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«La tua amica fortunatamente sta bene, anche se sembra aver preso comunque una brutta caduta, soffermandomi su quello che mi hai raccontato. Perché è caduta, giusto?»
Sento la voce dell'infermiera dell'infermeria della scuola, e mi sembra di riuscire a vedere la sua espressione guardinga e inquisitoria anche attraverso il paravento che mi sbarra la visuale.
«Sì, esatto. Si è arrampicata su un albero per gioco, ma a quanto pare non è stato un gioco abbastanza intelligente, ecco...»
Se non fossi distesa qui, con una flebo al braccio che mi sta drogando di antidolorifici, mi verrebbe quasi da ridere per tutta la situazione in genere. Ma ho delle fitte assurde alle costole che a malapena mi permettono di starmene semi sdraiata, e in più se provo anche solo a tossire, o peggio, a ridere sono convinta che riuscirei a vedere tutta la galassia spaziale.
E in più c'è Harry, che è davvero ruffiano di primo ordine, e questa è un'altra piccola, divertente caratteristica che ho scoperto di lui. Ma soprattutto sentito: racconta delle balle da riuscire a confondere quasi quasi anche la mia memoria.
Sento di nuovo la voce dell'infermiera, stavolta più aspra mentre gli spara contro come un kamikaze: «Si, direi ch'è stato proprio da idioti.»
Sento Harry tossire, sicuramente in imbarazzo, prima di aggiungere un: «dovrei riaccompagnarla a casa?»
Quella domanda mi spiazza. Sono sempre ritornata a casa in autobus, sempre sola, sempre seduta in disparte con tutti che fanno finta di non vedermi mentre mi passano davanti per andare a sedersi ovunque, basta che non fosse al mio fianco. E oggi ritrovarmi qui, in infermeria per la prima volta - perché, nonostante tutti i tormenti di questi anni, nessuno di loro si era mai spinto fino a questo punto; e lo shock sul volto di Stella è stato già un tutto dire. E poi c'è stato questo improvviso avvicinamento da parte di Harry che, non solo si è seduto al mio fianco di sua spontanea volontà, non solo mi ha invitato a passare l'ora dell'intervallo fuori a studiare insieme: ma si è addirittura messo contro quella che, qui a scuola si sa, è sempre stata la sua migliore amica anche prima del liceo. Anzi, si vocifera addirittura dai tempi delle elementari.
E adesso è qui, perché non solo mi ha accompagnata tra le sue braccia in infermeria, ma ha insistito anche per rimanere contro il disaccordo dell'infermiera. E come se non bastasse, adesso si sta anche offrendo di riaccompagnarmi a casa.
Mentre cerco di mettere a posto il groviglio di pensieri nella mia testa, l'infermiera mi viene di nuovo inconsapevolmente in aiuto.
«Vorrei tenerla almeno un'altra ora qui in osservazione: non ha nulla di rotto da quello che sono riuscita a constatare, ma preferirei che restasse qualche giorno a riposo a casa, e poi magari possibilmente farsi fare un controllo per escludere eventuali fatture o lesioni alle costole. Per questo ho fatto telefonare sua madre dalla segreteria, per farla venire a prendere.»
«Capisco.»
Sento uno strano e inaspettato silenzio; non riesco a capire se Harry se ne sia andato senza salutare, o se se ne sia andata l'infermiera. In entrambi i casi, mi sembra piuttosto strano - per non ammettere deludente, dopo tutta questa premura - che Harry non abbia pensato nemmeno un po' di affacciarsi per salutarmi. O magari anche per vedere come mi senta...
Cinque minuti dopo aver viaggiato già tra mille pensieri, però, sento la porta dell'infermeria chiudersi e da dietro il paravento ecco che sbuca fuori una massa di capelli ribelli e ondulati. Sorrido, con un calore quasi simile a quello che provo quando sono con Ally, e Harry mi raggiunge.
«Ei...» Fa attenzione mentre si siede al mio fianco, spostandomi con delicatezza il filo della flebo attaccato al braccio. «Come stai?»
Accenna un sorriso, eppure non posso fare a meno di notare un'ombra di tristezza sul suo volto. Come sto? Nemmeno io lo so. Sono successe così tante cose che non mi aspettavo già dal primo giorno, che non riesco a capire nemmeno io come mi sento.
Eppure gli sorrido mentre gli mento, rispondendo un semplice: «io sto bene... Lo stesso però non posso dire di te.»
Non mi aspetto che lui si faccia leggere da me come un libro aperto: questa sorta di amicizia è nata così inaspettatamente, e non posso dargli torto se anche lui, esattamente come me, decida di andarci coi piedi di piombo. Infondo com'è che si dice? Chi va piano, va sano e va lontano.
E non vorrei rovinare quel poco che siamo riusciti a costruire per colpa di passi più lunghi della gamba: rischierebbero solo di farci inciampare.
Alza le spalle, nonostante si sforzi di mostrarsi indifferentemente tranquillo: «non sono io quello che ha subito un'aggressione per colpa di una cogliona.»
Ecco quello che sospettavo, e che immaginavo.
Cosa dovrei dirgli? Che ha ragione? Che la sua amica è una pazza squilibrata? Che nemmeno io mi aspettavo una cosa del genere da lei? Ok, non siamo mai state l'esempio di miss simpatia... E ovviamente non siamo mai state tutto questo legame, sempre se l'odio possa definirsi una specie di legame che lega due persone.
«Sicuramente non si aspettava che io e te avremmo fatto amicizia, e forse si sarà sentita solo minacciata da questo. Non puoi biasimarla, nonostante la sua reazione esagerata.»
Non so bene per quale motivo io la stia difendendo, però sono sicura di una cosa: per quanto possa essere inaspettata questa amicizia, e sono sicura da parte non solo di entrambi ma di tutti coloro che ci circondano e della quale ne fanno parte involontariamente, non voglio che il tutto parta già nel modo sbagliato.
«Come fai a difenderla? Ti ha dato il tormento per anni, e ti ha fatto finire in un letto dell'infermeria con una flebo legata al braccio. Non ti fa incazzare tutto questo?»
«Certo che sono arrabbiata, lo sono da anni.» Rispondo, sorvolando al suo linguaggio più scurrile del mio. «Ma è anche lo stesso motivo per cui ho deciso di darti una chance, e di fidarmi: per passarci sopra.»
«So di avere delle colpe anch'io ma, credimi, ho sempre detto loro che non mi piaceva il modo in cui ti trattavano e li ho sempre spronati a lasciarti in pace. Ma non ci sono mai riuscito, ed è per questo che me ne stavo sempre zitto e in disparte.» Volta lo sguardo altrove per non guardarmi, e capisco che sta ancora meditando su qualcos'altro.
Infondo, c'è un motivo se ho deciso di studiare psicologia. Decido quindi di starmene in silenzio per lasciargli il suo spazio, e di aspettare che si apra da solo: se c'è una cosa che ho imparato in psicologia, in tutti questi anni, è quello di non opprimere qualcuno per farsi aiutare. O anche solo per parlarne. Bisogna fargli capire, e soprattutto vedere, che non c'è nessun tipo di giudizio da parte nostra e che siamo convinti che loro possono farcela a superare quei gradini perché non c'è nulla di sbagliato a farsi aiutare.
E infatti, non passa molto prima che Harry aggiunga: «evidentemente hai ragione, ho sbagliato anch'io.»
Si volta a guardarmi con un'aria imbronciata, mentre io mi premuro di sorridergli.
«L'importante consiste nel capire i propri errori, prima o poi. Harry», lo richiamo affinché alzi lo sguardo da terra e solo dopo avermi accertata che mi stia guardando continuo. «Non possiamo rimanere sempre impiantati in un fosso. Bisogna guardare oltre quel fosso per poter percorrere una strada asfaltata... Oppure continuerai ad inciamparci sempre.»
«Forse hai ragione, ma sono comunque troppo incazzato con lei per fargliela passare liscia così presto.» E ci risiamo...
«Lo sai, non dovrei dirtelo perché è una cosa che in psicologia ho imparato che non si dovrebbe proprio fare, ma lasciati dire che hai la testa di un mulo.»
Sghignazza: «e così vuoi diventare psicologa, eh? Ora si spiega come riesci a parlare così bene: mi sembrava di essere andato in terapia, e di non essermi nemmeno accorto quando e come fosse successo.» Ridacchia.
Beccata in pieno, Camila. Hai scoperto tutte le carte come una pivella, bel lavoro!
«In realtà, ancora non ho deciso quale strada intraprendere ancora.»
«Come sarebbe?» Mi guarda incredibilmente scioccato. «Sei la studentessa più brillante di questa scuola! Persino Hermione Granger si sentirebbe minacciata da te! Com'è possibile che tu non abbia scelto ancora quale università frequentare e cosa fare?»
«Ti piace Harry Potter?» Gli chiedo, e mi fingo sorpresa.
«Ei! Stai usando la mia tattica!»
Stavolta sono io a essere scettica. «Quale tattica?»
«Oh, andiamo... Quella dove passi da un argomento all'altro per farmi sviare il discorso! Non ci credo...» Mi guarda a occhi aperti. «Stai facendo la para culo!»
«Io non faccio la para culo!» E invece sì, è solo che Harry è fastidiosamente bravo in questo.
«E ora stai continuando a farlo!» Sghignazza. «Però, certo che sei brava a strizzare i cervelli, eh?»
Sbuffo: «sei maledettamente insopportabile, lo sai?»
«E tu invece continui a evitare il discorso, non è forse una delle cose che non bisogna fare in psicologia?»
«Tu...» Dannazione, colpita e affondata! «Sei... Sei proprio...»
Ridacchia, ma entrambi smettiamo di parlare nel momento in cui sentiamo la porta aprirsi.
«Camila, c'è tua madre giù. Riesci a scendere, o vuoi che ti aiuti?»
Hanno chiamato sul serio mia madre? Il primo giorno di scuola, e io salto già la maggior parte delle lezioni per tornarmene a casa. Ottimo.
«L'accompagno io.» Si intromette Harry, senza concedermi nemmeno il tempo di rispondere o anche solo di controbattere.
«Basta che tu stia attento. E ora fatemi togliere questa flebo finita.» L'infermiera mi si avvicina con un disinfettante tra le mani, un pezzo di ovatta e del nastro di carta. Poi però si ferma, alza lo sguardo, e con uno sguardo accigliato intima ad Harry di aspettare fuori.
«Mi chiami così la aiuto a scendere dal letto.» Dice prima di dileguarsi. Mi scompiglia per un secondo i capelli, contro ogni mia protesta, e quando lo allontano noto che i dolori di prima sono incredibilmente diminuiti.
«È il tuo ragazzo?»
Scrollo la testa. «Come, scusi?»
«Quel ragazzaccio lo conosco bene, così come conosco le sue risse. E tu sei la prima persona che accompagna in infermeria.»
Scuoto la testa. «Oh, no, si fidi: non potrà mai succedere!» Soprattutto se voglio continuare a vivere. In tal caso, penso che Lauren mi farebbe fuori all'istante facendo scomparire il mio corpo.
«Se lo dici tu.» Sorride, e dopo avermi scritto una giustificazione per la mia assenza che Harry dovrà dare in segreteria, mi fa un occhiolino nel momento in cui Harry entra e noi salutiamo per andare via.
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