Capitolo 51
C A P I T O L O 51
Era ormai da un paio di minuti che attendevo con ansia davanti ai grandi cancelli di Neverland.
Michael era in piedi di fianco a me, con le mani dietro alla schiena e un dolce e allegro sorriso stampato sul suo viso alquanto perfetto.
« Chi stiamo aspettando? » domandai, voltando il mio capo a destra per poterlo osservare meglio.
Lui ricambiò lo sguardo, inumidendosi il labbro inferiore.
« Stiamo aspettando due auto che dovranno varcare questo cancello fra dieci minuti. Ma Glenda non è ancora qui » replicò, guardandosi attorno mentre con una mano giocava con il suo piccolo orologio da polso scuro.
« Glenda? » chiesi.
Lui annuì, non degnandomi di uno sguardo.
Glenda. Aveva una sorpresa anche per Glenda? Quale? E qual era la mia?
« Ho voluto fare qualcosa anche per lei, questa volta. Mi sembrava così turbata e triste in questi giorni e non ho potuto evitarlo e fingere di non essermene accorto. Sai, le voglio del bene » parlò, riportando questa volta la sua attenzione sulla mia minuta figura di fianco alla sua alta e slanciata.
Triste e turbata. Se solo sapesse chi era la causa di questo suo improvviso cambiamento, credo avrebbe fatto di tutto pur di risistemare le cose senza aspettare.
Quel suo gesto così genuino e gentile mi aveva pienamente colpita a fondo.
Nonostante Glenda le avesse sputato in faccia la triste verità, lui non si era lasciata abbattere. Non aveva cambiato i suoi sentimenti nei suoi confronti e aveva continuato ad amarla silenziosamente anche quando questa glielo aveva proibito.
Era un angelo. Ma nessuno al di fuori di quei cancelli lo avrebbe potuto sapere.
Il loro unico punto di riferimento erano i telegiornali, le riviste stampato di inchiostro falso e insignificante.
Per me invece, egli è la sua personalità erano il mio riferimento.
Se solo il mondo non fosse stato così crudele e freddo, avrebbe risparmiato le vite di molte persone innocenti.
« È molto carino da parte tua » mormorai, accennandogli un dolce e sincero sorriso.
Lui si grattò imbarazzato la nuca, stringendosi leggermente nelle sue larghe spalle.
« Dici? Spero solo che questa mia sorpresa le sia di gradimento. Sai, non vorrei deluderla un'altra volta » disse.
Avrei voluto sfiorargli la guancia, magari le labbra, stringerlo in un abbraccio e sussurrargli che non aveva mai deluso nessuno e che il suo modo di prendersi cura di una persona era così genuina e priva di malizia che chiunque non fosse stato cieco, avrebbe potuto notarlo.
Ma non potevo. No Kara. Non potevi.
« Sono sicura che non la deluderai » gli sussurrai.
Egli stava per replicare, ma la figura robusta di Leticia lo interruppe, posizionandosi in mezzo a noi con fare entusiasta.
« Signor Jackson! Glenda è pronta! » esclamò.
A quella frase mi voltai quasi di scatto all'indietro, seguita da Michael che, a differenza mia, aveva voltato lentamente il suo capo, lasciando che le sue profonde iridi scure percorressero il corpo minuto e quasi perfetto di ella, stretto attorno ad un abito rosso scuro attillato cui forme erano state messe in risalto nei punti giusti.
Ai piedi indossava un paio di scarpe alte e i suoi capelli mossi erano state legate in una crocchia disordinata ma in grado di renderla molto attraente.
Mi sentii immediatamente uno straccio, dinanzi al suo abbigliamento e alla sua figura elegante e quasi temetti che ella avesse afferrato le attenzioni di Jackson che in quel momento era intento ad osservarla in silenzio.
Era stato colpito e lo potevo perfettamente leggerlo nei suoi occhi che vagavano per tutto il suo corpo, fino a posarsi sul suo viso coperto da un velo di trucco.
« Spero di non avervi fatto attendere molto » mormorò.
Le sue labbra erano dipinte di un rossetto rosso accesso e i suoi occhi chiari erano state contornate da un velo di matita nera.
Si era vestita molto elegante, quasi in un modo esagerato, ma non potei reprimere la gelosia che provai in quel momento, quando ella si avvicinò maggiormente a Michael che si era inumidito le labbra, guardandola.
Guardai il mio stesso abbigliamento, notando che quel giorno avevo indossato dei semplici jeans chiari a vita alta e una camicia rossa da contadina.
Un leggero vento soffiava verso ovest, quel giorno e per non ammalarmi, avevo deciso di indossare quei abiti semplici ma presentabili al contempo e caldi.
Il mio armadio non era così ricco di vestiti eleganti e quasi mi sentii a disagio.
Michael scosse la testa, lasciando che le sue braccia poco muscolose ricadessero lungo i suoi fianchi fini.
« Affatto. Sei molto bella, oggi » mormorò.
Al solo pronunciare di quella frase, il mio cuore aveva perso un piccolo battito.
Le aveva appena rivolto un complimento che a me non si era nemmeno degnato di farmi e ciò mi aveva leggermente ferita.
Forse non mi ero vestita abbastanza bene da farglielo notare?
Glenda mi sorrise quasi in modo sarcastica, poi si rivolse a lui con uno sguardo del tutto diverso.
« Ho scelto il mio abito
preferito » replicò.
Lui si limitò ad annuire, portando una mano sul fianco.
« Te lo ricordi? » chiese ella.
« Sì. È quello che ti avevo regalato per il mio tour in Osaka, se non sbaglio » si limitò a rispondere.
Lei sorrise, mordicchiandosi il labbro inferiore e a quella scena mi voltai dall'altra parte, camminando leggermente in avanti per dar loro le spalle.
Odiavo dover assistere a quei momenti di tenerezza fra due persone che un tempo avevano avuto una relazione.
Avevo paura che egli potesse cadere ai suoi piedi.
Con quell'occasione, ella gli aveva teso una trappola invisibile, ma egli era così cieco dalla bontà da non averlo notato.
« Quando tempo abbiamo ancora? » mi azzardai a domandare, quasi con una punta di irritazione.
Sentii il rumore dei sassolini sotto ai passi leggeri di qualcuno calpestati e quando mi voltai da una parte per vedere chi fosse, mi accorsi che il soggetto era Michael.
Mi affiancò con estrema lentezza, arrestando la sua camminata proprio quando si piazzò di fronte a me.
« La signorina Jones è impaziente oggi » sussurrò.
Lo osservai attentamente, seguendo i suoi occhi vagare per tutto il mio corpo, fino a fermarsi sulle mie labbra.
Me lo inumidii di proposito ed egli, a quel gesto, si lasciò scappare un sorriso ammaliante, chiudendo per brevi secondi gli occhi.
« È una sorpresa, chi non lo sarebbe? » chiesi.
Egli socchiuse le sue iridi scure e prima che potesse replicarmi, i grandi cancelli di quel posto quasi surreale si schiusero in un forte e lungo cigolio.
Glenda si affrettò ad affiancarmi, portando entrambe le mani davanti al suo grembo, quasi ad imitarmi.
Due grandi auto dai vetri oscurati fecero il loro ingresso quasi in modo galante, seguite da un'altra del medesimo colore ma leggermente più piccola.
Quando questa si fermarono di fronte a noi, poco distante dalle nostre figure, il primo sportello anteriore si aprì, mostrando subito il viso sorridente di Javon vernici incontro.
Come suo solito, il suo alto, robusto e muscoloso corpo era stretto da un completo scuro molto elegante, mentre le sue iridi chiare erano nascoste da un paio di occhiali dalle lenti scure.
Nonostante avesse quasi quarant'anni egli ne dimostrava la metà.
« Signor Jackson. È un piacere rivederla » esclamò.
Michael ridacchiò dolcemente, stringendolo in un caloroso abbraccio.
« Javon. Quando la smetterai di darmi del lei? Sono felice di rivederti » replicò.
Quasi subito dopo, anche Bill - l'altro bodyguard - di Michael uscì allo scoperto.
« Michael, spero che non siamo in ritardo. Gli ospiti non vedono l'ora di scendere » disse.
Il ragazzo dalla folta capigliatura scura lo abbracciò, ringraziandolo subito dopo.
Ospiti.
Guardai Glenda ed ella mi rivolse uno sguardo veloce, per poi rivolgermi un mezzo sorriso che io ricambiai.
« Ci credo! Falli uscire » proferì.
Bill si voltò all'indietro, facendo con il capo un cenno d'intesa prima di farsi da parte, affiancando Javon che teneva le mani incrociate dinanzi a lui.
Le portiere delle grandi auto nere si spalancarono e prima che potessi realizzare ciò che stava per accadere, mancai un battito, alla vista di Lily e gli altri bambini correrci incontro con sguardi allegri e spensierati.
« Kara!! Michael!! » urlacchiavano felici.
Mi abbassai con il busto, piegando le gambe e Michael fece lo stesso, spalancando ridendo le braccia.
I bambini si fiondarono in mezzo ad esse ed io lo imitai, stringendoli talmente forte contro al mio corpo che quasi temetti di aver fatto loro del male.
« Tesori! Come state? » esclamai.
« Kara! Michael! Ci è successo tante cose! » esclamò Timmy, allargando le braccia con fare entusiasto.
« Sul serio? Allora dovrete subito raccontarci cosa vi è successo! » esclamò egli di risposta, allungando una mano per scompigliargli scherzosamente e dolcemente i capelli, prima di stampargli un casto bacio sulla fronte.
Alzai lo sguardo e subito incrociai la figura di Angie venirmi incontro.
Era bellissima quel giorno, anzi, lo era sempre, ma quella mattina il suo viso aveva un'espressione del tutto diversa.
Non era più la donna dal viso stanco, anzi, i suoi occhi chiari erano velati da una luce armoniosa.
Ero felice di vederla in quello stato.
« Madre! » esclamai.
« Kara! Figlia mia » mi alzai, mettendomi composta prima di andarle contro e stringerla in un dolce e affettuoso abbraccio.
« Madre, mi siete mancate moltissimo » le sussurrai, poggiando la mia testa sulla sua spalla morbida.
Ella portò una mano nella mia capigliatura, stringendomi maggiormente al suo corpo esile e coperto da quell'abbigliamento elegante, anche se semplice.
« Kara, vederti è una felicità per me. Sempre bella e in ottima salute » replicò.
Sorrisi dolcemente a quella frase, chiudendo per brevi secondi gli occhi, poi, una mano a me molto familiare si appoggiò sulla mia spalla, quasi a sfiorarla.
Socchiusi gli occhi, allontanandomi da Angie per poter vedere il soggetto in viso e spalancai notevolmente gli occhi quando mi accorsi di chi avevo davanti.
« Kara, figlia nostra. È bello rivederti. »
Le loro voci tremanti e i loro visi contratti in un'espressione di felicità.
« Mamma, papà. »
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