ᴄαᴘɪᴛᴏƖᴏ 3
C A P I T O L O 3
« Spero tanto che il signor Jackson si possa sentire a suo agio, qui. »
Angie camminava da una parte all'altra della grande cucina, intenta a sistemare le ultime posate della sera precedente.
La osservavo divertita, studiando ogni suo movimento nervoso che non mi sfuggiva.
Si raccolse velocemente i lunghi capelli in uno chignon affrettato, inchinandosi per estrarre fuori una scodella che poggiò con un tonfo sul fornello ancora spento.
Solo allora le andai incontro, abbracciandola da dietro, mentre la cullavo da destra a sinistra.
Ero solita farlo quando era nervosa e ciò le bastava per farla calmare.
« Il signor Jackson si troverà a suo agio, non si deve preoccupare » mormorai, poggiando il mio mento sulla sua spalla.
Ella si rilassò completamente, abbandonandosi contro al mio petto.
Si sentì più sollevata e lo notai subito, sopratutto quando scorsi dal riflesso del mobile in legno lucido, le sue labbra piegarsi in un sorriso rilassato.
« Questo mi rende felice. Credi che anche Lily lo sia? E tutti gli altri bambini? » domandò, sospirando infine.
Annuì, sorridendo.
« Avresti dovuto vedere come sorrideva quando l'ha presa in braccio. E avresti dovuto vedere come sorridevano i bambini, quando li prendeva per mano » replicai, staccandomi per permetterle di voltarsi verso di me.
Ella non esitò a farlo e quando incrociò i miei occhi, sorrise dolcemente, spostandomi dal viso una ciocca di capelli che andò a depositare dietro al mio orecchio.
« Sono molto fortunata ad averti incontrata, lo sai? Senza di te, questo posto sarebbe stato più macabro. Riesci a far sorridere i bambini, anche quando non ne vogliono sapere. Sei una ragazza speciale » mormorò, sistemando il colletto del mio abito disadorno.
Le sorrisi raggiante, stampandole un bacio sulla guancia.
« Ci sarò sempre per lei,
madre » replicai, stringendomi leggermente nelle spalle.
Ci guardammo per brevi secondi, poi, una figura alta e magra fece il suo ingresso nella cucina.
Quando udii il rumore di passi, mi voltai nella direzione in cui essi provenivano, incontrando il viso imbarazzato di Michael, sorriderci.
Ricambiai il sorriso, allontanandomi leggermente da Angie per accoglierlo dentro alla piccola stanza.
« Vi chiedo scusa per il disturbo. Ma mi piacerebbe tanto poter visitare l'edificio. »
La sua voce era casta, velata da quel tono ostruito che potevo perfettamente udire.
Portò entrambe le mani dietro alla schiena, attendendo una nostra risposta, mentre con lo sguardo ispezionava la mia figura, soffermandosi sull'abito che indossavo.
Fu la prima volta che lo sguardo di qualcuno che non conoscevo, vagare sul mio corpo, non mi diede nessun fastidio.
Di solito odiavo avere così tante attenzioni da parte di uomini a me estranei, ma era come se nel suo modo di guardare, fosse privo di malizia.
Solo quando si ebbe fermato a fissarmi negli occhi, abbassai leggermente lo sguardo, sentendo le mie goti bruciare.
Stavo arrossendo e non mi succedeva spesso, in quei ultimi giorni.
Solo dopo che Angie ebbe notato la mia espressione e il mio modo di fare, parlò: « Signor Jackson. Sarò ben lieta di mostrarle l'istituto. La prego, mi segua da questa parte. »
Michael posò lo sguardo su ella, sfoggiandole uno dei suoi incantevoli sorrisi, togliendosi il cappello che poggiò sulla superficie in legno chiara del tavolo, mentre Angie cominciò a camminare, lasciando che il suono dei suoi tacchi ormai consumati dal tempo, risuonasse tra le quattro mura.
Mi sentivo quasi soffocare per quel lasso di tempo in cui egli aveva poggiato gli occhi su di me.
Non ne sapevo il motivo, ma tutta quell'attenzione, non lo ricevevo ormai da tempo.
Dopo avermi rivolto un ultimo sorriso innocente, si allontanò, stando ai passi di Angie che cominciò a raccontargli qualcosa che non riuscii ad udire.
Solo allora potei permettermi di prendere una boccata d'aria, uscendo nel giardino sul retro, quando venni completamente invasa dai bambini ormai euforici.
Ridacchiai, guardandomi attorno e solo allora mi accorsi che la grande porta in vetro che si trovava nella sala da pranzo e che dava sul giardino, era aperta.
Erano usciti da là, mentre giocavano.
« Kara! Non sai cosa ci ha promesso Michael! » esclamavano.
Li guardai, allegra, mentre prendevo posto sul prato, sedendomi a gambe incrociate, mentre essi mi accerchiavano, lasciando che Lily si sedesse sulle mie gambe.
« Cosa vi ha promesso? » domandai, sistemando i capelli di Lily ormai scombinati.
« Ci ha promesso che ci avrebbe fatto visitare Neverland! » esclamò uno, saltellando leggermente sul posto, da seduto.
Lo guardai, spalancando leggermente gli occhi.
Avevo sentito parlare molto di quel posto, la grande dimora del Re del Pop, l'isola che non c'è.
Avevo visto un paio di foto in una delle tante riviste di casa mia, soffermandomi sui particolari e le descrizioni dei bambini che avevano passato un paio di giorni in sua compagnia.
E, stando al corrente di ciò che scritto, Neverland doveva essere di certo un posto bellissimo.
Avevo visto immagini di montagne russe, animali, piscine e ne ero rimasta da subito affascinata.
Nonostante egli possedesse tutta quella ricchezza e una dimora lussuosa, sembrava comportarsi come una persona normale.
Un comune essere vivente.
« Ci ha promesso che ci avrebbe fatto salire sulle montagne
russe » disse Lily, giocherellando con i capelli della sua bambola di pezza che teneva ancora in mano.
Sorrisi, guardando le espressioni dei bambini presenti dinanzi a me.
Avevano uno sguardo diverso dal solito.
Erano allegri, privi di malinconia.
Avrei tanto voluto che tutta quella felicità durasse per sempre, ma prima o poi anche quella sarebbe dovuta finire.
« E ditemi, quando avrà intenzione di portarvi? » chiesi, sorridendo dilettante.
« Presto! Molto presto! » esclamò Timmy, spalancando le braccia.
Risi, scuotendo lievemente la testa.
Sentire ciò mi fece stare bene.
Era una bella notizia e speravo tanto che un giorno, anche i bambini si sarebbero gustati una giornata di divertimento ad un parco giochi.
Era ciò di cui ogni bambino avesse bisogno.
Una giornata di divertimento.
Guardai Jason, allungandomi di lato per potergli aggiustare il colletto della sua t-shirt rossa.
Le sue guance leggermente abbronzate erano colorate di un rosso acceso, mentre la sua fronte era ancora impregnata dal sudore dovuto al rincorrersi da una parte all'altra del giardino.
Alcuni avevano ancora il fiatone.
« Dov'e Michael, ora? » domandò Lily, alzando la testolina per potermi guardare in viso.
Abbassai lo sguardo, sorpresa.
Incrociai i suoi occhi e le stampai un tenero bacio sulla fronte, sorridendole.
« Sta facendo il giro dell'istituto. Dovrebbe arrivare a momenti » replicai, guardando gli altri che sorridevano.
**
« E questo è il giardino sul retro. I bambini passano la maggior parte del loro tempo qui, dato che il terreno è più tatto. »
Avevo passato così tanto tempo con i bambini, che quando Angie si avvicinò a noi, seguita da Michael che si fermò di fianco a Timmy, per scompigliargli i capelli, mi sembrò che l'ultima volta che la vidi fu ieri.
Le rivolsi una dolce occhiata, sorridendole e lei ricambiò.
Michael si avvicinò a noi, guardandomi dall'alto con un tenero sorriso dipinto sulle labbra.
« Kara Jones. Vedo che i bambini amano la sua compagnia. Non hanno smesso di parlarmi di lei » disse ad un tratto, intascando le mani.
Per un breve secondo, rimasi in silenzio, sperando di aver sentito male.
Ma poi, quando Lily si alzò da sopra di me, affiancando Angie che poggiò le sue mani sulle sue spalle, mi resi conto di ciò che mi fu appena detto.
Guardai velocemente i bambini, spalancando gli occhi, mentre loro, sorridevano a trentadue denti, socchiudendo leggermente gli occhi.
Chiusi brevemente le mie iridi scure, sospirando e quando scorsi davanti a me una mano dalle dite affusolate, spalancaii leggermente gli occhi, alzando lo sguardo.
Michael mi fissava con un sorriso divertito sulle labbra, mentre mi incitava con un cenno del capo ad afferrargli la mano.
Guardai Angie che mi fece l'occhiolino, sorridendo infine mentre si allontanava, rientrando in cucina, poi, puntai nuovamente l'attenzione su Michael che, paziente, aspettava una mia reazione.
Ricambiando il sorriso, presi dolcemente la sua mano, alzandomi con il suo aiuto.
Quel contatto mi causò nuovamente dei brividi lungo la schiena.
Era morbido, privo di calli.
Una volta davanti alla sua figura, mi accorsi di quanto egli fosse alto.
Dovetti alzare leggermente la testa per poterlo ammirare in quegli occhi profondi e scuri.
Erano due perle nere capaci di leggere l'animo di chiunque gli si posasse sotto al suo sguardo intenso.
« La sua compagnia rende i bambini felici » mormorai all'improvviso, abbassando leggermente lo sguardo per strofinare le mie dita sul tessuto del mio vestito.
Michael si guardò attorno, attirando subito a sé, una bambina che gli venne incontro, porgendogli una margherita che staccò nel nostro piccolo orto.
Il ragazzo lo prese fra le mani, ringraziandola con un casto bacio che andò a depositare sulla sua fronte, inchinandosi leggermente con il busto, come solo un gentiluomo sarebbe in grado di fare.
E ciò mi stupì.
Era un uomo semplice ma elegante allo stesso tempo.
« Signor Jackson? » lo chiamai, cercando di catturare la sua attenzione.
Essa non tardò ad arrivare e, dopo aver accarezzato dolcemente la testolina della piccola di fianco a lui, mi guardò, sorridendo.
« I bambini mi hanno parlato della promessa » dissi, accennandogli un lieve sorriso.
Michael ridacchiò, imbarazzato. Si aggiustò la camicia, portando una mano sul fianco, mentre con l'altra continuava a tenere stretto contro al suo corpo, la bambina.
« Esatto. Volevo che fossero in grado di passare una giornata indimenticabile come ogni bambino sognerebbe di passare. Ovviamente avrò bisogno di un vostro consenso, ma, ospitarli nella mia dimora per un paio di giorni, non sarebbe affatto un problema » replicò, assumendo un'aria seria sulle ultime parole.
Ospitarli nella sua dimora per un paio di giorni non sarebbe affatto un problema.
Quella frase. Mi parve di averla letta da qualche parte, ma proprio non ricordai dove.
Lo guardai attentamente negli occhi e lui aggrottò leggermente la fronte, grattandosi la nuca con una mano.
« Lei è d'accordo, signorina Jones? » chiese questa volta, assumendo un'aria supplicante.
Avevo sentito parlare tanto di lui. Dai problemi di carnagione alle accuse di molestie, ma la persona che si presentava di fronte a me in quel momento, era tutt'altra di ciò che scrivevano tutti i giorni nei giornali.
L'avevo da sempre ammirato, segretamente, ma non avevo mai avuto l'opportunità di conoscerlo.
Era un amante dei bambini e per lui, renderli felici, era un dovere.
« Certo. Ai bambini piacerà di sicuro. Come detto prima, la sua compagnia li rende felici » risposi, sorridendogli dolcemente.
Michael mi guardò per brevi secondi, poi Lily ci venne incontro, prendendolo per una mano, mentre Timmy afferrò la mia, scuotendomela.
Abbassai lo sguardo e Michael fece lo stesso e subito incrociai gli occhi supplicanti di Timmy guardarmi dal basso.
« Venite a giocare con noi? » domandò.
Gli sorrisi, lanciando un'occhiata veloce al ragazzo di fronte a me che ricambiò, accennandomi un sorriso divertito, poi, ritornando a poggiare l'attenzione su Timmy, annuii, mentre egli, contento, mi trascinò verso alla massa di bambini intenti a rincorrersi.
Quando li raggiunsi, notai da subito la felicità dipinta sui loro visi.
Era la prima volta, dopo tanto tempo, che riuscivo a rivedere l'armonia fra di loro.
Era come se si fossero dimenticati di tutti i loro problemi, le loro preoccupazioni e le loro paure.
Mi ero fermata ad osservarli per un paio di minuti, che non mi accorsi della dolce voce di Michael, spezzare quel trambusto di risate.
« A cosa volete giocare? » domandò allegro, portando entrambe le mani sui fianchi.
Gli lanciai uno sguardo fuggitivo, notando i suoi lineamenti finiti, contrarsi in un'espressione gioviale.
I bambini invece lo osservarono per vari secondi in silenzio, per poi decidere fra di loro quale gioco scegliere ed infine, Lily parlò con la sua vocina dolce.
« Giochiamo ad acchiappa mosca? » chiese, scuotendo leggermente la mano di Michael.
Egli annuì, ridendo.
« Chi inizia? » domandò euforico, sorridendo a trentadue denti.
Tutti guardarono me ed io, sentendomi presa in causa, arrossii leggermente, stringendomi nelle spalle.
Mi schiarii la gola e, dopo essermi aggiustata il lungo abito, sorrisi.
« D'accordo. Vi conviene cominciare a correre già da adesso. Kara Jones sta per arrivare! » esclamai.
Quando terminai la frase, tutti i bambini, compreso Michael, cominciarono a correre euforici per tutto il giardino, mentre io, ridendo, cominciai ad inseguirli.
E finalmente, dopo tanto tempo, ero riuscita a vedere i loro veri sorrisi.
In poche ore, quei bambini che da tempo avevano perso la propria allegria, ora, sui loro visi, aleggiava una luce diversa che solo con l'arrivo di Jackson, era venuta allo scoperto, colorando le loro facce di una gioia ben diversa da ciò che mi immaginavo.
{Revisionato il 01.05.21}
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