Ventitré - Mihangel.
Metto in moto, mentre lei entra in macchina e chiude la portiera. Dio, finalmente. Averla qui, è un sollievo. E' da ieri sera che aspetto, trepidante, di vederla.
Mi sorride. «Ciao, Michelangelo.».
Ciao, angelo sceso dal cielo.
Mi incanto a guardarla. Vorrei che i miei occhi mutassero in obiettivi di una macchina fotografica, così da immortalare momenti come questo. E' di una bellezza disarmante.
«Buonasera!» -esclamo, allungando le 'e'. Mi sporgo in avanti, pretendendo un bacio. Comprende e mi accarezza la guancia, con le sue morbide e fresche labbra.
La guardo di sfuggita mentre mi volto per fare delle manovre. Indossa un vestito rosso, e i capelli scuri e liscissimi le cadono sulle spalle, arrivando fino alle costole.
Arriccio le labbra, nervoso. Ma quanto è magra? E quel vestito? E' troppo attillato per i miei gusti.
Con la coda dell'occhio, posso vederla mentre si sistema delle pieghe sulla gonna. Poi si attorciglia i capelli ad un dito, tranquilla ed adorabile. Li rilascia, creando dei piccoli boccoli, poi li pettina con le dita e ripete la sequenza.
Probabilmente si accorge che la sto guardando, così mi sorride; poi, guarda incuriosita verso il mio petto; fingo di non accorgermene, soddisfatto.
«Bella camicia.» -osserva lei; di sfuggita, posso vederla mentre accavalla le gambe.
«Voglio fare di nuovo colpo su di te, dolcezza.» -scherzo, facendo un chiaro riferimento a quella sera al Beach Club. La punzecchio, ma in realtà sono serissimo. Ho già fatto troppo male a questa ragazza, e non merita.
«Impegnati, forse ci riuscirai.» -ironizza, scettica.
Oh, è certo che ci riuscirò, bambolina.
Prende il cellulare da una borsetta -dove ce l'aveva!?- ed io faccio una cosa non concessa: butto l'occhio e, piacevolmente, la vedo intenta a chiudere tutte le applicazioni, togliere la connessione dati e mettere il silenzioso. Sbatto le palpebre; l'ha fatto in due secondi. Sta praticamente rivolgendo l'attenzione su di me.
E io voglio riempirti di altrettante attenzioni, mia Alisya.
Ma sentiti, ridicolo. Ma che diamine vado a pensare? Ci siamo baciati solo due volte, ma non posso definirla mia.
Anzi, no.
Traccio mentalmente una linea verticale sull'ultimo pensiero: una linea molto doppia con un pennarello indelebile. Poi, con il medesimo pennarello, correggo: io voglio che sia mia. Voglio proteggerla. Non permetterò a nessuno di farle del male.
Non so come stia resistendo alla tentazione di dirle tutto.
"La conosco, se ne andrebbe da Rimini e questo complicherebbe ulteriormente le cose."
Questo è tutto ciò che ha detto Perla, e non mi ha dato neanche modo di ribattere.
Si, io voglio che sia mia. Credo di averlo sempre saputo, dalla prima volta che l'ho vista. Devo ammetterlo, prima di andare al Carnaby non l'ho proprio considerata. Ho anche ignorato i suoi messaggi, di proposito.
Poi, però, tutto quello che ho saputo l'altro giorno mi ha destabilizzato; desidero ancora di più che sia mia.
Mia. Mia. Mia; e di nessun altro.
La guardo di sfuggita, a volte temo che possa leggermi nel pensiero. Alisya sta guardando fuori il finestrino e sembra persa nei suoi pensieri, come me d'altronde.
Non ho per niente idea del modo in cui possa prendere tutta la situazione. C'è una linea sottile che divide la sua eventuale felicità dalla sua probabile pazzia.
〜
Finalmente siamo arrivati. Alisya guarda con attenzione verso l'alto, la bianca e grande insegna del Rose&Crown le illumina il volto. Poi, volge lo sguardo alle moto imponenti e lucide che sostano dinanzi al pub inglese:«Perla impazzirebbe se fosse qui.» - dice, accarezzando distrattamente il metallo color indaco.
Quella mano. E' mia. La prendo, ed incrocio le nostre dita, fingendomi indifferente. La mia mano è più grande della sua, ed è un po' come il mio cuore col suo: voglio proteggerla, perché sono più forte di lei.
Torno a parlare, smettendola con queste tare mentali. «Perché, le piacciono i motori?» -chiedo. Wow, allora sarebbe davvero la ragazza perfetta per Raffaele. Mi sa che quest'ultimo si stia davvero innamorando di Perla...
Alza gli occhi al cielo, annoiata. Le si storceranno gli occhi, a furia di farlo. Poi agita la testa e fa un'espressione per dire 'Ma dai?'.
Ma guarda un po' questa! Scoppio a ridere, e le tocco il naso con l'indice. «Sta' calma, bambolina.»
Incrocia le braccia, imbronciata. La supero, riprendendo di nuovo la sua mano. Le nostre dita si intrecciano e, mentre camminiamo verso l'entrata, tutto ciò che mi viene in mente è un unico e chiaro messaggio, simile ad un incarico.
Stringo questo contatto, come se volessi trasmetterlo attraverso l'intensità della mia presa: da questo momento mi assumo la responsabilità di essere sempre al tuo fianco, Alisya.
Sospiro. Entriamo nel locale, spero le piaccia. Il Rose&Crown è un pub in stile inglese situato sul lungomare Augusto Murri; la struttura in legno chiaro e le vari botti di birra conferiscono all'atmosfera una piacevole rustichezza, tanto che pare davvero di trovarsi in un pub londinese.
Veniamo spesso qui a suonare, e non vedo l'ora che Alisya venga a vederci.
Ci sono le sciarpe delle varie squadre inglesi appese alla parete e, mentre Alisya si sofferma a guardarle, io mi avvicino al bancone da cui Paolo mi sta osservando, con aria curiosa. E' da un po' che io e i ragazzi non veniamo qui.
«Ciao Paolo, secondo piano?» - gli sussurro, sperando che ricordi ciò che gli ho comunicato al telefono, oggi pomeriggio. Con la coda dell'occhio, vedo Alisya che ci guarda, in attesa.
«Vai, andate.» -dice, facendomi un occhiolino.
Tiro un sospiro di sollievo e prendo la mano di Alisya, trascinandola praticamente al piano superiore. Ci sono gruppetti di ragazzi che hanno cominciato a guardarla, ed io stasera non voglio litigare con nessuno.
Mi sorprende il modo in cui lei, agilmente, riesce a stare al mio passo pur avendo i tacchi: Marta ci impiegava un tempo infinito per fare due passi.
«Non credo che il nostro panino scappi da lì, sai?» - dice, indispettita, mentre continua a seguirmi.
Mi fermo di botto, e la guardo negli occhi. Poi, mi viene una pazza idea. «Attraversiamo la soglia di casa.» -mormoro. Non le lascio neanche il tempo di riflettere su ciò che ho detto, che le circondo la vita con un braccio e mi piego, sollevando le sue gambe con l'altro.
«Sei impazzito, Michelangelo?» - urla, diventando rossiccia in volto. Non so se è per imbarazzo o per rabbia, ma è adorabile allo stesso modo. Alisya è sempre adorabile. «Mettimi giù, ho il vestito!» -aggiunge, muovendo le gambe freneticamente.
«Sembri un cagnolino impazzito. Smettila di abbaiare.» -dico, poi scoppio a ridere e, dopo aver salito le scale rapidamente, attraversiamo il pianerottolo. E' una fortuna che sia così leggera. Sembra rassegnarsi, così le do un bacio sulla guancia.
Quando arriviamo davanti alla porta del nostro camerino, la metto giù delicatamente, e lei fa il broncio. Alisya si sistema il vestito, poi mi rivolge uno sguardo truce:«Io non sono un cagnolino.»
Oddio, ci sta ancora pensando? «Si, come no. Lo so che eri comoda su queste robuste braccia.» -dico, facendo vedere i bicipiti e ballare i pettorali.
Alza un sopracciglio, come fa di solito, e incrocia le braccia, incredula:«Sei ridicolo e disgustoso.».
E tu sei dolcissima e stupenda.
Lo rifaccio, e scoppia a ridere:«Oddio, quanto sei ridicolo!» -dice, tra le risate. Mi scoppia il cuore dalla gioia, è bellissimo vederla ridere.
Apro la porta del camerino e sono meravigliato dinanzi a ciò che vedo. Grazie, grazie di cuore Paolo.
E' tutto come gli avevo ordinato: c'è un semplice tavolo ricoperto da una candela bianca, piatti, posate, i nostri panini ed il balcone che affaccia sul mare. Proprio come al Molo.
Proprio perché quella sera abbiamo sbagliato tutto.
Hai sbagliato tutto, mi corregge una voce nella mia testa.
Credo che lei abbia capito; perché, dopo aver osservato l'interno della stanza, si getta fra le mie braccia e mi stringe forte. La circondo a mia volta, realizzando l'allegoria: la sto stringendo, ma in realtà vorrei stringere il suo cuore, strapparlo alla cavità toracica e prendermene cura, come nessuno ha mai fatto con lei prima d'ora.
Le prendo la mano e ci separiamo solo quando arriviamo al tavolo, per sederci. «E' un camerino?» -dice, guardandosi intorno.
Ma dai? «Perspicace.» -ribatto. Mi guarda perplessa, sbattendo le palpebre più volte, così alzo gli occhi al cielo e dico:«E' il camerino più grande, quello in cui sostiamo io e i ragazzi quando suoniamo qui.»
E quando Marta canta con noi, ma questo forse è meglio non dirlo.
«Ah, suonate qui?» -chiede, sorridendo. «Mi piacerebbe ascoltarvi, qualche volta.»
«La settimana prossima suoniamo.» -la informo. «Adesso mangiamo, ho fame.» -mi lamento, guardando il panino stracolmo che mi è davanti.
Guarda il piatto, sconcertata:«Oddio, Mihangel. Questo panino sta scoppiando!» -urla, coprendosi la bocca per nascondere una risata. Poi, sembra ricomporsi:«Okay, mangerò prima le patatine fuori, in maniera ordinata e civile.»
«Come sei perfettina, mangia e zitta!» -la prendo in giro, ridendo. Do un morso al mio panino e il sapore dell'hamburger mi manda in estasi.
Si porta una patatina alla bocca e mi fa il dito medio.
«E gentile, aggiungerei.»
〜
Quando abbiamo finito di mangiare, lei vuole a tutti i costi vedere il palcoscenico del Rose&Crown.
Fortunatamente, possiamo arrivarci da una scala secondaria, senza dover oltrepassare tutti quei ragazzini arrapati di prima.
Sul serio? Hai usato le scale del retro perché non vuoi che altri ragazzi la vedano?
Scuoto la testa, mentre usciamo dal locale; entriamo nel parcheggio. Quando ci avviciniamo al palco, lei resta incantata, ma non capisco il perché. Dal momento che stasera non suona nessuno, è tutto buio. «Wow, c'è il linoleum...» -dice, sospirando.
«Il lino che?» -chiedo. Cosa c'è sul palco?
Alza gli occhi al cielo, annoiata. «Il linoleum è questa superficie, vedi?» -dice, allungando il braccio e toccando nervosamente il pavimento scuro. Poi, con sguardo carico d'amore e nostalgia, aggiunge:«E' perfetto per la danza, ricordo che la mia maestra lo pretendeva sempre in ogni teatro.».
Ah, vero, ha fatto danza. Come dimenticarlo: il suo fisico è perfetto per quella disciplina. Anzi, è perfetto in generale. Purtroppo, aggiungerei.
«Dove vorresti andare di bello, ora?» -chiedo, con gentilezza. Dio, fa' che non dica di andare a casa. Voglio stare ancora con lei. Vorrei stare sempre con lei.
«Mmm.» -pensa, portandosi un dito alla guancia. E' adorabile. «Ci sarebbe l'Habana Cafè nei dintorni.»
«Vuoi andare lì?» -le chiedo, sorridendo. Annuisce timidamente, chiudendosi nelle spalle.
〜
«Dai, ma che fa? Non fa niente se mi sporco il vestito, Mihangel!» - continua a ripetermi, da lontano. «Sul serio!».
La ignoro e mi incammino verso il parcheggio. Sempre troppo umile, non dovrebbe essere così. Prendo due teli per il mare -che distrattamente avevo dimenticato nel cofano- e, mentre torno alla spiaggia, sblocco il telefono.
Un'ondata di messaggi dal gruppo 'Friends' mi fa comprendere che domani Raffaele e gli altri andranno al mare. Sarebbe una buona idea invitare Alisya, sono certo che le ragazze del gruppo le saranno simpatiche.
Mi sfilo le scarpe ed i calzini, mantenendoli con una mano. Lascio che la sabbia fresca mi accarezzi i piedi.
«Eccomi qui.» -esclamo, allegro; mentre infilo il telefono in tasca.
Poggio le scarpe sulla sabbia. Sistemo i due asciugamani una accanto all'altra, e mi stendo su quella più piccola. Poi batto la mano sull'altro telo e dico:«Vieni qui.»
Mi guarda imbronciata, poi, con delicatezza, si stende al mio fianco. «Grazie» -sembra mormorare, ma esce più come un grugnito che come un riconoscimento.
Soffoco una risata. «Figurati, le ho prese per me, mica per te.» -dico, fingendomi serio. Scherzo, e lei lo sa bene. Ormai, le nostre conversazioni sono tutte un 'botta e risposta' abbastanza scherzosi.
«Ah si?» -dice divertita; incrociando le braccia. Si siede sui talloni e mi guarda a braccia incrociate.
«Si si, mica sei così importante.» -ribatto. No, quando mai. Per nulla importante.
«Allora sarai tu il mio asciugamano.» -dice, e prima che possa rendermi conto di cosa abbia detto, si è già stesa su di me e adesso strofina il suo naso al mio. Mi lascia un veloce bacio sulle labbra, tornando a sorridere; le brillano gli occhi e il suo sguardo adesso è diverso, profondo.
Faccio mente locale di cosa sta succedendo: siamo in una spiaggia, deserta e al buio.
E lei è stesa su di me, le gambe sulle mie, e le mani dietro la nuca.
E mi sta guardando maliziosamente. Ed è sexy. Ed io non resisto.
Avrei voluto sul serio mantenere il controllo della situazione, ma non ci sono riuscito. La guardo allo stesso modo, dritto nella pupilla. Si avvicina ed io la raggiungo a metà strada, impaziente.
Le nostre labbra si sfiorano ed io vorrei davvero aspettare che sia lei a prolungare quel bacio, ma quando inizia a tirarmi i capelli dalla foga, non ci vedo più.
La sua lingua è nella mia bocca, ed il nostro bacio è colmo di passione. I sapori dei cocktail che abbiamo bevuto prima si mescolano; Alisya sa di fresco.
Continuiamo a baciarci, lei ancora stesa su di me. Diamine, quanto è eccitante. Alzo il busto completamente, e lei allarga leggermente le gambe per sistemarsi meglio su di me; me ne accorgo perché adesso le sue ginocchia sono all'altezza della mia vita e mi stringono, forte. Ed è ancora più eccitante.
E' solo un bacio, Michelangelo!
No, non è un semplice bacio. Non ci siamo mai baciati così, e lei non mi ha mai guardato in quel modo. Dio, il cuore mi sta scoppiando.
Mi distanzio; voglio guardarla negli occhi:«Non scappo stavolta, tranquilla.» -la stuzzico, divertito.
«Me lo auguro.» -risponde, ironica. Alza di poco le gambe per spostarsi dal mio corpo, e quel contatto già mi manca.
Questa ragazza è imprevedibile. Tiro un lungo sospiro, mentre poggio di nuovo la schiena sul telo, e lei fa lo stesso. Le circondo le spalle con un braccio, ed Alisya si avvicina di più, poggiando la testa sul mio petto.
Ma lo sente il mio cuore che batte così forte? Perché dovrebbe saperlo, che lei è l'unica a farmi questo effetto.
Non so quanto restiamo a guardare il cielo stellato e l'incantevole luna. L'unico rumore che fa da sottofondo è quello delle onde del mare. E' bellissimo qui. E' bellissima Alisya.
Mi dà un bacio sulla guancia, svegliandomi da quella specie di trance in cui mi ero imbattuto. Le rivolgo uno sguardo carico d'affetto. Poi, alzo lo sguardo.
Quello che vedo mi fa praticamente impazzire.
«Oddio, l'hai vista?» -chiedo, scostandomela delicatamente dal corpo ed alzando di scatto il busto, incredulo.
«Cosa?» -chiede, confusa. Si mette a sedere, le gambe piegate ed i gomiti sulle ginocchia strette.
«La stella cadente! Non l'hai vista?» -rispondo, eccitato. Sembro un bambino di quattro anni, ma sono troppo felice. Non ne avevo mai vista una.
«Wow, davvero?» -esclama, guardandomi divertita; poi sposta gli occhi al cielo ed io faccio lo stesso, con un sorriso ebete.
Il cuore mi scoppia dalla gioia. Sono certo che anche questo sia un segno del destino. I miei occhi si spostano su uno spettacolo ancora più mozzafiato: il sorriso di Alisya.
Poi, le sue labbra sono di nuovo sulle mie.
〜
Mi sorride maliziosa, per poi stendersi nuovamente a pancia in su. Io resto ancora seduto, con lo sguardo fisso sul mare.
Dopo qualche minuto, mi viene in mente una canzone di un artista napoletano, che spesso Marco intona. Credo sia di Pino Daniele.
La canticchio:
"Mareluna... questa notte sarai mia ancora
Fino a che la luce arriva ed allora
La luna se ne andrà..
Mareluna questo amore ci sconvolge ancora
Fino a che arriverà l'aurora
Ma il mare resterà..."
Alisya si mette a sedere, per poi guardarmi divertita. «Stanotte non sarò tua, darling. Ma se vuoi restare con me fino all'aurora, puoi.»
Trattengo il fiato. Dovrei canticchiare più spesso. Non era mia intenzione chiederle di dormire insieme, ma se ha detto così...
«Allora, posso restare a dormire da te?» -chiedo. Ma sei stupido? Te l'ha appena detto!
«Certo, Mihangel.» -risponde, sorridendo. «Sai, mi piace ascoltarti quando canti.»
〜
Esce dal bagno, finalmente. Credo che mi abbia fatto fare la doccia per primo non per galanteria, ma solo perché lei ci ha messo un'eternità.
Entra in camera; sistema delle cose nell'armadietto della sua stanza: è uno spettacolo anche struccata, con la tutina del pigiama addosso e lo sguardo stanco. Mi viene in mente una cosa.
«Ah, volevo dirti...» -comincio, un po' timoroso per la sua reazione. Accetterà? «Domani ti andrebbe di venire a mare con me, Raffaele e gli altri?».
Si volta a guardarmi, aggrottando le sopracciglia:«Specifica 'gli altri'.»
Si avvicina per accendere la lampada sul comodino, poi torna alla porta e spegne l'interruttore del lampadario.
Si stende al mio fianco a pancia in giù, in attesa. Cerco di non soffermarmi sul suo fondo schiena troppo a lungo. Dio, ma che sottospecie di maniaco sono?
Con lo sguardo sul cellulare, le elenco:«Raffaele, Perla, Greta, Marta, Roberta, Angela, Lucia, Riccardo, Giovanni ed Achille.»
Preme la testa sul cuscino. Ma respira?
«Va bene. Però vi raggiungo più tardi, vado a lavoro.»
Mi trattengo dall'esultare. Evvai! Digito sullo schermo la risposta:'Ci siamo anche io ed Alisya'.
All'improvviso si alza, e va verso l'armadietto della sua stanza. Sospiro. Ma quanto è bella?
Fruga in un cassetto e prende una borsa: credo stia preparando le cose per il mare:«Ma per domani mattina tu ce l'hai il costume?» -chiede, mentre infila il suo nello zainetto.
Alzo un sopracciglio. Che domanda è!? «No, qual è il problema? Me lo faccio nudo il bagno.» -rispondo, scrollando le spalle.
Alza gli occhi al cielo e mi guarda infastidita, pretendendo una risposta più seria. Sbuffo. «Andrò a casa mia, forse? O vuoi avermi tuo per tutto il tempo?» - la provoco. Non so tu, Alisya; ma io vorrei averti mia tutto il tempo.
Rassegnata, si stende al mio fianco; allungo un braccio, e spengo la lampada dal comodino. Restiamo al buio, solo in parte. Armeggia col cellulare, credo stia avvisando Perla.
Lo poggia sul comodino, e si gira sul fianco, abbracciandomi.
Wow, mi sta abbracciando. Sul serio? Una settimana fa, non l'avrebbe fatto neanche per gioco. Sono onorato.
«Sono felice che tu sia qui.» - rivela. Sento che sta sorridendo, avverto un leggero solletico contro il mio petto.
Sono felice di essere qui con te, Alisya.
Non le rispondo, mi limito a stringerla più forte a me. Ripenso a quello che mi è stato detto al Carnaby. Spero che questa faccenda si risolva al più presto, perché noi -al momento- siamo nell'occhio del ciclone, ed io non potrei mai sopportare che qualcuno le faccia del male. Non voglio.
〜
Non so quanto tempo sia passato, ma io ho bisogno di dirglielo. Rischio di impazzire.
«Sei sveglia?» -chiedo, sottovoce.
Non dà segni di vita.
«Okay, non sei sveglia ed io sto parlando da solo.» -dico, dando i primi segni di pazzia.
Dovrei dormire. Chiudo gli occhi, accarezzando la sua spalla con delicatezza. Magari glielo dirò un altro giorno.
«Se non è una cosa importante, ti ammazzo.».
Soffoco una risata, e tiro un lungo sospiro. Ah, è sveglia. Devo dirgli quello che provo. Devo farlo.
«Sai... mentre mi abbracciavi ed io ho visto quella stella cadente, credimi se ti dico che mi stava scoppiando il cuore.» -comincio.
Credo che abbia constatato che è una cosa 'importante', perchè adesso ho la sua attenzione.
Continuo:«Mi è sembrato un segno del destino, che io alzassi lo sguardo proprio in quell'istante. Quella stella cadente che ho visto, non so, credo simboleggi qualcosa.»
«Che cosa?» -chiede.
Sospiro, ho bisogno di dirglielo:«Magari, la promessa di amarti a vita.».
〜
CAPITOLO R E V I S I O N A T O!
Ciao ragazzi! Se vi interessa saperlo, sono anche su Instagram come: shana.o.allen
CIAO!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top