Tredici.
Capitolo revisionato.
Nell'esatto momento in cui pronuncia la frase, il campanello interrompe la nostra conversazione. Sbuffo, storcendo la bocca, incredula: questa conversazione non s'ha da fare.
«Scusa, vado ad aprire.» - mormoro, alzandomi dal divano, più che annoiata.
Perla, penso, con la stessa intonazione del padre di Timmy Turner. Perla che ha le chiavi, ma si scoccia di prenderle. Mi dirigo alla porta, rassegnata, e, come previsto, Perla fa il suo ingresso in casa. «Buongiorno» - mi saluta, prolungando la o.
«Buongiorno un cavolo» - mi lascio sfuggire un sussurro, ancora parecchio nervosa per il ritardo di stamattina.
Mi scanso per farla passare, e mi accorgo che non è sola: dalle scale appare anche Raffaele. Fa un cenno col capo, mentre si specchia nello schermo del telefono e si aggiusta i capelli. E' davvero un bel tipo, devo complimentarli con Perla appena ne ho l'occasione. «Ciao!» - mi saluta, raggiante come la -credo- fidanzata; ricambio il saluto, baciandolo sulle guance. Oserei quasi dire che la loro relazione è seria, però meglio non parlare prima del tempo.
Oh no, oh no, ho dimenticato il pericolo più grande...
«Piacere, Perla!».
Dannazione, fa' che non sia imbarazzante.
Il tono divertito e malizioso della mia amica, mi fa automaticamente alzare gli occhi al cielo. Mi volto, chiudendo la porta d'ingresso, e guardo la situazione con un'espressione indifferente in volto; gli tende la mano, e Mihangel la guarda divertito e anche un po' perplesso. «Michelangelo» -risponde, sorridendo- «Ho sentito parlare di te.» - aggiunge. Dio, fa' che non lo dica.
«Anche io di te.». Appunto. «Molto, purtroppo.» - risponde arricciando il naso, e voltandosi nella mia direzione. Dovrei farle una lezione sul quando e come prendere confidenza con qualcuno; evidentemente, ha le idee un po' confuse.
«Oh Raffo.» - esclama Mihangel, salutando il ragazzo di Perla in modo strano: si battono i palmi orizzontalmente, e poi fanno scontrare le nocche. Sbatto le palpebre, restando per qualche attimo titubante. Si conoscono?
Oh, ma è ovvio che si conoscono. Erano anche insieme al Beach Club, ma non sapevo fossero amici. Questo implica uscite a quattro. Fantastico, Perla avrà altre occasioni per mettermi in imbarazzo.
Sto morendo dalla fame e, dato che ormai io e Michelangelo non possiamo più chiarire, mi rivolgo a Perla e Raffaele. «Avete già mangiato?».
«No.» -risponde Perla, scuotendo la testa- «Cucina qualcosa, donna.» - aggiunge, in tono più grave.
Alzo gli occhi al cielo, recandomi al piano cucina, in silenzio. Perché deve fare così avanti agli altri? Proprio non capisco. Mi volto per un attimo:«Solo se tu apparecchi.» -mormoro, rivolgendole un'ultima occhiata truce.
Mentre gli altri apparecchiano, pongo la pentola piena d'acqua sul fornello. Afferro dallo scaffale un pacco di pasta, sperando possa bastare. C'è solo del tonno nella dispensa, e neanche mi volto a chiedere loro se vada bene o meno: non hanno alternativa.
Nel frattempo che l'acqua bolla, aspettando di poter buttare la pasta, mi volto alla ricerca di Perla, appurando poi che, della mia amica, non ci sia traccia. Piego verso il basso gli angoli della bocca: se l'è svignata. Avverto lo scrosciare dell'acqua che arriva dal bagno, constatando che si stia cambiando. Sospiro, afflitta: ha lasciato agli ospiti il compito di apparecchiare. Che pessima padrona di casa.
Vorrei dare una mano, ma Michelangelo ha già preso iniziativa; piega i tovaglioli a forma triangolare, finendo quindi di apparecchiare. «Grazie» - mormoro, distribuendo i bicchieri.
«Non c'è di che, bambolina» - ribatte, sorridendo premurosamente.
«Oh, Mike.».
Il richiamo di Raffaele ci distrae dalla nostra soffice e morbida nuvola di zucchero a velo; l'amico è abbandonato sul divano, e chiama disperatamente il suo simile, cercando compagnia.
Scuoto la testa, divertita. «Oh, Raffo.» - gli fa eco Michelangelo, soccorrendo subito il suo amico, raggiungendolo sul divano.
Bel modo di comunicare, devo ammetterlo.
«Giovedì al Carnaby danno una festa in maschera.» -dovrei seriamente smetterla di origliare- «Tu sei dei nostri, vero?». Ma sapere qualcosa in più non fa mica male?
Mi volto, imbarazzata, a guardare l'interessante evaporazione delle particelle di acqua. «Certo.» - è normale che la sua risposta mi stia dando fastidio?- «Però lo sai» - continua «a me non piacciono le feste in maschera.».
Dentro me, suona un campanello inconfondibile: curiosità mista a gelosia. E così giovedè andrete al Carnaby, eh?
«Dai, ma questo non è un semplice ballo!» - sbotta Raffaele, alzando un po' il tono, cercando di convincere l'amico, da cui è stato brutalmente tradito.
«E perché, che ha di speciale?» - ascolto Michelangelo rispondergli.
«Ti spiego: in pratica ad ognuno è assegnata una persona da trovare.» E' così, allora? «Se andiamo in gruppo sarà divertente, fidati.»
Oh, wow, che gran divertimento, penso, ironica. Io al suo posto non vedrei l'ora.
«Che palle.» - sbuffa Michelangelo, quasi facendo eco ai miei pensieri. Lo adoro.
«L'ho detto anche a Marta e alle altre.».
Immergere la testa nell'acqua che sta bollendo, in questo preciso istante, avrebbe fatto meno male. Deglutisco, sul mio viso compare una smorfia. Non siamo fidanzati, e lui è libero di fare ciò che vuole, ripeto a me stessa, cercando di calmare l'ansia che ho dentro.
Forse, il suo amico è poco informato riguardo la situazione.
Oppure è più informato di me e sa quello che vuole Michelangelo.
Finirò per impazzire.
«Va bene, verrò» -risponde Michelangelo, tradendomi senza ritegno- «Ma non mi travesto.». Ah, allora va bene, ti perdono! E' bastato che Raffaele gli dicesse di Marta. Scherziamo?
«Perché no?» - dice l'altro, profondamente deluso nell'animo.
«Perché abbiamo diciannove anni, non quattordici!» - ribatte Michelangelo, infastidito.
Basta, ho bisogno di parlare con Perla, penso, sfogando la mia frustrazione su un povero straccio. Mi allontano dalla cucina, rifiutandomi di sentire anche una sola parola in più, ed entro nel bagno, chiudendo subito la porta.
«Chi è?» - domanda subito, agitata, calmandosi poi quando mi riconosce. Si sta asciugando e non ha ancora i vestiti indosso.
La zittisco, intimandole di abbassare la voce, andando subito al dunque. «Raffaele ha invitato Michelangelo ad una festa in maschera! Gliel'ha chiesto avanti ai miei occhi!» - le dico sottovoce, esasperata.
«E quindi? L'ha chiesto anche a me.» - risponde, scrollando le spalle. A me nessuno chiede niente. Come al solito.
«Ci sarà anche quella Marta.» - aggiungo il dettaglio grave, mordendomi l'interno della guancia, realizzando quanto io sia patetica.
«E secondo te è così infantile da averlo detto proprio perché c'eri tu ad ascoltarli?» - ipotizza, alzando un sopracciglio e spruzzandosi il deodorante.
Scuoto la testa, afflitta. «Non lo so, però... Cosa dovrei fare?» -chiedo, agitando le braccia- «Alla fine, io e lui non stiamo insieme, non ho motivo di essere gelosa.»
«Se è qui, vuol dire che non pensa più a quella Marta.»
Emetto un grugnito; anche questo è vero. «Stavamo giusto cercando di chiarire, quando poi siete arrivati voi e...» - mormoro, senza continuare la frase.
Non risponde, intenta a rivestirsi. «Michelangelo ha accettato di andare alla festa?» - chiede, una volta pronta.
Annuisco, sporgendo in avanti il labbro inferiore. «Così pare.».
«E' proprio un cog.» - dice, scuotendo la testa, arrogante.
Soffoco una risata, per l'abbreviazione di 'coglione', usata spesso da noi quando avevamo quattordici anni.«Stavo pensando che, magari...».
«Tu pensi troppo.» - mi zittisce, agitando il capo.
Resto in silenzio. Ha ragione, purtroppo. «Andiamo va'...» - mormoro, voltandomi per uscire dal bagno.
Perla mi segue, entrando nel salone. «Sedetevi, il pranzo è servito!»
〜
Quando abbiamo finito, ci sediamo fuori, sul grande balcone adiacente alla cucina; quello che affaccia sul mare, pendant con quello della mia camera. Sistemo quattro sedie, su due prendiamo posto io e Michelangelo, la quarta risulta inutile, dato che Raffaele fa sedere Perla sulle sue cosce, accendendosi una sigaretta.
Restiamo per un po' in silenzio, di tanto in tanto Raffaele si complimenta per la vista mozzafiato del nostro balcone, ma nessuno si accinge ad intraprendere una conversazione, forse troppo stanchi per il dopo pranzo.
Rientro in casa, un po' annoiata, a prendere una bottiglia di menta fresca con dei bicchieri. Quando riesco, una nuvola di fumo mi punge le narici, ma decido di non dare fuoco alle sigarette di Raffaele. «Da quanto vi conoscete tu e Michelangelo?» - chiedo, curiosa, agitando un po' la mano per scacciare il fumo.
Si gira a guardarmi, in silenzio. Non risponde, ma si volta verso il mare con un sorriso beffardo, quasi a prendermi in giro. Oh, fantastico, adesso sono anche trasparente.
Verso la menta nei bicchieri, afferro il mio e mi siedo accanto a Michelangelo, poggiando la testa sulla sua spalla.
«Marta è mia sorella.».
Sollevo il capo di scatto, schiudo le labbra, sconvolta, mentre Raffaele mi dà la sua risposta con nonchalanche, sputando una nuvola di fumo.
La menta mi va quasi di traverso, e cerco di non strozzarmi; Perla soffoca una risata. La situazione è imbarazzante. «M-ma non vi assomigliate neanche un po'!» -allargo le braccia, blaterando- «Lei è bionda, tu castano!». Non potevo affermare osservazione più stupida.
Finalmente, come se mi avesse notata, il ricciolino si volta nella mia direzione. Deglutisco, perdendomi nel suo sguardo glaciale. «Infatti siamo fratellastri.» - dice, tranquillo, spezzando brutalmente quella tensione che avevo accomulato finora.
«Ah.» - mi torturo nervosamente le mani. Non so cosa significhi avere dei genitori separati, quindi non faccio domande per essere il più delicata possibile.
«E da quanto vi conoscete?» - chiedo, poi mi rendo conto di esser fin troppo invadente. Se mi intimasse di farmi gli affari miei, non avrebbe tutti i torti.
«Tre anni, circa.» -risponde, scrollando le spalle- «Anche Michelangelo conosce Riccardo.»
In simultanea, io e Perla scoppiamo in una fragorosa e assordante risata, ridiamo senza ritegno, Perla sputa addirittura la menta giù, gesto che mi fa sogghignare ulteriormente. «Oh Dio, Perla!» - esclamo sconvolta, fra le risate, intanto che lei controlla di non aver colpito alcun passante, il petto ancora scosso dalle risate. I ragazzi si guardano straniti, ma non posso farci davvero niente. Ho le lacrime dalle risate.
Michelangelo e Riccardo che si conoscono, Raffaele che è il fratellastro di Marta. Sono troppe informazioni da contenere seriamente.
«Ma vi calmate?» - ridacchia Michelangelo, divertito e anche un po' sconcertato.
Nel frattempo la mia risata va scemando, e mi viene in mente una cosa. Perchè Raffaele, appena entrato, non ha chiesto a Michelangelo cosa ci facesse a casa mia?
Io l'avrei fatto, se avessi trovato casualmente Perla in casa sua.
Come un lampo, adesso capisco tutto. Mi immobilizzo, corrugando la fronte.
In fin dei conti, gli unici a sapere che io lavoro allo Shine sono Perla, Raffaele e Riccardo.
Quando ne hanno parlato? Se ieri mattina Michelangelo era con Marta, e stamattina è venuto allo Shine, allora ieri sera...
«Ieri sera siete andati al Coconuts.» - esprimo la mia sentenza, senza rendermene conto do voce ai miei stupidi pensieri. Ieri sera al Coconuts - locale che ho evitato come la peste, come tutti gli altri - c'era anche Michelangelo.
«Quindi?» - risponde Raffaele, spegnendo la sigaretta nel bicchiere e confermando tutte le mie certezze.
Oh dio, e ora che dico?
Scuoto la testa, celando l'imbarazzo. «Nulla, volevo sapere... dove si trova?» -chiedo, con gentilezza- «Io e Perla vorremmo andarci stasera.» Davvero Alisya? Quando l'hai deciso?
Perla si guarda le mani, celando qualsiasi emozione. Non mi rivolge lo sguardo, ma so che si sta divertendo un mondo. La provocazione è il suo forte.
Raffaele mi spiega gentilmente la strada, ed io annuisco, fingendo di aver capito qualcosa. Il navigatore sarà la nostra bussola.
«Raffi, visto che stasera non ci vedremo» - esclama Perla, facendo un implicito riferimento alla nostra -senza dubbio- prevista visita al Coconuts. «Andiamo a farci un giro?».
Suona più come un ordine che come una domanda, ma Raffaele si alza in piedi e ci saluta, ringraziandomi per il pranzo.
〜
Quando i due spariscono dietro la porta d'ingresso, Michelangelo si alza, lasciandomi perplessa, e si immette nel corridoio.
Aggrotto le sopracciglia, non so perché ma lo lascio fare; afferro la bottiglia di menta dal tavolino fuori sul balcone, e lo raggiungo. Quando arrivo sull'uscio della mia stanza, lo trovo disteso sul mio letto.
Alzo un sopracciglio, appoggiandomi all'anta della porta:«Certo, puoi stenderti.» - rispondo ad una sua domanda immaginaria.
Sorride, scrollando le spalle. «Dopo pranzo ci vuole una pennichella, e il letto dove dormi tu è una culla perfetta.»
Devo ammetterlo, questa era carina. Mi mordo un labbro, imbarazzata, non sapendo in che modo rispondere. «Che caldo.» - sbuffa, sfilandosi la maglia e poggiandola al suo fianco.
Sbatto le palpebre, parecchio confusa e frastornata. «Cos'è, uno spogliarello privato?» -chiedo ironica, sedendomi sul letto al suo fianco e girando il capo, guardandolo negli occhi.
Resta in silenzio, facendo su e giù con le sopracciglia. «Non ti piace?».
Soffoco una risata, e gli rivolgo uno sguardo ricco di esasperazione. Certo che mi piace. «No, sembri una brioches con tutti questi muscoli.».
Una pazza idea mi attraversa la mente e, prima che possa anche solo ripensarci, mi sfilo la canotta. «Che caldo!» - esclamo, recitando, gettandola sulla sedia vicino la scrivania.
Arriccia le labbra, divertito. «Vestiti, scema.»
«E perchè mai? Sono in casa mia e giro come mi pare.» -mormoro, indifferente, incrociando le braccia.
«Sei proprio stupida.» -ribatte, guardando di fronte a sé - «Vuoi che ti salti addosso senza prima aver chiarito?».
Deglutisco. Sì.
Allungo un braccio per prendere la sua maglia e, con finta disinvoltura, me la infilo. «Chiarito riguardo cosa?» - domando, fingendomi confusa.
«Noi.» - ribatte, seccato.
«Noi?».
«Hai la memoria corta, Alisya?».
Sospiro, tornando seria. «No, Michelangelo. Va' al sodo.» -sbuffo. «E' da un'ora che aspetto questa conversazione. Allora?».
Fa un colpo di tosse, per poi guardarmi, atteggiamento serio come non mai. «E' una lunga storia, Alisya.».
Ancora. E' sempre una lunga storia. «Prego.» - affermo, sardonica.
«Allora...» -comincia, levando lo sguardo al soffitto. «Partiamo dagli esordi. All'inizio del terzo anno conobbi Riccardo e Raffo. Inutile dirti che subito diventammo amici, legati dalla passione per la musica.»
Aggrotto le sopracciglia. «Ah, non sapevo che anche Raffaele e Riccardo suonassero.» -mormoro, domandandomi quante altre cose, in realtà, io non sappia.
Scrolla le spalle, continuando. «Strinsi maggiormente amicizia con Raffaele. Quando iniziai ad andare a casa sua, vidi questa ragazza: la bellissima Marta.»
La bellissima Marta, ma fa sul serio?
«So che forse mi odierai, ma è così. Premetto che lei e Raffaele non sono molto legati, infatti io non sapevo neanche che lui avesse una sorellastra. Quando andavo a casa di Raffo, io e lei non ci rivolgevamo quasi mai la parola.
Fino a quando, poi, la incontrai ad una festa in maschera a cui ero andato con degli amici di classe. Era travestita da principessa, e lo era per davvero. Fu in quell'occasione che ci baciammo la prima volta.».
Lo interrompo, cercando di non sembrare irritata. «Michelangelo, a me non interessa davvero niente della vostra storia; sinceramente, non capisco perchè tu me ne stia parlando.». Ho provato a sembrare calma, sul serio.
«Si, infatti stavo andando al sodo.» -mi ammonisce, alzando un sopracciglio. «Sta' calma, piccolina.» - aggiunge, picchiettandomi il naso con l'indice.
«Quando ci siamo lasciati, io avevo un vero e proprio foro nel petto. Dopotutto, era stata la mia prima ragazza seria, quindi... puoi immaginare.» Oh, certo, come no, posso immaginare. «Volevo fare di tutto per conquistarla di nuovo, ma lei era ormai innamorata persa di un altro ragazzo, con cui mi tradiva. Molte ci provavano con me, ma io credevo di non poter notare nessun'altra. Fin quando, ho incontrato te al Beach Club. Se lei era bella come una principessa, tu eri... una vera e propria regina.
Ma avevo paura della sua reazione, è per questo che l'ho baciata quella sera. Per farti capire di stare alla larga da me.» - rivela, guardandomi negli occhi.
Trattengo il fiato, sorpresa, mentre lui sembra quasi timoroso per la mia reazione. Mi aveva vista quella sera, mentre andavo nella macchina di Perla. L'ha fatto apposta. Sospiro, cercando di sembrare tranquilla.
«Quando poi sabato sera ti ho baciata» - continua - «avevo paura di aver sbagliato tutto. Non mentivo, quando ti ho detto che sarei andato da lei, quella notte. Ma ho dormito a stento, credimi. Non riuscivo a chiudere occhio, eri un pensiero fisso.»
«Hai dormito a stento, ma hai scopato eccome.» - la frase che mi è balenata in mente, invece di starsene buona lì, ha preso il controllo delle mie azioni, fuoriuscendo con prepotenza.
Sbuffa, ignorando la mia affermazione. «Ieri mattina, al supermercato, quando poi ho visto la tua espressione delusa, sono rimasto letteralmente pietrificato. Credimi. Mi sono sentito un vero stronzo, ed è lì che ho capito tutto. Così l'ho lasciata. E ora, Alisya...» - si ferma, guardandomi negli occhi e prendendo fiato.
Per la prima volta, da sabato scorso, mi guarda insicuro. Oserei dire che è in ansia. Finisco la sua frase, sospesa in aria. «E ora vorresti provarci con me.».
Non parla, così continuo.«Ma non è così semplice, Michelangelo. Ci conosciamo da troppo poco tempo e...».
Mi guarda, scettico. «Ti farò cambiare idea.»
«L'importante è la convinzione.» -ridacchio, pungente.
Sospira, mettendosi seduto. «Ora devo tornare a casa, Alisya. Ci vediamo, il mio numero ce l'hai.» -informa, tutto d'un fiato, scrollando le spalle- «Ehm...» - mormora, esitante.
Aggrotto le sopracciglia. «Cosa?».
«La maglia. Me la dai, si o no?» - risponde, guardandomi maliziosamente.
Dio, accidenti a me e alle mie stupide idee.
«Tieni.» - ribatto, cercando disperatamente di nascondere l'imbarazzo. Mi tolgo la maglia con indifferenza e gliela passo; poi, con movimenti rapidi, raccolgo la canotta e me la infilo, Michelangelo fa lo stesso.
«E' un vero peccato che ci conosciamo da troppo poco tempo.».
«Io direi che è una vera fortuna.» - rispondo sprezzante, mentre camminiamo verso l'ingresso.
Quando arriviamo davanti alla porta, mi guarda negli occhi, incrociando le braccia. «Io non lo direi proprio, bambolina.» - dice, col tono da finto spaccone.«Devi essere sincera con te stessa.» - mormora, socchiudendo le palpebre.
Alzo gli occhi al cielo, fingendomi infastidita. E va bene, anche questa volta ha ragione. Apro la porta di casa, invitandolo chiaramente ad uscire. «Ciao Alisya.» - sussurra, dandomi un morbido bacio sulla guancia.
Tiro un lungo sospiro, pensando a quando effettivamente ci rivedremo. «Ciao, Michelangelo.».
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