Capitolo 61

C A P I T O L O 61


« Ti porterò sulla ruota panoramica e ti farò vedere Neverland dall'alto! »

Avevamo da poco concluso la ricca colazione che Michael si preoccupò di preparare, usufruendo di un piccolo manuale da cucina che cercò in tutti i modi di nascondere, fallendo nel tentativo.
Quando lo notai, sorrisi divertita e gli domandai se non sapesse cucinare ed egli in risposta abbassò lo sguardo, dicendo che non era solito cucinare e che voleva fosse tutto perfetto.
Ed ora, intenti a pulire la cucina, egli mi raccontava emozionato ciò che avremmo fatto insieme, quella giornata.
Lo guardai sorridendo, ascoltando in silenzio la sua dolce voce interrotta dalla sua risata genuina, penetrare nelle mie orecchie come una dolce melodia.
Ero eccitata all'idea di passare del tempo in sua compagnia, perché stare con lui mi faceva sentire protetta.
Mi sentivo felice fra le sue braccia ed era per quel motivo che in quel momento bramavo un abbraccio tanto atteso.
In realtà lo volevo da tanto tempo.
Eppure lui era solito stringermi, quando eravamo insieme.
Era solito abbracciarmi e mi sussurrava spesso parole dolci all'orecchio, per poi allontanarsi solo dopo essersi accertato di avermi strappato un sorriso dalle labbra.
Eravamo due persone che si amavano in silenzio, lontane da occhi indiscreti e corpi estranei.

« Non ho mai visto Neverland dall'alto. Dev'essere un bellissimo panorama » sussurrai, guardando le mie mani sporche di sapone.

« Lo è! Si può scorgere tutto il giardino e tutti gli alberi e i fiori colorati. È un magnifico
scenario » rispose.

Rimasi in silenzio per vari secondi, riprendendo a pulire le posate sporche, ma dopo qualche minuto Michael mi affiancò, sollevando le maniche della sua camicia di seta gialla fino ai gomiti, lasciando allo scoperto i suoi avambracci poco scolpiti da cui potevo scorgere una lunga vena in rialzo lungo quel tratto di sentiero per poi scomparire sotto al tessuto del suo vestito impregnato dal suo profumo.
Prese dolcemente il piatto dalle mie mani, appoggiandolo sul lavandino bagnato dal getto d'acqua tiepida ancora in uscita, per poi racchiudere le mie mani nelle sue e portarle sotto all'erogatore, massaggiandole delicatamente.

« Riposa un po' le tue mani, Kara. Lavori tutto il giorno e non ti sei mai lamentata dei dolori. Scommetto che a volte ti fanno male » parlò, sorridendo lievemente.

Lo guardai con un dolce sorriso, scuotendo la testa.

« Sto bene. Ormai sono abituate a tutto questo lavoro, Michael. Tu dovresti essere più stanco. Non ti fa mai male la schiena? » chiesi.

Egli chiuse il rubinetto e con ancora le mie mani incastrate nelle sue, afferrò un panno pulito dal pianale, asciugandomele infine con estrema gentilezza.
Una volta asciutte mi guardò, sorridendo.

« Sto bene anch'io. Ormai il mio corpo è abituato a tutto questo sforzo » replicò con una nota canzonatoria.

Sapevo benissimo che menteva. Lui era così. Non amava far preoccupare gli altri, ma lui voleva preoccuparsi degli altri.

« Siediti pure. Qui finisco io » parlò, afferrando la spugna umida per riprendere ciò che mi aveva fatto terminare.

Lo osservai dolcemente per un paio di secondi, poi senza ascoltarlo, mi posizionai dietro alla sua alta figura, ammirando le sue spalle larghe in movimento e prima che egli potesse voltarsi nella mia direzione, gli cinsi l'addome con le mie braccia, poggiando la testa sulla sua schiena.
Il contatto del suo corpo con il mio mi causò una forte scossa al basso ventre che cercai di reprimere con un lieve sospiro.
Egli invece si bloccò di colpo e subito percepii i muscoli del suo corpo rilassarsi sotto al mio delicato tocco.

« Sei un bugiardo » sussurrai.

Michael rise lievemente, ritornando a pulire le posate senza nessuna replica.

« Come puoi mentire e continuare a lavorare come se fosse tutto apposto? Devi dirmelo, Michael. Devi dirmi tutto quello che ti succede, perché io farò lo stesso. Ti prego, non nascondermi niente » mormorai, chiudendo gli occhi per stringerlo maggiormente.

« Kara Jones, anche tu non mi dici tutte le cose » disse, ridendo infine.

« Ad esempio? » domandai.

Un lieve sorriso aleggiava sulle mie labbra.

« Non mi hai fatto i complimenti per le mie doti culinarie » rispose mentre chiudeva il rubinetto per poi passare ad asciugarsi le mani.

Mi allonatanai di poco dal suo corpo ed egli si voltò verso di me, poggiando la schiena contro il pianale di marmo.
Mi osservò con un sorriso dilettato sul viso ed io non potei non ricambiare.
Era contagioso.
Ogni cosa di lui riusciva a contagiarmi.

« Signor Jackson, avrei voluto farglieli dopo aver pulito la cucina, ma lei non mi lascia altra scelta » esclamai con un largo sorriso.

Egli ridacchiò, roteando gli occhi al cielo.

« Ho davvero apprezzato la sua cucina. Come disse Gualterio Marchesi, la cucina è di per sé scienza. Sta al cuoco farla divenire arte » conclusi in una risata divertita.

Michael scoppiò in una dolce e sonora risata, inclinando di poco il busto in avanti.

« Kara, sei una ragazza fantastica! » esclamò tra una risata e l'altra.

Arrossii lievemente a quelle parole e subito mi domandai cosa lo avesse fatto così tanto ridere.
Amavo vederlo sorridere, perché ciò mi rendeva felice.
In realtà amavo lui.





« Piccola, vieni! Partiamo dalla stazione ferroviaria! Sono sicuro che non conosci ancora bene Neverland » enfatizzò pimpante, afferrando la mia mano per cominciare a correre verso ad un lungo treno colorato e illuminato da varie lucine graziose.

Risi emozionata, seguendolo eccitata e il nostro istinto fanciullesco sembrò impadronirsi di noi.
Non eravamo più due adulti. Due persone in cerca di felicità o con un'occupazione alquanto stressante.
In quel momento eravamo due bambini contenti pronti a salire su un grande treno, cui destinazione mi era ancora sconosciuta.
Salimmo i piccoli gradini ed egli si fermò, voltandosi verso alla mia direzione per invitarmi a salire.
Allegra com'ero non me lo feci ripetere più di due volte e con un piccolo salto mi ritrovai all'interno del mezzo.
Michael mi raggiunse subito dopo e quando si ebbe accertato che tutto fosse apposto, prese posto vicino a me, guardandomi con un largo sorriso.

« Kara, oggi sarà il nostro
giorno » esclamò.




Neverland era più immensa di quanto immaginassi.
Michael aveva ragione.
Non conoscevo ancora bene Neverland e forse mai lo avrei fatto.
Quel posto sembrava un luogo incantato e ricco di tesori ancora da scoprire.
Era perfetto per una persona come lui, perché lo rispecchiava parecchio.
Non conoscevo bene anche Michael, in realtà.

« Com'era? Ho visto la tua faccia! Era davvero buffa! » esclamò ridendo.

Risi divertita pure io, forse contagiata dalla sua risata.

« Sul serio, Jackson? Ama prendersi gioco di me? » domandai, portando le mani sui fianchi.

Lui continuava a ridere come un bambino, portandosi una mano sull'addome piatto.

« Sì! Non so perché, ma sei così buffa quando fai quelle facce! Eri come Charlie nella fabbrica di cioccolato! » enfatizzò.

Cercai di trattenere una risata anche se stavo quasi per fallire.
Mi sollevai le maniche della felpa fino ai gomiti, portando una ciocca dei miei capelli dietro all'orecchio.

« Jackson, dovrebbe imparare a rispettare le donne! Vieni qua! » esclamai, correndogli incontro.

Ma egli fu più rapido di me.
Si scostò di poco e subito dopo cominciò a correre talmente veloce che quasi temetti sarebbe sparito dalla mia vista.

« Ehy! Rallenta, Jackson! Non sono così tanto brava a correre! » urlacchiai.

« Sul serio, Jones? In cos'è brava, allora? A baciarmi? » urlò a sua volta tra una risata e l'altra.

Arrossii di botto quando udii quella frase, ma cercai di reprimere il mio imbarazzo con un piccolo e acuto urlò che arrivò fin dritto alle sue orecchie.
Infatti egli aveva cominciato a ridere a crepapelle, mentre con le mani per aria mi invitava a raggiungerlo.

Era ormai sera quando Michael ed io finimmo di fare quasi tutto il giro di quell'immenso giardino mano nella mano, salendo su tutti i giochi che erano presenti e arrivando pure a giocare sulla riva di quel lago affascinante.
Il sole aveva già ceduto il suo posto alla luna e come per magia, il posto si era ricoperto di lucine colorate con cui Michael si era preoccupato di abbellire il parco.
Nonostante avessimo camminato tutto il giorno non ero per niente stanca e neanche Michael sembrava lo fosse.
Passeggiavamo lungo la stradina ciottolata che conduceva alla nostra ultima destinazione, prima di ritirarci dentro a quelle quattro mura possenti.

« Ti innamorerai di questo posto, una volta salita su quella ruota » disse con aria dilettata, tenendomi forte per mano.

Lo guardai sorridendo, inarcando lievemente un sopracciglio.
Egli sembrò imbarazzarsi e dopo aver assunto un'aria leggermente seria, si grattò la nuca impacciato, schiarendosi la voce.

« Volevo dire che guarderai per la prima volta Neverland dall'alto » disse.

Scoppiai a ridere a quella reazione e subito Michael mi guardò, sorridendo divertito.

« Avresti dovuto vedere la tua faccia, Jackson! Davvero buffa! »

Ma da una parte mentivo.
La sua espressione fu dolce.
Dannatamente dolce.
Egli mi regalò un'occhiata che non seppi decifrare e subito si fermò, obbligandomi a fare lo stesso.

« Vedo che ama ricambiare con la stessa moneta, signorina Jones » sussurrò con tono di voce ammaliante.

Percepii il mio cuore perdere un battito alla vista delle sue iridi scure percorrere tutto il mio viso, arrivando a soffermarsi sulle mie labbra poco secche.
Fece un passo in avanti, percorrendo con le sue lunghe dita affusolate il mio braccio coperto dalla stoffa di quel maglione colorato.
Rabbrividii e il mio basso ventre fu scosso da emozioni di piacere che mi fecero sussultare leggermente.

« Ancora non riesce ad abituarsi ai miei tocchi, Jones. Per caso avere le mie mani sul suo corpo la rende pazza? » sussurrò, avvicinando le sue labbra contro al mio orecchio.

No, Michael.
I tuoi tocchi mi rendono vulnerabile sotto ai tuoi occhi.
Mi allontanai di poco dal suo corpo, percependo una strana sensazione di calore al basso ventre, ma egli mi afferrò per il polso, attirandomi contro al suo caldo corpo.

« Non così in fretta, Jones » mormorò, mordicchiandomi il lobo dell'orecchio.

Sospirai rumorosamente, abbandonandomi al piacere che egli era in grado di trasmettermi.
Avevo aspettato quel momento intimo da ormai troppi giorni. Forse settimane.
Afferrai dolcemente il suo viso fra le mani, allontanandolo dal mio orecchio per poterlo osservare negli occhi e lui mi guardò, accennandomi un furbo sorriso.
Non compresi il motivo di ciò, ma non riuscii a trattenermi nel sfiorare le sue labbra con le mie.
Egli socchiuse di poco la sua bocca al contatto e rimase in quella posizione per brevi secondi, poi alzò lo sguardo e spalancò gli occhi, ricevendo da parte mia un'occhiata incomprensibile.

« Leticia » esclamò appena.

Sussultai al suono di quel nome e mi voltai verso alla direzione in cui guardava, notando solo la grande e profonda distesa di alberi e la giostra illuminata.

« Dov'è? » domandai, costernata.

Non udii nessuna risposta e quando mi voltai, incontrai il viso di Michael contratto in una smorfia divertente e potevo perfettamente scorgere che stesse ridendo in silenzio.

« Ahaha, Kara! Oddio, sei così carina! » enfatizzò.

Ero alquanto sollevata di sapere che fosse stata soltanto una bugia, ma decisi di rivolgergli un'occhiata contraria, riprendendo a camminare lungo la stradina.

« Kara, stavo solo scherzando! » disse, cercando di reprimere la risata divertita.

Non gli risposi anzi, continuavo a camminare velocemente verso ad una meta a me sconosciuta, ma egli mi raggiunse velocemente e senza avviso mi prese per un braccio, attirandomi dentro ad una piccola cabina che sotto al nostro peso, si mosse leggermente.
Eravamo dentro alla ruota panoramica.
Continuava a ridacchiare mentre chiudeva lo sportello senza nemmeno voltarsi verso di me.

« Michael, voglio scendere » parlai, tentando di apparire seria.

« No, no. Devo ancora mostrarti qualcosa » replicò, continuando a ridere.

Aveva la risata facile.
Lo strumento cominciò a muoversi piano e Michael soddisfatto si voltò verso di me, guardandomi con un tenero sguardo.

« Mi piace quando fai l'arrabbiata. Sei irresistibile » parlò, prendendo posto sui stretti sedili colorati.

Mi invitò a prendere posto ed io non esitai a camminare verso di lui, sedendomi vicino alla sua figura.

« Mi sono spaventata » dissi.

Lui rise dolcemente, aggiustandosi il colletto della camicia.

« Sul serio? Credo dovrò farlo spesso, allora » rispose canzonatorio.

Lo guardai con gli occhi leggermente spalancati e con un sorriso dilettato allungai una mano per pizzicargli un fianco ed egli si allontanò di poco, aumentando il volume della risata.

« Ringrazia il cielo che siamo sulla giostra panoramica, Jackson. Se eravamo a terra, ti avrei- »

Egli scattò in avanti e mi abbracciò velocemente, cingendo il mio collo con le sue braccia poco muscolose.
Mi attirò contro al suo petto e mi fece poggiare la testa su di esso.

« Sei pronta? » mi chiese.

Pronta? Di cosa stava parlando?

Lo guardai, sollevando la testa ed egli con un sorriso mi scostò via dal viso alcune ciocche di capelli che depositò dietro al mio orecchio.
Mi strinse contro al suo corpo e abbassando leggermente la testa, mi stampò un casto bacio sulla fronte, scendendo lentamente verso il basso per lasciare un dolce bacio sulla punta del mio naso e poi ancora più giù, scontrando le mie labbra con le proprie.
Mi baciò con asporto, stringendo il mio esile corpo fra le sue braccia ed io ricambiai, bramosa delle sue docili labbra.
Lo amavo.
Ero pazza di lui.
Si staccò lentamente con uno schiocco, aprendo gli occhi ed io mi allontanai di poco dal suo viso, guardandolo nelle sue iridi scure e profonde.
Una strana luce velava le sue pupille leggermente dilatate.
Si alzò e mi porse la mano con estrema gentilezza, sorridendomi infine.

« Vieni, piccola. Voglio mostrarti una cosa » sussurrò.

Percepii sotto ai piedi la ruota fermarsi e quando mi alzai lentamente, allungando una mano per stringere la sua, egli mi attirò contro al suo corpo, camminando verso alla finestra che dava sul giardino.
Rimasi meravigliata quando i miei occhi vagarono per l'intero parco.
Era uno spettacolo. Potevo perfettamente scorgere ogni singolo gioco, ogni pianta tagliata a forme geometriche e l'immensa villa era circondata da piante ed alberi adornati di lucine che seguivano il loro percorso lungo la stradina ciottolata.
Il grande lago rifletteva il chiarore della luna e la giostra ancora in movimento, sembrava danzare sotto ai battiti del mio cuore ormai accellerato.
Neverland. La grande scritta era sotto ai miei occhi.
Michael mi abbracciò da dietro, poggiando il mento sulla mia spalla.
Lo sentii sospirare rilassato e con estrema lentezza avvicinò le sue labbra al mio orecchio.

« Tutto questo d'ora in poi sarà anche tuo, signorina Jackson. »

E mi sembrò di volare.

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