24. Destino beffardo
AVVISO
In questo capitolo ci sono delle scene di violenza. Anche se avevo già fatto delle premesse all'inizio di questo romanzo, mi preme comunque avvisarvi che da questo momento la storia avrà delle sfumature dark.
Ma ricordate, non tutto è come sembra 😉
Quando tutto sembra opporsi a te...
quando senti che non potresti sopportare un altro minuto,
non mollare!
Perché è quello il momento e il luogo in cui il destino cambierà.
Jalāl al-Dīn Rūmī
Marah
Un suono ovattato riecheggia nelle mie orecchie come se mi trovassi chiusa in una bolla.
Sembrava un colpo di arma da fuoco, ma non capisco da dove sia arrivato.
A fatica cerco di riaprire gli occhi, ma un secondo sparo, più violento e distinto, mi scuote fino a ridestarmi del tutto.
Devo aver perso i sensi per qualche secondo, ma le immagini dello scontro ritornano prepotenti nella mia testa.
Altri colpi si susseguono facendomi realizzare che non è stato un fatale incidente, ma l'ennesimo attacco feroce di quei vili terroristi.
È me che cercano, perché li ho visti in faccia.
«È viva!»
Sento afferrarmi dalle spalle e il cuore sembra volermi uscire dal petto.
Forse sto sognando, ma riconosco la voce di Niklaus: nonostante stia urlando, non riesco a capire quello che mi dice.
Mi aiuta a sollevarmi finché riesco a guardare sul davanti dell'auto. Spalanco la bocca non appena noto il lunotto anteriore schizzato di sangue, ma non ho nemmeno la forza di urlare.
L'agente seduto al posto di guida giace riverso e privo di sensi. Un taglio alla tempia gli sfigura il volto e un rivolo di sangue gli cola fin sotto il collo.
Sperando che non sia morto, recito una preghiera silenziosa, ma un'altra raffica di spari mi riscuote da quella scena orribile. Niklaus mi fa scudo con il suo corpo facendomi rannicchiare nello spazio vuoto tra un sedile e l'altro per ripararmi.
«Vi copro io... Scappate!»
È la voce di Lana che urla a pochi metri da noi. Sono confusa, ma un istinto di difesa ha la meglio e in pochi secondi realizzo che è lei a sparare.
Esco dall'auto, lasciandomi aiutare da Niklaus.
Non riesco a credere che siamo entrambi illesi dopo ciò che è successo. Insieme ci buttiamo sul ciglio della strada per ripararci dietro un muretto vicino.
Mi siedo per terra per riprendere fiato. Niklaus fa lo stesso, ma poi mi guarda con il terrore dipinto sulla faccia: «Dobbiamo muoverci. Riesci a correre?»
Mi rialzo con tutte le forze che mi sono rimaste, ma non posso fare a meno di voltarmi indietro per capire cosa stia succedendo.
Dall'altra parte della strada c'è un poliziotto a terra. Un uomo con il volto coperto da un passamontagna gli si avvicina puntandogli la pistola addosso per freddarlo.
Chiudo gli occhi nello stesso istante in cui parte il colpo.
Comincio a tremare violentemente, mentre Niklaus cerca di trascinarmi via.
Troppo tardi. Ci fermiamo entrambi, quando l'uomo ci punta addosso la stessa pistola con cui ha appena ucciso il poliziotto.
«Fermi o vi ammazzo!»
Rimango immobile, con la consapevolezza di essere senza scampo. Capisco che siamo braccati quando sento i passi di un altro uomo che mi raggiunge e mi blocca facendo passare un braccio intorno al mio corpo. Mi attira verso di sé, mentre solleva l'altra mano per puntare un'arma dietro la mia nuca.
Il contatto con il metallo mi provoca un brivido che scende dal collo giù verso la schiena, mentre la vicinanza del suo corpo contro il mio mi fa salire un conato di vomito.
Non grido e non oppongo resistenza: so che sarebbe del tutto inutile.
Con uno strattone, l'uomo mi scaraventa verso un furgone vicino, senza mai lasciare la presa.
L'altro uomo fa lo stesso con Niklaus.
C'è uno strano silenzio ora e quando riesco a guardare indietro, verso le due auto della polizia ferme sulla strada, mi si blocca il respiro quando noto una chiazza di sangue sotto il corpo del poliziotto che hanno appena ucciso. Poco più avanti ci sono altri membri della scorta inermi per terra.
Mi sfugge un singhiozzo che mi raschia la gola, ma ormai non posso fare più niente.
C'è stata una strage ed è stata solo colpa mia.
Sono viva e spettatrice ancora una volta di tanta violenza e morte. Perché Dio permette che ci sia tanto odio ed egoismo? Quando finirà tutto questo?
Se fossi esplosa con quella bomba stanotte, tutto questo non sarebbe successo e invece sono ancora su questa terra, testimone scomoda dei crimini di questi uomini che non si fanno scrupoli né nel rubare né nell'uccidere a sangue freddo.
Perché tanta disumanità?
Delle sirene in lontananza mi distraggono per qualche istante dai miei pensieri, ma ogni mia speranza s'infrange nello stesso istante in cui l'uomo che ancora mi blocca con la sua presa ferrea mi intima di salire sul furgone.
Non appena richiude il portellone, il mezzo parte di corsa per fuggire dal luogo dell'incidente, facendomi cadere a peso morto, non avendo nessun appiglio a cui aggrapparmi.
Le sirene si fanno sempre più lontane e dubito che riusciranno mai a raggiungerci ovunque questi uomini hanno in mente di portarci.
È tutto così surreale. Non riesco a credere a ciò che è successo.
Quando riesco a mettere a fuoco ciò che mi circonda, mi accorgo con sgomento che nella cabina del furgone, oltre a me e Niklaus, c'è anche Lana, oltre agli uomini che ci hanno preso.
«Quale delle due è la donna che cerchiamo?» chiede un uomo indicando me e Lana.
«Che cazzo ne so» risponde l'individuo che nel frattempo mi ha legato le mani con una fascetta.
«Si somigliano. Nel dubbio le portiamo tutt'e due.»
Niklaus, approfittando di quel momento, cerca di liberarsi sferrando un calcio a uno degli uomini che gli sta vicino. Un terzo uomo con una sola mossa lo schiaccia contro il pavimento e con un pugno dritto nello stomaco lo rende inoffensivo all'istante, mentre io ricaccio in gola il mio ennesimo grido che vorrei lanciare contro il mondo intero.
Cosa pensava di fare da solo?
Il mio amico con un lamento si contrae, mentre Lana, a sua volta legata, non emette alcun suono, ma cerca di lanciarmi degli sguardi d'intesa.
Cosa ha in mente?
Lei conosce questi criminali? Perché aveva una pistola con sé?
Senza farmene accorgere, cerco di capire chi sono e se tra loro ci sia anche Kam, l'uomo che ieri mi ha messo addosso la cintura esplosiva.
Conto quattro uomini, tutti con il volto coperto e armati.
Se sono complici dei terroristi che hanno fatto irruzione nel museo, perché non mi uccidono subito?
Che senso ha rapirmi?
«Se cercate la donna che vi ha visto in faccia, sono io. Loro non c'entrano nulla.»
Lana mi guarda e per un attimo mi sembra quasi che voglia sollevare gli occhi al cielo per quello che ho detto.
«Liberateli!» chiedo con una supplica, ignorandola.
So di essere una stupida ingenua, se credo che li libereranno con tanta facilità, ma non riesco a fare a meno di fare un tentativo.
Offrirmi in sacrificio non mi costa nulla, perché ormai non ho più niente da perdere.
Gli uomini non si degnano nemmeno di rispondermi e per qualche minuto fatico perfino a rimanere seduta per tutti gli scossoni dovuti alla velocità del mezzo, finché il furgone rallenta la corsa fino a frenare dopo una breve discesa.
Neanche il tempo di capire che ci siamo fermati, il portellone viene aperto rivelando all'esterno un altro uomo.
Ci fanno scendere per portarci verso delle auto. È buio, ma capisco che ci troviamo al chiuso, forse in un parcheggio sotterraneo.
Con una spinta mi ritrovo faccia a faccia con un altro uomo alto e magro. Ancora prima di sollevare il mio sguardo, ho già intuito che è Ibrahim.
«È lei?» gli chiedono.
I suoi occhi pieni di odio s'incatenano ai miei mentre fa un cenno affermativo con la testa. Nello stesso momento, l'uomo che non ha smesso di stringere il mio braccio per tenermi ferma mi spinge a entrare in un'altra auto.
«Che volete farci?» chiede Niklaus, che nonostante tutto, ha ancora il coraggio di parlare.
«Adesso mi hai davvero rotto!»
L'uomo che mi tiene ferma si toglie il passamontagna rivelando una smorfia piena di maligno compiacimento.
Con un rapido gesto, solleva la mano con cui impugna la pistola e nello stesso momento Niklaus si accascia a terra.
Quando realizzo che gli ha appena sparato al petto con un colpo mortale, tutta la bile trattenuta fino a quel momento fuoresce dalla mia gola impedendomi di urlare.
Mi vomito addosso e in parte anche sull'uomo che ha appena commesso il più atroce dei crimini.
Gli ha tolto la vita come se avesse davanti un moscerino insignificante.
«Lurida puttana!» mi inveisce contro colpendomi con uno schiaffo.
Le lacrime cominciano a bagnare il mio volto, mentre un dolore lacerante mi sale dal profondo delle viscere. È così forte che quasi non sento nemmeno bruciare la guancia appena percossa.
«Prendetele! Hanno già visto e sentito troppo» ordina l'assassino che ancora mi stringe con forza contro di sé.
Un altro conato di vomito mi risale in gola, ma questa volta non ha la forza di uscire.
«Le portiamo dal capo: deciderà lui se dobbiamo toglierle di mezzo» continua l'uomo, come se solo ora volesse rispondere indirettamente alla domanda di Niklaus.
Dio mio, fa' che sia solo un incubo!
***
Il viaggio in auto dura qualche ora.
Non appena usciti dalla città, mi hanno infilato un cappuccio sulla testa per cui non ho idea di dove ci stiano portando.
Mi sento così indifesa adesso che Niklaus non è più con me. Forse persino Dio mi ha abbandonata.
Senza che me ne renda conto, le mie mani cercano la piccola borsa che ho a tracolla. Al suo interno non c'è soltanto il mio diario, ma anche il libro di Malak che porto sempre con me.
Chiudo gli occhi, ma il pensiero torna sempre a lui e alla sua promessa di cui ancora non comprendo il significato: "Ricordati che non sei mai sola!"
Smetto di piangere, di pensare e smetto persino di pregare.
Scelgo l'oblio per cacciare indietro ogni ricordo doloroso e tutto l'orrore vissuto in quelle ultime ore. Mi lascio trascinare senza oppormi anche quando mi fanno scendere dall'auto.
Indosso ancora il cappuccio quando mi scaraventano a terra, ma ormai ogni fibra del mio corpo è immune alla sofferenza fisica.
Non sento più nulla, né mi accorgo del tempo che passa.
Non so dove sono, né se sia notte o giorno.
Sono così distrutta che forse mi addormento perfino.
Mi ridesto dal mio dormiveglia quando sento qualcuno che mi fa alzare per farmi sedere su una sedia. Non riesco a muovere mani e piedi che sono ancora legati.
Sento diverse voci e passi nella stanza, ma dopo qualche minuto solo la voce di Lana è l'unica che riaccende le mie facoltà mentali. È ancora viva. È ancora con me.
Non capisco cosa dice, ma mi colpisce per il tono di voce che usa: è dolce e suadente, mentre io sono al contrario spaventata e intimorita.
Solo in quel momento mi accorgo che sta parlando in russo, come se conoscesse chi ha davanti.
«Smettila!»
Quell'ordine brusco e privo di emozione mi scuote nel profondo facendo riaffiorare tutti i ricordi della notte passata nei sotterranei del museo.
Quella voce la riconoscerei tra mille.
È la voce di Kam!
In tutto questo c'entra lui? E Lana è sua complice nel furto di reperti?
Quell'uomo è davvero il Diavolo?
Pensavo mi avrebbe uccisa subito, invece mi ha lasciata lì a contare i secondi che mi separavano dalla fine.
I suoi occhi così freddi e al tempo stesso così magnetici mi hanno fatto pensare che fosse stato lui a salvarmi volutamente dall'attentato al museo.
L'artificiere che mi ha tolto di dosso la bomba mi ha spiegato che il filo che avrebbe dovuto dare elettricità alla carica era staccato, ma ora un sospetto s'insinua della mia mente: Kam in realtà aveva prima cercato di avvisarmi per mettermi in salvo e poi deve aver reciso il cavo.
Non posso credere che sia stata una semplice negligenza.
Ha salvato me e al tempo stesso ha impedito a Ibrahim di farsi saltare per aria.
Mi salverà anche adesso?
È questo che cercava di dirmi Lana? È per questo che adesso sembra così tranquilla?
«Forse preferisci la santarellina che è qui vicino a me?»
Che vuole fare? Non capisco.
«Stai zitta o verrai frustata insieme alla tua amica!»
«Non è mia amica» risponde, eppure non dimentico che ha cercato di salvare sia me che Niklaus. Chi è veramente?
La porta si spalanca in quel momento e sento i passi di qualcuno avvicinarsi e togliermi all'improvviso il cappuccio.
Rimango a occhi chiusi ancora per un po', ma un getto di acqua gelida mi piomba addosso all'improvviso.
«Così non puzzerai più di vomito...»
L'uomo non finisce la frase che ride, con un suono malefico che mi fa accapponare la pelle già percorsa dai brividi per via della doccia fredda appena fatta.
Voglio vedere in faccia l'uomo che ha ucciso Niklaus e così sollevo lo sguardo su di lui.
Ha il volto ricoperto dalla barba che non nasconde la sua meschinità. La carnagione scura e gli occhi scavati completano il suo aspetto inquietante.
Dovrebbe ripugnarmi, ma qualcosa ormai si deve essere rotto dentro di me perché non provo nulla, né rabbia, né disgusto.
L'uomo mi oltrepassa per dirigersi verso Lana. Dopo averla guardata per qualche secondo, le lancia sulla testa un pezzo di stoffa.
«Voi donne occidentali siete delle svergognate. Siete vestite come delle prostitute!»
Lana per tutta risposta gli sputa in faccia.
«Forse sei tu che non riesci a tenertelo nei pantaloni quando mi guardi...» lo provoca sollevando il suo petto per mettersi in mostra.
Le lancio uno sguardo per farle capire che sta scherzando con il fuoco, ma ottengo purtroppo l'attenzione su di me.
L'uomo si volta per sbeffeggiarmi: «Cosa c'è, verginella, forse anche tu muori dalla voglia di essere scopata. Ti ho sentita mentre fremevi prima tra le mie braccia...»
Rimango in silenzio e abbasso lo sguardo verso il pavimento.
Non m'interessa ciò che pensa di me. Nulla ha importanza al pensiero di come ha tolto la vita a Niklaus.
L'uomo sghignazza come se la mia reazione lo divertisse, poi si volta verso Kam. «La lascio a te! Deve essere presentabile per il capo... Io mi occupo di questa qui con la lingua lunga».
Poi prende Lana e la porta via dalla stanza, lasciando solo me e l'uomo che mai pensavo di rivedere in un frangente simile.
Si avvicina lentamente estraendo un coltello, ma non mi fa paura, nonostante i suoi occhi cerchino di intimorirmi.
Ricambio il suo sguardo, cercando di rimanere calma. Ancora non riesco a capirne il motivo, ma qualcosa in lui mi dice che non devo temerlo.
Si avvicina ancora di più, sfiorando appena con la lama il mio viso, per poi scendere giù per la gola fino a sciogliere il nodo del foulard che porto intorno al collo.
«Che vuoi fare?» gli chiedo con un filo di voce senza neanche accorgermene.
Non mi risponde, ma con l'altra mano mi afferra il foulard lasciando che scivoli per terra.
Non smette di guardarmi. I suoi occhi brillano di una luce che ha qualcosa di sinistro e di dolce allo stesso tempo.
«Sei così bella...» mi sussurra sollevando appena gli angoli della sua bocca carnosa che solo adesso mi sembra troppo vicina alla mia.
Si sporge ancora più avanti fino quasi ad annullare la distanza fra di noi, ma io rimango ferma, come stregata.
«Tu sei diversa dalla tua amica troietta, vero malýshka?»
Rimarca l'ultima parola come se volesse farmi rivivere il nostro primo incontro al museo, quando mi ha scambiata per Lana e mi ha abbracciata afferrandomi da dietro.
Non ho ancora dimenticato quel momento: il ricordo delle sue mani che accarezzavano il mio corpo ha invaso la mia mente troppo a lungo, facendomi tormentare dai sensi di colpa.
Sento le mie guance avvampare e abbasso il viso per la vergogna.
Si allontana quanto basta per frapporre tra me e lui la lama del coltello che continua a impugnare.
Tremo appena, ma spero che lui non se ne accorga. Respiro normalmente per non esternare la mia confusione.
Sul mio volto metto una maschera di imperscrutabilità.
Non voglio che quest'uomo l'abbia vinta, né che percepisca il potere che ha su di me.
Nonostante la durezza del suo volto, nei suoi occhi leggo che nasconde qualcosa, forse il motivo del suo odio nei miei confronti. So che sta giocando con me, ma io percepisco il suo tormento nascosto.
Finge, come se volesse celare i suoi pensieri o le sue emozioni. Non so come, ma lo percepisco e questa sensazione mi avvicina a lui con una misteriosa e inaspettata forza.
Sono sull'orlo di un baratro. Nulla scalfisce più la mia anima, ma qualcosa di oscuro mi connette inesorabilmente all'uomo che ho di fronte.
Che sia salvezza o dannazione, qualcosa mi scombussola senza che riesca a spiegarmelo.
Forse il destino si prende gioco di noi, perché continuiamo a ricontrarci in frangenti assurdi.
Non reagisco in nessun modo, nemmeno quando sembra voler fare di tutto per minacciarmi, spaventarmi, provocarmi.
Scostando il colletto della mia camicia con la punta del pugnale, sembra voglia tagliarmi la gola.
Poi con un colpo secco, strappa la mia collana facendola cadere per terra insieme alla croce che mi aveva regalato mio nonno.
Nemmeno questo gesto riesce a scalfirmi. M'impongo di rimanere zitta e immobile.
Solo un leggero ansimare tradisce quanto mi abbia scosso. La collana di mio nonno è una delle cose più care che possiedo.
«Cosa credevi? Che ti avrei baciata?»
La sua domanda mi sorprende, ma cerco di reprimere lo sguardo di fuoco che vorrei lanciargli.
«Forse preferivi che a toccarti fosse il tuo professore?»
Con un riso sarcastico mi prende in giro, ma io non raccolgo la sua sfida nemmeno questa volta.
Sono delusa piuttosto da me stessa, perché in fondo so che ha ragione: sono caduta nella sua trappola.
Quest'uomo ha un viso di una bellezza crudele in netto contrasto con i suoi occhi di una profondità senza fine.
È riuscito a incantarmi, facendomi sprofondare negli abissi del suo sguardo, ma la realtà è che voleva solo dimostrarmi che sono una ragazzina immatura che si lascia raggirare con le parole.
Perché ha nominato il professore? Forse ci ha visti al museo?
Ricordo all'improvviso quell'attimo imbarazzante in cui Lucas mi ha attirata a sé nei corridori e quella porta sbattuta subito dopo. È successo la stessa sera in cui io e Kam ci siamo incontrati per la prima volta nell'ufficio di Lana.
"Sei solo una ragazzina... Torna dal tuo professore".
Le sue parole mi bruciano ancora, anche se non ne capisco il senso: non ci eravamo mai visti prima, eppure ora mi sembrano come quelle di un uomo geloso e prepotente.
Lui raccoglie la mia collana da terra e poi prende anche la mia borsa svuotando il suo contenuto per terra.
Si sofferma a guardare il libro di Malak, ma non tradisce nessun pensiero.
Poi torna a guardare me, come se volesse scavare nella mia anima per capire chi sono veramente.
So di essere una contraddizione vivente: avevo al collo un simbolo cristiano e poi porto in borsa un libro di preghiere musulmane.
Con il coltello taglia la corda che mi lega le mani per lasciarle libere e poi mi riporge il mio foulard.
«Indossalo sulla testa» mi ordina, quasi come fosse una raccomandazione.
Devo essere presentabile per il loro capo, per cui non me lo faccio ripetere due volte. Obbedisco senza fare obiezioni al contrario di Lana e con movimenti un po' maldestri, mi copro il capo imitando i gesti che tante volte avevo visto compiere da Leyla quando indossava il suo hijab.
È un simbolo che non mi appartiene e che non dovrebbe essere imposto, ma indossato liberamente.
Lui mi osserva e nel frattempo mi porge anche il libro di Malak.
Sembra passato un tempo infinito, eppure era solo ieri quando mi ha fatto leggere alcuni versetti del Corano mentre indossavo quella cintura esplosiva.
Sollevo lo sguardo sorpresa dalla sua improvvisa gentilezza e come per magia, ritrovo quell'assurda connessione che mi era parsa di percepire tra noi.
Sono davvero pazza se penso che un terrorista possa essere gentile.
Tutt'altro, forse ho davanti un assassino.
Il ricordo improvviso della morte di Niklaus fa risalire il veleno rimasto nel mio stomaco.
È solo un attimo e tutta la sofferenza ignorata in quelle ultime ore mi colpisce con forza devastandomi.
Non posso fare altro che rinchiudere la mia anima nella prigione dell'indifferenza: la stessa in cui mi ero rinchiusa quando è morta mia madre.
Eppure, un rumore che proviene dalla porta mi fa trasalire.
«Marah, sei tu?»
Mi volto in direzione della voce che mi ha appena chiamato, convinta di star sognando.
Leyla è davanti a me e in pochi istanti ricopre lo spazio che ci separa, correndo ad abbracciarmi.
Spazio autrice
So che questo capitolo è stato bello tosto, ma spero che il finale abbia portato un po' di speranza in tanta sofferenza.
Leyla è viva e finalmente lei e Marah si sono riabbracciate.
❤
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