Episodio 4.2

Yanak iniziò a premere con forza sulla valvola di apertura della porta del proprio ufficio, venendone fuori come poche altre volte e iniziò ad incamminarsi verso la cella di controllo in maniera scattosa, quasi meccanica. La sua andatura di certo non passava inosservata e tutti gli affiliati dell'Armata che si ritrovavano ad incrociare il suo sguardo la salutavano con un profondo cenno del capo, ben consci che qualcosa di grave era accaduta o stava per accadere. Da lontano i pochi sottoposti nella cella di controllo si alzarono i piedi e, non appena videro Yanak entrare la salutarono con voce unanime:

– A noi! Ai posteri! Alla libertà!

– Avete udito tutti il messaggio. Dal mio monitor di controllo ho visto la Descent 2 sorvolare lo spazio neutrale poco tempo fa. Fa'nee, controlli la posizione della Descent 2. Voglio sapere tutto quello che può dirmi, posizione, direzione, velocità di crociera, tutto... – mormorò Yanak, ignorando il saluto.

– Sì, commodoro.

Gli impianti computazionali dell'Armata, sempre per questioni di sicurezza, non utilizzavano alcun OS, ma un sistema di trasmissione telepatico dei dati. Era sufficiente avere degli elettrodi a forma di ventosa inseriti nei polsi e degli impulsi elettrici venivano inviati direttamente al cervello con le informazioni richieste. Ovviamente era necessario anche un cervello tale da poter elaborare una grande mole di informazioni. Fa'nee purtroppo ne era provvista.

Ancora un'interminabile attesa, poi la risposta:

– Descent 2, coordinate 345.21 del settore cinque, spazio neutrale. La nave è operativa e perfettamente integra, viaggia ad un fattore dodici. Questo è quello che riceviamo dalle rilevazioni subspaziali che abbiamo captato. Anche il numero di matricola dello scafo corrisponde.

– Ecco, non mi sbagliavo! – esplose il commodoro con un gesto di stizza, soddisfatta di non essersi trovata dalla parte del torto.

– Perdoni la domanda, signora, ma se la Descent 2 è nello spazio neutrale, chi è stato ad attaccare? – fece un altro dei sottoposti presenti.

– È quello che voglio cercare di scoprire. Avverta gli esperti del settore comunicazione, mandi un messaggio di avviso, la nave distrutta non è la Descent 2, se è possibile bisognerà recuperare parti dello scafo per un controllo o una scansione in realtà aumentata. Lo so che a qualcuno di voi potrà sembrare una perdita di tempo, ma voi sapete che ogni minimo sospetto...

– ...potrebbe essere una minaccia. Agli ordini! – risposero i vari sottoposti in coro con fermezza, come se fosse parte di una tiritera già sentita numerose volte. Una tiritera che non si stancavano di ripetere.

– Fa'nee, nel mio ufficio! – tuonò improvvisamente Yanak.

L'esile figura femminile si alzò dalla propria postazione nella cella di comando e iniziò a seguire il commodoro, rimanendole rispettosamente alle spalle mentre avanzava nei suoi movimenti goffi e impacciati. Non osava sopravanzarle mentre una miriade di oscuri pensieri iniziava ad ottenebrarle la mente. Solo un'altra volta era successo di avere un colloquio personale con il commodoro, il giorno in cui fu reclutata. Nutriva grande rispetto per quella donna.

In realtà entrambe si rispettavano a vicenda, professionalmente e umanamente parlando. Ma il volto rabbuiato di Yanak lasciava presagire che quello che avrebbe ascoltato non sarebbe stato nulla di promettente. Nonostante ciò Fa'nee continuò a tirare dritto, cercando di non far trapelare nulla di ciò che le passava per la mente. Rimaneva apatica, insensibile, come se fosse naturale camminare al suo fianco.

Non appena il commodoro entrò nell'ufficio, si apprestò a schermare con dei campi di forza il finestrone dal quale entrava la luce del Sole, per rendere l'ambiente dell'ufficio compatibile anche con le caratteristiche vitali della sua sottoposta. Quando fece cenno di entrare, Fa'nee iniziò ad accomodarsi ad una sedia fluttuante pochi centimetri da terra.

– No, quello che ho da dirti è molto breve... – gorgogliò Yanak, biascicando quelle parole con le sue labbra pastose.

Fa'nee si scostò, alzandosi dalla sedia e mettendosi in piedi con le braccia conserte davanti al commodoro, rimanendo in silenzio.

– Sappiamo entrambe quanto la tua presenza sia importante per questa colonia e per l'Armata da quando ti ho trovata da sola su Amon-Due, non sto qui a ripetertelo. Ma questa faccenda della Descent 2 somiglia a diverse altre storie che ho già vissuto e che non voglio vivere ancora.

– Non comprendo... – si limitò a contestare la ragazza.

– Una spia, Fa'nee. Ci dev'essere qualche infiltrato della Confraternita tra noi. È molto probabile che sia qui, in questa colonia, dato che ho io il controllo degli attacchi nel settore di Beta-Uno. Chi ha organizzato tutto questo potrebbe aver manomesso i sistemi di controllo remoto di questa colonia per far ricadere la colpa su di me. Vogliono arrivare a me, mi vogliono fuori dai giochi.

Silenzio. Nessuna reazione da parte della giovane ragazza.

– Qualche sospetto? – domandò Yanak alzando il tono di voce, per quanto le fosse possibile.

– Non può pensare che sia stata io, signora. Le ragioni le conosciamo entrambe...

– Non intendevo dire questo.

– E cosa allora? Vuole che l'aiuti a trovare la talpa? Mi ha chiamato per questo? – lasciando trapelare un po' di stizza.

– No. Le indagini le eseguirò io personalmente al mio ritorno.

– Ritorno? Dove sta andando? – iniziò ad incalzare Fa'nee.

– Dove stiamo andando... – la corresse Yanak.

Sempre silenzio.

– Continuo a non capire, commodoro.

– Fa'nee, se qualcuno ti tiene sott'occhio la cosa migliore da fare è agire in maniera assolutamente casuale ed imprevista. Ed è esattamente quello che voglio fare. Nessuno si aspetterebbe che io andassi a controllare di persona la distruzione della Descent 2 su Beta-Uno. Sanno che non potrei viaggiare alla mia età. E anche se la cosa risultasse vera non ho nessuna intenzione di arrivare dopo quelle menti illuminate della Confraternita. Non devono mettere le mani su una nostra nave, sulla mia nave... – balbettò rabbiosa.

– Sempre se sia nostra, fino a prova contraria non è la Descent 2 che è stata distrutta.

– Questo è da vedere.

– Sono anni che lei non viaggia. Il suo corpo potrebbe non reggere.

– Anche questo è da vedere. Non ti ho scelta a caso per accompagnarmi. È arrivato il momento di dimostrare le tue capacità, – si agognò il commodoro, – capisci quello che voglio dire?

Yanak aveva tutte le ragioni per affidare questo compito a qualcun altro e continuare a svolgere le sue normali mansioni. Eppure decise di fidarsi di Fa'nee perché anche lei, a suo tempo, si fidò di Yanak, quando fu salvata dal Massacro dei Mondi, uno dei punti più bassi durante la guerra tra la Confraternita e l'Armata. Fa'nee fu l'unica superstite della sua razza, i Cangianti. La loro particolarità era quella di poter rigenerare le cellule del loro corpo, evitando l'invecchiamento o perlomeno ritardandolo notevolmente. Bastava un po' di energia rigenerativa che veniva rilasciata da una piccola ghiandola all'interno del cervello e il gioco era fatto. Fa'nee aveva potenzialmente la capacità di vivere dieci, cento, mille vite con volti diversi, con atteggiamenti diversi, con conoscenze diverse.

L'unico espediente in grado di poter restituire qualche anno di giovinezza a Yanak era l'energia rigenerativa di Fa'nee. Ne sarebbe bastata una minima quantità per poterle permettere di vedere con i suoi occhi cosa fosse accaduto su Beta-Uno, se davvero si trattava della sua nave.

– Allora?

La ragazza sospirò, tenendo lo sguardo basso sulla punta dei suoi piedi, come se non li avesse mai notati prima, come se fosse la prima volta che li stesse "indossando".

Non portava stivali magnetici o qualsiasi altra cosa che le impedisse il contatto con il freddo metallo. Era sicura che le piacesse quella sensazione fredda, forse perché non aveva mai visto un paio di piedi nelle sue vite precedenti. Erano strani, non si era mai rigenerata in fattezze umane, con due braccia, due gambe, un sottile strato di epidermide. Così debole, ma sicuramente più accettabile tra le truppe dell'armata. Poi i capelli, era la cosa che odiava maggiormente. Le coprivano sempre la vista, dandole particolarmente fastidio. Cercava in tutti i modi di nasconderli con delle toppe o di tagliarli completamente, ma la loro crescita era comunque incontrollabile a causa dell'energia rigenerativa sempre presente in lei. Poteva sembrare una comunissima terrestre, con la sua divisa rossa in tessuto sintetico che cozzava terribilmente con il nero opaco dei suoi occhi.

L'unico suo pensiero in quel momento è che la sua superiora, chi un tempo l'aveva salvata ora le stava chiedendo aiuto. Ora la vita del commodoro era nelle sue mani, ma utilizzare la sua energia rigenerativa su di un altro essere vivente significava perdere una o più vite in futuro. Ma lei era in debito.

Ne sarebbe valsa la pena?

O era davvero giunto il momento di sdebitarsi?

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