Capitolo 68
C A P I T O L O 68
« Ne vorrei un po' anch'io, ti prego. »
Ero in piedi di fronte alla lunga tavola bandita di bibite e cibo ancora fumante.
Stavo versando un po' di vino nel calice di Bill, quando Glenda fece il suo ingresso nella grande sala.
Camminava velocemente in mia direzione e prima che potessi proferire parola, ella mi afferrò per un braccio, strattonandomi fuori dalla stanza.
Mi trascinò in cucina e mi strappò via la bottiglia di vino dalle mani, appoggiandolo sul bancone alla sua destra.
« Che razza di donna sei?! Non ti vergogni di tutto questo?! » esclamò seria.
Rimasi in silenzio, con le braccia lungo i fianchi e le labbra leggermente socchiuse.
Non riuscii a risponderla, perché dopotutto aveva ragione lei.
Le avevo nascosto una relazione per così tanto tempo e l'avevo nascosto al resto dello staff.
Ero stata un'egoista ad aver pensato soltanto alla mia felicità e non mi ero resa conto di aver deluso tutti i miei colleghi.
Avevo deluso coloro che mi avevano visto come una faccia amica, che mi avevano trattata come una di famiglia e non potevo più tornare indietro.
Avevo perso tutto.
« Mi dispiace » sussurrai.
Ella mi guardò per brevi secondi in silenzio, serrò la mascella e senza esitare mi diede uno schiaffo.
« Ti dispiace? Bastarda, come hai potuto avere una relazione segreta con Michael?! Dopo tutto quello che ti dicevo, dopo che hai scoperto che sono ancora innamorata di lui! Non ti vergogni? » urlò.
« Sono stata un'egoista, perdonami » mormorai.
Cominciai a piangere silenziosamente, cercando di trattenere i singhiozzi.
La donna dinanzi alla mia figura sospirò frustata, si voltò a destra e senza rispondermi, afferrò la bottiglia di vino aperta, scaraventandomi il liquido contente sul viso.
« No, sei soltanto una baldracca, proprio come tua sorella. »
Proprio come tua sorella.
Aveva ragione.
Si allontanò dalla mia presenza subito dopo, camminando velocemente e in poco tempo mi ritrovai da sola, sporca di vino e con la divisa ormai fradicia.
Tirai su col naso e mi asciugai il viso con le mani, poi afferrai un panno dall'altra parte del pianale e chiudendo di poco la porta, mi avvicinai al liquido riversato sulla pavimentazione chiara.
Mi chinai, flettendo le ginocchia e con le mani ancora tremanti asciugai la bevanda, alzandomi subito dopo.
Mi voltai e mi bloccai sul posto quando intravidi la figura alta e robusta di Javon, stretta nel suo elegante completo scuro.
Mi osservò in silenzio, tenendo le braccia lungo i fianchi e prima che potessi parlare, egli mi precedette: « Non lo dirò a nessuno. Nemmeno a Michael. »
Gli rivolsi un leggero sorriso di gratitudine e subito dopo mi voltai, dandogli le spalle.
Mi vergognavo a mostrarmi in quello stato; sporca di vino e piangente come una bambina indifesa.
Udii dei passi alle mie spalle e la porta chiudersi subito dopo.
« Glenda non ha mai voluto accettare l'idea che Michael sia andato avanti con la propria vita. Lei dice di non esserci riuscita, di avere ancora il ricordo di loro due come un'avvenimento di una sera precedente. Ma sono pochi quella che la credono » parlò.
Abbassai lo sguardo, poggiando il panno sporco sul pianale di fronte a me.
« È difficile dimenticare qualcuno che si ha amato » sussurrai.
Javon mi raggiunse, affiancandomi.
La sua alta e possente figura sovrastava la mia.
Allungò una mano e mi scostò dal viso una ciocca di capelli che premuroso andò a deporre dietro al mio piccolo orecchio.
« No, signorina Jones. Ho visto persone dimenticarsi dopo aver passato trent'anni insieme, se non di più. Ho visto coppie allontanarsi e non vedersi più in viso, dopo mesi e anni di amicizie e storie d'amore. Non è difficile dimenticare qualcuno che si ha amato. È difficile dimenticare qualcuno a cui hai dato tutta te stessa pur di proteggere la vostra relazione e da persone che non solo bramano soldi, ma anche potere. È difficile dimenticare una persona con cui si è stato bene. »
Mi voltai verso alla sua direzione, osservandolo dal basso con aria interrogativa.
« Non capisco io- »
« Michael non è uscito con nessuna donna, quella notte. Non lo avrebbe mai potuto fare. Nascondere una relazione per così tanto tempo? No, è la prima volta che lo fa. Non avrebbe di certo mandato all'aria tutto ciò che avete fatto e passato
insieme » disse.
Era la prima volta che nascondeva una relazione?
« Io sono così confusa. Signor Beard, mia madre aveva ragione quando mi disse che il mio mondo era del tutto diverso da quello di Michael » risposi.
Egli rise lievemente, poggiandosi completamente al pianale.
« Il vostro mondo è diverso? Cos'è ciò che lui ha e che tu non hai? Oppure, ciò che lui fa e che tu non puoi fare? » domandò.
« Lui è un'icona del Pop, una persona molto famosa. Io sono soltanto una semplice
domestica » replicai.
« Quindi tu mi stai dicendo che lui è famoso e tu no? Cos'avete in comune, invece? »
« Adoriamo stare in compagnia dei bambini ed aiutare il prossimo » replicai.
« Solo quello? »
Scossi la testa.
« Amiamo passare del tempo insieme » sussurrai.
Egli mi rivolse un dolce sorriso, annuendo subito dopo.
« I soldi non possono comprare l'amore, signorina Jones » parlò all'improvviso.
Lo guardai confusa, aggrottando la fronte.
« Questo la famiglia Hill non l'ha capita » concluse, rivolgendomi un lieve sorriso.
La mattina seguente mi svegliai molto presto.
Non riuscii a prendere sonno e per quasi tutta la notte avevo camminato da una parte all'altra della stanza.
Ripensai alla conversazione con Javon, alla discussione con Glenda e all'assenza di Michael durante alla cena.
Era rimasto tutto il tempo chiuso nel suo studio, tra una chiamata e l'altra e non avevo avuto modo di rivederlo.
Mi mancava. Avrei voluto stringerlo, baciarlo dopo mesi in cui non avevo avuto la possibilità di farlo.
Bramavo le sue mani sul mio corpo, il suo sguardo incrociato col mio e i suoi modi premurosi nei miei confronti.
Ero sopraffatta da lui e non potevo negare che la sua mancata vicinanza mi lasciava un vuoto al centro del petto.
Lo volevo vicino a me.
Mi stiracchiai, percependo il familiare dolore lungo la schiena e sollevandomi lentamente con il busto, mi ritrovai seduta.
Poggiai i piedi nudi per terra e subito venni pervasa da brividi, quando la mia pelle andò a contatto con il pavimento in legno freddo.
Quella sarebbe stata un'altra dura giornata di lavoro e più il tempo passava, più risentivo la stanchezza invadermi il corpo.
Ero esausta.
Sospirando frustata, mi alzai completamente dal letto e indossando le mie ciabatte rosa pastello, mi avviai verso al mio bagno personale, chiudendomi infine dentro.
Mi lavai il viso e mi feci un bagno rilassante, prima di avvolgere il mio corpo in un asciugamano e ritornare in camera, spalancando infine il grande armadio a due ante.
Faceva abbastanza freddo quella mattina e nonostante avessi tanto sperato in un caldo rientro della stagione primaverile, essa sembrava non arrivare mai.
Afferrai la mia pulita divisa azzurra e la indossai, sistemandomi infine i capelli che legai in una coda alta.
Mi guardai allo specchio svariate volte e quando fui sicura di essere più che presentabile, uscii lentamente dalla stanza, dirigendomi al piano inferiore.
Gli altri dormivano ancora.
Guardai l'orologio da parati, una volta arrivata sotto allo stipite della cucina e sorpresa, mi accorsi che erano appena le sei del mattino.
« Buongiorno a te, Kara Jones » parlai.
Avanzai verso al frigo, aprendolo e senza esitare allungai una mano per prendere una bottiglia di arancia fresca, poggiandola infine sul pianale poco distante da me.
Non avevo per niente fame, anche se la sera precedente non mi ero unita alla ricca e squisita cena di sempre.
Volevo soltanto ritornare al lavoro e finire in anticipo.
Dopo aver cercato un bicchiere pulito, lo presi, appoggiandolo vicino alla grande bottiglia.
Feci per sollevare il flacone, pronta a versare un po' del suo contenuto nel boccale, ma una voce familiare mi bloccò.
« No, Thomas, devono capire che non è vero! Non ero soltanto con quella donna, quella notte. Josh, suo marito era con noi! »
Mi fermai ad ascoltare e dalla porta socchiusa, potei subito scorgere la figura di Michael camminare avanti e indietro lungo il grande ingresso, intento a parlare al telefono.
Stava quasi urlando ed aveva un'espressione seria, quasi arrabbiato.
« Come non puoi fare niente? Thomas, ti prego. Non posso continuare a dormirci su, capisci? Non questa volta » esclamò, portandosi nervosamente la mano sulla propria fronte.
Rimase in silenzio per brevi secondi, ma subito dopo parlò:
« Pagarli? Sono tutte menzogne, non dovrebbe nemmeno essere sul giornale! »
Feci un passo in avanti, ma prima che potessi farne altri, la porta principale si aprì e Javon e Bill fecero il loro ingresso, fermandosi di fronte a Michael.
Bill gli sussurrò qualcosa all'orecchio ed egli annuì in risposta, sollevando una mano in segno di gratitudine, poi, rivolgendosi al mittente della chiamata, disse: « Darò loro tutti i soldi che vorranno, ma ti prego di risolvere subito questa faccenda. Non riesco a dormire la notte e nemmeno a mangiare. Thomas, non voglio perdere la persona che amo. »
Chiusi gli occhi, sospirando lievemente.
Ero stata una sciocca a dubitare di lui.
Ero stata così accecata dalla gelosia e dalla tristezza da non riuscire a credere alle parole dell'uomo che avrebbe fatto e dato di tutto pur di starmi accanto.
Avevo sbagliato e ne ero consapevole.
Udii dei passi allontanarsi e quando aprii gli occhi, mi accorsi che Michael non c'era più.
Si era allontanato insieme alle sue guardie del corpo ed io non ero nemmeno riuscita a salutarlo.
Mi pentii di averlo trattato in quel modo e di avergli parlato in quel modo.
Ero stata un'egoista e non mi ero nemmeno fermata ad ascoltarlo, dando ragione ad un pezzo di carta sporco.
Avevo commesso un grande errore.
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