Capitolo 75

C A P I T O L O 75


«Da quanto tempo è incosciente? »

« Da un paio d'ore. I dottori mi hanno riferito che c'è poca probabilità che riesca a superare la notte. »

I passi nervosi di Michael che riecheggiava nella piccola stanza, mi arrivarono dritti alle orecchie, come una nota d'allarme e di agitazione che potevo percepire fino al letto su cui giaceva mio padre e vicino alla quale avevo preso posto su una sedia alquanto scomoda.
Mia madre, invece, era immobile davanti alla grande vetrata che dava sulla città quasi addormentata.

« Non è riuscito a vedermi » sussurrai, allungando una mano per afferrare dolcemente quella di mio padre.

Era calda.

« Tuo padre mi ha parlato di te, ieri sera. Mi ha confessato la gioia che provava nel vederti ormai felice. Con un uomo fantastico al tuo fianco. Mi ha detto che mi amava, ma io ero così stanca che non sono riuscita a rispondergli. Mi sono addormentata subito dopo » mormorò mia madre con la voce leggermente strozzata.

Stava per piangere. Lo potevo notare dal continuo battere delle ciglia, dal modo di asciugarsi il palmo delle mani sudate sulla stoffa del suo vestito scuro.
Mia madre era da sempre stata un libro aperto.
Sopratutto nei momenti di quel tipo.
Mi alzai dalla sedia per raggiungerla e senza esitare la strinsi in un dolce abbraccio, poggiando il mento sulla sua esile spalla.

« Papà si sveglierà mamma. Lui è una persona forte. Proprio come te. Ricordi? Lui è un guerriero » le sussurrai con tono lene, accarezzandole lentamente la schiena.

Ero solita farlo quando dovevo confortarla e lei lo trovava rilassante.
La faceva sentire al sicuro e le prometteva che sarebbe andato tutto bene.
Michael si era soffermato a fissare un punto vuoto della stanza.
Soffriva più di me.
Riportai la mia attenzione su mia madre e lentamente mi sciolsi dall'abbraccio, prendendole le mani leggermente tremanti.

« Mamma, perché non ti prendi una pausa? Resto io con papà » le consigliai, accennandole un lieve sorriso.

Ella scosse la testa più volte.

« No, no. Tuo padre ha anche bisogno di me e non lo lascerò fino a quando non si sveglierà. Deve sapere che ci sono per lui, Kara. Deve sapere che lo amo » replicò.

« Ti prometto che gli resterò accanto ogni minuto, mamma. Ma in questo momento tu hai bisogno di una pausa. Ti prego. »

Percepii una figura alta sovrastare la mia e prima che potessi aggiungere altro, Michael mi affianco, precendendomi.

« La accompagnerò io in persona, signora Jones. I miei uomini attenderanno qui nel caso a Kara servisse aiuto » esordì.

Il suo sguardo premuroso e la sua dolce voce bastò a rilassare mia madre.
Si lasciò convincere. L'idea di farsi accompagnare da qualcuno che conosceva, la faceva sentire a suo agio.
Inoltre, sapeva benissimo che non l'avrei lasciata restare lì più del dovuto.
Aveva lavorato tutta la giornata, quel giorno.

« Promettimi che qualsiasi cosa dica il dottore, tu non mi nasconderai nulla »
mi disse.

« Te lo prometto » replicai.

Si avvicinò alla mia figura e mi strinse in un forte abbraccio per poi raggiungere mio padre.
Si chinò in avanti con il busto e gli stampò un bacio sulla fronte.
La sentii sussurrargli un "ti amo" sincero e rivolgendomi un ultimo sguardo di gratitudine, camminò lentamente verso la porta.

« Prenditi cura di lei, Michael » mormorai.

« Lo farò. Sicura di poter restare qui da sola? » mi chiese, allungando una mano per sfiorarmi la guancia.

Annuii.

« Lei ha più bisogno di te ora. Io me la caverò » risposi.

« D'accordo. Chiamami nel caso ci fossero novità e nel caso avessi bisogno di qualcuno con cui parlare. Di me. »

« Grazie. »

Si tese in avanti e mi lasciò un bacio sulla guancia, allontanandosi subito dopo.
Lanciò un'occhiata nella direzione in cui c'era mio padre e senza proferire parola, uscì dalla stanza ormai fredda, chiudendosi la porta alle spalle.
Solo allora venni pervasa dalla tristezza.
Mio padre stava male ed io non potevo fare niente per poterlo aiutare.

« Papà. Papà so che mi senti » lo chiamai, prendendo nuovamente posto sulla sedia.

Gli sfiorai la guancia leggermente sudata e per metà occupata dal filo del respiratore.
Il rumore del cardiofrequenzimento riecheggiava nella piccola stanza e l'odore forte disinfettante mi pizzicava le narici.

« Papà. Michael mi ha chiesto di sposarlo » sussurrai.

La vista comincia ad offuscarsi e prima che potessi emettere altro suono, scoppiai in un pianto disperato.

« Hai detto che mi avresti accompagnato all'altare, ricordi? Che avresti visto il mio sogno realizzarsi, papà. Quindi non puoi andartene adesso, chiaro? Tu devi ritornare da me. Da noi. La mamma non può vivere senza il suo re » singhiozzai, aumentando la presa alla mano.

« Papà, io non voglio perderti. »










Passarono giorni dall'ultimo accaduto.
Papà non si era ancora svegliato ed io non avevo ancora perso la speranza di poterlo riabbracciare presto.
Mamma invece aveva iniziato a passare gran parte del suo tempo sulla panchina del nostro piccolo giardino.
Non ero ritornata a Neverland da allora.
Non ero riuscita ad avere notizie di Angie da nessuno e più il tempo passava più mi rendevo conto che non solo le giornate si facevano più monotone del solito, ma avevo anche cominciato ad allontanarmi dalle persone che amavo.
Non avevo lasciato che Michael si prendesse cura di me e nonostante le proteste da parte sua, ero riuscita a convincerlo a ritornare a casa.
Sistemavo la poltrona dove poco prima ero seduta, intenta a leggere uno dei miei libri preferiti.
Peter Pan non ero ancora riuscita a cominciarlo e ormai lo trovavo impossibile poterlo leggere a Michael.
Sapevo che sarebbero cambiate tante cose da quel momento.
Non volevo allontanarmi da mia madre né da mio padre.
L'idea di lasciarla da sola, mi terrorizzava.
Lei aveva bisogno di me ed io di lei.
Presi la fodera chiara tra le mani, avvicinandomi alla finestra che dava sul cortile dopo poco distante scorsi la figura esile di mia madre.
Se ne stava in silenzio a contemplare il cielo grigio che minacciava forti temporali e la brezza di mezzogiorno le sfiorava i capelli corti.
Mi faceva male vederla in quello stato, ma non potevo aiutarla.
Erano i sentimenti a renderla in quel modo.
Vulnerabile.
Questo lo capii anch'io.
Con ancora la coperta fra le mani, uscii dal retro della nostra piccola cucina e mi incamminai verso di lei.
Una volta raggiunta, mi sedetti vicino a lei, appoggiando la testa sulla sua spalla.

« A cosa pensi? » le domandai dolcemente.

« Penso a quanto sia fortunata ad averti. Qui. In questo momento » rispose.

Sorrisi, prendendola a braccetto.

« Ci sarò sempre per te, mamma. »

Mi stampò un piccolo bacio sulla fronte, sciogliendo la presa per cingermi la spalla e stringerla maggiormente al suo corpo.
Chiusi gli occhi, abbandonandomi al suono del suo lene respiro.

« Come vanno le cose tra te e
Michael? » mi chiese ad un tratto.

Avvampai all'udire il suo nome.
Non le accennai nulla a riguardo della proposta e subito mi sentii terribilmente in colpa.
Non le avevo mai nascosto niente.
Almeno, fino a poco tempo fa.

« Michael... Michael lui - »

« Oddio! Non dirmi che vi siete lasciati? » esclamò.

Scossi la testa, ridacchiando lievemente.

« No mamma. Michael mi ha chiesto...di sposarlo » sussurrai.

A quella risposta, ella spalancò gli occhi, sussultando sulla panchina che tremò sotto al mio corpo.

« Cosa? È dov'è l'anello? » domandò, prendendo entrambe le mie mani.

« Non me lo ha chiesto con un anello. Non voleva che destassimo sospetti, dopotutto quello che dicono. »

« Destare sospetti? Di cosa state parlando? Amatevi e basta! Tutto il mondo dovrebbe sapere che mia figlia sta con un uomo fantastico! Non potere nascondere alle persone quello che provate, tesoro. »

L'espressione soleggiata del suo viso mi strappò un sorriso.
Ero sollevata all'idea che non si fosse arrabbiata e fu proprio per quello che mi vergognai.
Ero stata egoista e le avevo nascosto una notizia che l'avrebbe resa felice.
L'avevo tenuta per me. Proprio come un'egoista.

« Dici che sarò mai una brava moglie? Intendo, non è facile. Tu fai tante cose. Io non faccio nemmeno la metà di quello che fai tu » sussurrai, abbassando di poco lo sguardo.

Ella si avvicinò maggiormente al mio corpo, allungando una mano per portarla sotto al mio mento, sollevandomelo infine.

« Sarai una moglie perfetta. Bambina mia, essere moglie non vuol dire solo cucinare e badare alla casa. Vuol dire essere in grado di amare tuo marito anche nei momenti più buii. Vuol dire accettare la persona con cui condividerai poi il resto della tua vita, per quello che è. Non per quello che ti darà. Tu ami Michael per la persona che è. L'ho visto nei tuoi sguardi. Nel tuo sorriso ogni volta che ti rivolge un'occhiata. Tu sarai e sei una donna meravigliosa » replicò.

Le sorrisi, annuendo lievemente.

« Papà è fortunato ad averti » esordii.

Mamma ridacchiò, scuotendo di poco la testa.

« No, Kara. Io sono fortunata ad averlo. »

In salute e in malattia.

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