capitolo 13



L'odore che pervadeva la stanza era pungente, l'alcol che usciva dalle bocche degli adolescenti si mescolava armoniosamente con le varie fragranze dei profumi che li ricoprivano e rendeva quasi salubre l'aria nitida. Ma passo dopo passo la pressione che schiacciava il suo corpo, di cui non riusciva a comprendere le dimensioni di fronte alla grandezza del luogo ed il restringersi ed allargarsi dei polpastrelli, si faceva sempre più greve.

Sentiva pulsare da qualche parte sul petto, non riuscendo con precisione ad indicarne la posizione, ma cercando disperatamente aiuto da qualche viso, che non arrivò. Il sangue scorreva, lo percepiva dalle dita resosi appiccicose dopo aver toccato un punto indefinito, e dal liquido che sentiva ormai arrivare fino alle cosce. Sembrava che non ci fossero volti disposti a porgere aiuto ad una figura tanto indifesa, quella notte. Se solo qualcuno si fosse soffermato a porre uno sguardo su chi gli stesse passando di fianco, l'isola di Kildare conterebbe un morto in meno.








"In a little while from now
If I'm not feeling any less sour
I promise myself to treat myself
And visit a nearby tower"





Difficile, guarire. Rimettere insieme i pezzi di un'anima fragile, disfatta. Farlo da soli oltretutto? Un gesto tendente all'impossibile. Eppure, Victoria McClair era riuscita a disintossicarsi. Di fronte agli occhi increduli dei vicini in camicia e gonnelline da tennis, era tornata a casa con un paio di occhiaie non indifferenti ma con la speranza di non perdere tutte le preziose connessioni neurali rimastole.

L'adolescente continuò a sentirsi un fantasma intrappolato in mezzo ad una ferrovia, chiedente informazioni per treni deragliati tempo addietro. Invisibili, al resto del mondo, che continuava a percepire come infinitamente lontano. Ma sentiva di dovere qualcosa alla parte di sé che era deceduta quella sera di maggio. Si rimboccò le maniche e cercò di ricostruire ciò che aveva distrutto con le sue stesse mani attraverso i mesi divorati dalla dipendenza.

Il lucida labbra appiccicaticcio sulle dita usate per spalmarlo, l'odore stantio di sigaretta ormai assestatosi sulle ciocche bionde di capelli fermati dietro le orecchie, il sentore di una qualche costosa fragranza floreale che lasciava dietro di sé ad ogni passo la rendevano reale. Reale. Victoria era, reale. Se ne accorgeva ogni tanto, quando si fermava a contare i respiri e la loro sincronizzazione con i battiti cardiaci. Sorrideva ultimamente, i lati della bocca inarcati verso l'altro indicavano la ricerca disperata di equilibrio nella vita che cercava di tenere insieme. C'era davvero una via d'uscita da tutto quell'immenso dolore? O sarebbe stata destinata a vagare vorticosamente per la ferrovia nel tentativo di trovare una via di scampo, senza mai riuscire ad afferrare la maniglia di una carrozza?

La luce della luna nelle notti senza stelle sembrava rendere incantato tutto ciò su cui posava lo sguardo, pensava la bionda allo scoccare dell'una di una sera di luglio, fumando una sigaretta poggiata alla balaustra sul balconcino. In quell'istante, la vibrazione del cellulare la distrasse dall'idilliaca immagine, ponendola di fronte ad un peculiare interrogativo. Sarah, per l'ennesima volta, le chiedeva di passare la nottata con il gruppo di pogues che meno tollerava in mezzo alla porzione opposta di isola. Ma qualcosa le era scattato all'interno, da un po' aveva iniziato a domandarsi se quel gruppo di ragazzi non rappresentasse effettivamente un modo per fuggire dalla soffocante quotidianità che la Cameron tanto contestava. A mali estremi, avrebbe avuto l'opportunità di inalare il fumo di una canna in modo passivo e tornare a casa.

Aspettò l'arrivo del passaggio trepidante davanti la porta d'ingresso, sentendo fresco sulle gambe nude coperte unicamente da un paio di jorts dimenticati nel suo armadio da Èlias. Ne sentiva la mancanza qualche volta, del suo tatto delicato e del corpo esile cui si avvinghiava armonicamente. O forse era semplicemente carenza di attenzione maschile? Sin dall'inizio dell'adolescenza si era abituata ad usufruire di svariati spasimanti, affiancandosi a tali presenze, positive o dannose che fossero, non accontentandosi mai del primo viscido che le capitasse davanti. O meglio, quasi mai. Aveva avuto modo di imparare la lezione a proprie spese anni addietro, all'alba dell'adolescenza, forgiando un ricordo che ancora la tormentava.

Un furgoncino semidistrutto sgommò per fermarsi di fronte la porta d'ingresso della villa dei McClair, cozzando con essa in modo piuttosto irridente. La ragazza scrisse un messaggio veloce al fratello per non destare preoccupazioni, e salì sul mezzo. "Fa piacere non vederti sottoterra." asserì JJ rompendo il ghiaccio, alzando per pochi istanti lo sguardo dal joint che rollava con disinvoltura. Kiara strabuzzò gli occhi imbarazzata e gli tirò una gomitata piuttosto vigorosa. "JJ!" esclamò. Victoria ridacchiò facendo segno di lasciar perdere con una mano. "Oh sta tranquilla, e Maybank, parlando da una cerebrolesa ad un altro, io invece non vedo l'ora di vedere le tue connessioni bruciare." Fortunatamente la battuta portò a risatine tra i componenti del gruppo, creando un'atmosfera piacevole, tranquilla.

Il fuoco del falò scoppiettava, catalizzando tutta l'attenzione della kook, tanto affascinata dalle fiamme, fatte di contrasto tra un giallo pallido ed il preminente rosso scuro, da non considerare neanche per un istante la bottiglia di vino bianco che girava tra le mani dei ragazzi. Ascoltava le conversazioni senza prenderne parte, riuscendo a captare mormorii tra i due biondi innamorati, battibecchi tra i due ragazzi ed un sommesso ridacchiare da parte della riccia. Fu proprio lei la prima a girarsi in modo da parlarle. "Non ho mai capito perché fai tanto la stronza con noi. Sei molto più intelligente di quei decerebrati che frequenti." le disse, tramutando improvvisamente l'espressione da gioviale ad austera. Victoria alzò gli occhi al cielo. "Non credo di aver mai odiato nessuno di voi. Forse Maybank quando fece una battuta sgradevole su mia sorella qualche anno fa, ma in generale è sempre stato fastidio più che odio vero e proprio- borbottò prendendo una Chesterfield dal pacchetto- E so che possa apparire irritante, ma devo ammettere di avervi sempre considerato piuttosto al di sotto del livello dei kook, nonostante sia solo un pregiudizio al quale mi sono accodata. Va bene, ammetto che detto ad alta voce sembri altamente stupido."

Kiara scosse la testa inclinando l'estremità delle labbra verso l'alto. "Capisco ciò che intendi. Credo sia normale per i kook pensarla così, alla fine è ciò che ti abituano a credere, no?- l'altra annuì- Però sono assolutamente seria quando dico che la vita è tutta un'altra cosa vissuta da questa parte Victoria. E comunque, dispiace anche a me per averti giudicata subito. Hai vissuto una moltitudine di cose orribili e mi sarebbe piaciuto darti una mano prima. Ma potremmo rimediare, per Dio, ci sarà pur qualcosa che ci accomuna."

Risero, entrambe. Ed entrambe presero un tiro dalle sigarette di marche differenti, guardandosi mentre espiravano. "Sì, potrebbe esserci qualche possibilità." concordò la bionda. E lo pensava davvero. Non si aspettava parole tanto sentite da una semi-sconosciuta, con cui aveva condiviso unicamente asilo ed occhiate fulminee ai festini delle medie. Si compiacque di aver accettato l'invito quella sera.

Girando lo sguardo riuscì a scorgere per un centesimo di secondo un paio di occhi azzurri che le si erano appiccicati addosso, riuscendo a staccarsi giusto in tempo. O almeno così credeva JJ. "Ha radicalmente cambiato atteggiamento verso di te sai? So che può sembrare un cretino ma sotto c'è molto di più, un po' come sotto la corazza di ragazzina viziata che tiene alta Sarah si cela un dolce angioletto sensibile." ammise Kiara, avendo prestato attenzione alla breve interazione. Victoria annuì nuovamente, sentendo di aver tradito tutti i principi morali su cui aveva basato la propria vita, ma provando piacere. Era piacevole creare legami e sentirsi libera di essere scalza in mezzo alla terra osservando un paio di addominali che riusciva a scorgere grazie ad un bottone della camicia sganciato.

Passarono il tempo a parlottare per conoscersi, arrivando a comprendere di avere le stesse passioni per musica, tatuaggi, e ragazzi dagli occhi senz'anima. Si fece l'alba, immensa da guardare dalla riva della palude, seduti su una barca con indosso una felpa appartenente al proprietario di casa. Fu emozionante. Tanto quanto rendersi conto di riuscire a sentire qualcosa senza aver bisogno di alcuna sostanza. Era la prima volta dalla disintossicazione che la kook faceva esperienza di questo sentimento. Si sentì, metaforicamente, piena. Non era ben sicura di cosa fosse in particolare ad avvolgerla con così tanto calore, ma le venne naturale sorridere.

"Sarah! Ed io come dovrei tornare a casa?" esclamò infastidita la bionda, dopo aver compreso l'intenzione dell'amica di rimanere a dormire nell'abitazione del fidanzato. Kiara e Pope alzarono le mani, facendo intendere di voler anch'essi restare a pisolare sulle amache all'esterno della catapecchia. "Io vengo verso le tue parti per finire un lavoretto, se vuoi ti posso dare uno strappo." propose JJ, stropicciandosi un occhio per la stanchezza. Victoria, invece, li spalancò, sentendosi oltremodo indignata per quella proposta. Poteva accontentarsi di una notte a parlare nel suo stesso luogo ma salire sul suo mezzo avrebbe rappresentato una sorta di affronto personale e diretto. "Ti ringrazio per la proposta Maybank, ma non salirei su una moto, un'automobile o una bicicletta guidata da te neanche se servisse a salvarmi la vita."

In risposta, lui alzò definitivamente lo sguardo, ed i due si squadrarono con aria disgustata, cercando di scrutare negli occhi azzurri una qualsiasi risposta alle migliaia di domande che si aggiravano nelle due menti cresciute troppo in fretta. Erano entrambi tormentati, ma non è risaputo che il danno attira danni?

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