Capitolo 78

C A P I T O L O 78


« Pensi che la lontananza possa uccidere l'amore? »

« La lontananza? No. Non se l'amore è più forte di quella. »

« E allora perché molte persone non si amano più? »

« Perché il loro amore non è grande abbastanza da superare quell'ostacolo. »

Voltai di poco la testa per incrociare lo sguardo di Michael, che, in silenzio mi osservava in un mezzo sorriso.
Avevamo appena finito di cenare e mamma si era rinchiusa in camera dopo aver sistemato la cucina con il nostro aiuto.
In quei giorni aveva cominciato a sentirsi più stanca del solito, dato che, dopo al lavoro mi raggiungeva in ospedale, restando lì fino al termine delle visite.
Ed ora, in quel momento, seduta in compagnia di Jackson sulla piccola ma comoda panchina del nostro giardino, osservavo la Brooklyn quasi addormentata.
Michael mi cinse la spalla con un braccio, attirandomi al suo corpo per poi stamparmi un bacio sulla testa, fra i capelli.

« Ci sono così tante cose che avrei voluto fare insieme a te » sussurrò.

« Quali? » domandai con voce flebile.

« Andare in spiaggia, al parco. Conoscere la tua famiglia. Restar sveglio insieme a te per tutta la notte e sopratutto, sposarti. Vorrei poter essere il padre dei tuoi figli un giorno, Kara Jones. Ed è per questo -» si alzò dalla panchina, prendendo dolcemente una mia mano per assecondarlo. Estrasse fuori una scatolina blu ed aprendola, al suo interno si rivelò esserci un anello bellissimo. Il mio cuore cominciò a palpitare. - « ed è per questo Kara Jackson, che con onore vorrei renderti ufficiale mia fidanzata e futura sposa. Accetta solo questo anello come segno del mio amore per te. »

Con mano tremante mi infilò l'anello al dito, restando poi per brevi secondo a contemplarlo.
Io cominciai a fremere per l'emozione.
Essa mi stava sopraffando.

« Ogni volta che lo porterai e lo guarderai, ti ricorderai di me e saprai che la distanza per noi sarà soltanto un numero di passi contati. Ti amerò fino alla morte, Kara Jackson e anche dopo. Promettimi solo che durante la mia assenza, continuerai ad andare avanti. Ma aspettami, perché io farò lo stesso con te. »

« Michael. Non ci sarà mai nessun'altro nella mia vita. Nessuno che sarà in grado di guardarmi come fai tu, nessuno che sarò in grado di amare come amo te. Ti aspetterò per sempre, Michael Jackson e quando arriverà nuovamente il nostro momento, allora correrò da te. »

Mi guardò dall'alto, una scintilla apparì nelle sue iridi color pece.
Si avvicinò maggiormente a me e mi strinse in un dolce ma forte abbraccio.
Ricambiai la stretta, cingendogli saldo il busto leggermente scolpito.
Percepii un dolore all'altezza del cuore e l'aria venne a mancarmi.
Allontanarmi sarebbe stata l'inizio di una guerra e di un tormento che mi sarei portata addosso, fino al giorno del nostro rincontro.

« Ti amo, Kara. Ti amo come non ho mai amato nessuno » sussurrò.

« Ti amo anch'io, Michael. »









Osservavo mio padre disteso nel letto di quell'ospedale divenuto ormai la causa delle mie insonnie.
Mamma era al lavoro quel giorno e Michael era già ritornato a Neverland.
Mi aveva proibito di accompagnarlo, poiché diceva che la mia presenza gli avrebbe solo reso le cose più difficili.
Non lo biasimavo.
Papà non si era del tutto svegliato e più i giorni passavano, più cominciavo a temere il peggio.
Udii la porta aprirsi alle mie spalle e quando mi voltai, incrociai la figura di una donna sulla trentina varcare la soglia.
Era una donna alta e dai capelli scuri.
Il suo sguardo profondo vagò da una parte all'altra della stanza prima di posarsi sul mio, rivolgendomi infine un dolce sorriso.
Dalla divisa che indossava, dedussi fosse un'infermiera.

« Buonasera, signorina. »

« Buonasera. »

Si avvicinò ai monitor su cui erano visibili tutti i dati e le andature di mio padre e dopo aver controllato la flebo, estrasse dalla tasca della divisa un foglio su cui annotò frasi a me del tutto sconosciute.

« Mio padre come sta? » le domandai, alzandomi dalla sedia alquanto scomoda.

« Il signor Jones ha avuto un brutto trauma. Ma nonostante questo, possiamo dire che col tempo sta migliorando. »

« Quanto tempo ci vorrà prima che si svegli? »

Ella sospirò lievemente, intascando il pezzo di carta.

« È difficile dirlo. Il dottore ha detto che potrebbe farlo nei prossimi giorni, se tutto andrà bene. Ma siamo positivi » replicò.

« Quando potrei parlare col dottor Smith? Ho bisogno di sapere la verità, la prego. »

« Sarà di turno domani, verso l'ora di pranzo. Gli dirò che vuole parlargli di persona, così non dovrà attendere molto. »

La ringraziai con un lieve inchino, rivolgendole un mezzo sorriso che lei si affrettò a ricambiare.
Uscì dalla stanza, lasciandomi nuovamente da sola con mio padre.
Lo guardai, allungando una mano per stringere la sua lievemente calda.

« Papà, devi guarire in fretta. Devo raccontarti così tante cose » sussurrai.

Lanciai un'occhiata alla mia mano, ammirando per brevi secondi l'anello che portavo all'anulare.
Era un bellissimo gioiello, anche se rappresentava in sé la semplicità.
Avevo da sempre amato le cose semplici, perché in un certo senso, se regalate dalla persona giusta, riuscivano ad apparire eleganti.
E quell'anello lo era.
Poi riportai la mia attenzione sul viso rilassato di mio padre.
Mi meravigliavo di quello che in quel momento stesse pensando o vedendo.
Stava sognando? Oppure riusciva a sentirmi?
Stava soffrendo.
Il mio cellulare squillò e destata dai miei pensieri, intascai la mano nella giacca a vento per afferrare quest'ultimo.
Accettai la chiamata.

« Pronto? »

« Kara, sono Angie. »

La voce bassa e dolce di ella mi risuonò nelle orecchie.
Era da tanto che non la sentivo e quella chiamata mi rese alquanto felice.

« Madre! Come sta? » mi affrettai a domandare.

« Sto bene, bambina mia. Tu come stai? Come sta tuo padre? » replicò.

« Papà non si è ancora svegliato, ma i medici sono positivi. Domani parlerò con il dottore in persona. »

« Midispiace non essere lì con te. »

Percepii una nota di malinconia nella sua voce e subito pensai che si sentisse in colpa.
Lei era così.
Era simile a me.

« I bambini hanno più bisogno di te. Come stanno? »

« Stanno tutti bene. Quest'anno è il loro anno, perché molte famiglie e coppie chiedono di loro, ma per Lily non arriva nessuna richiesta. Sembra che sia invisibile e lei è sicura che mai troverà una famiglia in grado di amarla. »

« In quanti sono rimasti? »

« Circa dieci bambini. Tutti chiedono continuamente di te. »

« Ritornerò a farli visita un giorno. Solo, devo assicurarmi che le cose qui vadano al meglio » replicai.

« Ti aspetteremo » mormorò.

Dopo una piccola conversazione, chiusi la chiamata, poggiando il cellulare sul tavolino vicino al letto.
Sollevai una mano per allungata verso al viso poco sudato di mio padre.
Poggiai il palmo sulla sua fronte per assicurarmi che non avesse più la febbre.
Ed era per quello che sudava.
Dopo che perse i sensi, i dottori dissero a mia madre che la temperatura del suo corpo salì notevolmente.
Ma quel giorno, sembrava che stesse meglio.
Era una cosa positiva.
Chiusi gli occhi e poggiai la testa sul materasso, cercando con una mano la sua per stringerla dolcemente.
Ero stanca. Esausta.
Le forze cominciarono ad abbandonarmi e in pochi minuti mi addormentai, percependo il calore del corpo di papà, riscaldare di poco quello mio.
Volevo che si svegliasse.
Che smettesse di soffrire.
Perché era sempre lui il protagonista di tutte le agonie?
Per tutto quel tempo, pensai di voler essere io al suo posto.
Volevo soffrire io al posto suo, perché lui aveva già sofferto abbastanza.

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