Episodio 6.0


Sorgeva un tempo, ai margini di un bosco, una grandissima radura, perennemente immersa in un silenzio quasi d'acquario. Fra le graminacee giallognole, alcune sottili sfumature di tenero verde e brillavano sotto l'esile crosta di rugiada ghiacciata, quasi fossero schegge di smeraldo e zaffiro: piante di fiordaliso. Circondavano tutta la valle, oltre al il verde intenso e ruvido del agrifoglio. Tra questa natura, ancora selvatica, la cosa che saltava per prima agli occhi era una fortezza, non molto estesa in larghezza, ma alquanto slanciata verso l'alto. Le torri, alcune in decadenza, erano di diversa altezza e, dalla giusta prospettiva, la fortezza aveva in tutto e per tutto l'aspetto di una mano. Si racconta che essa fosse sempre rimasta lì fin dall'inizio del Tempo e che fosse stata la dimora di un'importante famiglia che aveva il dominio su tutta la vallata e oltre. Tali voci si mischiarono alla storia che presto divenne leggenda, tant'è che di quella famiglia, non si seppe mai più nulla e qualcuno iniziò a sospettare che le sue ricchezze fossero ancora intatte nella fortezza, in attesa che qualcuno le andasse a recuperare.

"Chiunque riuscirà a prendere anche una sola moneta dalla mano morta erediterà le ricchezze di tutto il reame" si sentiva dire tra la gente di quel regno. In molti ci avevano provato, ma nessuno era mai ritornato vivo da quel castello.

Un gruppo di cinque avventurieri, tutti accomunati dallo spirito d'avventura e l'accaparrare tesori in ogni dove, arrivarono finalmente alle porte del regno in cui si trovava la fortezza. Armati di tutto punto e con mille avventure alle spalle decisero di fermarsi a riposare in una locanda e ascoltarono queste parole per la prima volta. Il più giovane dei cinque, disse:

– Se quello che ho appena udito è vero allora non possiamo non approfittarne, miei compagni. Niente nemici da sconfiggere, niente destrieri da cavalcare, solo una fortezza da espugnare. E da quello che è stato detto questo maniero è abbandonato da generazioni.

– Sagge parole. Mi chiedo solamente come mai nessuno non ci abbia pensato prima... – disse il più forte, mentre affilava la punta del coltello con una coramella.

Già, è assurdo che in un paese rinomato nessuno abbia pensato di prendere tali ricchezze a cielo aperto, – reclamò il più anziano.

– La diceria della gente è pericolosa, può portare le persone a compiere i più crudeli e spietati atti. Non voglio fidarmi di parole lanciate al vento in un posto come questo... – replicò il più saggio.

Ho deciso! – esclamò il più scaltro, – Domani partiremo alla volta di questo maniero e lo osserveremo dall'esterno. Chi pensa che non ci sia pericolo si avventurerà al suo interno, chi invece pensa che ci sia un qualsiasi pericolo allora rimanga all'esterno a coprire le spalle a chi sarà entrato dentro. In questo modo ognuno avrà la sua parte di bottino e nessuno rimarrà a mani vuote.

Dopo questo breve intervento e qualche sguardo titubante gli altri quattro annuirono alle parole dell'avventuriero più scaltro, senza aggiungere nulla al suo discorso e si prepararono per riposare. Ma essi anziché riposare, decisero di meditare quale fosse la strategia migliore per poter accaparrarsi l'intero tesoro. Chi pensava di irrompere per primo, arraffare tutto il possibile e scappare, chi invece pensava di aspettare che qualcun altro facesse il lavoro al suo posto per poi uccidere i propri compagni e proclamarsi re.

L'indomani i cinque partirono per la volta della mano morta, fermandosi a pochi metri dalle sue maestose torri. Un edificio oramai in rovina che un tempo doveva essere simbolo di potenza e magnificenza. Ora solo i corvi e le cornacchie svolazzavano facendovi nido tra le varie finestre e le feritoie.

Tre di loro irruppero nel castello, rompendo con le loro lame e alabarde l'entrata del maniero e iniziarono a guardarsi intorno, dividendosi.

Mobili, soffitti, cassetti, letti. Era tutto sparito, l'intera fortezza era priva di qualsiasi segno di vita umana. Ben presto però, il più anziano, trovò l'entrata della stanza del tesoro, stracolma dell'oro più fino, delle pietre più splendenti e dei forzieri più grandi che nessun uomo abbia mai potuto vedere. A quella vista gli brillarono gli occhi e decise di non rivelare la posizione della stanza agli altri compagni per poter accaparrare il più possibile e tenerlo per sé. Ma ecco che fu colto di sorpresa: il più giovane era già arrivato in quella stanza e si era nascosto proprio dietro un forziere e pugnalò con forza il suo compagno, lasciando il suo corpo accasciato tra quelle ricchezze.
Completamente abbagliato dalla visione di cotante ricchezze, il giovane avventuriero iniziò a prenderne il più possibile, finché la propria bisaccia e le proprie tasche avessero retto il peso. Decise di andare ad avvisare
i suoi due compagni all'esterno, per non destare sospetti, e di mentire loro dicendo di non aver trovato nulla. In questo modo sarebbe potuto ritornare da solo per reclamare il trono e il regno.

Ma non appena si accinse ad uscire fuori notò che la porta del castello era nuovamente intatta, come per magia. Anzi, sembrava la cosa più resistente tra quelle macerie. Mentre si stava ingegnando su come aprire quella porta non si accorse della presenza del suo terzo compagno, il quale, senza troppi scrupoli, colpì il più giovane dietro la nuca con una freccia. Essendo il più scaltro dei tre era rimasto nell'ombra e aveva osservato attentamente i loro movimenti e aveva intuito le intenzioni di entrambi; ora era l'unico sopravvissuto all'interno del castello. Prese quindi tutto l'oro che aveva in tasca il più giovane e lo trasferì nelle sue tasche.

Iniziò a scalfire la porta d'ingresso, chiedendosi da dove fosse apparsa, ma il legno sembrava duro e resistente e i cardini lo erano ancora di più. Era impossibile da aprire e quantomeno da scassinare. Ma l'avventuriero non si perse d'animo ed era sicuro di trovare un'uscita secondaria da qualche parte, a costo di dover spostare pietra su pietra di quel maniero sarebbe uscito da quel posto che stava diventando la sua prigione.

Girava e girava, ma non aveva ancora trovato alcuna via d'uscita. E, come si sa, la cupidigia può essere molto pericolosa, togliendo all'uomo le sue facoltà più elevate. Il più scaltro, che tanto scaltro non era più, credette che l'unico modo per poter uscire da quel castello fosse di gettarsi da una delle finestre, la più bassa. Preso dall'adrenalina e dalla frenesia del momento iniziò a discendere dal castello da una delle finestre, ma ovviamente le mura di quel castello non erano poi così forti e bastò mettere un piede in fallo che egli cadde, mettendo fine alla propria vita e alle proprie speranze.

Nel frattempo gli altri due avventurieri, rimasti fuori, iniziarono ad insospettirsi. In particolare il più forte, non vedendo uscire nessuno dal castello, volle entrare a tutti i costi per controllare che i tre già entrati non si fossero messi d'accordo per darsela a gambe con il tesoro in mano. Quest'ultimo sguainò la spada ed entrò difficoltà, poiché dall'esterno la porta risultava essere sprangata. Ma non appena varcò l'uscio del maniero un grosso masso crollò sulla sua testa, schiacciando con il suo peso il cranio e le ossa del suo corpo. Anch'egli morì all'istante.

A quella vista il più saggio si avvicial suo compagno, volendolo soccorrere. Entrò anch'egli nel castello, nel vano tentativo di spostare le rocce che si erano piombate sul corpo del più forte, ma ahimè, erano irremovibili. Fu solo allora che la Morte decise di palesarsi e gli disse:

Straniero, tu hai vinto la maledizione che aleggiava su questo castello. Tutti i tuoi compagni sono entrati per voler portare indietro qualche ricchezza o per uccidere chi ci fosse riuscito e per questo sono stati condannati. Solo tu hai messo piede al suo interno con l'intenzione di aiutare un tuo amico e per questo potrai far ritorno. L'unica ricchezza che alberga qui sono io.- e detto ciò il suo nero spirito scomparve. Il più saggio, rimasto stupito da quelle parole e non perse tempo ad uscire da quel maledetto castello, se non fosse che uscendo vide un luccichio tra le graminacee: una moneta. Forse era caduta al più scaltro mentre tentava la sua vana discesa. La raccolse e la tenne con sé, facendone il tesoro tanto agognato e mettendo fine alle leggende e alle dicerie sulla fortezza.

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