capitolo 5


"Ma io ho smesso di essere una tua vittima, tu non smetterai mai di esserlo
Non ammetterai mai chi sei "



Ballando fin dalla tenera età, si impara piano piano a comprendere che ciò di più importante nella danza non riguarda principalmente la tecnica, ma l'espressività.

Victoria ricordava i pomeriggi passati davanti alla televisione ad osservare con ammirazione le prime ballerine volteggiare con un viso sofferente, e quante volte avesse provato anch'essa ad immaginarsi sopra un palco, a danzare davanti ad un grande pubblico lì seduto solo per lei.

Era questo ciò che più colpiva gli insegnanti che la seguivano; quanto fosse portata nel proiettare nei movimenti ciò che desiderava esprimere.
Osservando oggettivamente tutte le ballerine della compagnia, Victoria non spiccava di certo per tecnica, ma i suoi movimenti fluidi avevano un che di ipnotico che catturavano chiunque.

Il che era più o meno ciò che stava accadendo quel lunedì mattina. La direttrice artistica chiamava in sala un nome dopo l'altro per giudicare e prendere una decisione riguardo chi avrebbe potuto ottenere il posto di punta di diamante della stagione, grazie all'assegnazione del ruolo del cigno.

Non così inaspettatamente, fu la parte del cigno nero che convinse Adèle Roussel a tenere lo sguardo fisso su Victoria dieci secondi in più, che, sorridendo maliziosamente, capì di aver ottenuto ancora una volta ciò che desiderava.

Quella, proprio quella era la sensazione che preferiva. L'adrenalina, il battito accelerato e la consapevolezza di essere stata perfetta, la migliore.

"Indovina chi ha ottenuto la parte?" strillò l'adolescente, saltellando nel bagno all'interno del quale si era rinchiusa per imprimere in testa l'immagine del suo nome scritto accanto a quello di Odette sulla bacheca.

Naomi esultò in risposta, congratulandosi felicemente con la sorella più piccola, ma il respiro affannato tra le parole tradiva il tono che cercava di sembrare tranquillo e pacato.

"Oh ma che stai facendo che hai il fiatone?" continuò Victoria, cercando di capire se nell'ultimo periodo in cui le loro vite erano state due linee parallele, l'adulta le avesse forse nascosto qualcosa di particolare.

"Sto tornando dall'ufficio, è stata una brutta giornata poi ti racconto. Sono fiera di te." disse con fare sincero dato puramente dall'orgoglio che sentiva, e dalla sensazione che quell'evento aveva il potenziale per essere il trampolino di lancio perfetto per allontanarla da un ambiente che l'avrebbe portata ad aggrovigliarsi maggiormente tra i cunicoli nella sua testa.

Quando chiusero la chiamata, Victoria iniziò ad agitarsi. Pestava i piedi per terra e batteva contro la porta, che stava in piedi per miracolo già di per sé. Era incredibilmente arrabbiata per l'incapacità che aveva di essere felice. Era appena riuscita a raggiungere il traguardo che aspettava da settimane, a cui ambivano tante altre sognatrici, che quel giorno sarebbero tornate a casa con una sconfitta in più, eppure, nessuna emozione l'aveva pervasa.

Avrebbe tanto desiderato prendere qualcosa che possedesse la capacità di aiutarla ad amplificare le sensazioni. Il pensiero tornò immediatamente al sabato sera, al piacevole ricordo della mente vuota, libera.
La totale innocenza nel credere di poter essere capace di fare qualunque cosa, anche di scomparire, se solo lo avesse voluto.

Ma non si diventa dipendenti dalle droghe dopo averle provate una volta soltanto.
Quindi Victoria desistette al bramoso desiderio ed accartocciò il pensiero autodistruttivo, scaricandolo in un buio angolino del suo cervello, la cui porta di accesso era però rimasta aperta.

Pensò che forse sarebbe stato il caso scusarsi con Èlias per il comportamento sconsiderato ed immaturo assunto alla festa, considerando anche il fatto che lo avesse lasciato a piedi a notte fonda, ma non credeva di essere capace di reggere un altro confronto quel giorno, quindi appallottolò body e calze nel borsone e sorrise pensando all'ulteriore modo di affrontare i problemi che conosceva.

Sarah Cameron era abile nel nascondere ciò che non voleva venisse scoperto. Con due genitori che, come il novantacinque percento dei kook, tenevano più all'apparenza che a qualsiasi altra cosa, si imparava presto a spostare la polvere sotto il tappeto per non farla notare.
E così buttava le bottiglie di liquori in fondo agli armadi e le copriva con vecchi asciugamani che nessuno sarebbe mai andato a cercare, indi per cui il ritrovo post-delusioni era sempre stata la sua camera da letto, da quando le amiche adolescenti ne avevano memoria.

D'estate erano solite ubriacarsi alle cinque del pomeriggio appena dopo essere tornate dal mare, con i capelli ancora mossi e crespi a causa del sale ed un profumo di libertà addosso, passando la serata con le gambe appoggiate al muro guardando il sole tramontare.
Ma dal giorno in cui Josephine era morta e la vita di Victoria si era spezzata, questa routine era diventata più un modo per scappare dalla realtà che una ragazzata comunemente compiuta da adolescenti bisognosi di rompere qualche regola.

"Mi vuoi dire che sta succedendo o sono diventata soltanto una fornitrice di alcool gratis per te?" domandò Sarah stizzita, dato il voto di silenzio riservatole e l'aria cupa sul viso dell'amica, che non presagiva mai niente di buono.

Dopo aver ricevuto dalla bionda una dozzina di messaggi che richiedevano un disperato aiuto da parte sua, aveva deciso di non metterle ulteriore pressione addosso, ma non era abituata ad un trattamento così freddo. Guardò i profondi occhi azzurri completamente spenti sbattere con velocità, probabilmente nel tentativo di concentrarsi per trovare una risposta esaustiva ad una domanda così complicata.

"Mi hanno presa. Ho realizzato il sogno di una vita che probabilmente mi permetterà di andarmene da questo buco e costruirmi un futuro lontana da tutta la merda che ho addosso." disse Victoria, interrompendosi ogni paio di parole per prendere un sorso di vino bianco un po' troppo pregiato per essere finito in pochi secondi e venire rigettato dopo qualche ora. Sarah sgranò gli occhi e saltò sul posto.

"Ma sei impazzita? È una cosa meravigliosa Tori io non so cosa dire davvero, è-

"No. Non parliamo di me per favore. Ti voglio bene." concluse velocemente la kook appoggiando la testa sulle cosce dell'altra, passandole la bottiglia e sentendo la testa farsi pesante.

Sarah era terribilmente confusa, ma era consapevole che gli sbalzi emotivi fossero normali da parte sua, tanto da portarle a litigare spesso a causa di questo difetto.

"Credo di sapere di cosa tu abbia bisogno. Ti sei persa un paio di cose durante queste settimane mia cara." rispose dolcemente la bionda, prendendo l'altra per mano ed infilandosi il cappotto per affrontare il gelo dell'esterno.

Nel tragitto tra TannyHill ed il Cut parlò ininterrottamente di come Topper si fosse dimostrato non adatto alle aspettative, e di come lo avesse mollato di punto in bianco causandogli probabilmente qualche trauma di cui non si sarebbe liberato. Con foga, raccontò di un certo John B, uno dei disgraziati nemici giurati di suo fratello, rivelatosi inaspettatamente il ragazzo più gentile che avesse mai conosciuto.

Victoria capì al volo che ci fosse qualcosa sotto il sorrisino tiepido e la ciocca di capelli arrotolata attorno al dito, ma evitò di entrare ulteriormente nella questione in quanto sapeva di non essere abbastanza sobria per una conversazione di quel tipo. Storse il naso quando si accorse di essere arrivata davanti ad una catapecchia così disastrata che sembrava fosse sul punto di crollare da un momento all'altro.

"Sul serio, tra tutte le centinaia di persone che conosci su quest'isola, nessun altro avrebbe potuto darci un po' di erba?" domandò la più piccola attraverso un borbottio, facendo un mormorio di dissenso a seguito dell'occhiata gelida che le lanciò quella al volante.

La colpì l'evidente differenza tra il vialetto curato di casa sua e quello su cui stava camminando, contornato da erbacce e fango incrostato, che forse qualcuno si sarebbe dovuto prendere la briga di togliere. Il viso di Sarah stava evidentemente tentando, senza risultati, di nascondere una sorta di eccitazione, tradito dalle gote che le si colorarono di un rosso acceso appena una voce maschile urlò di entrare.

L'interno dell'abitazione era, seppur fosse difficile da immaginare, ridotta in condizioni peggiori dell'esterno, con bottiglie di birra sparse sui mobili, drum finiti all'interno di un posacenere che richiedeva evidentemente di essere svuotato, ed un odore forte di fumo e cannella che inondò le narici di Victoria appena varcò l'ingresso.

"Non credo ai miei occhi. Victoria McClair che si presenta qui, per chiedere erba a dei poveri sfigati come noi? Incredibile." asserì JJ, spuntando da dietro lo stipite della porta di una camera da letto con un sorriso beffardo, felice di potersi finalmente prendere gioco della persona che diceva di sopportare meno sulla faccia della terra.

"Oh mio dio. Sei ufficialmente etichettato come l'insetto più fastidioso della storia, perché continuo a sentire questo ronzio proveniente dalla tua direzione che non mi permette di godere del prezioso habitat naturale che sto scoprendo in questo momento." disse la bionda, provando a non biascicare per non far trapelare lo stato di ebrezza in cui era in quel momento.

"Prendetevi una stanza." sbuffò Kiara Carrera, accendendo un joint ed invitando Sarah, che sembrava essere perfettamente a suo agio, a sedersi al suo fianco.

Kiara era una personalità di certo molto particolare. Nata kook, eletta principessa pogue. Ciò che le interessava meno al mondo erano gli argomenti più in voga tra i giovani ricchi, ed era una dea sulla tavola da surf. I suoi genitori non apprezzavano alcuni comportamenti sconsiderati che assumeva insieme ad i suoi amici pescatori a cui era tanto legata, ma chiudevano sempre un occhio.
Victoria non la sopportava. Le dava l'idea di una di quelle ragazze che considerano tutte le proprie coetanee come vipere e che si sentono come parte integrante di un gruppo di soli maschi. Con la totale consapevolezza dell'infatuazione che tutti avevano per lei.

La kook, sentendosi tradita dall'amica del cuore, si sedette a gambe incrociate sul pavimento, con la schiena appoggiata al divano, sul quale decise di poggiare i gomiti quando iniziò ad avere la vista troppo annebbiata per ribattere, cadendo dritta tra le braccia di Morfeo.

"È ubriaca fradicia- mormorò Sarah ridacchiando, prendendo un lungo tiro dalla canna che le era stata gentilmente offerta- Sinceramente, mi preoccupa un po' in questi giorni. Nel senso, è sempre stata una pazza alcolizzata ma non l'avevo mai vista farsi di allucinogeni."

Gli sguardi dei quattro pogue nella stanza si spostarono verso il corpicino rannicchiato per terra dell'adolescente, cercando di scrutare ciò che teneva nascosto sotto quegli abiti che coprivano una pelle troppo fredda, senza alcun riferimento alla temperatura esterna.

JJ la guardò con premura, poggiandole delicatamente sopra le spalle una coperta di pile, lasciandola nel mondo dei sogni, e domandandosi se lei sapesse di come lui reputasse tremendamente accattivante l'idea di unire le loro labbra in un bacio così lungo da non finire mai.

Pretendeva di odiarla per mascherare questa meravigliosa utopia che aveva cercato di chiudere a chiave in un cassetto da qualche anno a quella parte. Perlomeno inizialmente le battute non erano a sfondo sarcastico, tutte le cattiverie che diceva le pensava. Non poteva sopportare l'idea che una ragazzina viziata lo guardasse dall'alto in basso e lo mettesse in ridicolo vicino ai suoi secondini spocchiosi quanto lei.
Tutto cambiò quando iniziò a captare la tensione che si era creata tra i due, e facendo più attenzione notò la perfezione del suo viso, in particolare dei dettagli nei suoi occhi così come dei lisci capelli che le ricadevano disordinati sulle spalle.

Non si era innamorato. Ancora non riusciva a passare più di mezz'ora nella sua stessa stanza prima di rischiare di arrivare alle mani.
Oh, ma che cotta pesante aveva preso per quella ragazzina viziata.

Quando spense le luci si fermò qualche secondo ad osservare il viso angelico, meravigliosamente triste, che si alzava ed abbassava ad ogni respiro.

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