capitolo 8



"There's really no way of winning
If in their eyes you'll always be a dumb blonde"



Primavera.
Stagione di risveglio e rinascita, che con la ventata di aria nuova predispone a pensieri leggeri e gioiosi, eccita la volontà, stimola la voglia di fare, toglie la pesantezza e il grigiore dell'inverno, ridona a sguardo e sorriso un qualcosa di fanciullesco.

Giunge a noi con il risveglio della natura, esuberante per la tavolozza inesauribile di colori che conferiscono all'animo una sensazione di pace con sè stessi e tutto il resto. Sia al mattino con i primi raggi del sole che al tramonto quando il cielo si colora di un rosso tenue, la terra è illuminata da fasci di luce che fanno splendere i fiori di terre incolte e quelle nelle quali fanno capolino le tenere foglie delle viti germogliate.

Eppure, quel venti di marzo, Victoria percepì il suo arrivo come diverso. Spalancando le finestre per far entrare luce e l'inebriante profumo di gelsomino, guardare le goccioline di rugiada ai primi raggi del sole, le bianche margherite con l'animo di salutare il giorno e la stagione con la solita silenziosa eccitazione, non provò il solito entusiasmo, niente le apparve invitante. L'aria ed i fiori stessi le sembrarono sbiaditi, spenti, come se mancasse quel frizzo di armonia del creato che risvegliava i sensi e sprofondava il pensiero in visioni di gioiosa vitalità da trasportarla oltre quel lembo di terra fiorita.

Da bambina, era abituata a parlare con gli uccellini nel suo giardino, specie il primo giorno di primavera. Era certa che recepissero pensieri e parole e fossero più sereni vedendo di non essere trattati con indifferenza.
Sua madre le aveva insegnato l'ipersensibilità della natura, l'innocenza che accomunava la bimba smilza con le trecce ed le timide primule nei vasi candidi.

In cuor suo, sapeva il motivo di quel saluto diverso dal solito. Era semplice da notare anche all'esterno, per via del viso smunto, le occhiaie livide ed il pallore esagerato. Se solo qualcuno si fosse preso la briga di aprire la porta della sua camera e frugare sotto il materasso, avrebbe scoperto un mondo tutto nuovo in cui Victoria si era rifugiata, scavando una serie di cunicoli dai quali non riusciva più a trovare la via di uscita.

La bustina che conteneva cocaina era stata ripulita fino all'ultimo granello di polvere, finito anch'esso dentro l'organismo dell'adolescente che giaceva inerme. Osservava dal pavimento il soffitto girare, ritrarsi all'interno di un'infinita spirale creata dall'urto tra le pareti.
Un altro minuto, un ultimo istante speso a contemplare la meraviglia del nulla, poi si sarebbe ricomposta per passare l'ennesimo pomeriggio chiusa nella prigione di specchio a volteggiare nel tentativo di compiacersi.

Era da un po' che usciva dalla struttura a buio inoltrato, seguita dalle imprecazioni dell'impiegato delle pulizie, stufo di dover staccare ad orari improponibili a causa di una ragazzina ossessionata oltremodo con la perfetta riuscita di un passo. Trovava sempre qualche dettaglio sbagliato nella sua esecuzione, nonostante chiunque la seguisse le confermasse ripetutamente quanto fosse insensata quella sadica mania di eccellere.

Scese le scale attirando l'attenzione del fratello, che con la coda dell'occhio la osservò sistemarsi i ciuffi ribelli dietro le orecchie e tirare su con il naso nel tentativo di ricomporsi.
Inaspettatamente, l'adolescente trovò gli altri tre membri della famiglia riuniti attorno al tavolo da pranzo, fatto raro specialmente il sabato mattina, quando di solito i postumi di Atlas erano troppo evidenti e Naomi non si alzava prima delle due di pomeriggio.

"Buongiorno." mugugnò ciabattando verso di loro, strofinandosi un occhio in modo tale da pretendere di essersi svegliata una manciata di minuti prima.
Il fratello la squadrò dall'alto in basso, addentando silenziosamente la fetta di pane bruciacchiata, raffreddatosi da qualche minuto.

"C'è una bella giornata, che ne dite di cenare in barca stasera?" propose innocentemente Nick dopo essersi schiarito la voce ed aver tentato di dosare la giusta quantità di zucchero da versare nel caffè, ma mostrando il fallimento con una smorfia dopo averne preso un sorso.

Victoria sorrise spontaneamente. Spostò lo sguardo sui fratelli, altrettanto sorpresi dallo slancio di paternità del genitore, che con quella proposta sembrava aver dimenticato improvvisamente gli anni di totale distacco dalla famiglia.
Ragionandosi su, sarebbe stato più che ragionevole da parte dei ragazzi rifiutare l'offerta e continuare a condurre le quattro vite separatamente, ma tutti e tre desideravano ardentemente qualcosa che potesse ricordargli cosa volesse dire sentirsi amati.

"È una bella idea papà- disse Naomi spezzando il silenzio, poggiando una mano su quella dell'uomo, sorridendogli mestamente- Vic, potresti passare dopo le prove a prendere qualcosa da portar via al the Wreck."

"Al the Wreck? Dove lavora Kiara Carrera? Non se ne parla proprio." asserì con decisione la più piccola, incrociando le braccia dopo aver bevuto un sorso di caffè.
Sentiva ancora di avere la droga in circolo, e sarebbe bastato un piccolo battibecco per farla scattare, gesto che avrebbe comportato la temibile accensione di un campanello d'allarme da parte del padre.

"Invece io ho proprio voglia di gamberi, quindi credo che ti toccherà fare questo grande sforzo, pulce." ribatté l'uomo, visibilmente soddisfatto e segretamente emozionato della riuscita organizzazione.
Era solito chiamare la figlia minore con quel nomignolo, quando era più piccola, e questa non si sarebbe mai aspettata di risentirlo.

Forse, se fosse riuscita a ricostruire un rapporto con la famiglia e avesse rimesso la testa apposto, sviluppando una relazione sana con Èlias, avrebbe finalmente smesso di prendere tutte quelle sostanze chimiche, tornando a ridere di cuore e stringere i pugni per combattere il desiderio di strillare dalla gioia.

Buffo pensarlo con una dose in corpo.



La pausa pranzo era stata un soffio di vita. L'ombra creata dal maestoso olmo nel giardino dell'accademia riparava i due giovani amanti dai raggi del sole estremamente forti specificatamente durante quel mese dell'anno. Avevano passato un'ora a carezzarsi e leggere poesie su un telo di stoffa blu, lanciandosi i chicchi d'uva l'una nella bocca dell'altro e viceversa, sorridendo ogniqualvolta uno di questi rotolava sulle foglioline bagnate di rugiada.

Ma quella parentesi di tranquillità durò poco.
Si erano ormai fatte le otto e mezza quando Èlias si decise a dare una scrollata alle spalle della compagna, per convincerla a smettere di torturarsi le unghie dopo aver notato un'imprecisione nella presa finale.
Nelle cinque ore precedenti non era volata una singola mosca nella struttura, avvolta nel silenzio e nelle goccioline di sudore che scorrevano sulle fronti dei partner.

"Proviamo un'ultima volta e poi ce ne andiamo, sono sicura che questa verrà perfetta. Vi prego." chiese Victoria dopo aver finito l'ultima stilla d'acqua nella borraccia, avendo captato gli sguardi stanchi della direttrice artistica e del ragazzo.
"È tardi. Sei fisicamente esausta e se lo rifacciamo rimarrai soltanto più delusa, domani mattina veniamo prima di Adèle e sarai degna dell'Opéra." ribatté amabilmente Èlias, togliendosi la canottiera fradicia e lasciandole una pacca sulla spalla.

La ragazza buttò un occhio verso l'orologio, notando effettivamente che se non fosse passata a prendere la cena per tempo il ristorante avrebbe chiuso senza attenderla.
Sbuffò sonoramente e si allontanò dalla sala senza salutare nessuno degli altri due presenti.
Non le piaceva essere contraddetta, me che meno quando la responsabilità della buona riuscita dello spettacolo ricadeva quasi completamente su di lei, considerato il fatto che sarebbe stata messa assolutamente in primo piano.

Frugando nella borsa mentre infilava gli stivaletti dalla punta quadrata si accorse di aver finito l'ultima dose che le era rimasta, e, mordendosi un labbro convinta che si sarebbe presto pentita del gesto, scrisse un messaggio a chi le avrebbe sicuramente offerto un aiuto.

Il the Wreck alle nove di sabato sera era solitamente occupato da tre categorie di persone; adolescenti che sgranocchiavano qualcosa prima di fiondarsi a fumare marijuana sulla spiaggia nel retro e pagavano in contanti, famiglie allegre con bambini che infastidivano il resto dei commensali, ed i tre pogues che aiutavano la figlia dei proprietari a portare i piatti ai tavoli, accaparrandosi di nascosto i dolci più buoni esposti al bancone.

Victoria non era di certo un'habitué del posto, nonostante fosse ampiamente frequentato anche da coloro che abitavano la sua parte di isola. La sola idea di finanziare la versione femminile di JJ Maybank le faceva torcere le budella. Era risaputo che i due fossero particolarmente legati sin dall'infanzia, così come era chiara la cotta ardente che lui aveva per lei. Il che comunque non significava granché, considerando tentasse di flirtare con qualunque essere vivente di sesso femminile gli si presentasse davanti agli occhi.

Tirò un sospiro e tentò di stamparsi un sorriso nel varcare la soglia del ristorante. Si avvicinò alla cassa cercando di non attirare l'attenzione, ma venendo immediatamente bloccata da un risolino familiare. Il biondino appoggiato con un gomito al bancone la squadrava divertito, conoscendo i pregiudizi interiorizzati che nutriva verso quel posto.

"Non dire una parola. Fammi fare l'ordine e non guardarmi in quel modo o butto questo piatto a terra e do la colpa a te." ordinò schiettamente lei con nervosismo, cercando di andare oltre l'espressione compiaciuta del pogue.
"Ahia McClair, questo trattamento da principessina viziata non si addice molto all'immagine di te che mi preghi in ginocchio di regalarti un po' di erba allo Chateau, non credi?" domandò retoricamente lui, leggendo il foglio che la ragazza gli aveva passato e sistemando gli alimenti in sacchetti differenti.

"Oh questo è interessante. Io che prego te per cosa? Immaginare scenari di questo genere non ti aiuterà a riempire i tuoi vuoti Maybank, se ti senti solo fammi uno squillo conosco qualcuna."
I due si sorrisero falsamente, e quando Victoria gli passò la carta di credito, lui la guardò con disprezzo tale da dimostrare lo sdegno che provava nei suoi confronti.

Però oh, come sarebbe stato bello poter sentire il sapore di quelle labbra rosate e poggiarle una mano sulla nuca sentendo il suo flebile tremore dato dall'eccitazione. Era sicuro che fosse estremamente brava nel mostrare apertamente le emozioni di quel tipo.
Ma non sarebbe mai successo. Lei era l'ultima persona sulla faccia della terra disposta ad avere una scopata con un pogue. Con lui, soprattutto.

La guardò di sbieco mentre controllava il contenuto della busta di plastica, notando con apprensione quanto apparisse scarno il suo volto e come non avesse più il solito guizzo furbo negli occhi. Nonostante la disprezzasse, avrebbe volentieri evitato di vederla giacere nelle viottole di Figure Eight con sguardo vacuo. Sapeva riconoscere il volto di un cocainomane, ed odiava dover ammettere a sé stesso che avrebbe desiderato aiutarla.

Victoria uscì dal locale con una smorfia data dalla spiacevole interazione, ma si rallegrò immediatamente alla vista di un pick up grigio ardesia, a cui si avvicinò quasi saltellando.
"Patente e libretto." chiese con finta voce grossa dal finestrino, verso cui Rafe Cameron si girò ad una velocità imbarazzante.
Quest'ultimo fece un lungo sospiro di sollievo non appena si rese conto di avere davanti a sé l'adolescente invece di un agente di polizia, e le aprì la portiera con viso stanco, ricomponendosi nel vederla sorridere.
"Mi hai fatto venire un infarto. Comunque, ti rendi conto di che richiesta mi hai fatto? Fosse una sola dose te la darei pure, ma so che c'è altro sotto Vic." disse il ragazzo, inquietato.

"Rafe, non devi preoccuparti. Non ne faccio uso abitualmente, è solo un periodo particolarmente stressante ed ho bisogno di divertirmi un po'. Ti prego, non fare il genitore, sappiamo entrambi che non ti si addice." rispose con premura lei, guardandolo con occhi speranzosi e carezzandogli una guancia.

Odiava dover assumere un tono così mellifluo solo per ottenere qualcosa. Sapeva di illuderlo con quelle lusinghe, era semplice da manipolare, ma detestava l'agghiacciante consapevolezza di causargli una sofferenza di quel tipo solo per ottenere una misera bustina.
Era quello il modo in cui si sarebbe comportato un tossico dipendente? Quella domanda le balenava in testa da una settimana a quella parte.
Conosceva la risposta, ma non avrebbe mai osato rivelarla ad alta voce, nemmeno a sé stessa.

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