Capitolo 67

C A P I T O L O 67

Stavo pulendo il grande cortile con l'aiuto di Leticia e Glenda.
Avevo da poco finito di parlare con Angie e i bambini ed ero piuttosto sollevata e felice di aver nuovamente sentito le loro voci.
La giornata era a dir poco solare, per non parlare della leggera brezza che solleticava insistente il mio collo scoperto.
Si stava molto bene all'aperto e Leticia ci aveva proposto di lavorare fuori, quella mattina.
Era ormai da mesi che non vedevo Jackson e non ricevevo sue notizie ormai da settimane.
Avevo avuto un paio di telefonato con Javon e lui era riuscito a rassicurarmi, dicendomi che Michael era in ottime condizioni.
Mi aveva detto che si divertiva e che era molto preso dalla situazione economica e dal stile di vita di quei pochi paesi che aveva visitato, con l'intento di promuovere il suo nuovo album.
Aveva scalato le classifiche già dall'inizio ed era rimasta in cima ad esse per così tanto tempo.
Ero molto fiera di lui, ma da una parte mi sentivo amareggiata.
Mi mancava e lui non mi aveva nemmeno telefonata.
Quando ero io a farlo, mi rispondeva spesso la segreteria e il più delle volte era Bill a rispondere al suo posto.
Speravo inoltre che le sue guardie del corpo non sospettassero nulla.
Non volevo che Michael finisse nei guai.
Dall'ultima volta che incontrai il padre della ragazza, passarono ormai settimane e quando avevo un po' di tempo, andavo spesso a trovarlo, portandogli di tanto in tanto qualche fetta di torta che avanzava dal nostro pranzo abbondante.
Lui era sempre felice di rivedermi.

« Randy verrà qui, domani. »

Alzai lo sguardo e subito incontrai il viso di Glenda contratta in un'espressione quasi allegra.
Aveva cominciato spesso a parlare di lui e a volte si perdeva anche in pensiero che dopo svanivano, lasciandole un leggero sorriso sulle labbra.
Ero sollevata all'idea che avesse trovato qualcuno in grado di renderla felice, ma non potevo di certo non invidiarla.
Lei poteva perfettamente parlare di lui all'aperto, con chi voleva, senza la paura di essere scoperta o di finire sui giornali di tutto il mondo.
Poteva amarlo pure in pubblico, senza timore di occhi indiscreti o parole poco raffinate che volavano da una bocca all'altra.

« Sul serio? Non dirmi che state insieme? » esclamò Leticia, allargando le braccia con un largo sorriso.

Glenda sorrise imbarazzata, quasi rideva.

« Sai benissimo che avere un altro ragazzo non rientra nei miei piani. Dopo a quello che è successo con Michael, non voglio dover piangere nuovamente. Hai sentito molto bene quello che mi ha detto mia madre » replicò.

« Tua madre non sarà di certo la persona che comanderà la tua vita privata » dissi.

Tutti e due mi guardarono e quasi temetti di aver sbagliato.
L'espressione di Glenda si fece del tutto seria. Serrò la mascella e riprese a pulire i grandi vetri delle finestre ormai spalancate.
Ma non potevo lasciarla andare.
Sua madre non poteva per sempre ostacolarle la vita sentimentale. Era ormai una donna e avrebbe dovuto capirlo.

« Hai sofferto per la prima persona, ma non puoi privarti di essere felice, soltanto perché tua madre non vuole saperne. Sei ormai ad- »

« Cosa succederà quando mi sbatterà la porta in faccia? Quando mi caccerà completamente di casa? » mi chiese, fermando ciò che stava facendo.

« Potrai sempre venire da me. »

Ella rimase in silenzio, spalancò gli occhi, sorpresa dalla mia risposta.
Mi scrutò per brevi secondi in silenzio e prima che potesse parlare nuovamente, udii il rumore di un campanellino da bicicletta e voltando la testa, mi accorsi che in fondo alla strada, dietro al cancello, vi era un uomo che reggeva in mano una pila di giornali.
Allungò una mano, lanciandone uno dentro al cortile e con un sorriso che, dato la mancata vicinanza non seppi decifrare, se ne andò, pedalando velocemente.
Scesi i piccoli gradini, camminando verso al giornale che giaceva sulla stradina ciottolata e inchinandomi con il busto, lo raccolsi, aprendolo del tutto.
Rimasi senza parole quando i miei occhi catturarono l'immagine di un uomo e di una donna davanti all'entrata di un hotel alquanto lussuoso.
“Jacko e la nuova fiamma?”

« Di cosa state parlando? Non può essere » sussurrai.

“Michael Jackson, conosciuto come il Re del Pop, è stato visto in compagnia di una ragazza molto graziosa, cui nome ci è ancora sconosciuto, davanti all'hotel in cui il cantante alloggia. Che sia la sua nuova ragazza?”
Presi un bel respiro, cercando di reprimere la rabbia e la tristezza che avevano cominciato ad invadere il mio corpo.
Era per quel motivo che non rispondeva alle mie chiamate? Si era stancato di me?
Senza accorgermene cominciai a piangere, tenendo le braccia lungo i fianchi.
Mi sentivo ferita. Ferita dall'uomo che amavo e a cui avevo cercato di dare tutta me stessa, nonostante la situazione in cui ci trovavamo.
Ma speravo con tutto il mio cuore che ciò fosse soltanto frutto di un'altro dei famosi tabloid di cui lui parlava.
Tirai su col naso e mi asciugai velocemente le lacrime, pronta a voltarmi, ma i grandi cancelli si aprirono all'improvviso ed io mi bloccai.
Feci un passo all'indietro, tenendo in mano il giornale che stringevo talmente forte da percepire un lieve dolore lungo il braccio.
Due auto nere fecero il loro ingresso, seguito da un'altra molto più grande di quest'ultime.
Mi sorpassò e si fermò dietro alla mia figura.
Udii lo sportello aprirsi velocemente e quando mi voltai, il mio cuore perse un battito.
Michael era a casa.
Era diventato molto più bello di prima e il suo busto era stretto in una semplice camicia incastrata dentro ai suoi soliti pantaloni scuri.
Non indossava il cappello e la sua chioma color pece gli incorniciava perfettamente il viso finito.
Era perfetto, come sempre.
Non attese nemmeno che fossero le sue guardia del corpo ad aprirgli lo sportello e non si fermò nemmeno a ringraziarli, quando questi gli presero dalle mani la sua giacca a vento scura.
Camminò a passi veloci verso alla mia figura che aveva cominciato a tremare sotto al suo cospetto.

« Kara. Dimmi che non l'hai
letto » esclamò, quasi implorandomi.

Lo guardai e poi spostai la mia attenzione sul giornale e quando fu abbastanza vicino al mio corpo, glielo scaraventai addosso, colpendolo al petto.

« Sei un bastardo, Jackson. Era per questo motivo che non rispondevi alle mie chiamate? Perché eri occupato? » esclamai.

Lui riuscì ad afferrare il giornale e spalancandolo percorse con gli occhi lungo il paragrafo.

« Sono tutte cazzate! Dov'è Josh?! Dannazione, perché non è nell'immagine?? » urlò.

Sussultai nel vederlo in quello stato.
Era la prima volta che lo vedevo urlare e parlare in quel modo.
Si voltò verso ai suoi uomini, che fermi lo guardavano leggermente sorpresi, poi, voltandosi nuovamente verso di me, chiuse bruscamente il giornale.

« Kara, sai benissimo che non ti farei mai una cosa di qu- »

« È quello che ripeterai alla tua nuova ragazza quando saprà di noi? » domandai, asciugandomi le lacrime con il dorso della mano.

Lui sollevò una mano, pronto a sfiorarmi il viso, ma mi scansai.

« Non toccarmi » dissi.

Lo oltrepassai, camminando velocemente verso all'entrata, ma lui come sempre non mollò.

« Kara. Kara Jones, fermati. »

Non gli diedi retta.
Mi faceva male vederlo in quello stato, ma mi sentivo ferita e arrabbiata al contempo.
Udii dei passi affrettati e subito dopo una mano strattonarmi all'indietro per il braccio.

« Kara, sono tutte menzogne. Non ero da solo con lei, quella sera » parlò serio.

Mi dimenai.

« Lasciami, Michael. Ti ho detto di non toccarmi » esclamai.

« C'era anche Josh con noi! »

« Ti ho detto di non toccarmi! » sbraitai, spingendolo via per il petto.

Egli serrò la mascella, avanzò di un passo e mi afferrò per i fianchi.

« Michael, mantieni le distanze » parlai, trattenendo per brevi secondi il respiro.

Mi mancava l'aria e mi sembrava quasi di svenire.

« Dannazione, Kara. Sei la mia donna, non ti lascerò andare! » esclamò, strattonandomi maggiormente contro al suo corpo.

Spalancai gli occhi, percependo il battito del mio cuore aumentare.
Ero spaventata all'idea che i miei colleghi, nonché il suo staff, lo avessero sentito.

« Michael » mormorai, riprendendo a piangere silenziosamente.

Lui mi osservò attentamente negli occhi e quando notò alcune lacrime percorrere le mie goti, sgranò lievemente le sue bellissime iridi scure.

« Piccola, tesoro. Io...Io non- » si bloccò, lanciando un'occhiata dietro alla mia figura e poi riprese a guardarmi.

Mi allontanai dalla sua alta figura, percependo l'aria fresca solleticarmi il collo.
Lo osservai in silenzio e dopo vari secondi mi voltai, riprendendo a camminare velocemente verso all'entrata.
Corsi lungo le piccole scalinate e sempre sotto allo sguardo delle due donne al mio fianco, raccolsi la mia attrezzatura da giardinaggio ed entrai dentro.
Ero esausta, spaventata e tremante.
Feci fatica a percorrere la grande e lunga rampa di scale e più avanzavo, più temevo di cedere.
Entrai dentro alla camera dove negli ultimi mesi, era stata protagonista delle mie insonnie e pensieri alquanto stupidi seppur reali.
Mi chiusi dentro e prima che potessi fare un'altro passo, scoppiai a piangere, appoggiandomi completamente alla porta in legno scura.
Mi sentivo lacerata dentro, una parte del mio corpo era talmente pesante da impedirmi un'altro singolo passo.
Mi sembrava di caricare un peso troppo alto sulla spalla e il respiro mi era venuto a mancare.
E se mi Michael avesse avuto ragione? Se non erano soltanto in due? Dov'era Josh?

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