale io avevo scelto di non partecipare, il tempo per rifletterci sopra non mancava... Meglio ancora se fossi riuscito ad impossessarmi di qualcosa che era già stato maledetto, senza uscire dal castello e correre così il rischio di essere scoperto.

Con mio padre avevo notato nel negozio di Sinister una collana piuttosto particolare, ovviamente portatrice di una potente maledizione che in precedenza, secondo quanto informava il cartello, era stata sufficiente ad assassinare una dozzina di uomini.

Proprio quello che faceva al caso mio, il vecchio non si sarebbe fatto alcun problema a spedirmela senza aver prima ricevuto un acconto; una volta appropriatomi di essa, sarebbe stato un gioco da ragazzi mandarla nel suo ufficio come dono anonimo, e quando l'avrebbe tirata fuori...

L'unico impedimento era la consegna: non poteva arrivare tramite gufo, perché tutta la posta veniva messa al setaccio, ed io non avevo la possibilità di andare direttamente da Sinister per ritirarla.

Eppure ero così vicino! Odiavo il pensiero di dover accantonare un nuovo piano geniale per uno stupido incidente di percorso, ma ancora una volta non avevo scelta.

A meno che...

Forse la gita a Hogsmeade non era del tutto da sottovalutare...

Mentre tutti gli altri si alzavano e si dirigevano verso la porta, fui pervaso dall'impulso incontrollabile di fermarmi a parlare con la Mezzosangue, non sapevo di cosa, non sapevo perché, ne avevo voglia e basta.

Ma lei era già sparita, probabilmente risentita per quanto era successo.

Sebbene mi scoprissi piuttosto deluso, avevo sempre la certezza che l'avrei rivista da sola il lunedì successivo in biblioteca, e da lì non poteva scappare...

Raccolsi le mie cose e mi avviai all'uscita, impaziente di mettermi di nuovo all'opera, ma passando di fronte ai calderoni straripanti delle pozioni di Lumacorno, il quale era stato piuttosto incauto a lasciarle senza una protezione, mi fermai.

Da uno dei pentoloni fuoriusciva un profumo intenso che mi attirava, mi costringeva ad inspirare profondamente perché potesse inebriarmi il più possibile, mi sentii ben presto stordito e stranamente felice.

Si trattava senza dubbio di Amortentia, ricordavo vagamente la descrizione che ne aveva fatto la Mezzosangue durante la prima lezione di pozioni...

«È il filtro d'amore più potente del mondo! Riconoscibile dalla sua tipica luminosità madreperlacea e dal vapore che sale in caratteristiche spirali. E dovrebbe avere un odore diverso per ciascuno di noi, a seconda di ciò che ci attrae...»

Curioso, cercai di riconoscere gli ingredienti che costituivano la mia personale fragranza: c'era senza dubbio l'odore dei galeoni, del muschio e...

Violetta?

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