4.

Se all'inferno ci fossero state delle temperature,  sicuramente sarebbero state così alte da bruciare la pelle. E quella ferita bruciava così; sentiva un dolore immane a ogni movimento, ogni piccolo sforzo che compiva delle piccole gocce di sangue fuoriuscivano  e andavano a impregnare il marciapiede. Zoppicava, riusciva a trascinare solo il piede e se lo avesse alzato avrebbe sentito ogni muscolo colpito tirarsi e strapparsi.
Era sicuro che il proiettile fosse all'interno e non poteva fare nulla, se non andare il più lontano da lì.
Quelli se n'erano andati da un pezzo, l'avevano rimasto lì da solo a soffrire come un cane.
《maledizione.》
Ringhió il ragazzo, portandosi una mano sulla coscia; ancora bruciore che lo faceva ringhiare.
Era un animale, da solo mentre non c'era nessuna anima viva per di là che stava passando.
Non poteva chiamare soccorsi, avrebbero subito avvisato suo padre. Non poteva chiamare sua madre.
Ansimó velocemente, portando una spalla contro il muro e lasciandosi cadere lungo il marciapiede.
Stava perdendo troppo sangue e con esso anche il senso dell'orientamento.
Non sapeva dove si trovasse e, l'unico che poteva chiamare era Ryan.
Prese il cellulare e iniziò a digitare sullo schermo il suo numero, velocemente e con le dita sporche di quel liquido rosso.
Ormai ne era pregno.
Sentiva il respiro affannato e le gocce di sudore mescolarsi con il sangue.
《dai, rispondi.》
Sibiló.

Dopo due squilli andati a vuoto, finalmente al terzo rispose.
Dalla voce rauca e bassa, riuscì immediatamente a capire che l'altro stesse dormendo.
《Finnegan ?》

《Cazzo, ci voleva tanto a rispondere?》
Sospirò lui, buttando la testa contro il muro e socchiudendo gli occhi.

《A quest'ora le persone normali dormono, sai.》
La risposta dell'altro gli fece storcere le labbra.
Non era proprio il momento di scherzare.

《Mi serve una mano. Hai l'auto?》
Mormorò Finnegan, stringendo i denti.
Voleva andarsene immediatamente via da lì.
Dall'altro capo del telefono, sentí uno spostamento, simile a un fruscio, e un sospiro. Aveva subito capito che fosse nei guai.
《Dove sei ?》

Gli occhi del ragazzo si aprirono, prima puntarono sulla destra e poi sulla sinistra; non riusciva proprio a capire un cazzo in quel momento.
Il dolore che provava era così forte che aveva offuscato la sua lucidità mentale.
《Ti mando la posizione. Fai presto.》

Passarono un paio di minuti prima che un'auto nera su accostò davanti a lui, a fianco del marciapiede, e da esse scese il suo amico.
Bryan era lì.
Lo stava guardando con occhi sgranati e il respiro affannato.
《Che cazzo è successo ?》
I capelli in disordine e il fatto che avesse ancora addosso la maglietta del pigiama di pile, al di sotto del cappotto lungo, gli fece capire che fosse partito di fretta.
Ecco perché si fidava di lui, c'era sempre.
Subito gli si avvicinò, allarmandosi quando lo sguardo cadde sulla sua gamba, lo raccolse da terra e gli avvolse il braccio intorno al fianco, aspettando che si appoggiasse a lui.
《Dio, devo riportarti a casa.》
Il suo tono di voce era grave, afferrò la maniglia della portiera e lo aiutò a sedersi sul sedile.

《No!》
Ringhió categorico Finnegan.
《Andiamo da te, ti spiego tutto. Ma prima, aiutami con questa ferita.》

Erano rientrati come i ladri, a casa sua.
In silenzio, o almeno per quanto potevano. A quell'ora, i genitori dell'altro dormivano profondamente.
Subito, con lui sotto braccio, lo condusse nel bagno; ormai aveva i piedi che gli bruciavano e la gamba gli faceva male più di prima.
Lo fece accomodare sul bordo della vasca e iniziò a rovistare velocemente dentro a dei cassetti, da cui tirò una di quelle scatole in lata da pronto soccorso.
Intanto, riuscì a sbottonarsi i pantaloni e a toglierli, per controllare lo stato della ferita; il rosso vivo del sangue gli aveva impregnato metà gamba e, sul foro d'entrata, c'era sangue più scuro.

《Ora dimmi cos'è successo.》
Sussurrò l'altro, prendendo garze e disinfettante.

《Quelli non bastano, dobbiamo estrarre prima il proiettile.》
La voce di Finnegan era profonda; stava evitando, di proposito, la sua domanda.
Poi l'altro sgranó gli occhi.
Non gli era mai capitato una situazione del genere e non era quel tipo di persona che andava in giro a tirare fuori i proiettili dai corpi degli altri.

《Non fare domande. Muoviti.》
Dalla scatola di latta, Ryan recuperó un paio di pinze chirurgiche; non si chiese perché a casa di un avvocato ci fossero degli strumenti che in genere usavano i dottori e non gli interessava in quel momento tanto quanto gli interessava tappare quella maledetta ferita.

L'altro, infatti, si avvicinò a lui, si piegò davanti alle sue gambe e iniziò a maneggiare con l'arnese all'interno della ferita. Ormai il dolore era quasi diventato sopportabile, stringeva solo i denti.
Sentí un "clack" e la carne spostarsi, permettendo all'altro di tirare fuori la parte di proiettile.

Gli occhi di entrambi caddero su quel pezzo di ferro che sembrava un grumulo di sangue, Ryan lasció cadere le pinze sul pavimento con un clagore metallico e si allontanò velocemente verso il water.
Lo sentí rigettare.
Finnegan fece un sospiro e si appoggiò con le dita alla vasca:《quando hai finito, aiutami con le garze.》
allungò le dita verso il disinfettante, che versò su dell'ovatta e si tamponò la ferita.
Ormai bruciava solo.
Prese le garze e se le avvolse intorno alla gamba, strette, sicuro che non potessero sciogliersi.

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