Eren jaeger, il ragazzo problematico
Il brunetto se ne stava seduto sul muretto che circondava la sponda dal piccolo fiume che scorreva vicino a casa sua, il blocco da disegno appoggiato sulle gambe, la mano destra intenta a tracciare linee ben definire sul foglio, da cui stava prendendo forma un immagine che solo il disegnatore poteva effettivamente vedere.
Quegli occhi smeraldini erano attenti a far si che il disegno venisse bene, senza staccare mai lo sguardo da quel foglio, come ad aver paura che quell'immagine svanisse.
Dopo ore e ore finalmente il disegno prese una propria forma, rivelando un universo di sfumature grigio/nero e una danza di alberi e foglie, mentre un piccolo uomo se ne stava sotto quell'albero ad osservare quello più alto.
Il ragazzino rimase a fissare quella figura umana, come se da un momento all'altro potesse uscire dal disegno e animarsi, avendo una sensazione di familiarità addosso che lo prese sempre più, facendogli battere forte il cuore.
Scosse la testa come a voler scacciare quei pensieri fuori dalla propria testa, per poi richiudere il blocco, mettere via gomma e matita dentro il piccolo astuccio e infilare il tutto dentro la borsa a tracolla, tirandone fuori il piccolo lettore MP3 portatile ed infilarsi le cuffie nelle orecchie.
Troppo preso dalla musica e dalle sue parole per accorgersi del mondo circostante, di un gruppo di ragazzi che iniziò ad inseguirlo...
"Oh Eren, bentornato! La cena è pronta!"
Una voce femminile e allegra saluto il figlio appena rientrato, il quale si limitò ad un accenno e un mugolio da sotto il cappuccio, ma sua madre era sveglia e conosceva troppo bene il figlio per lasciarlo andare dritto nella sua stanza senza prima una spiegazione.
"Eren...togliti il cappuccio."
Gli ordinò mettendosi a braccia incrociate a fissarlo con quello sguardo duro che il figlio odiava.
Avrebbe voluto farsi piccolo piccolo e nascondersi, non dare l'ennesima delusione alla donna.
"Lascia stare."
Rispose quasi con voce dura e tremante, riprendendo a camminare per raggiungere le scale, ma Carla lo fermò per un braccio e con uno scatto gli abbassò il capuccio, rivelando il viso del giovane con un livido sulla guancia e uno vicino all'occhio sinistro.
Senti la rabbia e la frustrazione per vedere ridotto il figlio in quello stato un altra volta.
Eren voltò la testa dall'altra parte ma era tardi.
"Chi è stato questa volta? Devo aspettarmi un altra denuncia?"
Chiese con tono duro e stanco.
"Hanno cominciato loro, io mi sono solamente difeso!"
Cercò di giustificarsi lui, alzando la voce.
"Sai quante volte ho sentito questa scusa?! Un centinaio di volte! Eren io non so più cosa fare con te! Vuoi finire in riformatorio? In un collegio?"
Ogni volta era la solita storia, la solita scena che si ripeteva in quella casa.
Sia Carla che Eren non ne potevano più.
Alla fine la madre si arrese sospirando, un segnale silenzioso a fargli capire che aveva finito e non sapeva più cosa fare, ed Eren ne approfittò, scappò in camera e si mise sotto le coperte senza neanche preoccuparsi di mettersi il pigiama, troppo preso dai propri pensieri e dalle sue cose da tipico quindicenne problematico.
La mattina dopo si alzò e andò in bagno per lavarsi il viso, notando il proprio viso ridotto davvero male dalla rissa del giorno prima; non che fosse la prima volta per lui, ormai i lividi facevano parte di lui, era un optional se non ne aveva.
Scese in cucina per fare colazione e trovò la madre seduta sulla sedia, la tazza di the fumante tra le mani e lo sguardo basso.
Il castani fece finta di niente e aprì il frigorifero per prendere il cartone di latte, aprendo poi l'anta a fianco prendendo la tazza e si sedette al proprio posto, versandosi il latte e iniziò a sorseggiare, sentendo quel silenzio farsi pesante. A Eren non piaceva il silenzio, era una cosa che lo rendeva nervoso.
Per sua fortuna la madre lo interruppe alzando lo sguardo su di lui.
"Ho preso una decisione"
Questa volta fu Eren ad alzare lo sguardo leggermente incuriosito sulla madre, il bicchiere ancora a mezz aria.
"E cioè?"
Chiese inarcando un sopracciglio, non volendo realmente sentire la risposta della madre.
Lo avrebbe mandato in collegio sicuro quella volta e forse non era pronto ad un passo del genere.
Sei nei guai Eren.
Pensò tra se, rimanendo in attesa della risposta della madre.
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