Capitolo 15: Eberuit
Capitolo 15: Eberuit
Dopo un lasso di tempo indefinibile, Gabriele finalmente riprese i sensi e riuscì ad aprire gli occhi. Si sentiva ancora molto debole e la sua vista era un po' appannata, riusciva a vedere solo una cortina di fumo sollevarsi sopra la sua testa, in un luogo immerso in una semioscurità con solo delle fiammelle rosse che sembravano vorticare nell'aria.
Finalmente anche l'udito venne in suo soccorso e iniziò a percepire un suono di tamburi intorno a sé, delle parole in una lingua sconosciuta ripetute come in una cantilena, e un timbro più familiare che chiamava il suo nome.
Nell'aria c'era odore di erbe e incenso, così forte che per poco non perse nuovamente i sensi, per un terribile attimo si domandò se non fosse morto.
Ma, per fortuna, un viso amico si stagliò improvvisamente di fronte al suo, l'uomo allungò la mano e percepì la delicatezza e il calore della sua pelle, seppur venata da qualche striatura di sudore freddo.
"Ele..." riuscì a pronunciare debolmente, "ce l'avete fatta allora, sono salvo! Dove mi trovo adesso?!"
Lei gli accarezzò il viso, invitandolo a parlare il meno possibile, il guaritore della tribù aveva invitato a non farlo affaticare.
"Guaritore?!" domandò il ragazzo, il quale tentò subito di alzarsi per vedere in che condizioni fosse la sua gamba, ma le sue spalle vennero subito cinte da delle nodose mani, appartenenti a una figura appollaiata dietro di lui, e venne rimesso disteso.
"Eberuit, il guaritore del villaggio, dice che devi stare disteso perché il suo preparato funzioni al meglio!" l'agente riconobbe la voce di Fiamma, la quale si avvicinò ad Eleonora per farsi vedere da lui e gli sorrise.
"E Olivia? Olivia dov'è?!" chiese lui ad un tratto allarmato: non vederla né sentirla era qualcosa di insolitamente sinistro.
"Tranquillo", rispose Eleonora, "Olivia è voluta rimanere fuori, lo sai che non si fida di questo tipo di trattamenti e non voleva assistere né entrare finché non fosse stata certa che tu fossi fuori pericolo!"
"Capisco..." disse lui, abbozzando un sorriso, "allora chiamate quella testona dai, sarà preoccupata!"
Fiamma uscì per chiamare Olivia, la quale stava ancora passeggiando avanti e indietro lungo le sponde di un canaletto d'irrigazione.
Nel frattempo Eleonora posò piano una mano sulla fronte dell'agente, per percepire se scottasse ancora, non sembrava, al che avvicinò anche le labbra, come avevano fatto spesso anche con lei quando era piccola, le impresse delicatamente sulla pelle e si convinse del fatto che il peggio fosse passato.
L'agente la guardò un po' contraddetto: "Ti sembra questo il bacio da dare ad uno che è quasi morto e tornato dagli inferi per te?!"
Da dietro scoppiò una risata, Eberuit sembrava aver colto in qualche modo il suo disappunto, pur non parlando italiano, e si era messo a ridere in segno di approvazione.
"Oh, va bene, c'è una congiura nei miei confronti!" disse lei ridendo e diede un bacio ben più appassionato all'agente, il quale dichiarò di sentirsi già meglio.
D'un tratto arrivò Olivia tutta trafelata e beccò in pieno i due piccioncini ad amoreggiare.
"Cosa devono vedere i miei occhi! Per poco non mi faccio venire un attacco di cuore a forza di camminare come un'ossessa su e giù lungo il canale e questi due giocano a fare Romeo e Giulietta!"
"Oh dai, Olivia! Lo so che hai avuto paura e quando ti spaventi fai la cinica, ma potresti anche abbracciarmi e dirmi che sei contenta di vedermi sano e salvo!" la canzonò Gabriele.
"Sei un ingrato! Invece di ridere e scherzare, ringrazia che i membri di questa tribù ti abbiano fasciato e ci abbiano aiutate a trasportarti fin qui con una specie di slitta di vimini, in modo che il guaritore potesse curarti per bene, altrimenti chissà come sarebbe andata...devi imparare a guardare dove metti i piedi, invece di correre come quando eri un ragazzino!"
Gabriele disse a voce alta in spagnolo, rivolgendosi al guaritore e agli membri della tribù: "Non fateci caso, è il suo modo per dire grazie!"
"Che ha detto?!" domandò Olivia a Fiamma, che intanto se la stava ridendo in un angolo insieme alla tribù.
"Niente, ha detto che li ringrazi per aver curato Gabriele e che hai sempre creduto in loro!" disse la rossa ridendo sommessamente.
La corvina divenne paonazza e se ne uscì come una furia dalla tenda di legno e paglia.
Quando il dolore passò, Eberuit permise a Gabriele di mettersi seduto e si posizionò di fronte a lui.
Si trattava di un uomo di mezza età, il quale indossava una lunga tunica di cotone bianco, con dei ricami colorati e una collana con piume e lapislazzuli che incorniciava il suo volto e la sua carnagione bruna, tinteggiata da simboli disegnati con una pittura rossa.
Gli occhi neri e intensi avevano un'aria gentile e il suo sorriso rassicurò subito Gabriele, i due iniziarono a parlare in spagnolo. Il guaritore spiegò lui che era stato fortunato, era stato morso da un serpente non troppo velenoso e con le giuste tecniche erano riusciti ad impedire che la situazione si aggravasse. Raccontò lui anche di come Olivia inizialmente si fosse opposta alle cure, ma che poi si fosse rassegnata di fronte all'impossibilità di poter arrivare ad un ospedale in tempo. "Quella donna è una vera tigre!" aggiunse.
"Lo so, lo so!" rispose Gabriele, sorridendo e scusandosi da parte di Olivia, "dovete sapere che da noi ci sono tanti ciarlatani che utilizzano impropriamente l'appellativo di guaritori solo per spillare soldi e quindi lei ha avuto difficoltà a fidarsi!"
L'uomo della tribù capì e gli disse di non preoccuparsi, dopo di che cambiò la fasciatura all'agente e gli disse che il mattino dopo avrebbero potuto lasciare il villaggio.
Mentre si accingeva a sistemargli le bende, Eberuit domandò a Gabriele come mai si fosse messo a correre in mezzo alla foresta amazzonica e l'agente spiegò delle figure che aveva avuto l'impressione di scorgere tra le fronde.
"Beh, non è così insolito da queste parti, capisco però che tu possa esserti allarmato. Probabilmente sarà stata qualche scimmia o un animale di grossa taglia, ma se dici che le fattezze ti parevano umane allora potrebbe trattarsi di un membro di qualche tribù che non ha contatti con l'esterno e magari stava controllando la zona!"
Prima di lasciarlo, però, chiese a tutti gli ospiti della tenda di lasciarli un attimo da soli. Quando tutti furono fuori, il guaritore estrasse dalla tasca il cavallino di legno di Gabriele.
"È caduto dalla tua giacca mentre ti trasportavamo, volevo restituirtelo!" disse Eberuit, "dove hai acquistato questo cimelio se posso chiedertelo? È un oggetto molto antico che si tramandava nella nostra tribù fino a pochi secoli fa, ma difficilmente se ne trovano in vendita, chi ne possiede ancora uno se lo tiene ben stretto!"
"Beh, in realtà non l'ho comprato, mi è stato regalato o meglio è stato tramandato anche a me da parte di mio padre, come ha fatto con lui suo nonno e via dicendo..."
"Allora tu, ragazzo, molto probabilmente hai un po' di sangue della tribù Padassaye nelle tue vene, sii orgoglioso dei tuoi avi che hanno fatto giungere questo oggetto fino a te!"
"Lo sarò, Eberuit, lo sarò!" disse Gabriele, commosso dalla conferma sulle sue origini.
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