Capitolo 15 Genitori

Era tardo pomeriggio, di venerdì. Erin e Clint erano a letto, in vena di coccole quando sentirono suonare il campanello.

'Lascia stare, sarà un venditore, se non apriamo se ne andrà' la Murphy lo baciò sul collo con le labbra umide, fregandosene.

Lui contraccambio, con foga 'Sei mia, modellina, adesso, non sai che cosa voglio farti, ho aspettato tutto il giorno che arrivasse il weekend!' la minaccio', scherzoso.

Il campanello continuava a suonare, lungamente.

'Vai tu? Per favore, Barton, mandalo via. Col tuo brutto muso, lo farai scappare' gli si strusciò con il busto sul torace, dandogli un altro bacio appassionato e l'uomo cedette subito.

'Va bene, ma poi ricominciamo...guarda che rottura...vedrai che non tornerà più, dopo tutto quello che gli dirò'. Indossò i boxer e si precipitò ad aprire per tornare a letto da lei prima possibile.

'Insomma, non compriamo niente e non ci serve niente' gridò Occhio di Falco, spalancando la porta, senza nemmeno guardare chi fosse dallo spioncino.

'Ed io non vendo niente' disse la donna in piedi davanti a lui. 'Sono la...'.

'Mamma di Erin' Barton finì la frase. Cavolo, era identica, una goccia d'acqua...una signora sui cinquanta anni, i capelli castani lunghi alle spalle, i grandi occhi marroni, un tailleur grigio scuro, scarpe col tacco, collana di perle e foulard di seta, una cartella griffata da lavoro ed una piccola borsa a mano. Era bella da morire, come sua figlia, ancorché il giudizio dell'arciere fosse di parte.

'Sono Elizabeth Murphy, puoi chiamarmi Liz' gli tese la mano, con serenità.

'Clint Barton, sono...'.

'Il ragazzo di mia figlia, spero, visto che hai aperto la porta praticamente nudo' la donna rise, dandogli del ty.

Il Falco si rese conto di essere impresentabile; era in imbarazzo ed immobile.

'Erin è in casa?' gli domandò.

'Si, sì, è di là, eravamo a letto'. Gesù, Clint, che boccaccia. Perché gli usciva sempre di bocca la frase sbagliata nel momento meno opportuno?

'Era chiaro, lo avevo immaginato, posso entrare?'.

'Sì, signora, ehm vado ad avvisarla'. Si affrettò, mentre Liz si accomodava nell'appartamento.

Lei lo guardò mentre, di spalle, si allontanava; non l'aveva colpita averlo trovato in casa mezzo nudo ma le cicatrici che gli aveva visto sulla schiena e sulle braccia. Prima di buttarsi nella libera professione, per anni aveva lavorato al Tribunale dei Minori e ricordava decine di fascicoli dei casi che aveva trattato, con foto di bambini percossi che avevano sul corpo ferite analoghe. Nonostante il grande idealismo che la guidava, dopo alcuni anni di quel lavoro, era scoppiata. Non riusciva più a reggere il dolore e l'infelicità delle piccole vittime: era stato qualche mese dopo la nascita di Erin. Da mamma vedeva il mondo in maniera profondamente diversa.

Rifletté sulle scelte sentimentali della figlia, preoccupata che si stesse imbarcando in una storia più grande di lei.

Erin aveva sentito, nel frattempo, la voce di sua madre e si era rivestita, velocemente. Clint la trovò quasi pronta. 'Tua mamma mi ha visto in mutande, che figura' era mortificato.

'Certo, Barton, hai aperto in mutande. Vado di là, raggiungimi, subito, per piacere, voglio stare da sola con lei meno tempo possibile' non era per nulla contenta della visita, evidentemente. Uscì, e trovò la madre a trafficare in cucina.

'Tesoro, sto preparando un tè, così facciamo due chiacchiere'.

'Che vuoi, Liz?' le chiese, freddamente.

'Che modi sono? Desideravo farti un saluto. Sei sparita, non rispondi al telefono e non sei più venuta a cena'.

'Ho avuto molto da fare 'le rispose, assai scocciata. Da quando c'era l'arciere nella sua vita, aveva diradato visite e contatti.

'Lo vedo che fai nel tempo libero' rise 'è molto che vi frequentate?'.

La ragazza non proferì mezza parola...in quell'istante Barton entrò in soggiorno, vestito, jeans e t-shirt.

'Allora, Clint...Erin mi diceva che non è molto che vi vedete' provò con lui.

'Ehm, signora, Liz...no, da qualche mese, però ci conosciamo da prima, lavoriamo insieme allo S.H.I.E.L.D.' rispose l'uomo.

La madre storse il naso, odiava l'Agenzia.

'Sei un Avenger, vero? Sei Occhio di Falco?'.

'Si, sono io'.

'So che mia figlia collabora con voi; io e suo padre siamo sempre molto angosciati, quando è al lavoro...figuriamoci ora...Almeno adesso so che c'è qualcuno che le copre le spalle'. Non pareva affatto sollevata.

'Ti sbagli. Erin è un'agente in gamba, la migliore con cui abbia lavorato. Non deve cioè non devi preoccuparti, Liz' subito Barton la difese, in modo molto deciso e diretto, avvicinandosi e cingendole le spalle con un braccio.

Sua madre non poté fare a meno di notarlo ma soprattutto osservò come si guardavano. Non conosceva bene Clint ma la figlia sì. Non smetteva mai di fissarlo, a volte di sottecchi, le brillavano gli occhi e le pareva incredibilmente felice e più bella che mai. Se ne stupì parecchio; dopo Mike Cullen non aveva più conosciuto nessun ragazzo che aveva frequentato e nemmeno le aveva mai raccontato delle sue storie, se e quando le aveva avute. Adesso, invece, c'era quell'uomo, l'Avenger arciere nella sua vita.

Mentre bevevano il thè, una vera e propria brodaglia, soprattutto per Barton, Elizabeth Murphy la buttò lì. 'Se siete liberi, domenica prossima, vi aspettiamo a pranzo. Pare sarà una giornata splendida e potremo mangiare in terrazza. Non potete dire di no, Erin! Non è nemmeno la terza domenica del mese, il tuo impegno coi tuoi amici falliti...'.

'Non sono falliti, smettila!' La figlia era inviperita, sempre la stessa storia...

'Allora, per il pranzo? Clint? Che mi dici?' lo fissò, carinamente e gli mise una mano sul braccio.

Oddio, quella donna era un panzer, pensò lui.

'Va bene, Liz, verremo, grazie'. Barton non era riuscito ad opporsi, aveva quei modi e quel tono di voce che gli ricordavano tanto Erin...i languidi occhi marroni a cui non sapeva mai resistere!

***

'É tutta colpa tua. Guarda in che guaio ci hai cacciato! Come ti è venuto in mente di accettare l'invito di mia madre?' Erin era ancora arrabbiata, mentre, la domenica seguente, salivano in ascensore verso casa dei suoi.

Clint aveva voluto assolutamente comprare una pianta per Liz, al negozio consigliato da Stark; oramai era diventato un cliente abituale anche lui, visto che comprava continuamente dozzine di rose alla ragazza. La portava fra le mani, rigidissimo ed inquieto, dopo i discorsi di Mike e Erin stessa sulla sua famiglia.

'Ragiona, non potevo dirle di no, è stata gentile con me e mi fissa come mi guardi tu, ero...confuso! E' solo un pranzo, stai tranquilla!'.

'Per te sarà solo un pranzo; per favore, se inizieranno l'interrogatorio, avvaliti della facoltà di non rispondere e dì il meno possibile. Chiaro?' era fuori di sé, agitatissima.

'Sì'...mormorò lui, sistemandosi la camicia. Non era abituato e gli dava fastidio sul collo. Ne aveva comperata una azzurra, e pure un paio di pantaloni blu in frescolana oltre che delle scarpe abbinate, eleganti mocassini di pelle nera. Aveva provato a cercare qualcosa nel suo armadio da indossare ma gli pareva di non avere nulla di adatto. Erin lo aveva preso in giro, dicendogli di non preoccuparsi e di non acquistare nulla ma lui aveva insistito così tanto che, alla fine, lo aveva pure dovuto accompagnare a fare shopping. Si erano parecchio divertiti, a dire la verità.

'Comunque sei bellissimo, vestito così, davvero! Più del solito, Barton!' lo baciò appassionata, prima di suonare il campanello di casa.

Li accolsero entrambi i genitori, sulla porta, la mamma con dei jeans scuri ed un maglioncino di cotone azzurro, al collo il solito filo di perle. Il padre, Edward, un uomo alto coi capelli brizzolati, in jeans e polo bianca. Occhio di Falco pensò che forse Erin aveva ragione sull'abbigliamento, tuttavia non poteva presentarsi con la maglietta a maniche corte ed i tatuaggi a vista. Si guardò intorno. La casa dei coniugi Murphy era la più spettacolare che avesse mai visto. Più di quella di Tony! Un attico e superattico con vista su Central Park, lussuoso e sobrio allo stesso tempo, moderno ed elegante con un salotto enorme.

Si chiese che cosa avesse pensato davvero Erin quando aveva visto casa sua od era salita sulla sua auto...in confronto a loro si sentiva un barbone!

Diede la pianta, un'orchidea bianca, a Liz. 'Grazie, che pensiero carino' lo ringraziò di cuore. 'Venite, saliamo in terrazza, per l'aperitivo' lo guidò al piano superiore; una terrazza, in parte coperta, ospitava un ambiente organizzato per ricevere, con divani imbottiti, ed un tavolo da pranzo già apparecchiato. Più verso l'interno, c'era un bar con un lungo bancone, su cui il padre di Erin aveva appoggiato dei calici di vetro in cui stava versando del vino bianco.

'Clint, ecco a te!' Edward gli porse un bicchiere, dopo aver servito la moglie e la figlia. 'A cosa brindiamo?' gli chiese, simpaticamente.

Occhio di Falco sentì la bocca cucita.

Liz Murphy, con tutta tranquillità, gli mise una mano sul braccio e lo accarezzò 'Va bene se brindiamo alla felicità, che ne dici?' Alzò il calice e lo ripeté'. Alla felicità, ed a noi!' Toccò il suo bicchiere e poi quello della figlia e del marito, sorridendo.

Erin guardava il suo ragazzo, tentando di intuirne i pensieri. Sperava che i genitori non lo trattassero coi loro modi spesso sprezzanti e che non se la desse a gambe levate. Gli era sembrato sereno, fino a quel momento.

Lui era rimasto stupito dalla loro gentilezza; pensava lo avrebbero sbranato, invece si sentiva a suo agio, non del tutto, forse, ma almeno un po'.

Si girò verso l'interno dell'ambiente e in un angolo notò un pianoforte di gran pregio, collocato in una sala dedicata alla musica, molto più grande della stanza che lui aveva a casa propria. Accanto era collocata una stupefacente collezione di dischi in vinile, apparecchi tecnologici di un certo livello per ascoltare i brani, una vecchia chitarra classica appoggiata a terra ed il famigerato pianoforte che aveva attirato la sua attenzione. Ci si diresse subito.

'Chi suona?' chiese, curioso.

'Io per la verità, ma molto poco, in questo periodo' rispose Liz. 'Mio marito strimpellava la chitarra, anni or sono!'.

'Clint è bravissimo!' Erin confessò, entusiasta.

'Ma dai?' la mamma era interessata, adorava la musica.

'Eh, no, non direi, solo tua figlia mi ha scambiato per Clapton!'.

'Non minimizzare! Suona in modo eccellente la chitarra elettrica ed il piano e canta, credetemi, piuttosto bene' Erin lo esaltò, subito.

'Vorrà dire che ci dovrai suonare qualcosa! É tutto tuo!' Edward gli indicò il pianoforte.

Barton era rosso come un peperone e tentennava. Quello strumento era favoloso ma si sentiva imbarazzato.

'Per favore, Clint, per favore...' era una solfa che aveva già udito! Tale figlia e tale madre. Liz Murphy lo implorava coi suoi occhioni marroni e, chiaramente, lui abdicò.

'Solo una canzone, però!' già era abbastanza vergognoso.

Si sedette e provò qualche nota, pensando a cosa suonare e gli venne subito in mente. Disse soltanto 'E' dedicata ad Erin!' e le fece l'occhiolino. La ragazza riconobbe il brano al volo 'Hearts on fire' sentì un lampo di felicità dentro di sé, come uno squarcio nel cuore.

Clint cominciò a cantare e lei gli andò dietro, provando a contenersi, stavolta, mentre lui la fissava in una vera e propria serenata.

Quando terminò, Liz commentò 'Aveva ragione mia figlia, proprio niente male. Il piano è qui, vieni a suonare quando vuoi. Certo, Erin a suo tempo avrà ascoltato questo pezzo centinaia di volte, ancora lo ricordo! Ne era ossessionata.
Andiamo a mangiare?'.

Li invito a dirigersi verso il tavolo, apparecchiato sulla veranda, in modo fine e semplicemente, con tovaglia e stoviglie colorate e allegre.

'Clint, ho preparato l'arrosto con le patate per pranzo, spero ti piaccia' gli fece Liz.

'Sì, molto, è il piatto forte di Erin!'.

La madre rise 'Forte nel senso che sa fare solo quello, come me d'altronde. É l'unica cosa che le ho potuto insegnare!' Lo disse ridendo, con un velo di tristezza.

La figlia era rimasta quasi muta, canzone a parte. Si chiese se i suoi, durante il pranzo, avrebbero bombardato Barton delle solite mille domande che avevano l'abitudine di fare, per comprendere l'estrazione sociale piuttosto che la scolarizzazione delle persone che avevano di fronte. Soprattutto le avevano poste ai pochi amici che aveva portato a casa e che li avevano conosciuti. Dopo la storia con Mike, si era ripromessa di non presentargli più nessuno. Amici, colleghi o fidanzati. Li aveva tagliati fuori dalla sua vita, completamente.

Ed ora invece c'era proprio Clint, con il suo passato ed i suoi dolori, nelle grinfie dei due stronzi, in particolar modo di sua madre.

In maniera inaspettata, Liz, invece, iniziò a raccontare di un paio di cause a cui stava lavorando, in termini semplici e non in legalese. La ragazza rifletté che i casi di cui si occupavano erano sempre molto interessanti. Ed anche il Falco sembrava preso dalla conversazione, partecipava, faceva domande. Poi suo padre gli chiese del suo lavoro, degli Avengers. L'uomo spiegò anche come era entrato allo S.H.I.E.L.D. e che quella scelta, bizzarra ed inaspettata, a suo tempo gli aveva cambiato la vita e lo aveva redento. Ad Erin parve molto ben disposto verso la sua famiglia, stranamente loquace, per come era fatto.

'Ragazzi, per il dolce abbiamo la torta al cioccolato, sono passata alla pasticceria di Frank!'

'Ah, è la preferita di Erin! Conoscete Frank?' domandò loro.

'Sì' rispose Edward 'da moltissimo tempo. Io e Liz ci siamo conosciuti proprio nel suo locale. Ed andavamo li sempre, anche a studiare. Erin veniva con noi li nel portenfant quando era piccolissima. É diventato il posto preferito di tutti noi, credo. Purtroppo, col passare degli anni e l'aumentare degli impegni io e mia moglie ci andiamo meno'.

Clint si domandò, stupito, perché Erin non glielo avesse detto.

Era sorpreso, soprattutto, dai loro modi cortesi. Lo avevano accettato di buon grado e trattato con gentilezza, come un loro pari e senza quesiti imbarazzanti. La conversazione era stata piacevole e liscia, fino al termine del pranzo, a seguito del quale
Ed trascinò proprio Barton nel suo studio, complice un distillato molto pregiato che aveva ricevuto in regalo da un cliente e voleva fargli provare.

Le due donne, invece, erano rimaste in cucina a preparare il caffè.

Anche la ragazza era meravigliata dal comportamento della mamma.

'Liz, grazie per non aver tormentato Clint con le tue solite domande...' si sentì in dovere di dirglielo.

'Odio quando mi chiami Liz' fece una pausa 'Erin, a casa tua ho visto i segni sul corpo del tuo ragazzo: ho già tutte le risposte di cui ho bisogno'.

La figlia sobbalzò. Liz continuò 'Ho conosciuto tanti bambini ed adolescenti con cicatrici analoghe. Potrei perfino dirti con quali oggetti gliele hanno inferte; te ne ha mai parlato?'.

'Solo marginalmente, non vuole aprirsi...' le parve assurdo fare quel discorso con sua madre.

'Dagli tempo. Lo ami così tanto?' le chiese. Erin non disse nulla e si morse il labbro inferiore, corrucciata. Liz intuì la risposta.

'Le persone ferite come Clint da bambini, si portano sulle spalle un fardello pesantissimo, per tutta la vita: credi di poterlo portare pure tu? Perché è di questo che si tratta ed anche del fatto che deve volerlo condividere con te: in caso contrario, non avrete futuro, non potrai mai gestirlo da sola'.

Erin concordò, mentalmente, e per la prima volta chiese un consiglio a sua madre 'Mamma, che faresti al posto mio?'.

Liz sobbalzò, da anni non la chiamava mamma. 'Il tempo è galantuomo. Non forzare troppo le cose...amalo e basta, come stai già facendo, vedrai che ti aprirà il suo cuore, prima di quanto immagini'. Aveva visto come lui la guardava, compresi i sentimenti che nutriva e le era sembrato innamorato pazzo di sua figlia: era certa che avrebbe condiviso il suo dolore.

La ragazza annuì, leggermente rasserenata dal colloquio.

'Mi piace molto Clint! Davvero. Ma stai attenta. Non vorrei vederti soffrire'. In fondo era sempre sua madre, preferì darle un consiglio per salvaguardarla da difficoltà e lacrime.

Barton, in quel momento, era nello studio del papà di Erin, una sala zeppa di libri e carte, e soprattutto di foto di lei. Edward gli offrì il famoso liquore, poi tirò fuori da un cassetto una scatolina di legno.

'Sono i sigari più buoni del mondo, cubani e comprati al mercato nero, però, mi raccomando, non devi dirlo a mia moglie! Faremo arieggiare la stanza e masticheremo una gomma, per evitare rimproveri'

Occhio di Falco sorrise, complice.

'Una volta fumavamo entrambi ma da quando Liz è rimasta incinta, è stata categorica. Niente più sigarette. Che ti ha raccontato mia figlia su di noi?'.

'Pochissimo, che non avete buoni rapporti e che non volevate lavorasse per lo S.H.I.E.L.D.' provò a dire il meno possibile, in fondo era la verità.

'Immagino...e di Mike e del resto...Non eravamo contrari che diventasse un'agente a priori, volevamo che ci riflettesse bene. Che frequentasse Giurisprudenza per un anno e poi decidesse. Sembrava interessata al diritto, e con uno studio avviato come il nostro le si sarebbero aperte tutte le strade. Ma non ha voluto. Ed anche Cullen...è un bravo ragazzo ma erano tanto diversi e non ha avuto una buona influenza su Erin in quel periodo. Credo che non volesse che mia figlia studiasse Legge come lui, non è mai stato competitivo e se lo sarebbe mangiato a colazione. Comunque, era destino che Erin diventasse avvocato, ha la legge nel sangue...'.

Il Falco sbiancò 'Erin è davvero avvocato?' chiese in un soffio. Era sconvolto da quella scoperta.

'Oddio, Clint, scusami, ho una boccaccia a volte, lo dice sempre pure mia moglie. Non te lo ha detto. Non farebbe un cruccio, non lo ha detto neanche a noi. Io stesso l'ho saputo, per mero caso, da un collega che faceva parte della commissione d'esame e che l'ha riconosciuta. Pensa che quando le ha chiesto se fosse nostra figlia per via del cognome,  ha risposto di no, per evitare favoritismi' mormorò, con tristezza.

'Anche io ho una boccaccia, Edward, non preoccuparti' era avvilito che non si fosse confidata.

'Comunque, mia figlia cinque anni fa si è iscritta a Legge, si è laureata nei tempi ed è stata la migliore del suo corso. E qualche mese fa ha superato l'esame di stato. Credo nel periodo in cui vi siete conosciuti. So che andava a studiare da Frank, la notte, con Mike Cullen. Lui è l'unico che conosce questo grande segreto. Ogni volta che la vediamo, io e sua madre aspettiamo che si apra. Siamo orgogliosi di lei e non possiamo nemmeno dirglielo!' Aveva le lacrime agli occhi, si pulì con un fazzolettino reperito sulla scrivania.

Proseguì 'Abbiamo sempre tentato di proteggerla pure se non voleva ingerenze. L'abbiamo aiutata a pagare la casa perché il quartiere dove viveva prima era pericoloso. E le ho comperato la macchina nuova perché la sua station wagon era così malmessa che temevamo potesse avere un incidente. Adesso che lavora con voi Avengers siamo terrorizzati, ogni volta che suona il telefono...' non riuscì a finire la frase e guardò fuori dalla finestra, aspirando un'ultima boccata dal sigaro.

'Erin ha la testa sulle spalle ed è un'agente molto in gamba. E, poi, non dimenticarti, Ed, che non lavora da sola...' la dovette difendere un'altra volta e lo fece, a spada tratta.

'Sì, conoscerti e sapere che vi frequentate anche fuori dal lavoro mi ha rasserenato, per quanto possibile. Io e Liz siamo contenti che abbia qualcuno vicino, che le voglia bene, serio come te'.

'Perché una volta non passate allo S.H.I.E.L.D.? Solo per dare un occhiata. Non è così terrificante come sembra. Mi farebbe piacere' Barton provò a rassicurarlo, con l'unica arma che possedeva.

***

'Hai invitato i miei genitori allo S.H.I.E.L.D.? Sei diventato matto'. Erin era furiosa. Si era mangiata il Falco, per tutto il tragitto in auto e continuava persino a casa sua.

'Non prendertela, magari nemmeno verranno, era solo un modo per tranquillizzarli. I tuoi genitori sono preoccupati per te, come i tuoi amici. Non c'è differenza, ti vogliono bene, a modo loro, che forse non è il tuo. Ogni cosa che fanno, che dicono, il loro pensiero è per te...è così evidente...non saranno stati i migliori genitori del mondo, in passato si saranno comportati male...ma tu sai che c'è di peggio' si riferi' a sé.

Lei taceva, aveva messo su un antipatico broncio. Se c'erano di mezzo Liz e Ed non riusciva ad essere obiettiva.

'Pensi che non lo dica nel tuo interesse? Sto parlando per te, non per loro. Erin, ragiona, se noi avessimo una figlia, obiettivamente, vorresti che lavorasse allo S.H.I.E.L.D.? In tutta sincerità, beh, io no!'.

La donna sospirò 'No, non vorrei, sarei sempre angosciata. Clint, vuoi dei figli?' chiese, curiosa.

'Non ci ho mai pensato, e tu?'.

'Nemmeno io, per la verità,  non sono mai stata tanto presa da qualcuno da ipotizzare di mettere su famiglia con lui' fin quando non ho incontrato te, terminò nella sua mente.

'Modellina, se dovessi scegliere, vorrei una bambina bella come la sua mamma, con questi bei capelli morbidi' la accarezzò, dolcemente, sulla nuca.

'Barton, amore, intanto possiamo esercitarci' lei, maliziosa, passò i palmi delle mani, sensuale, sulla camicia azzurra.

Clint ridacchiò, baciandole le labbra 'Non ho intenzioni di tirarmi indietro!'.

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