capitolo 2


"A safe pair of hands."



Il sole si era infilato tra le tapparelle della camera di Victoria troppo presto per i suoi gusti, quel sabato mattina.

Avrebbe volentieri riposato un paio d'ore in più, ma quando apriva gli occhi non vi era modo per richiuderli.

Ne approfittò per infilarsi tra le coperte del letto della sorella, che qualche mese prima avrebbe dovuto trasferirsi altrove per lavoro, ma che date le circostanze per il momento aveva deciso di rimanere a casa e naturalmente tenere la stanza più grande con il materasso più comodo.

Non che i McClair non si potessero permettere due materassi uguali, ma è risaputo dalla notte dei tempi che l'erba del vicino è sempre più verde (o più buona, dipende dai punti di vista).

Passarono dieci minuti a farsi il solletico.
Era piacevole per entrambe passare il tempo insieme.

Ricordavano con particolare gioia un momento della loro infanzia, quando avevano circa sei e quattordici anni, ed avevano passato un intero pomeriggio a colorare e tagliare i capelli alle bambole, che adesso giacevano polverose in soffitta.

Man mano che erano cresciute il loro rapporto si era deteriorato lentamente, probabilmente a causa della differenza di età ed il fatto che non stessero quasi mai insieme, quindi convivere era diventato più difficile.

Si volevano bene comunque, ma parlavano raramente e non si confidavano più.
E Naomi sentiva tutta la responsabilità di ciò sulle proprie spalle.

Sapeva che la vita della sua sorellina stesse andando allo sbaraglio nell'ultimo periodo, ma non aveva idea di come porvi rimedio senza prendere il posto della figura della madre deceduta precocemente, avendo la consapevolezza di come Victoria si sarebbe immediatamente allontanata.

Scesero a fare colazione, trovando Atlas addormentato sul divano ed un biglietto dal padre con scritto di essere uscito presto, più il tavolo da pranzo riempito da una quantità di cibo eccessiva per tre persone.

Caffè e due biscotti di avena era tutto ciò che Victoria poteva permettersi per colazione.
Non mezzo biscotto di più né una bustina di zucchero per rendere i sorsi più dolci.

Il fratello si alzò sbadigliando, per poi sedersi e prendere distrattamente una fetta di pane, su cui spalmò una sostanziale quantità di burro e marmellata.

"Hai ventun'anni e ancora mangi a bocca aperta, che schifo." osservò Victoria mandandogli un'occhiata di disapprovazione.

In risposta, Atlas le si avvicinò ed addentò un altro pezzo, masticando con più euforia.

Naomi gli diede uno scappellotto spostandosi verso di lui e rise dell'espressione di sdegno che le mandò in risposta.

"Nessuno mi rispetta più in questa casa- sbuffò scuotendo la testa- Comunque, mie care sorelline, ho organizzato la festa più bella dell'anno per stasera e la vostra partecipazione sarebbe molto gradita a tutti i presenti."

Victoria ridacchiò per poi annuire, confermando la sua presenza.
Suo fratello era conosciuto per ospitare tra i più memorabili festini che puntualmente si concludevano prima delle tre con il rischio di ricevere una denuncia per disturbo alla quiete pubblica.

"Io ho da fare, ma se riesco faccio un salto" disse Naomi, tormentandosi una ciocca di capelli con un dito.

"Vic, guardami un attimo, se arrivi fatta mi incazzo." la ammonì il fratello, cambiando improvvisamente tono.

Atlas odiava il fatto che la sorella fosse così dipendente da cose come fumo, alcool ed erba.

Lui non aveva mai avuto questo tipo di problemi, era sempre stato impeccabile dal punto di vista della salute.

Non intendeva rovinarsi la vita dietro dipendenze che si sarebbe inevitabilmente portato dietro fino alla vecchiaia.

Conosceva i problemi che caratterizzavano la vita della sorella, ma era convinto che la terapia la potesse aiutare più di un biglietto sola andata per una malattia di qualche tipo.

Quindi ogni volta che vedeva lei fare qualche tiro di troppo, se la prendeva come se pensasse di poterla dissuadere da quelle sostanze in uno schiocco di dita.

Infatti, in risposta, Victoria sbuffò.

"Cristo quanto sei noioso. Goditi un po' di più la vita." borbottò alzandosi dal tavolo e prendendo una borsa appesa sul retro della sedia.

"Ti ho avvertita." concluse Atlas infilandosi la giacca di pelle, probabilmente troppo leggera per quel periodo dell'anno, ed avviandosi ad accendere la moto in giardino.

Lei apprezzava il fatto che qualcuno si preoccupasse così tanto della sua salute, ma stava iniziando a sospettare che ci fosse qualcos'altro sotto.

Indossò le calze trasparenti imprecando quando notò un buco sul polpaccio, riuscendo poi a coprirlo con successo grazie allo smalto trasparente.


Sentì il bisogno di prendere la macchina per andare in spiaggia, e così fece.

Preferiva il mare d'inverno che d'estate.
Con la nebbiolina nell'aria ed il totale silenzio che regna sulla striscia di sabbia che la portavano a passare i pomeriggi a guardare le onde ritrarsi ed infrangersi sulle rocce.

Le ricordavano la sua realtà, fondata su periodi di piena seguiti da profondi periodi di vuoto.

Il surf era qualcosa che l'aveva sempre affascinata.
Nelle Outer Banks era lo sport dei pogues per eccellenza, motivo per cui aveva sempre diffidato dal provare a salire su una di quelle tavole, ma doveva ammettere che le piaceva guardare i biondi con un colorito scuro in qualsiasi mese dell'anno prendere le onde alte senza perdere l'equilibrio.

Il suo pensiero si materializzò.

JJ Maybank in tutto il suo metro ed ottantacinque uscì dall'acqua e sfilò un asciugamano da un borsone, che successivamente prese a passarsi in mezzo ai capelli bagnati.

Gli sguardi dei due si incrociarono di sfuggita.

Quei due si odiavano profondamente.
Oh se si odiavano.

Avete presente il detto "gli opposti si attraggono"?
In questo caso gli opposti si erano respinti, più e più volte.

La famiglia Maybank era conosciuta sin dagli albori come un ammasso di delinquenti con lo stesso sangue, che sarebbero invecchiati come mariti violenti ed alcolizzati senza un soldo in tasca.

E per Victoria il ragazzo non era di certo diverso dai suoi predecessori.
Sin da quando si erano incontrati la prima volta ad una festa in spiaggia all'inizio della loro adolescenza, la mora non aveva esitato a guardare con occhio critico il biondo mingherlino che si ridicolizzava cercando di attaccare bottone con le kooks.

Lui se ne era accorto.
E così era iniziato l'infinito scambiarsi battutine infime a sfondo sessuale, che aveva sancito l'odio tra i due.

"Chi si rivede! Stamattina cosa hai scelto per accompagnarti principessa? Limousine? Un Jet?- domandò ironicamente JJ, avvicinandosi a lei cercando di evitare i sassolini scheggiati che si nascondevano tra i granelli di sabbia- Oh no scusami, avevo dimenticato il tuo vivido interesse per l'inquinamento ambientale."

"Ah-Ah, molto divertente. Non vedo gli altri tre cagnolini, li hai lasciati riposare? Che gentile." gli rispose Victoria appoggiando la testa sul telo e chiudendo gli occhi.

"Non provocarmi, McClair." concluse il biondo leccandosi le labbra e posizionandosi sulle spalle l'asciugamano con cui stava tormentandosi i capelli ormai quasi asciutti. 



Victoria uscì di soppiatto dalla struttura stringendosi la sciarpa di lana al collo e lanciando le punte nell'ingresso, sostituendole con le vecchie scarpe da ginnastica della sorella.

Quella era l'ora della giornata in cui sentiva il bisogno fisico di uscire nel retro a fumare una sigaretta, per tentare di allentare lo stress che la schiacciava.

Aveva provato per la prima volta a tredici anni, quando colse sua sorella sul fatto e la costrinse a farle fare un tiro.
Da lì, sfortunatamente, non aveva più smesso.

Sapeva di fumare troppo ma non le importava più di tanto.
Era solo un altro tassello che si sommava agli altri, che prima o poi l'avrebbero comunque portata ad annegare sotto il loro peso.

Con sua sorpresa, o forse, a pensarci, non più di tanta, trovò il ragazzo francese appoggiato alla sua macchina, intento a provare ad usare un accendino evidentemente rotto.

"Faccio io?" disse con voce roca data da un colpo di tosse trattenuto, mentre teneva un clipper fucsia in una mano.

Lui la ringraziò con un cenno del capo, mentre un filo di vento gli smosse un ciuffo di capelli dagli occhi.

Era terribilmente affascinante, pensò Victoria.
Una di quelle bellezze uniche nel loro genere che difficilmente si dimenticano.

"Fa freddo stasera eh?" le domandò ad un tratto, con un forte accento francese.

Lei tentò di nascondere un sorriso.
Veramente voleva parlare del meteo?

Era una scusa usata principalmente per attaccare bottone, ma lui sembrava così diverso dagli altri.
Superiore.

"Perché sei venuto qui? Nel senso, Parigi è il mondo a cui tutti aspiriamo, di certo non questo buco sperduto nel mondo." disse lei, completamente ignorando la domanda precedente.

Il ragazzo sospirò.

"Ho commesso un errore che potrebbe avermi rovinato la vita."

"Siamo sulla stessa barca allora."

Rimasero in silenzio consumando la winston blue e la marlboro gold fino a quando rimase solo cenere sul marciapiede.

"Non prenderlo come un appuntamento, ma sono arrivato ieri e non conosco nessuno, tranne quella biondina che sbatte velocemente gli occhi, ti dispiacerebbe accompagnarmi a fare un giro domani?" le chiese.

"Non mi dispiacerebbe se fosse un appuntamento- sussurrò lei- Stasera c'è una festa, ti va di venire? Ti passo a prendere."

Il francese annuì, senza dire niente o mostrarsi particolarmente eccitato.

Sorrisero entrambi, ed aspettarono silenziosamente che gli attimi passassero prima di dover rientrare nel reale gelo che caratterizzava la vita di tutti e due.

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