Capitolo 71
C A P I T O L O 71
« No, non credo che il signor Jackson abbia tempo, oggi. È molto impegnato con il lavoro. »
Javon era intento a discutere al telefono con qualcuno che non conoscevo affatto.
Era una giovane donna, da ciò che dedussi dalla voce.
Michael non era a casa, mentre io ero intenta a pulire le ultime finestre della grande sala da pranzo, mentre Javon, stretto nel suo uniforme scuro, camminava da una parte all'altra della stanza.
Indossava i suoi soliti occhiali dalle lenti scure, nascondendo così le sue belle iridi chiare.
Era davvero un bel uomo.
« No, te l'ho già detto! Non posso costringerlo. Certo. La richiamerò non appena avrò sue notizie. Buona giornata. »
Chiuse la chiamata subito dopo, restando per brevi secondi in silenzio a fissare la schermata del suo cellulare.
Avrei voluto domandargli se fosse successo qualcosa, ma in quel momento, avevo timore di non immischiarmi in faccende del tutto professionali.
Io ero lì per lavorare, dopotutto.
Ma la sua espressione corrucciata e il modo frettoloso in cui intascò il portatile, mi destò sospetti che non riuscii a reprimere.
Volevo sapere cosa stava succedendo, anche se erano questioni lavorative.
« È tutto apposto? » mi azzardai a chiedere.
Parlai a voce bassa, tant'è che egli faticò ad udire la mia domanda.
Sollevò lo sguardo e mi osservò per brevi secondi senza proferire parola, poi scosse la testa, regalandomi un sorriso rassicurante.
« Sì. È tutto apposto, signorina Jones. Sono solo le solite chiamate » si limitò a rispondere.
Le solite chiamate?
Stavo per ribattere e dirgli che se c'era qualcosa che non andasse, mi sarebbe piaciuto saperlo, ma lui aveva già lasciato la stanza senza nemmeno congedarmi, uscendo a passi svelti.
Non volevo che Michael avesse dei problemi. Avevo paura che la nostra relazione fosse venuta allo scoperto e spesso, di notte, faticavo a chiudere occhio, pensando a cosa sarebbe potuto accadere se ciò un giorno sarebbe venuto a galla.
Non me lo sarei perdonata.
Sapevo chiaramente che non solo avrebbe deluso i suoi colleghi fuori da quella dimora, ma anche i suoi ammiratori.
Ero a conoscenza delle conseguenze che essa gli avrebbe portato e anche lui lo sapeva.
L'ultima cosa che volevo, era ferirlo.
Ma come potevo allontanarmi da qualcuno che realmente amavo?
Come potevo fingere di non farlo, quando lo ricercavo tutti i giorni?
No, non potevo. Eppure avrei voluto.
Il mio mondo era diverso dal suo. Aveva ragione lui. Me lo disse francamente minuti prima di baciarmi. Il nostro primo bacio.
Sospirai frustata, lanciando un'occhiata fuori dalla grande vetrata che dava sul grande giardino decorato.
Giorni fa parlammo di matrimonio ed ero davvero entusiasta all'idea di diventare sua moglie.
Era il mio più grande desiderio, in quel momento.
Ma poi non toccammo più l'argomento e parlare aveva cominciato a risultarci difficile, per via del suo lavoro e della sua mancata presenza.
Avevo cominciato a parlare scarsamente e la maggior parte delle nostre conversazioni riguardavano nuovamente l'argomento del lavoro.
Proprio come un tempo.
« Kara Jones. Il bagno del personale è davvero un fienile. Perché non gli dai una ripulita? »
La voce autoritaria di Glenda rimbombò nella stanza, destandomi dai pensieri.
Le rivolsi un'occhiata seria, quasi stupita.
« Non ho ancora finito di pulire le fin- »
« Dimentichi chi comanda,
qui? » esclamò.
« E cosa ne sarà d- »
« Esiste sempre il dopo, Jones. Vedi di farlo splendere prima dell'arrivo degli ospiti » parlò seria.
Sospirai frustata, poggiando il panno umido sulla superficie liscia di un mobile in legno.
« Sarà fatto » mormorai.
Glenda mi rivolse un sorriso che non seppi decifrare e sistemandosi i lunghi capelli lungo le spalle, si voltò, uscendo.
Ero arrabbiata.
Non sopportavo dover obbedire ai comandi di Glenda, ma il mio lavoro non mi lasciava altra scelta.
Aveva cominciato ad odiarmi già dall'inizio e forse avrebbe continuato a farlo per il resto dei giorni.
Io volevo solo tranquillità. Ero venuta lì per uno scopo e avrei mantenuto la mia parola.
Non volevo deludere i miei genitori, nemmeno Angie e i bambini.
Non volevo deludere me stessa.
Mi aggiustai la divisa lungo i fianchi e inchinandomi con il busto, sollevai la bacinella contenente d'acqua, incamminandomi verso alla porta.
Uscii dalla sala da pranzo, percorrendo il grande e lungo corridoio addobbato e mi soffermai dinanzi alla soglia del bagno, allungando un braccio per abbassarne la maniglia, spalancando la porta.
Per fortuna il bagno del personale non era molto grande e di sicuro avrei terminato le pulizie in poche ore.
Poggiai la bacinella al bordo della vasca e allungando le braccia in alto, mi stiracchiai, sbadigliando.
« Bene, Kara Jones. Questo, le finestre e per oggi hai finito. »
« Glenda, possiamo parlare? »
Erano da giorni che cercavo in tutti i modi di rivolgerle la parola, ma lei aveva continuato ad ignorarmi, evitandomi per quasi tutta la giornata.
Avevo sperato di trovarla da sola, almeno per qualche minuto, soltanto per porgerle le mie più sincere scuse.
Ed ora, quasi come un desiderio esaudito, la trovai di fronte al grande lago, intenta a fumarsi una sigaretta.
L'avevo affiancata, tenendo le mani lungo i fianchi.
Era una giornata come tante altre e il sole splendeva alto nel cielo.
« Che cosa vuoi, Kara? » sbraitò, voltandosi bruscamente verso di me.
La guardai, cercando di restare il più seria e sicura possibile.
Avevo paura di ferirla, di renderla parte ad una sofferenza di cui era stata già vittima.
Ma non potevo fingere che fosse tutto apposto.
Non volevo farlo.
« Quando mi raccontasti di Michael, io non sapevo realmente ciò che provavi per lui » dissi.
Ella rise nervosa e portandosi la sigaretta alle labbra, ne inspirò il fumo, rigettandolo via subito dopo.
« Vuoi sentirti in pace, dopo essere andata a letto con il mio ex fidanzato? » domandò.
Mi sentii offesa, presa in giro dalla donna che fino a poco tempo fa, aveva donato tutta se stessa alla persona che ora ritengo quasi mio marito.
« No. Quello che sto facendo con Michael, non lo riterrò mai un errore » risposi.
Ella annuì.
« È quello che dissi anni fa a mia madre. Pensavo sarebbe andato tutto perfetto, ma quando troverà un'altra donna, Kara Jones, tu sarai la seconda scelta. Proprio come ha fatto con me » parlò.
« Tu volevi i suoi soldi » esclamai.
Glenda mi guardò, un'espressione del tutto sorpresa si fece spazio sul suo volto finito.
Le sue iridi grigie vagarono per tutto il mio viso, soffermandosi infine nei miei occhi scuri.
« Scusa? » domandò.
Percepii una pressione al basso ventre, quasi stessi soffocando.
« Tu volevi i suoi soldi. »
« È stata mia madre a dirmi di farlo. Io non lo avrei mai ferito, Kara! » esclamò.
Ridacchiai, guardando altrove.
« Tua madre? Se davvero lo amavi, non le avresti dato retta » sussurrai.
« Attenta a come parli, Jones! Sai benissimo che Michael ti è soltanto vicino per pietà! Lui non è quella persona che credi sia. Lo sai benissimo » urlacchiò.
« Hai ragione! È la persona più dolce e altruista che io abbia mai conosciuto e mi dispiace se fra voi due non è andata bene, Glenda. Ma non puoi incolparmi di amare la persona che tu non sei riuscita ad amare
abbastanza! » esclamai.
Fu tutto in un attimo.
Percepii il palmo di una mano andare a contatto con la mia guancia che subito dopo cominciò a bruciare e solo allora mi ressi conto che quello che ricevetti, fu uno schiaffo.
Virai la testa altrove, restando per brevi secondi impassibile.
Ero arrabbiata, agitata ma anche triste.
L'avevo ferita. L'avevo ferita e lei non esitò a ricambiare.
Io non ero lei.
« Michael è stato un codardo a non ritornare. Quand'è stata l'ultima volta che si è davvero preso cura di te, Kara? Quando ha deciso di portarti a cena fuori, mostrarti al mondo intero come la sua ragazza o lasciare il suo lavoro per te? Non l'ha fatto e forse mai lo farà. Gli serve qualcuno che sarebbe in grado di confortarlo ed è per questo che ha scelto te. Perché sei davvero brava con le parole » proferì con voce tremante.
Rimasi in silenzio, guardando altrove.
« Noi ce l'abbiamo quel
rapporto » mormorai.
Glenda buttò via il mozzicone.
Si portò le ciocche di capelli fuori posto dietro all'orecchio e mi guardò.
« Allora prova a chiederglielo. Chiedigli di presentarti come la sua ragazza alla sua famiglia e al mondo intero. Con me ha esitato. E lo farà anche con te » disse.
Si allontanò dalla mia figura, camminando con passi lunghi verso alla porta che conduceva alla grande.
Rimasi lì ancora per un po', guardando un punto indefinito dinanzi alla mia visuale.
Avrei dovuto tentare? Per cosa?
Stavo bene così com'eravamo. Non avevo bisogno di metterlo alla prova per approvare ciò che realmente provava per me.
Lui non lo avrebbe mai fatto con me.
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