Capitolo 9
SHAWN
Distolsi lo sguardo dal punto in cui avevo perso di vista Camila dopo un tempo indefinito, non riuscivo ancora a credere a ciò che era appena successo nella mia macchina.
Le sue parole rimbombavano nei meandri dei miei lobi cerebrali e si incastonavano tra gli assoni dei miei neuroni indelebilmente.
"Ti senti meno viscido"
Quell'affermazione gettata così, all'aria, in un momento di rabbia racchiudeva in sé il mio più grande segreto, quello per il quale non riuscivo quasi piu a guardarmi allo specchio.
Era vero.
Il pensiero che Madison avesse fatto una serie di cazzate nella sua vita, alleggeriva un po' il mio groppone, mi faceva sentire che non ero l'unica pecora nera nella mia famiglia, ma in realtà questo mi rendeva più rivoltante degli errori che avevo materialmente commesso.
Giunto a casa mi resi conto di essere solo, i miei non c'erano.
Probabilmente mia madre aveva insistito per andare in spiaggia; lei stava affrontando il lutto in maniera diametralmente opposta alla mia, mentre io non riuscivo a contemplare l'idea di vedere quel luogo neanche in foto, lei passava la stragrande maggioranza del suo tempo lì.
Era stata proprio lei a pretendere il mio ritorno definitivo.
-Resta- disse perentoria.
-Mamma io lo vorrei- le risposi - però devo pagare il prezzo delle mie azioni-
Lei si girò tra le lacrime verso mio padre.
-Logan lui deve restare. Ho permesso il trasferimento un anno fa, ma le cose erano diverse-
Mio padre rimase attonito per un istante, fissando intensamente le iridi scure di mia madre, poi annuì.
-Resta Shawn- disse piano lui- dobbiamo essere uniti per affrontare ciò che verrà-
Così fui ritirato dal collegio e riscritto alla New White High School.
Salii al piano superiore intento a raggiungere il prima possibile la mia camera, ma passando notai la stanza prima della mia aperta e mi attrasse come un pezzo di metallo al cospetto di una calamita.
Erano giorni che quella porta era chiusa a chiave quindi mi stranii nel vederla accessibile, ma subito a quel senso di stupore si sostituì emozione pura.
Quella stanza era rimasta esattamente uguale a come la ricordavo: le tende erano color crema, così come la piccola poltroncina di fianco al letto, l'armadio a specchio rifletteva la scrivania in arte povera e quell'odore, il suo odore era onnipresente in ogni centimetro quadro.
Una morsa mi strinse il petto e le lacrime affluirono copiose sui miei occhi, ogni angolo di quella stanza urlava il suo nome, urlava Madison.
Iniziai a misurare lo spazio a grandi passi, accarezzai la piega del letto, mi sedetti alla scrivania e mi accoccolai sul legno duro.
Iniziai a riversare il contenuto dei miei dotti lacrimali copiosamente, tentando invano di allentare quel pugno che stringeva il mio petto, ma sembrava che quella pressione mi si fosse inficcata nell'energia vitale irrimediabilmente.
I miei polmoni ardevano, era come se mi fossi fumato tre pacchetti di sigarette di seguito; strinsi i pugni e un rantolo uscì dalle mie labbra, sembrava il verso di un animale ferito.
La commistione del peso della perdita e della colpa, che sentivo a causa dei miei pensieri su Madison, mi stava polverizzando.
Iniziai a sbracciarmi su quel legno duro, non riuscivo a restare fermo in quella pressione e feci involontariamente cadere l'agenda di Madison.
Mi alzai controvoglia per raccoglierla, ma non potevo lasciarla a terra, quella era la stanza di Madison e lei era sempre stata una fanatica dell'ordine, lo dovevo alla sua memoria.
Sorrisi ripensando a tutte le volte in cui mi aveva cazziato per la mia stanza.
-Sei un maiale- esordì una volta entrando in camera mia.
-Buongiorno anche a te sorellina-
Lei sbuffo e si sedette sulla sedia dinnanzi alla mia scrivania.
-Un giorno mi spiegherai come fai a vivere in questo casino-
Io risi di gusto.
-Andiamo-dissi - ho solo lasciato qualche indumento qua e là e qualche libro-
Lei mi guardò con un sopracciglio alzato e passò un dito sulla mia scrivania mostrandomi la polvere.
-Chiamalo solo disordine- mi disse disgustata- se vuoi sguazzare nel tuo sudiciume come i maiali fa pure, sono scelte di vita-
-Sei proprio una rompipalle- le dissi sbuffando.
All'epoca mi scocciavano quelle attenzioni, ora come ora invece avrei dato qualunque cosa per una cazziata di Madison.
Mi chinai per raccogliere l'agenda e i diversi foglietti che si erano sparsi sul pavimento e mi gelai; su uno di quei pezzi di carta volanti, c'era scritto il nome di colui che personificava uno degli errori più grandi della mia vita.
Presi quel foglio in mano e corsi nella mia stanza, accesi il mio computer e dopo mesi e mesi, entrai nella mia posta.
In quell'istante il colore abbandonò completamente il mio volto, un senso di gelo mi invase e la pressione sulle mie spalle crebbe esponenzialmente.
***
L'indomani tornai per la prima volta alla New Withe High School.
La scuola si ergeva imponente al limitare del bosco, esattamente come la ricordavo, non era cambiato nulla: il viale d'accesso, il nome scritto a caratteri cubitali prima di giungere a destinazione, il parcheggio ampio adiacente al cortile e gli schiamazzi onnipresenti dei ragazzi.
Mi venne assegnato l'armadietto che era appartenuto a Madison, secondo Mrs Cooper, la segretaria, lei aveva fatto un gesto carino "così sarà sempre vicina a te" aveva detto, io lo reputavo semplicemente macabro, tuttavia non avevo voglia di discutere il primo giorno di scuola, per cui accettai senza fare storie.
Mi stupii quando lessi sul modulo, che mi aveva consegnato Mrs Cooper, che l'armadietto in questione non si trovava più vicino a quello di Jordan Miller, ma nella parte opposta; tuttavia non potevo di certo biasimare mia sorella, anch'io probabilmente avrei chiesto il cambio al posto suo e ora non potevo fare altro, se non ringraziarla mentalmente.
Con i miei scatoloni in mano, percorsi quel tragitto a passi lenti, osservando con minuzia ogni particolare mi capitasse sott'occhio, beandomi di quelle immagini così familiari, ma quando fui in prossimità del mio nuovo armadietto, una di esse mi fece paralizzare sul posto.
Jordan Miller tratteneva per il braccio un'indifesa Camila Cabello sotto gli occhi divertiti di April, con un fiume di ragazzi curiosi attorno.
Oh certo che era familiare quell'immagine, ero stato al posto di Jordan un numero immenso di volte.
Lui mi dava le spalle in quel momento, i suoi capelli neri erano leggermente scompigliati e i suoi muscoli marcati erano tesi, esattamente come quella volta, quando tradì la nostra amicizia.
Avevo appena scoperto che a breve mi sarei dovuto trasferire in Texas.
April era intenzionata a chiudere la nostra relazione "Shawn non credo nelle storie a distanza, scusami" mi aveva detto per telefono, tuttavia volevo provare a farla ragionare, così mi recai a casa sua.
La casa era deserta, suonai un paio di volte e quando non ottenni risposta, presi le chiavi di scorta sotto allo zerbino.
Decisi che l'avrei aspettata in camera sua, così iniziai a salire le scale e fu in quel momento che sentii i gemiti, che diventavano sempre più forti man mano che mi avvicinavo alla porta della stanza di April.
Ricordo che l'istinto mi urlava di non aprire quella porta, ma non gli diedi retta e l'immagine che mi si presentò davanti l'avrei ricordata per sempre.
Jordan era di spalle con i suoi muscoli tesi sotto le mani di April, che godeva ad occhi chiusi gemendo come una forsennata.
In quell'istante istintivamente tirai un pugno contro la porta e il rumore rimbombò nella stanza superando quello dei loro gemiti, facendoli accorgere della mia presenza.
In quell'istante, nella mia mente risuonarono le parole di Madison "lei non ti ama fratellino".
L'ira provata per quel ricordo, mista alla preoccupazione per Camila mi fece tremare leggermente, facendo traballare il contenuto degli scatoloni che avevo in mano.
-Jordan lasciala stare- dissi respirando profondamente per calmarmi.
Lui si voltò e rividi gli occhi a mandorla del mio ex migliore amico, che urlavano sorpresa mista a qualcosa che non seppi decifrare.
-Lasciala stare subito- rincalcai la dose.
In quel momento April mi si piazzò davanti.
-Shawn non stavamo facendo nulla- disse con la sua più convincente espressione angelica- volevamo solo parlare con lei, calmati-
I suoi occhi sembravano così innocenti, così come lo erano stati quella volta, quando mi ripeteva "Shawn calmati ti prego parliamo, non so come sia potuto succedere"; ma così come quella volta, anche ora non c'era nulla di innocente in lei.
Risi sarcasticamente.
-Vi conosco-
-Lasciala andare subito- dissi a Jordan guardandolo negli occhi con rabbia, poi mi rivolsi alla folla- andatevene, lo spettacolo è finito-
Jordan mi diede ascolto e liberò Camila, April si allontanò con lui e la gente iniziò a circolare.
Per la seconda volta in due giorni io e quella ragazza, che avevo a lungo tormentato, restammo soli.
Le sorrisi per tranquillizzarla.
-Vai- le dissi posando gli scatoloni -le lezioni stanno per iniziare-
-Tu non vieni?- mi chiese timidamente.
-No, oggi inizio tardi, devo sistemare il mio armadietto-
Lei annuì e si girò per andarsene, ma poi sentii che mi chiamava.
-Shawn- disse quando mi voltai verso di lei- grazie-
Un senso di benessere, che non sapevo da dove nascesse, si sparse velocemente nel mio corpo e spontaneamente mi aprii in un sorriso sincero.
-Non c'è di che-
Lei mi sorrise di rimando e si girò per andarsene, ma la richiamami.
-Camila, scusami per ieri, l'ho sempre saputo-
-Cosa? - mi chiese voltandosi verso di me confusa.
-Che Madison non si drogava-
L'ho sempre saputo e ora ne ho la certezza, aggiunsi mentalmente.
Note
Buongiorno 😍😍😍
Ecco un nuovo capitolo di questa storia 😊😊😊😊
Fatemi sapere cosa ne pensate, spero vi piaccia.... un bacio 😘😘😘😘
❤
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