Capitolo 56
C A P I T O L O 56
Ero distesa sul letto a fissare silenziosa il soffitto di camera mia, nascondendomi completamente nel buio di quella notte calda ma che io percepivo fredda.
Erano ormai le una passate ed io non ero riuscita ancora ad addormentarmi.
Avevo avuto una giornata alquanto stancante e il caldo asfissiante che penetrava fra le tapparelle abbassate, avevano contribuito a rendere faticoso il lavoro che svolgevo.
Glenda era uscita da camera sua la scorsa notte, riprendendo il suo lavoro come se niente fosse successo ed Angie era ritornata in orfanotrofio insieme ai bambini due giorni fa.
Avevo avuto una piccola discussione con lei, prima della loro partenza, ma alla fine essa si era conclusa in modo positivo.
Mi disse che non era pronta a darmi quella notizia, ritenendola leggermente triste anche se grandiosa.
Come biasimarla?
Anche lei si era affezionata ai bambini, forse anche più di me.
Toccare quell'argomento era come toccare un tasto dolente.
I miei genitori erano ancora ospiti a Neverland, ma anche per loro presto sarebbe concluso la piccola vacanza che erano riusciti a concedersi, il tutto grazie a Michael.
Ogni argomento portava il suo nome.
Mi sollevai con il busto, mettendomi seduta sul letto e guardai fuori dalla grande vetrata che dava sul giardino dietro casa.
La luna piena era alto nel cielo, quella notte e il chiarore di essa penetrava fra la tenda semichiusa in un modo del tutto maestoso.
Amavo passeggiare di notte, quando il silenzio era il padrone del tempo e il vento faceva da coperta al mio corpo dolorante.
In realtà, amavo la quiete.
Mi alzai del tutto dal letto, poggiando i piedi nudi per terra e subito il pavimento in legno andò a contatto con la mia pelle delicata, scatenando in me un leggero brivido lungo tutta la colonna.
Infilai le mie ciabatte colorate e senza esitare afferrai un grembiule per indossarlo sopra al mio abito notturno.
Nonostante fossi stanca, in quel momento, i miei piedi non arrestavano i propri passi ed infine, come una ladra silenziosa, mi ritrovai fuori da camera mia, nel lungo e tetro corridoio che conduceva all'elegante rampa di scale tappezzate.
Anche l'interno di quella dimora era uno spettacolo.
Tutto ciò che riguardava quel posto incantato mi pareva irreale, eppure era concreto.
Avanzai verso alla camera dove dormivano i miei genitori e con estrema lentezza aprii la porta, affacciandomi per assicurarmi che stessero dormendo.
Svegliarli era l'ultima cosa che avrei voluto fare, in quel momento.
Sapevo benissimo quanto a mio padre desse fastidio l'idea che io esca di casa verso la tarda ora, anche solo per un minuto.
Mi aveva da sempre detto che le persone erano solite rivelarsi a quell'ora.
Proprio come la mia Jane.
« Mamma? Papà? State dormendo? » chiesi a bassa voce, stringendo la mano attorno alla maniglia della porta.
Non ricevetti nessuna risposta e ciò fu la replica alla mia domanda.
Sorrisi dolcemente ma anche divertita e come una bambina allegra chiusi nuovamente la porta, voltandomi per dirigermi al piano terra.
Trattenni un urlo quando, girandomi mi scontrai con il corpo poco muscoloso di qualcuno.
Sollevai lo sguardo e subito i miei occhi incrociarono un paio di iridi color pece e illuminati dal velo di luce penetrante dalla grande finestra in fondo al corridoio.
I lineamenti del suo viso erano marcati lungo tutto il suo perimetro e la sua mascella leggermente contratta accentuava le sue fisionomie in una maniera del tutto disarmante.
Il mio cuore perse un battito quando le sue labbra si schiusero in un sorriso dilettato; i suoi occhi avevano cominciato a vagare lungo tutto il mio corpo, soffermandosi per brevi secondi sulle mie labbra per poi risalire, incatenandoli infine nei miei.
« Bene, bene, bene. Dove ha intenzione di scappare, la mia Jones? » domandò con tono di voce ammaliante, passandosi l'indice lungo il labbro inferiore, per poi inumidirselo.
« Michael...Io...Io stavo andando a bere un po' d'acqua. Sai, ho le labbra secche » replicai, leggermente nervosa.
Era da sempre riuscito ad incastrarmi con un suo semplice sguardo e lui lo sapeva benissimo.
Sembrava che lo volesse fare apposta, che vedermi in difficoltà lo gioiva ed io, anche se volevo, non riuscivo a mostrarmi seria.
Cadevo sempre nel buco che lui era riuscito a scavarmi ed aggrapparmi mi risultava difficile.
« Soltanto le labbra? » domandò.
Annuii, portandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
« Allora posso risparmiarti il viaggio. C'è un modo più semplice per bagnarle, sai? » chiese, poggiando entrambe le mani sulla porta alle mie spalle, bloccando ogni mio singolo passaggio.
Si avvicinò leggermente al mio corpo minuto e solo allora mi accorsi che indossava una semplice camicia di cotone nera con un paio di pantaloni elastici del medesimo colore.
La sua chioma era incastrata in un codino basso e confusionale, cosa che lo rendeva maggiormente attraente.
Il suo profumo mi inebriò velocemente i sensi, quando egli soffiò piano sulle mie labbra e il suo alito che sapeva di menta mi attraversò violentemente le narici.
« Intendi, il tuo modo? » risposi, alzando di poco un sopracciglio.
Lui rise debolmente, mordicchiandosi il labbro inferiore.
« Piacerà anche a te, Jones » mormorò.
Il mio corpo fu attraversato da un forte brivido che scosse brutalmente le mie gambe esili.
La sua presenza era come un'arma per i miei sentimenti e nonostante fossero già passati mesi, non ero ancora riuscita ad abituarmi al suo cospetto familiare.
Rievocavo ogni momento di puro emozione anche con un suo semplice sguardo.
Stupida me.
« Perché non ti allontani un pochino..? Potrebbero vederci, Michael » sussurrai, abbassando lievemente gli occhi per poggiarli sulle mie pantofole buffe.
Egli stette in silenzio per brevi secondi e in quella piccola pausa udii il rumore della fastidiosa lancetta ruotare attorno al perno centrale.
Sapevo benissimo che era tardi, che avrei dovuto rinchiudermi in camera e pretendere di dormire anche quando non ci riuscivo, ma la mia intollerabile voglia di passeggiare per quel giardino fiabesco mi aveva spinta ad uscire da camera mia anche alle tre del mattino.
Quando quasi tutti dormivano.
Non sollevai il mio sguardo, non lo degnai nemmeno di un'occhiata, perché sapevo benissimo che il mio corpo non lo avrebbe retto maggiormente.
« Ho qualcosa per te, Kara » parlò all'improvviso, interrompendo quel silenzio divenuto ormai avvilente.
Sollevai la testa a quella frase, guardandolo con aria interrogativa.
« Si trova in camera mia. Pensi che possiamo raggiungerla senza farci scoprire? » chiese infine, portandosi un dito al mento.
In camera sua.
Non ero mai stata nella sua stanza in sua presenza; le uniche volte in cui vi entravo era per pulire, spazzare e sistemargli il letto.
Quella volta sarebbe stato diverso.
Avrei percorso il pezzo di corridoio privo di luce con lui al mio fianco e sarei entrata in camera sua con la paura di essere colta di sorpresa.
Avrei fatto tutto diversamente e da una parte mi emozionava.
Mi rendeva felice sapere che egli mi aveva invitato in camera sua, che avrebbe corso il rischio per me, pur di portarmi nel luogo dove ogni persona è solito rinchiudersi per la propria privacy.
Sarei entrata a notte fonda nel suo piccolo ed intimo spazio.
« Sì, Michael. Penso di sì » replicai, con il fiato corto.
Egli mi fece cenno di seguirlo ed entrambi cominciammo a camminare verso alla porta in legno socchiusa.
Fu una questione di secondi, prima che noi due ci ritrovassimo in un'altra stanza buia.
Michael si affrettò a chiudere la porta alle nostre spalle, prima di avvicinarsi al suo piccolo comodino per accendere la lucina di una lampadina davvero graziosa.
Quando la stanza fu illuminata, mi guardai attentamente intorno, percorrendo con gli occhi ogni singolo oggetto presente in quel luogo sicuro.
I muri erano tappezzati di foto e immagini che non riuscii mai a notare perfettamente.
Studiai ogni singola persona di ogni cornice, soffermandomi poi su due foto rappresentanti lui e due donne a me conosciute.
Lisa Marie e Glenda.
Entrambe vestite elegantemente e con abiti quasi sfarzosi, poi lui al loro fianco.
Ma ciò che realmente mi colpì, fu il colore della sua carnagione.
Era leggermente abbronzato, tranne in quello con Lisa.
Quello era recente.
« Non ho potuto non metterle » sussurrò all'improvviso,
Udii i suoi leggeri passi farsi sempre più vicini al mio corpo ormai tremolante, arrestando la sua camminata proprio dietro di me.
Mi sentii leggermente a disagio in quel momento, ma decisi di nasconderlo con un semplice sorriso.
Egli mi cinse la vita con estrema lentezza, attirandomi all'indietro per far scontrare i nostri corpi l'uno con l'altro.
« Con Lisa ero alla sua festa, quel giorno. Il suo compleanno. Ricordo che mi aveva invitato per i suoi vent'anni ed io ero andato da lei con la speranza di passare un po' di tempo in sua compagnia. Ma dopo al scatto, ella mi aveva presentato il suo futuro marito, guardandolo con occhi diversi. Sono ritornato subito a casa » disse, poggiando il mento sulla mia spalla.
Misi le mani sulle sue, stringendole dolcemente e lui in risposta sospirò.
« Non devi continuare » mormorai.
Sapevo perfettamente quanto male facesse ad una persona parlare del proprio passato, dei propri sentimenti, soprattutto se questi non erano ricambiati.
Non volevo che Michael si sentisse triste ed affranto, perché volevo passare un piccolo momento di spensieratezza al suo fianco; cosa che in giornata non riuscivamo a fare.
« Ero agli awards, con Glenda. Ricordo che mi avevano nominato e lei si era comprata immediatamente quel bel vestito elegante di cui avevo perso la testa. Se lo era indossata apposta e mi aveva pregato di tirarle su la cerniera. Non ho potuto non appenderlo. Non so neanche se ce l'ha ancora » sussurrò.
Gli accarezzai la mano, solleticandogli dolcemente il polso.
Volevo che si sentisse a suo agio, che non si sentisse obbligato a raccontarmi quei momenti tristi seppur belli.
Volevo che con me si sentisse sicuro.
« Lei ti manca? » mi azzardai a domandare, percependo il familiare formicolio al basso ventre.
Egli ridacchiò leggermente, spostando i miei capelli da un lato per affondare il suo viso nell'incavo del mio collo.
Le sue labbra percorsero tutto il perimetro di esso e subito esse furono sostituite dai suoi denti con cui andò ad afferrare lascivo una parte della mia pelle ormai accaldata.
« Pensi che se fosse stato così, sarei qui con te a fare questo? » replicò in un sussurro.
Un brivido percorse tutto il mio corpo e il mio cuore prese a galoppare velocemente.
Mi accarezzò lentamente il ventre, andando ad appoggiare infine le mani sui miei fianchi.
Mi voltò bruscamente verso alla sua direzione, tenendomi ben salda per la vita.
I nostri petti si scontrarono e le mie labbra cominciarono a tremare per l'emozione.
« Perché non vuoi sposarmi? » mi chiese serio, un velo di dolcezza si nascondeva in mezzo alle sue iridi profonde.
« Non...Non ho mai detto di non volerlo...Sono solo spaventata » risposi.
« Di cosa? »
« Ho paura di non essere in grado di renderti felice. Ho paura di ferirti e di non essere la donna che tu meriti di avere » replicai, percependo i miei occhi bruciare.
I miei sentimenti si tramutarono in calde lacrime che non riuscii a contenere e subito venni stravolta da una turbine di emozioni in alto contrasto fra di loro.
Ero felice, triste, spaventata ma al contempo sicura.
Cosa mi stava succedendo?
« Non sono perfetto neanch'io, Kara. Ho una vita difficile e ci sono momenti della mia giornata in cui mi sento davvero straziato. Ma la tua presenza riesce sempre a rallegrarmi ed io non so più come fare senza di te. Immaginare di vivere anche solo per qualche secondo in tua lontana presenza, mi rende pazzo. E queste foto, le donne con cui ho scattato queste foto non sono mai riuscite a provocarmi tutte queste emozioni. Guardami, santo cielo, Kara, ti giuro che mi batte forte il cuore in questo momento e la voglia di baciarti sta crescendo a dismisura. Dimmi come farò quando non potrò più stringerti fra le mie braccia o quando non potrò incrociare il tuo sguardo. Dimmelo, piccola. Tu riusciresti a vivere senza di me? Ci riusciresti? » esclamò, avvicinandomi maggiormente al suo corpo per i fianchi.
Scossi la testa, tirando su col naso.
« No, Michael. Non ci riuscirei » sussurrai.
Egli annuì piano due volte, osservandomi negli occhi con una luce diversa dal solito.
« Lo so. Lo so perfettamente » esordì.
Presi un bel respiro e prima che potessi parlare nuovamente, egli mi baciò di scatto, cogliendomi di sorpresa.
Affondò le mani nei miei capelli, stringendoli quasi con fare possessivo e le sue labbra non smisero di accarezzare le mie in una danza passionale.
Non esitai a ricambiare, percependo il bisogno di sentire una parte del suo corpo a contatto con la mia e con le mani andai ad aggrapparmi alle sue spalle, stringendo fra le dita il tessuto del vestito con forza.
Le mie gambe cominciarono a tremare per l'emozione e così anche le mie labbra.
Inclinò di poco la testa di lato per avere maggior accesso alla mia bocca e quando un sospiro piacevole scappò dalle mie labbra, Michael non esitò a portare in gioco pure la lingua che incontrò subito la mia.
Avanzò in avanti, facendomi fare il contrario e si fermò solo quando la mia spalla andò a contatto con la parete fredda della stanza illuminata dalla fioca luce della lampadina.
Portò le mani sulle mie spalle, togliendomi dolcemente la vestaglia che indossavo e deciso spalancò la sua camicia cui bottoni andarono in frantumi.
Cominciai ad emozionarmi e di conseguenza a spaventarmi.
Era la prima volta che facevo quel grande passo con un uomo e la prima volta in cui mi sarei pienamente esposta ai suoi tocchi e alle sue carezze.
Mi sarei concessa all'uomo che amavo e avrei permesso ai suoi occhi di vagare sul mio corpo scoperto.
Qua sarebbe stata la mia prima volta.
« Io...Io non l'ho mai fatto, Mike » dissi, dopo essermi allontanata velocemente dalle sue labbra.
Volevo che lo sapesse.
Volevo che sapesse che lui era il primo uomo a vedermi.
Michael mi sorrise teneramente, accarezzandomi una guancia con fare dolce.
« È come danzare, piccola » replicò.
Abbassai lo sguardo per un paio di secondi, percependo le mie goti riscaldarsi.
Mi vergognavo.
« Non so nemmeno ballare, a dir la verità » sussurrai.
Lui ridacchiò, portando due dita sotto al mio mento per sollevarmi il viso.
Mi scrutò negli occhi con un sorriso dilettato, portandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
« Ti insegnerò a farlo » bisbigliò.
Gli mostrai un sorriso timido e lui come risposta scoppiò a ridere, si abbassò un po' e senza preavviso mi prese in braccio, dirigendosi verso al letto.
Cacciai un urletto di sorpresa quando venni sollevata e per non cadere avvolsi le mie braccia attorno al suo collo poco muscoloso.
Quando fummo ai piedi del letto, egli mi adagiò velocemente sul materasso, togliendosi del tutto la camicia.
Stavo per alzarmi a togliermi le ciabatte, ma egli mi precedette, stendendosi completamente sopra di me, affondando le mani ai lati della mia testa per non fare pressione sul mio corpo.
« Non ti farò del male, piccola » mi sussurrò all'orecchio mentre faceva vagare le sue mani lungo il perimetro del mio corpo, soffermandosi sui bottoni della mia veste notturna.
« Sei pronta? » mi chiese dolcemente.
Annuii con il fiato corto, ma lui non sembrò accontentarsi della mia risposta.
« Dimmelo, piccola. Dimmi che sei pronta » parlò.
« Io...Io sono pronta, Michael » replicai, la voce strozzata dall'emozione.
In un gesto rapido, Michael cominciò a sbottonarmi la veste, togliendomela subito dopo.
Quella notte fu la più appagante di sempre.
Facemmo l'amore due volte, unendo i nostri corpi nell'abbraccio più antico di sempre e soltanto quando fummo sazi di quella passione di cui nessuno ne era a conoscenza, ci addormentammo l'una di fianco all'altro.
Questa volta sarebbe stato tutto diverso.
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