Capitolo 48

C A P I T O L O 48

Ero uscita da quel posto quasi correndo e Michael non voleva neanche lasciarmi da sola per un secondo.
Era sempre pronto ad affiancarmi e a volte, a parlare per me.
Il proprietario di quel locale ci aveva messo fuori quasi con forza ed io non avevo perso tempo a varcare quella soglia con il cuore ormai a pezzi.
Mia sorella era scappata. Si era allontanata nuovamente da me. Mi aveva di nuovo abbandonata.
Lo aveva fatto per la seconda volta, senza pensare nemmeno a come mi sarei potuta sentire; senza considerare i miei sentimenti.
Aveva dimenticato di avere una sorella minore, dei genitori. Aveva abbandonato la sua famiglia.

« Kara » mi chiamò Michael, fermandomi per un polso.

Mi voltai nella sua direzione, lasciando che alcune calde lacrime rigassero il mio volto.
Ero stata appena abbandonata per la seconda volta da mia sorella e quasi mi sembrava di ritornare indietro nel passato.
Ero cresciuta, avevo vissuto così tanto tempo senza di lei, ma rivedendola, non ero stata in grado di mantenere tutto quel rancore che mi ero promessa di conservare.
Ero felice di rivederla, ma lei aveva deciso di non esserlo.

« Michael...Dimmi che venire qui è stato un errore » mormorai, guardandolo con sguardo supplichevole.

Avevo bisogno che qualcuno mi dicesse la verità, qualcuno che sarebbe stato in grado di vedere ciò che era giusto realmente. Ma avevo bisogno soprattutto di qualcuno che non mi avesse abbandonato mai, non importa cosa sarebbe accaduto.
Lui mi guardò negli occhi, inumidendo il suo labbro inferiore con la propria lingua.

« Non lo è stato, Kara » replicò.

« Ma come? Sono riuscita a trovarla dopo tanto tempo, Mike! E ora lei se n'è andata di nuovo! Cosa dovrei fare? Dimmelo, Michael, perché io non lo so più » esclamai.

« Piccola, guardami! Non l'hai persa, hai capito? La ritroveremo! Te lo prometto! »

Mi teneva ferma salda per le spalle e leggermente inchinato con il busto in avanti, mi osservava attentamente negli occhi, affrettando ad asciugare alcune lacrime che cadevano copiose lungo il mio viso.
Annuii soltanto, percependo un dolore forte all'altezza del petto.

« Rilassati, Kara. Sii forte per te stessa e per i tuoi genitori » mormorò.

E aveva ragione. Sarei stata nuovamente io il loro pilastro.
Nuovamente io.





Avevamo appena varcato i cancelli di Neverland e Michael aveva parcheggiato la grande auto nera proprio vicino ad un albero.
Era già buio quando rientrammo e guardando l'ora mi accorsi che erano le undici passate.
Michael era rimasto tutto il tempo con me fuori, mantenendo il suo abbigliamento buffo e pesante senza nemmeno un lamento.
Solo quando fummo dentro al grande giardino, egli si affrettò a togliersi la barba finta e la giacca a vento, restando semplicemente in canottiera bianca.
Guardai fuori dal finestrino, ancora scossa dall'accaduto, osservando in silenzio il bellissimo panorama che si estendeva dinanzi a me.
Neverland era come un posto magico di notte e mi sentivo così felice ed onorata ad averlo scoperto in così poco tempo.
Mantenni sulle gambe, intenta a giocherellare con le mie proprie dita, mentre Michael si limitava a guardare davanti a lui, spegnendo i fari subito dopo.
Avrei voluto ringraziarlo come si doveva, magari stringerlo in un caloroso abbraccio, ma stare da sola con lui, con il silenzio attorno, era come rientrare in quell'orribile episodio e nell'immagine di lui e Glenda.

« Stai bene? » mi domandò ad un tratto, sospirando leggermente.

La sua voce bassa e roca mi destò dai miei pensieri, obbligandomi a spostare la mia attenzione su di lui.
Il chiarore della luna illuminava il suo volto dai lineamenti perfetti e i suoi occhi avevano assunto del tutto un luccichio strano.
Le sue labbra erano state appena bagnate dalla propria lingua e la mascella contratta, definiva maggiormente il suo mento rifinita.

« Credo di stare bene » sussurrai.

Lui si passò una mano sul volto, sospirando pesantemente.

« Puoi sempre prenderti una pausa dal lavoro, se vuoi » proferì.

Accennai un mezzo sorriso, scuotendo la testa.
Mia sorella non mi avrebbe di certo uccisa in quel modo.
Ero lì per i miei genitori e per i miei bambini; non potevo deluderli.

« Sto bene. Credo che mi risposerò un pochino. Grazie, Michael » risposi.

Egli si limitò ad annuire, guardando altrove per non incrociare il mio sguardo e subito temetti che abbia detto qualcosa di sbagliato.
Aveva cambiato del tutto umore e ciò non mi convinceva.
C'era qualcosa che lo turbava?
Decisi di lasciargli il suo spazio e dopo avergli sfiorato una mano, uscii dall'auto, chiudendo piano lo sportello.
Camminai con passi lenti verso alle scalinate che conducevano alla grande porta d'ingresso, udendo alle mie spalle il sbattere di uno sportello.
Dei passi affettati si fecero sempre più vicini a me e prima che potessi voltarmi, delle forti braccia circondarono i miei fianchi, attirandomi all'indietro per poter appoggiarmi al suo petto muscoloso.
Michael affondò il suo viso nell'incavo del mio collo, stringendomi forte come se avesse paura di lasciarmi andare.

« Midispiace, Kara. Midispiace tanto per tua sorella e midispiace per tutto quello che stai passando » mormorò con voce spezzata.

Lo sentii singhiozzare e subito caddi nel baratro che avrei voluto evitare.
Avevo da sempre saputo che egli era un ragazzo davvero sensibile, ma mai avrei potuto immaginare che si sarebbe caricato sulle spalle il dolore di un'altra persona, condividendola senza nemmeno vergognarsi.
Era una persona da ammirare, un uomo capace di alleviare anche i tuoi dolori più profondi.
Scoppiai in un pianto silenzioso, stringendomi nelle spalle, mentre egli continuava a tenermi stretta fra le sue braccia, continuando a singhiozzare.

« Michael » lo chiamai in un sussurro.

Egli come risposta aumentò la stretta, avvicinandosi maggiormente al mio corpo.

« Dimmi come posso renderti felice, Kara. Dimmelo ed io non esiterò a farlo » parlò, scosso da alcuni singhiozzi.

Oh Michael! Sei tu la mia felicità!

Mi voltai nella sua direzione, lasciando che le sue mani scivolassero attorno ai miei fianchi, allontanando leggermente il suo viso per poterlo osservare negli occhi.
Portai le mie mani sulle sue guance, asciugandogli le lacrime e poggiai la mia fronte contro alla sua.
Le sue iridi color pece erano colmi di lacrime ed io non avevo fatto altro se non continuare a piangere.
Odiavo vederlo in quello stato, odiavo dover sempre soffrire e far soffrire le persone che mi erano attorno.
Ed era per questo che non sopportavo una parte di me. Una parte del mio passato che aveva continuato a vivere dentro al mio cuore seppur ben nascosto.

« Non sono mai stata così bene in vita mia, Michael. Sei stato in grado di regalare me e la mia famiglia una felicità incredibile e te ne sono davvero grata. Quindi, non ho bisogno che tu mi renda felice, perché lo stai già facendo » risposi.

Lui continuava a singhiozzare come un bambino, chiudendo per brevi secondi gli occhi.

« Anche dopo quello che è successo? » domandò.

Il bacio. Era come se trovarmi fra le sue braccia cancellasse ogni mio più brutto ricordo.
E lui era riuscito a sopprimere anche quel triste momento.
Ma non potevo continuare a fingere che non fosse successo, perché con il ritorno di Glenda, quel fatto sarebbe risaltato fuori ed io avrei dovuto nuovamente accettare la triste realtà.
Ero stata tradita dai miei stessi sentimenti in poco tempo, avevo lasciato che il mio cuore abbracciasse quello di un'altro e non potevo continuare a tenere lontana l'unica persona che era stata in grado di farmi perdere la testa.
Ero innamorata; l'amavo come non avevo mai fatto con nessuno e forse avrei mantenuto quel piccolo segreto dentro di me per sempre.
Feci scivolare le mie mani sul suo collo con estrema lentezza, percorrendo ogni singolo centimetro della sua pelle ed egli non si oppose, lasciando che le mie lunghe dita lo accarezzassero, privi di malizia.
Mi misi in punta di piedi e senza esitare lo strinsi in un dolce e sincero abbraccio e questa volta fui io a nascondere il mio viso nell'incavo del suo collo.
Continuai a piangere in silenzio, ma egli aveva cominciato a cullarmi dolcemente, avvolgendo le sue braccia muscolose attorno al mio busto stretto.
Cominciò a canticchiare qualcosa a bassa voce, arrivando a sfiorare il mio orecchio con le sue labbra, come se volesse farmi sentire una melodia dettata dal cuore e per mia grande sorpresa mi accorsi che la canzone era del tutto nuova.
Non lo sentii prima d'ora; infatti non aveva ancora il testo.
Mi strinsi maggiormente a lui, avvertendo il tepore della sua guancia contro alla mia e quasi fremetti dalle mie emozioni.
Ancora una volta mi tradirono.
Anche dopo a quello che mi hai fatto.

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