ᴄαᴘɪᴛᴏƖᴏ 6

 C A P I T O L O 6 

Quando riferii la grande notizia ai bambini e a Angie, avevano fatto salti di gioia per l'immensa felicità.
E quell'immagine rimase impressa nelle ore successive quando mi domandavo se andare con loro fosse una buona scelta.
In realtà non sapevo esattamente come presentarmi.

Lui era la più grande celebrità, nonché la persona più famosa e rispettata in quasi tutto il mondo.
Al contrario, io ero una semplice donna in cerca di felicità.
Eravamo due persone opposte e i nostri interessi erano alquanto diversi.
Il suo mondo non mi riguardava.
Avevo da sempre odiato la fama e tutto ciò che riguardasse il stare sotto ai riflettori, tant'è che quel giorno temetti di venire stravolta da una marea di paparazzi.
Mi ci volle una notte intera per abituarmi all'idea che ben presto avrei varcato le porte di quell'immensa casa di lusso e ancora faticavo a credere che, in pochi minuti, avrei rincrociato i suoi occhi intensi.

Tenevo per mano Lily, mentre attendevo impaziente che quei grandi cancelli di ferro battuto venissero aperti.
Angie era di fianco a me e per il nervosismo aveva continuato a sistemarsi l'abito rosso che indossava quella mattina.
Aveva i capelli raccolti in una crocchia ben sistemata, il lungo cappotto marrone le avvolgeva quel corpo magro e sottile, mentre ai piedi portava dei semplici stivali neri.
Era ben vestita, nonostante la semplicità.
I bambini erano ormai impazienti e, saltellando sul posto, si domandavano quando lui avrebbe dato loro la possibilità di correre per tutto quel giardino che, vista da fuori, sembrava gigantesca.
Lanciai uno sguardo a Lily e lei ricambiò, scrutandomi con i suoi grandi occhioni vispi, poi, guardai Angie che mi sorrise, emozionata.

Mentirei se dicessi che io non lo ero.
L'idea di rivederlo, osservare quei lineamenti dolci e perfetti, quella pelle candida e quelle lunghe dita affusolate, mi creava una sensazione strana al basso ventre che non potevo evitare.
Sembrava fosse tutto così perfetto, eppure sapevo perfettamente che - dopo tutto questo - sarei ritornata alla mia solita vita monotona.
Lui mi avrebbe dimenticato e io avrei dovuto fare altrettanto e riprendere le mie solite faccende quotidiane.
Strinsi la piccola mano di Lily che mi guardò con aria interrogativa, poi, quando notai in lontananza il grande portone aprirsi, il mio cuore mancò un battito.

Non ero mai stata una sua ammiratrice eppure, in quel momento, guardarlo, mi creava una certa agitazione.
Due uomini robusti in giacca e cravatta uscirono fuori e si fermarono dinanzi alla porta, e dopo un paio di secondi, potei perfettamente notare una chioma riccia sbucare all'improvviso.
Michael uscì e si soffermò ad ammirare il paesaggio per brevi secondi, per poi voltarsi nella nostra direzione e guardarci.
Si avvicinò ad uno dei suoi bodyguard e rivolse loro qualcosa a me del tutto estraneo, e solo dopo essersi aggiustato il cappello in testa, cominciò a camminare in nostra direzione.
I cancelli cominciarono ad aprirsi lentamente.

Angie respirò a pieni polmoni, mentre io - agitata com'ero - avevo cominciato a torturarmi il labbro inferiore.
Camminava sinuoso e leggero in nostra direzione.
La camicia arancione gli calzava a pennello, i suoi jeans neri gli fasciavano perfettamente quelle gambe leggermente muscolose e formose, mentre una cintura marrone, gli avvolgeva i fianchi, incastrando sotto ad essa, il tessuto del suo vestito.
Ai piedi indossava i suoi famosi mocassini accompagnati dalle solite calze bianche in cotone, in testa portava il suo solito cappello di fedora nera, mentre a completare il tutto era una lunga giacca a vento.
Quando tutto il cancello fu spalancato, tutti i bambini cominciarono a correre in sua direzione, urlando il suo nome e saltellando.
Anche Lily lasciò la mia mano per unirsi alla massa.

All'inizio pensai che Michael lo avrebbe trovato irrispettoso, ma quando notai il suo sorriso angelico dipingersi sul viso, mi rilassai e guardai Angie con un sorriso allegro.
Era da tempo che non li vedevamo così felici.
Li strinse uno a uno mentre domandava loro se stessero bene.
Ad altri stampò pure un bacio sulla fronte, abbracciandoli subito dopo.
Poi, quando incrociò la figura di Lily, il suo volto assunse un'espressione del tutto allegra e con un largo sorriso la prese dolcemente in braccio, baciandole una guancia ormai rossa dal freddo.
Solo dopo aver salutato tutti i bambini, alzò lo sguardo e incrociò quello di Angie, per poi passare sulla mia figura.
Mi guardò e sorrise.
Arrossì.

Temevo che trovasse buffo il modo in cui mi ero vestita o che forse l'abito che indossavo non gli piacesse, per il semplice fatto che si trattava di un abito bianco e giallo lungo fino alle caviglie.
La mia lunga chioma bionda era nascosta da un cappello nero, mentre il mio corpo era avvolto attorno un cappotto dal tessuto nero.
Speravo mi fossi vestita bene, ma avevo sempre paura che il mio stile non fosse piaciuto mai a nessuno.

« Vi prego, entrate » esclamò allegro, agitando una mano.

Angie mi guardò e io ricambiai e infine, con passi leggermente tremanti e titubanti, varcai il grande cancello, e mi avvicinai lentamente alla sua figura.
Lui rideva contento, mentre accarezzava le loro teste, poi, dopo aver sorriso a Lily, la rimise giù e si avvicinò a noi.
Abbracciò Angie, circondandole le spalle con un braccio, per poi stamparle un bacio sulla guancia, domandandole come stesse.

« È un onore essere qui » gli rispose, guardandolo con uno sguardo gradito.

Michael sorrise imbarazzato e si toccò con l'indice la punta del naso.

« Per me è un onore che voi abbiate accettato » rispose, inchinandosi leggermente con il busto.

Un vero gentiluomo.
Il suo modo di fare mi aveva catturato già dall'inizio, ma ogni volta mi sorprendeva sempre di più.
Si allontanò da lei e puntò la sua attenzione su di me.
Mi sfoggiò un bel sorriso e, dopo essersi aggiustato per la seconda volta il cappello, si avvicinò a me, fermandosi dinanzi alla mia figura bassa.
Mi cinse la vita con un braccio e si accostò più vicino per stamparmi un casto bacio sulla tempia ormai accaldata.
Il contatto del suo corpo con il mio mi lasciò una scia di brividi lungo le gambe.
Quei soliti brividi che provavo ogni volta che la mia mente si soffermava su un suo piccolo dettaglio.
Una volta staccatosi dal mio corpo, mi sorrise e io non resistetti nel ricambiarlo, abbassando subito dopo lo sguardo.

« Spero che possiate sentirvi a vostro agio qui » disse, guardando Angie con un largo sorriso stampato sul volto.

Lei ridacchiò e annuì.

« Lo saremo » rispose.

Michael guardò i bambini, e sempre con quel sorriso dipinto sulle labbra, ritornò a guardarci, portando entrambe le mani sui fianchi.

« Volete che vi mostri la casa? Non ci impiegherò molto » disse, leggermente imbarazzato.

Sorrisi e mi mordicchiai il labbro inferiore mentre lanciavo uno sguardo ad Angie che ricambiò.

« Saremo ben lieta di accettare, signor Jackson » risposi infine.

Il suo sorriso si allargò e, dopo aver raccomandato i bambini di stare nei dintorni e di non allontanarsi, ci fece strada verso alla sua dimora, affiancandomi.
Portò entrambe le braccia dietro la schiena e camminò al mio fianco con passi leggeri.

« Signorina Jones, è stata lei a rispondermi ieri? » domandò a un tratto.

Sussultai leggermente.
La sua improvvisa domanda mi lasciò sorpresa.
Sapevo quanto fossi stata sbadata e la mia voce era alquanto nervosa; inutile non averlo intuito.
Sorrisi impacciata e annuì.

« Sì... Le chiedo immensamente scusa per- » mi bloccai quando lui riprese a parlare, sovrastando la mia voce con la sua.

« Lo avevo intuito. È impossibile non essere nervosi quando si parla con Michael Jackson » disse semplicemente, guardando dinanzi a lui.

Lanciai uno sguardo fuggitivo ad Angie che sembrava non ascoltare la nostra conversione.

« Si sbaglia. Sono abituata ad essere nervosa quando si tratta di sconosciuti. Non è lei il problema, signor Jackson » replicai.

Lui mi guardò, sorpreso dalla mia affermazione.
Sembrava che nessuno gli avesse mai detto una cosa del genere, dato lo sguardo che mi rivolse, e in quel momento temetti di aver sbagliato risposta.
Non volevo sembrare maleducata, perché non lo ero.
Speravo soltanto si dimenticasse di ciò che gli dissi.
Salimmo i gradini che conduceva alla porta d'ingresso e lui - da gentiluomo - fece passare per prima Angie che lo ringraziò entusiasta, poi, si mise in un angolo e mi incitò con un gesto della mano a entrare.
Lo ringraziai con un lieve inchino del busto ed entrai nella grande dimora.

Fui subito invasa da un dolce profumo di vaniglia, quindi dedussi che la casa era stata pulita da poco.
Una donna sulla trentina ci accolse subito con un largo sorriso, per poi stringerci calorosamente la mano.

« Benvenute. È un piacere avervi qui. Io sono Karen, la truccatrice di Michael » esclamò.

Ricambiai la stretta di mano e le sorrisi dolcemente.

« Piacere, Kara Jones » risposi.

Angie si presentò amabilmente, mentre Michael ridacchiò, intento a grattarsi la nuca.
Lo trovai estremamente carino.
Era una persona ben diversa da ciò che rappresentavano i giornali e sinceramente ne rimasi colpita.

« Posso offrirvi qualcosa da bere? » chiese Karen, guardandoci.

Angie negò, scuotendo la testa.

« La ringrazio, ma io sono apposto. Forse dopo » replicò.

La donna annuì, poi posò la sua attenzione su di me e attese la mia risposta che non tardò ad arrivare: « È molto gentile. Credo che prenderò qualcosa dopo con Angie. La ringrazio. »

La truccatrice annuì e si dileguò a passi veloci, scomparendo in un'altra stanza.

« Beh, vogliamo cominciare? » chiese Michael.

Io e Angie annuimmo, poi cominciammo a seguire il cantante che riprese la camminata.

**

La visita della dimora durò all'incirca un'ora.
Era una grandissima casa con tante stanze; uno studio privato, una sala cui una parte di parete era ricoperta da grandi specchi attaccati e un immenso salotto con un bellissimo camino.
Era una dimora degna di una persona alquanto benestante.
Ci fermammo sull'erba verde del suo immenso giardino.
Era ben curata e alcuni fiori colorati facevano da contorno a una piccola fontana non troppo lontana da noi, dove i bambini si erano accerchiati per osservarne la statua di marmo.

« Sono così belli » mormorò la star, mentre portava entrambe le mani dietro la schiena.

Sorrisi, Angie invece si allontanò per dirigersi verso di loro che non si accorsero proprio della sua presenza.

« Venire qui li ha resi felici, signor Jackson. La ringrazio per ciò che sta facendo » replicai, incrociando le mani dinanzi al mio ventre piatto.

Michael ridacchiò e sospirò.

« Lo faccio volentieri signorina Jones. Comunque, mi dia del tu, non se lo dimentichi » disse, guardandomi.

Ricambiai lo sguardo, arrossendo lievemente.
I suoi occhi profondi scrutavano ogni centimetro della mia pelle, dalle mie mani congiunte alle labbra messe leggermente in risalto da un velo di rossetto color carne.
Mi sorrise e io arrossii.

« Certo. La stessa cosa vale anche per lei » replicai divertita.

Lui si avvicinò  e intascò le mani.
La sua figura alta sovrastava la mia minuta e per questo motivo dovetti alzare la testa per poter ammirare quelle iridi color pece.
Il suo profumo di colonia mi invase le  narici e il mio cuore riprese la solita corsa che tanto detestavo.
Non era il fatto delle sensazioni che mi disturbavano, piuttosto la realtà che queste ultime mi tradivano spesso.
Chiusi leggermente gli occhi e respirai a pieni polmoni.

Non volevo che notasse la mia agitazione per la mancata distanza e non volevo nemmeno apparire scortese, ma non riuscivo a trattenere le mie emozioni.
Quando socchiusi le mie iridi, mi soffermai a osservare ogni lineamento scolpito sul suo viso finito.
Erano accentuati, ma raffinati allo stesso tempo.
Egli mi osservò per brevi secondi in religioso silenzio, poi - con una voce roca - rivolse la parola:

« Kara, mi chiedevo se ti andrebbe di lavorare qui a Neverland, sai, con i bambini » mormorò.

Lo guardai e sgranai gli occhi.
Non mi aspettavo una proposta di quel genere e soprattutto in quel giorno.
Lo conoscevo da poco e non mi ero mai soffermata all'idea che costui, la più grande celebrità del pianeta, mi avrebbe offerto un'opportunità come quella.

« Io... » balbettai, colta di fatto.

« Ho visto quanto ti faccia stare bene la compagnia dei bambini e a quanto a loro piacciano la tua. Sai, qui a Neverland vengono ospitati spesso bambini malati e stare da solo con loro è un po' triste. Dicono che quando si è in due, giocare sia più bello. Sei una ragazza fantastica Kara. Le descrizioni dei bambini mi hanno portato a domandarmi se ti andrebbe di passare anche del tempo qui a Neverland » disse, sorridendomi.

Deglutii e chiusi per brevi secondi gli occhi, giusto per mettere a fuoco ciò che mi era stato appena proposto.
Rifiutare sarebbe come perdere un'opportunità che tutti sognano, ma accettare comprendeva l'andare contro a quello che rientrava nei miei piani.

« Come mai io, Michael? Anche Angie ama i bambini e la sua compagnia li rende felici » domandai, guardandolo inibita.

Michael mi sorrise e si grattò il braccio imbarazzato e solo dopo essersi schiarito la voce, parlò:
« Mi sembri una ragazza in gamba e per di più sei molto giovane. Mi piacerebbe conoscerti. »

La sua affermazione mi spiazzò in pochi secondi.
Non sapevo se accettare o no, ma una parte di me non voleva rifiutare quella opportunitá che forse avrebbe potuto dare una svolta alla mia vita e a quello dei miei genitori.
Ma ero sicura che era quello ciò che stavo cercando?
Rimasi in silenzio per brevi secondi, fissando l'erba calpestata sotto ai nostri piedi ormai vicini, domandandomi se accettare sarebbe stato poi la scelta giusta.
Avrei dovuto accettare?

{Revisionato il 01.05.21}

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