ᴄαᴘɪᴛᴏƖᴏ 7
C A P I T O L O 7
Avevo chiesto a Michael il tempo per pensare sull'offerta che mi fece e lui, senza farselo ripetere due volte, si era allontanato da me, dirigendosi verso ai bambini e a Angie.
Avevo passato il resto del mio tempo a formulare una risposta che non lo avrebbe ferito.
Una risposta che avrebbe soddisfatta entrambi.
Michael non insistette; sapeva che avevo bisogno di tempo e che un'offerta di quel genere non era da accettare su due piedi.
Si era allontanato, dirigendosi alle giostre in compagnia dei bambini che ormai sprizzavano gioia da ogni parte, mentre Angie si era soffermata a osservarli con un sorriso mascherato di emozione.
Le riferii da subito la proposta e lei si era limitata a guardarmi con un accenno sorpreso.
Poco dopo, aveva cominciato a esultare al posto mio, nonostante Michael si trovasse a pochi passi da noi. I miei tentativi di calmarla, furono del tutto inutili.
Ma sapevo quanto ciò in realtà le facesse male.
« Quindi accetterai? » mi domandò all'immprovviso, continuando a tenere lo sguardo sulla giostra.
Sospirai leggermente e le rivolsi un'occhiata.
« Non lo so. Non voglio allontanarmi dai bambini o da te » mormorai.
Lei sorrise e incrociò le braccia al petto coperto dalla stoffa pesante di quel vestito.
« Non succederà, lo sai. Kara, questa è un'opportunità incredibile, non dovresti sprecarla. Hai sempre detto di voler essere felice e di voler una sistemazione adeguata per la tua famiglia. Noi staremo bene e potrai sempre continuare a venire da noi. È anche casa tua, lo sai » replicò, voltandosi questa volta verso di me.
La guardai per bene, notando i suoi lineamenti dolci e il suo sorriso sincero.
La sua voce era pacata, bassa, ma un velo di emozione traspirava senza barriere.
Si aggiustò il lungo cappotto e si strinse nelle sue esili spalle, poi, rimase in silenzio e attese una mia risposta.
« E se tutto questo fosse sbagliato? Lui è una celebrità, madre. I rischi a cui andrò incontro saranno il doppio di quello che mi potrei aspettare » sussurrai con voce macchiata dalla disperazione.
Era la prima volta che mi ritrovavo a scegliere per una decisione così grande e in quel momento avevo paura che, scegliendo ciò che mi dettava il cuore, avrei potuto sbagliare.
« Kara, qualunque sia la tua scelta, io ti appoggierò. Sai benissimo che potremo sempre continuare a sentirci. Questo non te lo vieta nessuno, ma io non potrò mai darti un futuro rosa e fiori come potrebbe donartelo lui. Sarebbe una svolta anche per i bambini e per noi » mormorò, afferrandomi dolcemente per le spalle.
Restai per brevi secondi in silenzio, fissando un bottone del suo cappotto che tanto amavo, poi alzai lo sguardo e le rivolsi un dolce sorriso.
Una svolta? Lo era davvero?
« Grazie » sussurrai.
Lei ricambiò il mio sorriso e mi attirò a sé per stringermi in un affettuoso abbraccio.
Quello era il suo modo di rassicurarmi che sarebbe andato tutto bene. Volevo crederle. Volevo che fosse tutto vero.
**
« Kara! »
All'udire il mio nome, mi voltai nella direzione in cui la voce proveniva e subito incontrai la figura di Michael, corrermi incontro con un secchio ormai vuoto in una mano.
Aveva la camicia leggermente bagnata, i suoi capelli lo erano altrettanto, ma ciò non influenzava sulla sua bellezza.
Al contrario, così era più attraente.
Mi guardai attorno e mi accorsi che tutti gli altri non c'erano più.
Michael si fermò davanti alla mia figura con il fiatone e un sorriso divertito disegnato sulle sue candide labbra.
Mi guardò per poi poggiare sull'erba il secchio leggermente bagnato.
« Kara, ti vuoi unire a noi? I bambini e Angie sono già dentro casa » parlò dolcemente, la voce spezzata dal fiatone.
Lo fissai per brevi secondi, per poi annuire con un sorriso.
« Volentieri. Sei molto gentile, ti ringrazio » risposi, incrociando le braccia al ventre per stringermi nelle spalle.
La sua vicinanza mi tralasciava una strana sensazione che non avrei mai potuto evitare e subito temetti che, con il passare del tempo, quest'ultima mi avrebbe tradita.
Il suo sorriso si dilagò e subito una fila di denti bianchissimi e due fossette ai lati, catturarono la mia attenzione.
« Perfetto! Seguimi! » esclamò pimpante.
Mi lasciai scappare una risata e cominciai a camminare, mentre lui faceva lo stesso, tenendo in mano quel secchio blu cui maniche era di metallo.
« Lasciami indovinare. Avete giocato con l'acqua? » domandai sorridendo.
Lui ridacchiò e annuì.
« Giocato? Noi abbiamo fatto una battaglia! I bambini sono stati dei fenomeni e nonostante sia sempre io 'il re' di questo gioco, questa volta devo dire di aver perso » scherzò, indicandosi la camicia ormai fradicia.
Risi e scossi lievemente la testa.
« Mai sottovalutare gli
avversari! » esclamai.
Michael sembrò divertito da questa mia esclamazione.
E come faceva spesso, portò nuovamente entrambe le mani dietro la schiena, continuando a camminare di fianco a me.
« Kara? Da quanto tempo i bambini vivono
all'orfanotrofio? » domandò all'improvviso, fissando il prato verde che si estendeva davanti a noi.
« Da quando sono nati. Alcuni sono arrivati solo all'età di due anni, ma il resto da quando avevano sì o no tre settimane di vita » replicai malinconica, abbassando per brevi secondi lo sguardo.
Mi faceva male parlare del loro passato, della loro vita, perché sapevo perfettamente che quello non era l'infanzia che un bambino avrebbe mai voluto avere.
Nonostante fossero passati anni, quel triste ricordo mi attanagliava il petto in modo persistente, tanto che la sera faticavo a chiudere occhio.
Michael rimase in silenzio e osservò l'edificio che ora comparve sotto ai nostri occhi.
Vista da fuori, la dimora era un capolavoro.
Il colore dei muri era perfetto e andavano in perfetta tonalità con il resto delle costruzioni che la circondavano.
Salimmo i gradini insieme per poi soffermarci davanti la porta socchiusa.
Michael - da gentiluomo - si fece da parte e mi incitò con un braccio, a entrare per prima.
Lo ringraziai con un dolce sorriso e oltrepassai la soglia, seguita da lui.
Si tolse subito il cappello e lo poggiò su un piccolo comodino di legno pregiato che si trovava al lato di un vaso di fiori colorati.
La donna di prima si avvicinò velocemente a lui, facendomi sussultare appena per la sorpresa e, con una spugnetta in silicone, cominciò a tamponare il trucco ormai colato via.
Lo guardai ma lui le sorrideva, portando entrambe la mani sui propri fianchi.
In quel momento mi sentii leggermente a disagio. Mi trovavo in una situazione imbarazzante.
Per me era tutto nuovo.
Dovevo andare? Oppure dovevo restare ad attendere che avesse finito?
Mi guardai le mani, giocherellando con esse, mentre aspettavo che Karen finisse il suo lavoro da brava truccatrice.
Ci vollero cinque interminabili minuti, prima che la donna, con un largo sorriso, si allontanasse da lui, voltandosi nella mia direzione per controllare che io fossi apposto.
Si avvicinò e, con un largo sorriso afferrò piano il mio mento, osservando il mio viso attentamente.
A quel gesto inaspettato, corrugai la fronte e la guardai con aria interrogativa.
Odiavo essere toccata da persone sconosciute.
Michael invece sospirò leggermente, scosse la testa divertito.
« Karen, lei è apposto » disse, incrociando le braccia al petto, mentre studiava la mia espressione.
La donna si allontanò da me e con aria mortificata, mi rivolse un leggero inchino con il busto prima di camminare velocemente su per le scale.
Lanciai uno sguardo smarrito a Michael e lui ricambiò con uno rassicurante.
« Perdonala. A volte è così » si limitò a rispondere.
Scossi leggermente la testa, sorridendogli impacciata.
« Non ti preoccupare, è tutto
apposto. »
Il ragazzo sembrò rilassarsi, intascò le mani e - con i soliti passi leggeri - riprese a camminare verso al grande salone illuminato dai raggi solari che penetravano dalle grandi finestre.
Lì, seduti sul tappeto, intravidi i bambini avvolti con coperte calde e colorate, mentre sulla poltrona c'era Angie, intenta ad aggiustare la camicetta di Timmy.
Il camino acceso e quel caldo rilassante, invasero il mio corpo quando varcai la porta di legno.
Lily si alzò di scatto e mi corse incontro con ancora la coperta rossa addosso, mentre tutti i bambini cominciarono a urlacchiare il nome di Michael, invitandolo a sedersi in mezzo a loro.
Lui rise allegro e aumentò la velocità dei suoi passi.
Si tolse i mocassini e rimase con le calze bianche e una volta fattosi spazio in mezzo ai piccoli, si posizionò al centro, prendendo però prima una scatola di giochi che conservava in un angolo della grande sala.
« A cosa volete giocare? Ho tutti i giochi che volete. Potete scegliere » esclamò, cominciando a frugare insieme a loro dentro al contenitore giallo.
Presi Lily in braccio e le stampai un casto bacio sulla tempia, poi, aggiustandole la coperta, raggiunsi gli altri posizionandomi vicino a loro, poco distante da Jackson che - genuino - mostrava loro tutti i giochi che possedeva.
« Stai bene? » sussurrai dolcemente all'orecchio di Lily, scostandole dal viso dei ciuffi di capelli che andai a depositare dietro al suo piccolo orecchio.
Lei annuì e continuò a tenere gli occhi puntati su Michael che questa volta spostò la sua attenzione su di noi.
Guardò me e poi Lily, invitandola con una mano ad avvicinarsi, e lei non se lo fece ripetere.
Dopo avermi guardata, si alzò con un sorriso allegro e camminò velocemente verso di lui, sedendosi sulle sue gambe.
Io mi alzai e mi diressi verso ad Angie, prendendo posto di fianco a lei per poi abbracciarla.
Per essere una poltrona, era ben larga e riusciva a ospitare due corpi esili come i nostri.
« Guardali, sono felici » mormorai, poggiando il mento sulla sua spalla.
Angie sorrise e strinse la mia mano nella sua.
« Già. Finalmente un po' di felicità » disse.
« E questo che gioco è? » domandò Iwan, il bambino dai capelli brizzolati e un paio di piccoli occhiali rotondi molto carini ma buffi al contempo.
Michael lo guardò, sorridendo amorevolmente.
« Questo è il mio gioco preferito. Super soaker! » esclamò.
Gli porse il giocattolo e Iwan lo prese con le sue piccole manine, studiandolo.
Era la prima volta che vedeva un gioco di quel genere e la prima che ne aveva udito parlare.
Era di plastica, verde e bianco; bellissimo per essere un normale giocattolo.
« E come si gioca? » domandò Lily, sporgendosi in avanti per osservarlo bene.
Michael fece lo stesso, sorridendo.
« Devi riempire un po' d'acqua qui dentro e poi cominci a sparare, come se volessi colpire qualcuno » spiegò.
Un 'oh' risuonò tra le quattro mura ed Angie rise, portandosi una mano davanti alle labbra.
Non voleva sembrare scortese, ma loro erano davvero carini che non riuscì a contenersi.
La guardai divertita e Michael fece lo stesso, ridacchiando.
Quanto amavo la sua risata cristallina.
**
I bambini si addormentarono sul grande tappeto persiano, circondando Jackson che, - silenzioso - sistemava gli ultimi giochi, quando Angie gli porse una domanda: « Michael, credi che sarà possibile far passare ai bambini un'altra giornata come questa, in futuro? »
Egli si bloccò.
Alzò lo sguardo e, dopo aver incontrato i miei occhi, spostò la sua attenzione su Angie, sorridendole dolcemente.
« Neverland sarà sempre aperto ai bambini. Questo posto è anche casa
loro » rispose prima di alzarsi, facendo attenzione a non svegliare nessuno.
La donna vicino a me sorrise.
Tirò un sospiro di sollievo, osservando la figura di Michael muoversi nella grande stanza.
Egli andò a depositare la grande scatola al suo posto e subito potei notare i muscoli delle sue braccia, dovuto alla camicia che ormai si era asciugata, dato il calore del fuoco che aveva ormai smesso di scoppiettare.
Con estrema maestosità, Michael camminò verso di noi, posizionandosi con le gambe divaricate di fronte a noi, sulla poltrona in pelle rossa.
Portò una mano sul labbro inferiore, osservando in silenzio, il fuoco ormai sul procinto di spegnersi e, dopo una breve riflessione, parlò: « Avevo intenzione di finanziare l'orfanotrofio, sempre se me lo permetterete. Voglio dare il meglio a questi bambini e vorrei poterli rendere felici. Posso? »
La sua domanda parve più ad una supplica.
Prendersi cura dei bambini.
Davvero avrebbe voluto assumersi quella grande responsabilità?
Rimasi completamente senza parole e dall'espressione che Angie mi rivolse, capii che anche lei lo era.
« Michael, stai dicendo sul serio? » domandò, portandosi una mano sul petto, all'altezza del cuore.
Michael annuì, sfoggiando un bellissimo sorriso.
« Noi...» balbettai.
Potevo pure sembrare pazza in quel momento, ma di certo, chiunque avrebbe reagito in quel modo se non peggio.
Michael si alzò dalla poltrona e, prendendo le mani di Angie, gliele baciò, inchinandosi con il busto in avanti.
« Sarà un onore aiutarvi. I bambini sono fantastici e voi lo siete altrettanto » sussurrò, lanciandomi uno sguardo.
Sentii le gambe tremarmi e il mio cuore aveva preso a battere come impazzito.
Perché?
« Sarei anche felice di sapere se la signorina Jones abbia accettato la mia proposta » disse infine, ricomponendosi.
Angie aveva ormai le lacrime agli occhi e io cercavo in tutti i modi di cacciarli indietro.
Era una grande impresa.
Mi alzai velocemente, facendo sussultare la donna di fianco a me, mentre Michael mi scrutò attentamente negli occhi, attendendo una mia risposta.
« Io... » mormorai.
Guardai Angie ed ella guardò me, annuendo lievemente con il capo.
Una grande svolta.
Presi un bel respiro e, dopo essermi schiarita la voce, parlai: « Sarei più che felice di accettare. »
Un largo sorriso comparì sul suo volto e senza avviso, mi abbracciò, stringendomi contro al suo corpo leggermente scolpito.
« Grazie » sussurrò.
Chiusi per brevi secondi gli occhi e ricambiai la stretta.
Avevo accettato e ora non potevo più ritornare indietro.
Ma avevo fatto bene?
{Revisionato il 06.05.21}
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