Capitolo 16. "Minchia, ecco perché mi sentivo ossevato!"
P.O.V. Bakugou Katsuki
Pochi giorni erano ancora passati, tutto era tornato alla normalità, purtroppo però che non ero ancora riuscito a dire ancora ad Izuku ciò che provavo, non sapevo cosa dire, e nemmeno lui aveva detto nulla. È forse solo in gioco, un gioco fatto di baci, carezze parole dolci. Una sua reazione contrastante mi farebbe male, preferisco rimanere in silenzio. Anche Faccia Tonda mi ha detto più volte di dichiararmi al verdino. Ma non l'ho fatto, non ancora.
Stiamo parlando lungo i corridoi, lui è felice e continua a sorridere. Come fa? Non lo so, io oggi non riesco a far nulla se non pensare. «Kacchan?» Mi giro verso di lui con fare interrogativo, e lo vedo parecchio preoccupato per me. «Che c'è?»;
«Nulla.» La mia risposta è neutra, poi, sento la mia camicia venir strattonata da qualcuno, e non è Deku. Mi giro bruscamente, e mi ritrovo dinnanzi a Bastardo A Metà, che ci guarda male entrambi. Vedo Deku abbastanza a disagio, poi, guardo il bicolore.
«Devo parlarti, Bakugou.»;
«Wow, anche io, sai? Abbiamo molto su cui conversare.» Lo vedo sorridere maliziosamente, e intanto io chiedo al verdino di aspettarmi fuori scuola, e lui, anche se titubante, mi ascolta e va via, non smettendo di guardarci. Quando sparisce dietro l'angolo, il Bastardo A Metà mi porta in una delle classi, vuote e silenziose. Le lezioni sono finite da un po', e noi a quanto pare siamo gli unici qui.
Mi siedo su un banco, mentre lui è in piedi, davanti a me. Il suo sguardo eterocromatico è profondo ed intenso, e non riesco a leggerlo ancora per molto, tant'è che sono arrabbiato. «Perché mi dicevi di non dover toccare Deku?» Gli chiesi, iniziando per primo, dato che lui non dava alcun cenno di dover parlare. Poi, spicca parola. «Ogni cosa ha suo tempo, Bakugou. Di sicuro sai che ho lasciato Momo, giusto?» Io annuisco, mentre lui non smette di levare gli occhi dalla mia figura.
«Beh... è dalla prima di liceo che ti tengo d'occhio, non trovandoti mai come un esempio da seguire. Ma mi sbagliavo.» Non comprendo, ma fra me e me penso: "Minchia, ecco perché mi sentivo osservato!" Mentre Todoroki quasi sorride. Ripeto, Todoroki.sta.sorridendo. «Che cazzo c'entra?»;
«C'entra eccome. Come già detto, mi sbagliavo, perché non si giudica un libro dalla copertina. Dopo svariato tempo, compresi della tua intelligenza, e mi resi conto della tua determinazione di migliorare, anche se sei sempre stato un tipo molto orgoglioso...» Con quanta tranquillità mi sta facendo 'sti complimenti?
Insomma, il suo sguardo è serio, ma sul suo volto c'è un leggero sorriso. Si avvicina a me, ed io declutisco rumorosamente, sentendomi in soggezione. La sua figura sembra più imponente della mia, e mi mette ansia. «Midoriya era ed è ancora adorabile e bello, ma...» La sua voce diventa un sussurro, e si avvicina a me, e siamo a pochi centimetri di distanza. Le sue mani mi bloccano, poste vicino ai miei fianchi. Per indietregiare debo quasi sdraiarsi sul banco e tentare di non cadere rovinosamente a terra.
«Ow, fermo stronzo, cazzo vuoi fare?!» Sento il suo respiro sul volto, e sono rosso in viso per la nostra vicinanza. «Non voglio lui, voglio te.» Il suo sguardo languido è su di me, ed io Mi sento ancora in imbarazzo. D'un tratto, si avventa su di me e mi bacia in modo passionale, mentre cerco di divincolarmi dalla sua presa. Sento la porta aprirsi di scatto,proprio mentre mi scollo da dosso il Bastardo A Metà, che cade a terra, ed una voce chiamarmi. «...V-voleva vederti il... Professor A-Aizawa...» È basito, ed io lo sono ancora di più.
P.O.V. Midoriya Izuku
Me ne andai, come Kacchan aveva detto a me di fare. Negli ultimi tempi è sempre cosi e distratto e preso dai suoi pensieri, ha sempre la testa fra le nuvole. Io non lo so cosa prova davvero per me, ma io lo amo, e vorrei avere una risposta. Quel giorno mi sarei dichiarato, ma Shouto è venuto all'improvviso ed ha rovinato tutto. "Sarà per un'altra volta..."
Penso, come oramai da giorni infiniti. Avevo programmato diverse date nella quale dichiarare i miei sentimenti al biondo platino, ma non sono mai riuscito per davvero a dirgli di quello che pensavo nei suoi confronti. Mentre camminavo con il capo calato, verso l'uscita, sento la voce di uno dei professori chiamarmi alle mie spalle.
«Midoriya!» È il professore Aizawa, ed io corro da lui come un soldato. È uno dei maestri più rigidi della scuola, tutti lo temono per la rigidità che ti dà il suo sguardo di ghiaccio. «Sì, professore? Posso fare qualcosa per lei?» Chiedo, e lui annuisce. «Ti ho visto con Bakugou poco prima, potresti chiamarlo a mio nome? Ti ringrazio.» Annuisco a mia volta, correndo per i corridoi in cerca del famigerato biondo grano.
No, nei corridoi non c'è, e forse è in una delle classi. Lo chiamo diverse volte, aprendo la porta di ognuna di essa, ho controllato persino nei bagni. «KACCHAN! KACCHAN!» Sento alcune voci da un'aula in particolare, e mi dirigo verso l'origine dei suoni. Sbatto la porta con noncuranza, per poi vedere qualcosa che mi fece rimanere di stucco, proprio come Kacchan stesso. « Kacchan... V-voleva vederti il... Professor A-Aizawa...» Avevo visto Shouto con le labbra incollate a quelle di Katsuki, e lui che non lo fermava.
No, no... Non può essere così! Allora è stato tutto...
«Izuku, non è come sembra!» Mi grida, mentre il bicolore tenta di riprendere coscienza, ancora a terra. «N-no... Io... Io credo di aver capito tutto, invece...»
P.O.V. Bakugou Katsuki
Izuku stava piangendo con il volto abbassato. Mi alzai dal banco, andandogli vicino per potergli accarezzare una guancia per asciugargli le lacrime, ma lui mi ferma spostando brutalmente il braccio via da lui. «Cosa sono significati tutti quei baci e tutte quelle parole che mi hai detto?! Cosa... c-cosa volevi fare?! Se avevi l'intenzione di usarmi come lui...» Indica il bicolore, che oramai ci guarda paralizzato in quella posizione, per terra, da un po'.
«Ascoltami, Izuku, ti preg—» Sento un improvviso bruciore sulla guancia destra, mentre lui è ancora in lacrime. Il pianto gli solca il viso, rosso come i suoi occhi lucidi e gonfi, verdi. Al loro interno vi è una fiamma ardente. Quella della rabbia, che ha scaturito una Potenza che mai aveva dimostrato di avere. Il verdino mi ha appena tirato uno schiaffo, e sul mio viso vi è un segno rosso e ben visibile: quello della sua mano. ,
Mi sfiorò la guancia, mentre lui aveva la voce rotta dal pianto, come un piatto di porcellana che si è sfracellato al suolo bagnato delle sue lacrime salate, come la verità falsa condita di pura bugia. «C-credevo mi amassi!» E a quelle parole non reggo l'ira scatutita da quel colpo fatale da lui dato, e mi arrabbio, perso la pazienza e mi sfogo sulla sua anima innocente. «MA IO NON HO MAI DETTO DI AMARTI!»
Vi è silenzio, ma è spezzato dal suo respiro più irregolare di prima, le sue lacrime so o cascare su un mare di disperazione. Leggo nei suoi occhi tristezza e delusione. I grandi e verdi specchi della sua anima sono infranti come il suo cuore. «B-bene... n-non preoccuparti p-per me... i-io... i io sto be-bene...!» Scappa via, mentre nella mia mente vi sono pensieri confusi e probabili insulti rivolti a me stesso.
Intanto...
Una lupa marroncina camminava per i corridoi della casa. Le sue due cose oscillavano ad ogni suo movimento, così come i capelli biondi con le sfumature rosse. I suoi occhi color del cielo limpido viaggiarono per la stanza di una ragazza, nascosta in un "castello" di cuscini.
«Ma... che cazzo?» Si chiese, mentre la ragazza uscì. I suoi capelli biondi erano legati in una coda di cavallo alta, ed i suoi occhi verde speranza erano fissi sulla lupa. «Buongiorgio anche a te!» Esclamò, e la bionda/rossa si diede una manata in fronte.
«È sera, idiota.» Disse, e la bionda rimase spiazzata. «Merda, sono stata per così tanto qui dentro?» Indicò la struttura di cuscini. «Beh, a quanto pare sì.» Constató la lupa, indifferente. «Comunque, che vuoi Sandy? Non eri nel fandom di Sonic? A proposito, dov'è Amelia?» Chiese, e Sandy si mise seduta affianco a lei.
«Devo farti una domanda; sono qui perché abito con te insieme ai tuoi O.C. e... beh, lei è con Tails.» Rispose, mentre la bionda annuiva. «Prima di tutto, Emanuela... PERCHÉ C'È UN CASTELLO DI CUSCINI?!» Era basita. Se non avete capito, Emanuela è l'autrice.
La scrittrice sembrò quasi offesa, e disse: «Uno, questo non è un castello, bensì il fortino. IL, NON UN. È IL FORTINO DOVE MI NASCONDO!» Disse, mentre entrava nel "fortino" di cuscini colorati. «E perché?» Chiese Sandy, mentre la guardava nascondersi.
«Le senti? Sono le fangirl che mi vogliono male!»;
«In realtà, io non sento nulla.» Dichiarò, mentre Emanuela faceva lei cenno di tacere. «SHHHH! CI SENTIRÀ!» Ed a quel punto la lupa era quasi confusa. «Chi?»;
«Zitta! Ci vede... ho fatto questo fortino perché lascia fuoriuscire la rabbia, il caos. Poi, è utile contro i proiettili.»;
«Ok...? Credo...»
«È qui, sento la disperazione. È... tornato/a.» Sandy si massaggió la fronte, vedendo ciò che vi era all'interno. «C'è del Thè alla Cannabis, Thè alla Pesca, Tisane, Pop Corn, patatine... minchia!»;
«Questo è in pratica il "Luogo della Fangirl"!» Disse felice.
«Bah. Contenta tu.» È se ne andò.
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