Capitolo 38
C A P I T O L O 38
Quella mattina mi ero svegliata con l'umore perfetto per affrontare una giornata alquanto movimentata, infatti, dopo un paio di ore mi ero ritrovata a correre per tutta Neverland con quasi metà vestito bagnato.
Grazie al cielo quel giorno il sole splendeva caloroso nella volta celeste, anche se il freddo non si attenuava di poco.
Michael si era assicurato di avere tutto a portata di mano; asciugamani, abiti nuovi, guanti e perfino due giacche da uomo che aveva offerto di indossare a chi ne risentiva di più al freddo.
Aveva organizzato tutto nei migliori dei modi e, ogni volta che qualcuno veniva colto in pieno con l'acqua, chiamava Cinzia e Glenda affinché li portasse dentro per riscaldarsi.
Ed era per questo che forse quest'ultima mi aveva lanciato per tutto il tempo delle occhiate serie, quasi malsano.
Mi sentivo sotto pressione anche nei momenti come quelli in cui la spensieratezza si trovava in primo piano.
« Glenda, Jason si è bagnato. Potresti per favore portarlo dentro? Non vorrei che si ammalasse » disse Michael, accennandole un sincero sorriso.
Ella si limitò ad annuire, lanciandomi velocemente un'occhiata, dato che mi ero fermata ad osservarli.
Non mi piaceva il fatto che egli si avvicinasse troppo a lei, ma non perché ero gelosa, anzi, avevo solo paura che ella potesse inventarsi delle falsità sul mio conto.
Mi fidavo di Michael, ma a volte temevo le cose di questo genere.
« Ma non c'è problema. Ditemi solo quando avrete finito. Kara deve ancora sistemare il salotto e il tuo studio » rispose.
Egli mi lanciò una veloce occhiata poi, dopo essersi aggiustato la camicia lungo i fianchi, si voltò nuovamente verso Glenda, sfoggiandole un bellissimo sorriso.
« Mi piacerebbe tanto che Kara stesse con noi, questa mattinata. Ai bambini piace la sua
presenza » disse, accentuando un tono gentile.
Stavo per avvicinarmi alla loro figura ma Lily mi anticipò, piazzandosi di fronte a me con un sorrisino a trentadue denti.
« Kara stiamo quasi per perdere ed abbiamo bisogno del tuo aiuto. Vieni! » esclamò, afferrandomi per la mano per trascinarmi con il suo piccolo corpicino verso alla massa di bambini in movimento.
Avrei voluto opporre resistenza, ma ero così tanto felice di poter ripassare una giornata indimenticabile con quei mocciosetti.
Erano la mia famiglia. La mia grande e numerosa famiglia.
Intravidi con la coda dell'occhio, lo sguardo frustato e scocciato di Glenda prima che ella sparisse dalla mia vista, entrando nella grande ed immensa dimora.
Poi Michael si voltò a guardarmi, correndomi incontro con un sorriso disegnato sulle sue labbra morbide, affiancandomi per scompigliarmi dolcemente i capelli con una mano.
Lily continuava a trascinarmi con le sue piccole mani attorno al mio corpo, mentre Michael mi affiancò aggiustandosi la camicia dentro ai pantaloni scuri.
« Non dovresti lasciare che il tuo nemico ti affianchi. Potrebbero succedere tante cose » disse, portando entrambe le mani dietro alla schiena.
Gli mostrai la pistola colma d'acqua in una mano, poi Lily con un cenno del capo ed egli non tardò a ridere divertito.
Il mio cuore prese a battere come impazzito al suono della sua risata cristallina.
Un sorriso dolce s'inarcò sulle mie labbra, ma sentendomi leggermente arrossire per la sua azzardata vicinanza, cercai di nasconderlo voltando la testa da tutt'altra parte.
Lily voltò la testa verso alla mia direzione e quando si accorse di Michael, cambiò totalmente espressione diventando tutta d'un tratto allarmata.
« No, Kara! No! Michael ci ucciderà! » urlacchiò con le iridi spalancate, scuotendo la mia mano con le sue piccole e morbide.
Michael mi guardò ed io ricambiai lo sguardo, divertita dalla reazione della bambina che continuava ad agitarsi.
Infine, il ragazzo dalla folta capigliatura scura scoppiò a ridere, alzando le mani dove vi teneva la pistola colma d'acqua.
« Signorina Lily! Le conviene mettere in salvo il suo capitano. Jackson non andrà piano » esclamò.
Urlacchiai divertita, prendendo Lily in braccio che emise un gridolino di sorpresa, aggrappandosi al mio corpo come se avesse paura di cadere.
Poi, in una mossa veloce mi allontanai dal corpo di Michael correndo il più veloce che potevo mentre egli, con la sua risata genuina e cristallina, mi inseguiva divertito, sparando di tanto in tanto un po' d'acqua che bagnò la mia lunga veste chiara.
Mi ero appena finita di fare un bagno caldo e rilassante, indossando una veste notturna gialla dalle maniche lunghe e delle calze morbide di cotone.
Ero davanti allo specchio intenta a pettinarmi i capelli da poco asciutti mentre Angie era seduta sul mio letto con un paio di bambini in giro per la grande stanza.
« Ti sei fatta più bella » mormorò, sorridendo dolcemente.
Arrossii lievemente, voltandomi verso alla sua direzione con un timido sorriso sulle labbra.
Era solita farmi complimenti e nonostante ci fossi abituata, ogni volta che mi elogiava diventavo impacciata.
« Madre, siete più bella voi di
me » replicai, poggiando la spazzola sulla superficie chiara del tavolo per dirigermi verso alla sua figura seduta, prendendo posto di fianco a lei.
Ella mi guardò attentamente, un lene sorriso aleggiava sulle sue labbra dipinte di rosso.
Portò una mano sulla mi chioma chiara, accarezzandola con estrema lentezza.
« Sono davvero felice di riaverti vista. Dopo tutto quello che è successo, ho avuto paura che tu stessi male, ma a quanto pare, il Signore ti ha mandato un
angelo » sussurrò, sfiorandomi la guancia con le sue mani leggermente ruvide dovute dal freddo.
Un angelo. Era più che un angelo.
« È un uomo fantastico madre. Dovreste solo vederlo quando mi guarda, quando si prende cura di me. È davvero speciale » replicai con la voce stridula per l'emozione.
Ogni volta che toccavo un tasto che riguardasse il suo nome o il suo modo di essere, mi sentivo come una stupida ragazzina innamorata e cercare di reprimere quell'emozione era come trattenere il fiato quando in realtà avresti voglia di respirare.
Un angelo.
Ma poi, come una ragazzina innamorata viene colta sul colpo, il mio sorriso scomparve lentamente, lasciando spazio ad uno malinconico.
« Vorrei solo che le cose fossero più semplici. Cammino in giro per questa casa e mi imbatto in lui ogni volta che attraverso la soglia di una stanza e tutto quello che posso fare è evitarlo. Non so più cosa fare. Mi sento così sotto pressione con Glenda alle spalle e lui...lui ha perfino invitato la donna che amava a stare da lui quando io non c'ero. Non ti sembra ridicolo? » piagniucolai, giocherellando con le proprie mani come una bambina sul procinto di piangere.
Angie sorrise, inchinandosi di poco con il busto a sinistra per avvicinarsi maggiormente a me.
Poggiò una mano dalle lunghe dita affusolate le cui unghie erano laccate di rosso, per poggiarla sulle mie tremanti.
« Mi ricordi tanto me alla tua età. Ero così innamorata di un uomo che era solito venire alla casa di riposo dove c'era mia nonna. Ma dopo un paio di mesi l'ho perso di vista e non ho avuto più modo di rivederlo. Ero spaventata quanto te, allora. Tesoro, ho visto l'amore di Michael in un suo sguardo. E ho visto il tuo già dal primo giorno e lo vedo anche adesso, Kara. Non dubitare mai di quello che provi, bambina mia. Potrà sembrare difficile all'inizio, ma alla fine troverai la via per uscirne » parlò, avvolgendo la mia spalla con il suo braccio esile.
Sospirai leggermente frustata, sbuffando subito dopo.
Avrei tanto voluto che le parole di Angie fosse vere, ma la realtà era ben diversa.
Volevo avere una relazione normale, con la persona che amavo al mio fianco, ma nonostante egli lo fosse fisicamente, c'era qualcosa che in lui mancava.
C'era un vuoto che ci divideva e anche se cercassi di scoprire di cosa si trattasse, mi ritrovavo sempre al punto di partenza.
Avere Angie al mio fianco era un sollievo per me.
Era sempre stata in grado di capirmi, ascoltarmi e consigliarmi.
« Perché non state qui stanotte? È tardi per ritornare a casa » mormorai.
Ella ridacchiò, stampandomi un bacio sulla guancia per poi alzarsi.
« Lo vorrei tanto, ma dopo i bambini non vorranno più ritornare indietro. Sai come
sono » rispose dilettata mentre si aggiustava l'abito lungo i fianchi stretti.
Mi alzai pure io, facendo lo stesso per poi lanciare uno sguardo ai piccoli che erano intenti a frugare curiosi dietro ad ogni angolo della camera.
« Spero trovino qualcuno che sia in grado di renderli felici al più presto possibile » mormorai, portando le mani davanti al grembo.
Angie li guardò con aria seria, quasi abbacchiata.
« Già. Ogni bambino merita una famiglia. »
Famiglia.
Quanto amavo quella parola.
Ero sempre stata in grado di stare di fianco ai miei genitori e a mia sorella, ma da quando ella aveva deciso di lasciare casa, quella parola, seppur graziata ora mi suonava dolorosa.
Sapevo perfettamente cosa si provava ad essere soli, sentirsi vuoti e avere un'infanzia accordata, ed era per questo che in certe situazioni, guardando i bambini mi sembrava di saltare nel mio passato sepolto in una parte remota di me, ma che sbucava fuori ogni volta che il mio cuore correva incontro a quella sensazione di solitudine e malinconia.
Ma io ce l'avevo una famiglia.
« Mi raccomando chiamami quando rientrate. »
Stavo dando gli ultimi saluti ad Angie e ai bambini che ormai sonnambuli cercavano di entrare al più presto possibile dentro alla grande vettura nera per potersi riposare dopo a quella lunga e movimentata giornata.
Michael stava finendo di indossare il cappotto a Jason che goffo com'era, faceva fatica persino a montare sulla macchina leggermente alta.
Più guardavo il ragazzo dalla folta capigliatura scura e più me ne innamoravo.
Un angelo.
E se fosse veramente così? Se ero io la ragazza paranoica?
No Kara, rimettiti la testa a posto.
« Lo faremo. Tu non dimenticarti di quello che ti ho detto, d'accordo? » domandò con voce pacata.
Annuii sorridendole dolcemente, per poi stringerla in un caloroso ed affettuoso abbraccio.
Le sue lunghe braccia avvolsero la mia spalla coperta dal semplice tessuto dell'abito leggero che avevo indossato dopo essermi fatta quel bagno rilassante, ma solo quando il solito vento invernale soffiò verso alla nostra direzione, colpendomi in pieno corpo, mi maledii di non aver indossato la mia amata giacca nera.
« Javon, se avete fame o volete prendervi qualcosa, non esitate a farlo. Tieni, questi sono per
voi. »
Michael afferrò un piccolo portafoglio nero contenente del denaro e lo porse al suo bodyguard che lo prese con un leggero inchino del capo, come a ringraziarlo.
Angie lo seguì a ruota, stringendolo in un forte abbraccio privo di malizia.
« Sei molto gentile. Ti ringraziamo » mormorò, staccandosi subito dopo.
Il ragazzo dalla folta capigliatura sorrise leggermente imbarazzato, grattandosi la nuca con fare timido.
« È il minimo » si limitò a rispondere.
Dopo che ci fummo congedati per un'ultima volta, Angie e i bambini salirono sulla grande vettura scura che si accese quando Bill la mise in moto.
I grandi fari di quella macchina possente, illuminarono il tratto di strada nascosta dagli alberi fitti e alti.
Un suono di clacson per avvertirci che stava per partire, poi i grandi cancelli si aprirono e l'auto nera varcò la soglia di quel ferro battuto, sparendo dalla nostra vista quanto questa svoltò a sinistra.
Mi ritrovai all'improvviso da sola con Michael al mio fianco, in silenzio ad osservare un punto indeciso della strada dinanzi a lui.
Aveva le mani intascate nel suo largo cappotto blu e rosso, la sua chioma allo scoperto sotto alla luce di quei lampioni accesi.
« È stata una bella giornata » disse.
Annuii alla sua risposta, rivolgendogli un dolce sorriso.
« Già. I bambini si sono divertiti un sacco » risposi.
« Peccato che abbia deciso di ritornare a casa proprio oggi. Mi sarebbe piaciuto passare un'altra giornata in loro compagnia. I bambini sono fantastici » mormorò.
Prese un bel respiro, alzando lo sguardo verso al cielo decorato con piccole lucine colorate.
La sua espressione si fece tutto ad un tratto malinconica e cupo.
Che stesse pensando alla sua infanzia?
Sapevo benissimo che per lui quel tasto era molto dolorante e nonostante fossero passati gli anni, il ricordo di quei tempi ormai lontani, per lui erano come catene di ferro legati ai suoi polsi.
Pesanti e saldo.
Mi avvicinai a lui lentamente, soffermandomi davanti alla sua figura alta e possente.
Egli, all'udire il suono dell'erba calpestarsi, abbassò la testa, poggiando la sua attenzione sul mio corpo minuto.
« Stai bene? » gli domandai.
Lui mi accennò un leggero sorriso, annuendo.
« Mai stato meglio. »
Ricambiai il sorriso, stringendomi nelle spalle quando un'altro vento gelido mi sfiorò il collo.
« Hai freddo? » chiese.
Scossi la testa, portando i capelli dietro alle spalle.
« Sto bene. Come mai me lo chiedi? »
Lui mi osservò da capo a piedi con il solito sorriso furbo stampato sulle labbra.
Le sue iridi scure percorrevano ogni centimetro del mio corpo, soffermandosi sul mio collo ormai ricoperto di brividi.
« Lo posso notare anche solo osservandoti dalla finestra di camera mia » rispose.
Feci finta di non capire, aggrottando le sopracciglia.
« Scusa, ma non credo di
capire » mentii.
Lui rise divertito, passandosi la lingua sul labbro inferiore.
S'inchinò in avanti con il busto, avvicinandosi pericolosamente al mio viso ormai rosso dall'imbarazzo, poggiando la sua fronte contro alla mia.
« Posso provare a fartelo capire, allora » sussurrò, continuando a fissarmi con decisione negli occhi.
Sgranai quest'ultimi, facendo un passo all'indietro per allontanarmi dal suo tocco così delicato seppur azzardato.
« Beh, credo di averlo già capito. Ad ogni modo sono molto stanca. Credo mi riposerò un po'. Buonanotte, Jackson. »
Lui sorrise dilettato, ricomponendosi dopo aver mormorato parole incomprensibili a bassa voce.
« Certo, sei molto stanca. Buonanotte. Spero tu possa riposarti bene » disse, facendomi infine l'occhiolino.
Annuii velocemente, inchinandomi leggermente in avanti con il busto come per congedarlo per poi oltrepassarlo e camminare dritta e spedita verso alla porta d'entrata.
Quanto avrei desiderato stringermi fra le sue braccia e sfiorare nuovamente quelle labbra morbide, ma no, non potevo.
Sapevo perfettamente che in quel posto avevo sempre un paio di occhi puntati addosso, ovunque mi trovassi.
Se solo fosse tutto così facile! Avrei passato pure l'intera notte a camminare su quel prato verde con lui al mio fianco.
Lo amavo e lo sapevo. Lo sapevo fin dal primo giorno in cui lo incontrai.
Ma perché mi astenevo ogni volta che cercavo di avvicinarmi a lui? Perché?
'Non dubitare mai di quello che provi'.
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