9. Resistenza
Love is our resistance
They'll keep us apart and they won't stop breaking us down
Hold me
Our lips must always be sealed
The night has reached its end
We can't pretend
We must run
We must run
It's time to run
Take us away from here
Protect us from further harm
Resistance!
https://youtu.be/rci34MqliHU
"È il momento di correre. Portateci via dall'inferno!"
La colonna sonora perfetta per questo capitolo è Resistance dei Muse, dedicata a tutte le vittime del terrorismo.
⚠ ATTENZIONE!!! CAMBIO POV ⚠
Galen
Ho il fiatone dopo aver corso come un pazzo dietro Marah che ha tutte le ragioni per essere incazzata nera con me.
Sono un coglione! Avrei dovuto chiamarla e invece sono sparito nel nulla.
Non mi aspettavo di ritrovarmela qui a questa festa. Scommetto che dietro c'è lo zampino di Betty: sono sicuro come la morte che sia stata lei a metterle la pulce nell'orecchio per farci scoprire.
Quella stupida oca non ha capito che per me non conta un cazzo: mi ha invitato alla festa e ho accettato solo per dirle chiaro e tondo che tra noi c'è solo sesso e che non ho nessuna intenzione di lasciare Marah per lei.
Ho fatto un gran casino e ora ne pago le conseguenze.
Marah mi guarda furiosa, ma nonostante tutto è bella da morire. Quando l'altra sera mi ha detto che voleva andare in Siria, non ci ho visto più.
La guardo nei suoi stupendi occhi viola... forse non è ancora troppo tardi, forse riuscirò a farmi perdonare, perché lei alla fine mi perdona sempre. So che mi perdonerà!
Cerco le parole giuste da dirle, ma una deflagrazione inaspettata mi scuote le membra.
Che cazzo succede?
Mi volto per capire da dove proviene questo fragore immane, ma tutti i ragazzi che erano ancora in fila per entrare nel locale cominciano a correre e a gridare.
«È scoppiata una bomba!» urla qualcuno uscendo.
Ci sono feriti ovunque e persone che cercano di venir fuori dall'interno spingendo o calpestando i corpi di chi è stato contuso o peggio, mentre un fumo nero avvolge ogni cosa.
«Betty è lì dentro!» mi ricorda Marah terrorizzata.
Il pensiero che fino a qualche attimo fa anche noi eravamo dentro il locale mi fa inorridire, ma non ho neanche il tempo di capire cosa fare, se unirci alla folla che scappa, o tornare indietro a cercare Betty, che la vediamo uscire, trascinata dalla calca che si riversa per strada.
"Grazie a Dio!" penso tra me e me, ma proprio in quel momento una macchina piomba davanti a noi ad alta velocità.
Alcuni uomini scendono di colpo dall'auto, impugnando dei kalašnikov come quelli che si vedono nei film, ma è tutto reale quando cominciano a fare fuoco all'impazzata sulla folla.
Un ragazzo davanti a me viene preso in pieno petto e uno schizzo di sangue si sparge sull'asfalto, mentre l'adrenalina che pompa nelle mie vene mi dà la forza di rimanere lucido e di trascinare via Betty e Marah lontano da lì.
Al grido "Allah akbar" gli uomini armati fanno irruzione nel locale continuando a sparare, mentre cerco di pensare dove possiamo rifugiarci.
A pochi passi c'è la fermata della metropolitana, ma non mi sembra una buona idea.
Intanto corro all'impazzata con le ragazze al mio fianco. Quando passiamo davanti a un bar nei paraggi, Marah si ferma come se avesse appena visto il diavolo in persona: ma che le prende ora?
In lontananza si sentono ancora raffiche di spari.
Un uomo mi si para davanti: è alto e grosso. Cristo, ha delle spalle enormi come uno di quei navy SEAL che si vedono nelle serie tv di guerra. È lui il diavolo che ha terrorizzato Marah?
Urla di entrare nel bar mentre impugna una pistola, ma, nonostante ciò, non riesco a fare nemmeno un passo.
«Muoviti, testa di cazzo!» mi apostrofa il rambo con un'espressione minacciosa e non me lo faccio ripetere due volte.
Entriamo nel piccolo bar alla nostra sinistra, immaginando la fine che faremo oggi.
Questo energumeno di merda deve essere uno dei terroristi: cosa ha in mente di fare? Tenerci in ostaggio o farsi saltare come un kamikaze?
Marah mi guarda confusa per poi farneticare parole senza nessun senso per me: «Leyla... devo andare da Leyla... è in pericolo... suo fratello sapeva tutto».
«Cosa?» esclamo ricordandomi all'improvviso che Marah mi aveva accennato di quelle voci che giravano all'università. Lo sapevo che quell'araba era una di loro! Di sicuro c'entra qualcosa: gran parte dei ragazzi che sono venuti alla festa sono studenti.
Il pensiero di tutta quella gente nel locale e dei morti accasciati per terra mi fa accapponare la pelle, ma dopo pochi minuti, dall'esterno sentiamo risuonare le sirene. Finalmente sono venuti a salvarci!
Betty si alza per avvicinarsi alla vetrata e guardare fuori, ma l'ammonisco seriamente preoccupato: «Betty, no! È pericoloso!»
Torno a scrutare il viso angosciato di Marah e nei suoi occhi mi accorgo che c'è anche rabbia e risentimento per avermi sorpreso in compagnia di quella grande bagascia che pensa essere sua amica.
Ironia della sorte, dovevamo essere bloccati qui io, lei e Betty.
Che situazione di merda!
I miei occhi passano da una all'altra. Betty silenziosa si passa una mano nei capelli biondi per rimettere a posto una ciocca sfuggita dalla sua acconciatura. Indossa ancora le sue scarpe con tacchi altissimi, nonostante la corsa fatta per arrivare qui. La sua calma serafica stona completamente con tutto il resto.
Io invece ho voglia di vomitare dopo l'orrore e il sangue che ho visto.
Ma che le prende? Solo io mi sto cagando sotto e ho voglia di urlare?
Non sembra nemmeno essere conscia del pericolo quando un'altra successione di colpi fa infrangere le vetrate in mille pezzi e rovesciare le bottiglie di alcolici sistemate sulla parete del bar.
Questa volta ho i riflessi pronti e mi getto a terra facendo scudo con il mio corpo su Marah.
Le copro il volto sotto il mio petto per evitare che i vetri le colpiscano il viso.
Proteggerla è un istinto troppo forte: le devo almeno questo dopo che l'ho tradita o forse è una scusa per sentirmi meno colpevole.
Non riesco a vedere nulla di ciò che succede alle mie spalle, né a capire cosa stia succedendo.
La gente che era nel bar comincia a urlare, ma rimango giù accasciato per terra finché quella raffica di spari infinita si acquieta.
Ascolto quel silenzio improvviso nella speranza che quell'incubo sia realmente cessato, ma l'unico suono distinto che giunge alle mie orecchie è la sinfonia di una canzone che si diffonde nel locale attraverso un impianto audio appeso al soffitto. Riconosco subito quel pezzo: è Recistance dei Muse, che mi dà la carica giusta per reagire.
Marah è sotto di me e mi stringe forte.
«Resisti, Marah... Ce la faremo!» le sussurro in quel disperato abbraccio.
Le sirene della polizia sono ormai assordanti, ma non sento più colpi, solo urla e pianti disperati. Mi volto per guardare alle mie spalle e davanti ai miei occhi si presenta uno spettacolo agghiacciante. Ci sono ovunque corpi accasciati e pieni di sangue. C'è chi cerca di risollevarsi, mentre altri purtroppo giacciono immobili, tra cui quello esanime di Betty ai piedi della porta.
I suoi occhi sono ancora aperti, ma privi di vita.
***
È notte fonda ormai e nonostante il freddo, non sento nulla.
Mi copro il volto con le mani che non smettono di tremare.
Sono lì seduto sul lettino di un'ambulanza dopo aver visto la morte con i miei occhi.
Non ho mai provato in vita mia tanta paura e dolore. Non riesco ancora a credere che Betty sia morta.
Un tremore invade tutto il mio corpo e mi asciugo le lacrime amare che non riesco a fermare.
Dio, questa notte me la ricorderò per tutta la vita!
Marah ha una ferita alla testa e la stanno medicando.
Una ferita lieve per fortuna, ma la cosa che più mi fa stare male è che ora che ho rischiato di perderla, mi rendo conto di quello che provo per lei.
In quel grande caos, nonostante tutto, non riesco a smettere di pensare che sono un fottuto coglione! Ho rovinato tutto per una semplice scopata, dopo tutto ciò che fatto per riuscire a fare colpo su Marah.
Non è stato affatto semplice.
Ricordo come fosse ieri quando ci siamo conosciuti: lei era inavvicinabile e aveva la fama di non dare confidenza a nessuno.
Se avessi scommesso con i miei amici che sarei riuscito a conquistarla, mi sarei fatto un mucchio di soldi.
Non era il tipo di ragazza che frequentavo di solito: bella e in apparenza intrigante, quanto ingenua e introversa come una bambina.
Non riesco ancora a credere di essere stato il suo primo amore. Mi sono sentito un idolo, anche se non so neanche io cosa ci ha visto in me.
Poi quando sua madre si è ammalata è cambiato tutto. Piangeva per ore sulla mia spalla dopo che usciva dall'ospedale, ma io non sapevo che cosa dirle per consolarla.
Mi vedeva come il suo principe azzurro ed io non ho fatto nulla per farle conoscere davvero chi ero; anzi, ho fatto di tutto per diventare il suo modello, rimanendo intrappolato in un ruolo che non mi apparteneva. Ci ho provato a cercare di capirla, ad aspettarla, ma non ce la facevo.
Ogni volta che in macchina provavo a baciarla, lei saltava come una molla e guardava fuori come se si aspettasse che qualcuno sbucasse all'improvviso da dietro l'angolo.
Possibile che non riuscisse a dimenticare quel guardone del cazzo di quella sera?
Quel bastardo lo avrei voluto massacrare di botte, ma finché mi sono riallacciato i pantaloni e sono uscito dalla macchina, era già fuggito.
Ho cercato di essere paziente con Marah, ma in tutti quei mesi senza mai avere rapporti fisici, mi sembrava d'impazzire e lei non se ne rendeva neanche conto.
Sono stato diverse volte sul punto di lasciarla, ma non ne ho mai avuto il coraggio.
La prima volta che l'ho tradita è stato allo Yacht Club con la figlia del mio istruttore di vela; poi con la stagista dello studio legale di mio padre e poi ancora con la barista dello Yankee Stadium per festeggiare la vittoria sui Tampa Bay Rays.
Con Betty invece è successo tutto senza volerlo e non mi sono sentito nemmeno in colpa: puro e semplice sesso, nonostante lei avesse provato in tutti i modi a convincermi che Marah non facesse per me.
Persino mentre mi faceva un pompino, ha avuto il coraggio di chiedermi se la mia ragazza me ne avesse mai fatto uno, se mi facesse godere come faceva lei...
Quel ricordo mi fa distogliere lo sguardo da Marah, così dolce e impacciata, che solo il pensiero di quante volte avrei voluto chiederle di succhiare il mio cazzo mi fa vergognare di me stesso.
Solo ora mi rendo conto che forse la mia è stata una sorta di vendetta. L'ho tradita con la sua migliore amica, come se il mio inconscio volesse farle capire che il principe azzurro non esiste. Volevo che mi guardasse per quello che ero e che scendesse dalla sua nuvoletta rosa.
Sono stato uno stronzo, lo so, ma volevo che si rendesse conto che una relazione non è fatta solo di coccole e altre cazzate.
Era così lontana dal mio mondo: mi parlava dei libri che leggeva, delle sue passioni del tutto diverse dalle mie, che prima di conoscerla pensavo solo a rimorchiare alle feste o agli eventi sportivi. Non sono mai stato un tipo profondo e i discorsi di Marah sulla vita, sul cosmo, sulla fede, per me erano del tutto assurdi.
Betty invece era così semplice, senza complicazioni... all'inizio non mi faceva sentire incatenato in quella logica da principe azzurro che doveva essere sempre pronto a capire, consolare, guidare la propria donna...
Perché Marah era complicata... impegnativa... una donna degna di essere veramente amata... mentre io...
Negli ultimi tempi la sentivo così distante, ma solo ora mi rendo conto che sono stato io ad allontanarla da me e non viceversa: l'ho lasciata scivolare via dalla mia vita come sabbia sulle dita.
Ma possibile che con tutto quello che è successo, dopo aver visto in faccia la morte, ora sono qui a cercare di capire cosa provo per Marah?
La guardo negli occhi, ma lei sembra del tutto spenta. È vigile, ma è come se si fosse del tutto estraniata da ciò che la circonda. Ha lo sguardo sollevato verso la luna, che illumina con il suo riflesso le nuvole grigie che avvolgono l'oscurità.
Anche lei ha il pallore di quell'astro, spettatore silenzioso di questa notte di orrore senza fine.
I suoi zigomi alti sono addolciti dall'ovale perfetto del suo viso.
Cazzo! È così bella che la bacerei anche adesso, nonostante quello che abbiamo passato.
Forse è proprio la scarica di adrenalina che mi fa venire voglia di sbatterla contro un muro e scoparmela per sentirmi vivo dopo aver appena rischiato di morire.
Se non l'avessi incontrata questa sera e non l'avessi seguita fuori dal locale, forse sarei rimasto lì dentro e sarei davvero morto con lo scoppio di quella bomba, o forse sarei stato preso in ostaggio...
Mentre sono assorto in questi pensieri, mi si avvicina un uomo in divisa per chiedermi le generalità e dove mi trovavo al momento in cui è cominciata quella carneficina.
Mi chiede se ho visto in faccia qualcuno di quei maledetti terroristi e se sono in grado di descriverli.
Gli rispondo che è successo tutto così in fretta che non sono riuscito a vedere nessuno di quei criminali in volto, tranne l'uomo con un cappellino da baseball verde militare che ci ha intimato di entrare nel bar.
Il poliziotto mi spiega che ci sono state altre esplosioni e sparatorie per la città. Degli attacchi simultanei hanno tenuto New York in scacco per ore.
I terroristi che sono entrati nel locale hanno preso in ostaggio una decina di persone, finché le unità speciali della polizia sono intervenute.
I feriti e i morti sono tantissimi: io e Marah ci siamo salvati per miracolo.
Sono scosso, ma rispondo alle domande del piedipiatti con freddezza, nella speranza che finisca presto il suo lavoro.
Poi è il turno di Marah, ma lei risponde appena a monosillabi. Sembra in uno stato catatonico: un paramedico torna a controllare come sta e se ha la forza di alzarsi.
Si tocca la testa, ma sembra stare bene. Deve essere soltanto sconvolta. Ricordo a mala pena che ha sbattuto contro un muro quando ho cercato di proteggerla dagli spari, ma cerca lo stesso di mettersi in piedi. Mi avvicino per aiutarla, ma lei mi respinge. Non vuole che la tocchi, ma dal suo viso non trapela nessuna emozione: dovrebbe piangere, urlare, avere paura, ma al contrario non fa nulla di tutto ciò.
Dovrebbe sfogarsi in qualche modo, ma come al solito si tiene tutto dentro. Si rinchiude in quel mondo che non sono mai riuscito a comprendere facendomi sentire impotente.
Perché è questo che provo adesso quando sto con lei: mi sento una nullità.
«Marah, io...» le sussurro, ma non riesco a dire nulla di sensato. Cosa bisognerebbe dire in un momento del genere?
Riprovo ad abbracciarla, ma anche questa volta si scosta.
«Lasciami stare!» mi dice.
Il pianto di un bambino a pochi passi da noi attira la nostra attenzione, soprattutto quella di Marah. Osservo la sua reazione con la coda dell'occhio: nonostante il suo stato di shock, non riesce a fare a meno di andare da lui per tranquillizzarlo e prendersene cura, facendolo smettere all'istante di piangere.
Non so come faccia: il suo deve essere proprio un dono naturale.
Non è la prima volta che succede una cosa del genere.
Quando ho scoperto che adora così tanto stare con i bambini, non sono riuscito a guardarla negli occhi per tutto il tempo, mentre lei era così felice che sembrava volesse chiedermi di farne uno.
Ma davvero? Io con un marmocchio in braccio a soli ventiquattro anni? Ma nemmeno tra dieci anni, forse nemmeno venti.
In quel momento mi squilla il telefono e quando vedo il numero sul display, rimango interdetto: è il padre di Marah!
Rispondo non capendo perché chiami me e non direttamente lei: «Galen, sei con Marah?» mi chiede senza tanti preamboli.
«Sì, è qui con me...» gli rispondo tranquillizzandolo, ma al tempo stesso incerto dato che è piena notte e dubito che abbia già saputo dell'attentato che c'è stato.
«Purtroppo, ho una bruttissima notizia.»
Mi alzo in piedi di scatto, mentre la voce del padre di Marah s'incrina dal pianto: «Mi hanno chiamato dal Mount Sinai Hostital: Rachel è morta questa notte!»
Cosa? Rachel, la madre di Marah è morta?
Ci sarà mai tregua all'orrore infinito di questa notte?
Spazio autrice
Eccomi qui!
Scusate la mia intrusione alla fine di questo capitolo lunghissimo!
Ero indecisa se dividerlo in due parti, ma questo sarà l'unico pov di Galen, quindi ho pensato che fosse meglio pubblicarlo in un unico capitolo. Ve lo aspettavate un capitolo dal suo punto di vista? Ora che sapete cosa prova per Marah, pensate che lei lo perdonerà?
E come reagirà Marah quando saprà che sua madre è morta? E Leyla? Sarà riuscita a salvarsi dalla follia di suo fratello?
Fatemi sapere le vostre ipotesi...
Ma soprattutto, cosa pensate ora su Malak? Cosa ha a che fare con gli attentati, visto che aveva anche lui una pistola?
Ci sarà tregua dopo l'orrore di questa notte?
La storia sta prendendo una piega sempre più crime e spero che vi piaccia il modo in cui la sto narrando.
Per la scena iniziale di questo capitolo, ho preso spunto dagli attentati terroristici del 13 novembre 2015: quanto successo nel Bataclan e in alcuni locali di Parigi è simile a ciò che è accaduto in questo capitolo. A volte mi faccio degli scrupoli e trovo difficile descrivere certi avvenimenti e trattare questa tematica in una storia di fantasia, ma è il mio modo di scuotere un po' le nostre coscienze e non dimenticare le tante vittime di terrorismo che ci sono state e che continuano ad esserci purtroppo ogni giorno.
Cosa ne pensate?
Grazie di cuore a tutti voi che state leggendo questa storia ❤
A presto 😘
D.J.
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