2.
Aveva dormito sì e no un paio d'ore, la luce del mattino si infranse direttamente sul suo viso e storse il naso, aprendo gli occhi.
Era stata una nottata di merda.
Si tirò a sedere al centro del letto e recuperò il cellulare.
Aveva ancora il messaggio di Ryan da leggere.
Gli aveva inviato la foto di una chat con una ragazza, con sotto scritto:"guarda che porca sto rimorchiando."
Lesse velocemente la chat, piena di battute a doppio senso e scambi di qualsiasi tipo.
La cosa gli fece scuotere la testa; Ryan non era un tipo con la testa sulla spalle, per lui un buco bastava per renderlo cieco davanti alla realtà.
E quindi doveva sempre intervenire per farlo rinsavire un po' e portarlo con i piedi sulla terra.
Digitò velocemente la risposta:"sarà l'ennesima troia che ti vuole fottere i soldi." E inviò, bloccando il cellulare e gettando la testa tra i cuscini.
Anche il suo migliore amico, così come lui, aveva un padre molto ricco e prestigioso.
Lavorava proprio come avvocato e al fianco di suo padre, non si faceva scappare proprio nulla il vecchio.
《Cristo.》
Sussurrò riaprendo gli occhi in un colpo, scendendo dal letto e recuperando velocemente i vestiti da terra.
Stava per dimenticare l'appuntamento con sua madre.
Indossando la camicia, si accorse che questa fosse macchiata di sangue.
Quel fottuto animale, gli aveva rovinato una delle camicie più costose che aveva; le macchie di sangue erano difficili da togliere e lui lo sapeva benissimo.
Sbuffó, gettandola sul letto sfatto e si diede un'occhiata veloce allo specchio longilineo appoggiato alla parete opposta; portò le dita sul viso, il taglio sul labbro era troppo visibile, marcato e ancora rosso.
Doveva coprirlo.
Aprì l'armadio e raccolse una felpa da indossare.
Poi si avvicinò alla porta, la aprì e cacciò fuori la testa, guardando sia a destra che a sinistra.
La casa era avvolta in un silenzio tombale; non c'era movimento, forse era ancora troppo presto oppure lui aveva le allucinazioni a causa della mancanza di sonno.
Si infilò nel primo bagno che trovò; lì sua madre aveva trucchi e cose varie.
Avrebbero dovuto coprire un po' quel disastro.
Un conto era suo padre, ma non avrebbe retto lo sguardo deluso di sua madre se lo avesse visto in quelle condizioni.
Sarebbe stato troppo anche per lui.
《Fondotinta.》
Lesse il sul piccolo tubicino, corrugando lo sguardo attento; non utilizzava quelle cose, ma sapeva che fosse per coprire le imperfezioni.
《Dio, che cosa mi tocca fare.》
Sussurrò a sé stesso, lasciandosi cadere qualche goccia del prodotto sul dorso della mano e recuperando un po' con le dita dell'altra, poi si guardò allo specchio, guardando il tagliò, e tamponò il prodotto sulla ferita.
Bruciava e la cosa gli fece storcere anche le labbra, ma continuò a tamponare finò a che non riuscì a coprire tutto e il colore divenne omogeneo a quello della sua pelle.
《Finnegan.》
La voce di sua madre lo riscosse dai pensieri.
Già era al piano di sotto, già pronta probabilmente.
Aveva fatto male i calcoli; entrambi i suoi erano svegli.
Lanciò un'occhiata all'orologio che aveva sul polso.
Erano solo le dieci e mezzo di mattino.
Si aggiustò la felpa e scese al piano inferiore, trovò la donna seduta in salotto già agghindata e con i capelli perfetti come sempre.
Lei era completamente diversa da suo padre.
Più dolce, più apprensiva, i tratti delicati come quelli di una bambina e nessuna ruga nonostante l'età che aveva.
Era come se si fosse fermato il tempo per lei.
Una perenne fanciulla delicata, con il sorriso dolce e sempre preparata.
La donna aveva i capelli biondi lunghi fin sopra le spalle, sempre in ordine e gli occhi color nocciola.
《Sei già pronta.》
Non era una domanda.
Infilò le mani nelle tasche della felpa e si strinse nelle spalle.
Lo aveva notato lo sguardo di lei, sapeva già tutto.
《Andiamo.》
Ruppe ancora una volta il silenzio, girò i tacchi e prese il mazzo di chiavi dell'auto dall'ingresso.
Sentí la donna spostarsi dal divano, i suoi passi delicati battere sul parquet e raggiungerlo in un batter d'occhio.
Sapeva che lei volesse delle risposte; delle risposte che non avrebbe mai voluto sentire.
Sentiva lo stomaco torcersi al solo pensiero.
Se sua madre avesse scoperto tutto, se solo avesse saputo.
Tanti se.
Tante domande senza risposta.
Era meglio farla restare all'oscuro da quel mondo di merda in cui viveva.
La donna fece un mezzo sorriso, o almeno così gli parve che fosse, e uscì insieme a lui.
Il viaggio in auto fu breve, aveva seguito tutte le indicazioni di sua madre; non immaginava che lì, proprio dietro casa loro, ci fosse una galleria d'arte che mostrava principalmente foto.
Cosa che a lui non interessava. Non gli piaceva l'arte, non faceva per lui.
Ma avrebbe fatto di tutto per rendere felice la donna, nonostante non avrebbe mai ammesso ad alta voce.
《Lui è un aspirante fotografo.
Molto bravo, nonostante sia alle prime armi.》
Gli disse lei, il moro intanto annuiva distrattamente con la testa tra le nuvole mentre aveva le mani affondate nelle tasche della felpa.
Stavano passeggiando lungo il corridoio della galleria; sui muri,erano appesi tanti quadri e con fotografie che ritraevano una serie di soggetti diversi: da un semplice filo d'erba -con una leggera brina colpita dal sole che creava un gioco di luci, quasi un arcobaleno- ritratto contro luce e zommato al punto tale che dava l'impressione di essere qualcos'altro a una persona che sorrideva, in una foto bianco e nero, da vicino.
Le lentiggini erano spruzzate su tutto il viso e, l'assenza di rughe e la luce nei suoi occhi, pensó che avesse più o meno dieci anni.
Sua madre si fermó proprio davanti quel quadro, dalla cornice più grossa rispetto a quello degli altri.
Lo guardò attentamente, piegando la testa prima sulla sinistra, poi sulla destra e infine la mise dritta.
《Secondo me questo starebbe molto bene sul camino del salone.》
Constatò, poi lesse il nome in piccolo, proprio sulla targhetta in metallo apposta sotto il quadro.
《Noah Cooper.》
《Sono proprio io.》
Una voce, alle loro spalle, fece immediatamente girare i due.
Vide la donna, con la coda dell'occhio, sussultare al suo fianco dallo spavento.
Finnegan osservò il ragazzo, accostato alla finestra con le braccia conserte. Lo squadrò fin troppo a lungo: capelli biondi tirati all'indietro, nemmeno un filo fuori posto, vestito con una polo bianca anonima e un paio di jeans a vita alta. Ma, a colpirlo di più, fu il colore dei suoi occhi: di un azzurro così chiaro e vivo, come quel filo d'erba impresso nel quadro.
《È una foto interessante.》
Disse la donna.
Finnegan, a quel punto, intrecció le braccia al petto, osservando lo scambio di battute tra i due.
Noah, dopo aver parlato con la donna, spostò lo sguardo verso di lui e lo guardò come se stesse squadrando un nuovo soggetto da fotografare; lo sguardo andò dalla testa ai piedi.
Lo guardava con interesse.
《Potresti farmi da modello, sai ?》
Il moro corrugó lo sguardo, non si sarebbe mai aspettato un commento del genere.
Non rispose; però una cosa era sicura...non avrebbe mai fatto da modello a nessuno.
Poi sua madre decise di acquistarlo.
《avresti dovuto accettare quell'offerta, sai ?》
《Mh ? Queste cose non fanno per me, lo sai mamma.》
Non era nato per fare il fotomodello, o qualsiasi altra cosa fosse. Lo faceva irritare l'idea che la sua faccia fosse esposta in una galleria anonima alla vista di tutti.
Quando rientrarono a casa si fece sera, la donna lo aveva fatto fermare in un paio di posti in città per sbrigare un paio di commissioni, a detta di lei, che però si erano rivelate più di un paio.
Aveva anche lui delle cose da sbrigare, gettò uno sguardo a sua madre.
《Devo incontrare Ryan.》
Lei non lo aveva nemmeno guardato; sembrava essere troppo stanca per badare a quelle cose, non ribattè nemmeno che si sfilò le scarpe e si andò a mettere sdraiata sul divano.
《Vedi di non fare troppo tardi.》
Poi lui corse al piano di sopra; cercó tra i cassetti ed estrasse i soldi, infilandoli nelle tasche.
Poi si guardò allo specchio; il labbro spaccato era ancora ben coperto dal fondotinta, sua madre non si era accorta di niente.
Prese il cellulare e guardò l'ora; erano le nove e mezzo.
Fece un sospiro e scese di nuovo le scale, uscendo fuori casa.
Avrebbe saldato quel debito.
Come aveva fatto ogni volta, d'altronde.
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