17. Amanti segreti

Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia.
Perché oltre la nera cortina della notte c'è un'alba che ci aspetta.

Khalil Gibran



Marah


«No, papà! Sono arrivata da un giorno appena e non tornerò a casa solo perché Ibrahim è qui in Siria a piede libero! Anzi, una ragione in più per restare e scoprire se Leyla è con lui. Ti richiamo stasera: ora devo andare.»

Chiudo la chiamata e chino il capo prendendomi la testa tra le mani.

È tutto così incredibile: non avevo più notizie sulla loro scomparsa da mesi e proprio oggi scopro da un notiziario locale che sulla testa di Ibrahim pende un mandato di cattura internazionale per reati di terrorismo.

Come avrà fatto a fuggire senza che la polizia riuscisse a fermarlo? E soprattutto, Leyla sarà con lui?

Mi chiedo come possa essere coinvolta in tutto questo anche lei, ma per ora le forze dell'ordine stanno cercando solo Ibrahim e altri due terroristi affiliati con dei gruppi ostili al regime di al-Assad.

All'improvviso sento qualcuno poggiare una mano sulla mia spalla. Sollevo il capo e i miei occhi si scontrano con quelli ombrosi del professor Walton.

Anche lui si mostra ansioso: Leyla era una sua studentessa ed è davvero cortese da parte sua starmi vicino in questo momento. Cerco con tutta me stessa di mostrarmi calma, ma al suo occhio attento, appare chiaro che non è affatto così.

«Tuo padre ha perfettamente ragione a essere preoccupato per te: è passato così poco tempo da quando...»

Interrompe la frase a metà, temendo di rievocare ricordi spiacevoli.

Il suo tono di voce forzato mi provoca un senso di fastidio, ma non ne capisco il motivo.

Tenta di sfoderare uno dei suoi sorrisi, ma il suo viso è così vicino al mio che mi soffermo a guardare le sue labbra contratte.

Può darsi che lui già sapesse che è un momento delicato per la Siria dal punto di vista politico, ma deve averlo nascosto per ragioni che vanno oltre la nostra sicurezza. Forse ci sono ormai troppi interessi economici in gioco o forse ha capito che sono io la benefattrice anonima.

Subito dopo mi sento in colpa nel dubitare della sua reale preoccupazione nei miei confronti.

Forse sono rimasta troppo scottata e la mia capacità di giudizio si lascia fuorviare da qualsiasi più piccolo dettaglio inusuale.

«Se le cose dovessero peggiorare, sentiti libera di abbandonare la missione in qualsiasi momento.»

Le sue parole sono così strane: finora non mi aveva mai scoraggiato in questo modo.

Un colpo di tosse mi fa sollevare lo sguardo: non mi ero per niente accorta della presenza della dottoressa Marchenko.

«Lucas, siamo in ritardo per la conferenza!» si rivolge con un tono mellifluo al mio ex insegnante, mentre mi fulmina con lo sguardo. Nella sua espressione scorgo un non so che di ambiguo. È solo una sensazione, ma giurerei che mi nasconde qualcosa fin dal primo momento che l'ho vista. In questi giorni cercherò di indagare meglio.

«No, professore... Sto bene!» la ignoro, mantenendo un tono calmo e professionale: non voglio passare per una ragazza problematica che ha bisogno di essere sostenuta. Ho vissuto il mio inferno personale, ma l'ho superato. Non posso creare problemi a tutta la missione e buttare all'aria quest'occasione per paura che possa succedere di nuovo.

Lo devo a me e a Leyla.

«Solo un momento, Lana» risponde il mio professore, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi.

«Mi dispiace, Marah! Te la senti di rimanere da sola?»

«Certo, vada pure... Non si preoccupi: il lavoro che faremo nei prossimi giorni ha la priorità su tutto il resto e cercherò di non pensare a ciò che è successo prima di Natale. Può contare su di me!»

So che sono poco credibile, ma ce la metterò tutta per dimostrare di essere all'altezza.

Il professor Walton mi fa un cenno con la testa e stringe un po' di più la presa sulla mia spalla. Percepisco il calore della sua mano e mi ricordo solo ora di non avere addosso nient'altro che il mio accappatoio.

«Lana, ti raggiungo subito!»

Per fortuna ha distolto lo sguardo dal mio viso proprio mentre stava andando in fiamme.

La dottoressa Marchenko mi lancia un'ultima occhiata di sbieco per poi allontanarsi con il suo tipico passo deciso e atletico.

Penso che sia meglio tornare nella mia stanza per vestirmi.


Quando sono finalmente presentabile e meno sconvolta, scendo ad aiutare i miei colleghi per controllare e preparare le attrezzature che ci serviranno per lo scavo e ne approfitto per avvicinarmi a Niklaus e chiedergli se ha bisogno di aiuto.

Anche lui ha saputo dell'attentato che c'è stato a New York qualche mese fa, ma nonostante la curiosità che leggo sul suo volto, non mi fa domande.

Sospiro di sollievo e nel giro di qualche ora l'atmosfera si fa meno tesa.

Il pensiero di Leyla non mi abbandona, ma cerco di non darlo a vedere. Sono sicura di poter far qualcosa per cercarla o rintracciare qualcuno della sua famiglia di origine che vive ancora qui in Siria, ma non so proprio da dove cominciare.

«Ti va di fare un giro per Damasco stasera?» mi chiede Niklaus quando ormai sembriamo del tutto affiatati. «Devo incontrare alcuni amici che non vedo da tantissimo tempo.»

«Sono siriani?» gli chiedo con interesse.

«Sì, studiano all'università di Damasco, ma provengono da diverse città della Siria.»

Chiacchierando con Niklaus scopro che conosce questo paese già da tre anni: in questo lasso di tempo, è riuscito a crearsi una vasta rete di conoscenze. Accetto il suo invito con la speranza di riuscire a reperire qualche informazione: so che sarà difficile ottenere qualcosa di concreto partendo dal nulla, ma tentar non nuoce.

Gli faccio qualche domanda, ma non voglio sembrare indiscreta, così mi mostro solo entusiasta di conoscere ragazzi del posto e di fare un giro turistico.

Decidiamo di fare una passeggiata tra i vicoli della città vecchia prima di cena.

Ogni angolo di Damasco nasconde un'infinità di tesori. Mi sembra di essere in un museo a cielo aperto: ci sono tracce della civiltà romana e bizantina tra le moschee e le rovine degli edifici islamici.

A quell'ora del pomeriggio, una luce tenue si diffonde nelle strade rendendo tutto più magico, ma ciò che mi colpisce di più è il profumo che proviene dai suk, i mercati che dopo secoli rappresentano ancora oggi il fulcro principale della città.

Quando la stanchezza comincia a farsi sentire, raggiungiamo i suoi amici in un ristorante in un quartiere dove la sera s'incontrano sia ragazzi cristiani che musulmani.

Sono felici della nostra compagnia: per loro poter parlare di democrazia con un'americana e un europeo è un'occasione per confrontarsi alla luce delle ultime manifestazioni studentesche.

Ci sono diverse ragazze che portano il velo, ma parlano con sicurezza dei loro ideali facendo della libertà di parola il loro motto. Sono determinate a lottare per la loro emancipazione e per un futuro senza oppressioni e costrizioni. Sono così simili, eppure diverse dalla mia amica Leyla: anche lei amava la sua libertà, ma al tempo stesso aveva paura che la sua famiglia e soprattutto suo fratello Ibrahim la scoprissero in compagnia di ragazzi e che le vietassero di frequentare la scuola di danza o l'università.

Scommetto che anche i genitori e i fratelli di queste giovani donne darebbero di matto se sapessero che la sera escono da sole e frequentano amicizie maschili.

In breve tempo, riesco a entrare in confidenza con un paio di ragazze. Naima e Aisha sono due sorelle che studiano giurisprudenza. Provengono da un paese vicino, dove sono nati i genitori di Leyla, per cui non posso fare a meno di chiedere se possono aiutarmi a rintracciare una mia amica tramite i loro contatti su Facebook. Mi ascoltano con interesse, al punto che mi ritrovo a parlare di Leyla con gli occhi che mi luccicano di emozione.

«Ci siamo conosciute a New York tempo fa e poi ho perso sue notizie.»

«Hai una sua foto?» mi chiede Aisha, così gliela mostro. Ci scambiamo i numeri per rimanere in contatto nel caso riescano a rintracciarla.

Ho un po' di paura che scoprano che in realtà la mia amica è scomparsa, ma magari salta fuori qualcuno che l'ha vista o può aiutarmi ad avere notizie su di lei.

Niklaus rimane in silenzio. Forse ha intuito qualcosa, ma continua a non farmi domande.

La serata procede tra chiacchiere e ottimo cibo, che quasi mi dimentico di ogni mia preoccupazione: era da tanto che non passavo un momento così spensierato.

Quando rientriamo la sera, ci sono diversi posti di blocco per la città. I poliziotti ci chiedono i documenti, mentre imbracciano con disinvoltura i loro kalašnikov.

Niklaus non si fa intimidire e ci lasciano stare non appena controllano i nostri passaporti.

Tutto questo mi rimette addosso tutta la tensione che ero riuscita ad allentare nelle ore precedenti, ma il mio collega mi spiega che è dovuto alla primavera araba che ormai sta prendendo piede dappertutto, ma che non c'è da preoccuparsi.

Torniamo ai nostri alloggi che è ancora piuttosto presto, ma mentre saliamo le scale, va via la corrente e a stento trattengo un grido.

Prontamente Niklaus usa il suo cellulare come torcia per farci luce, creando un'atmosfera surreale.

«Qui è normale rimanere senza elettricità, soprattutto la sera o durante la notte».

Annuisco senza nemmeno preoccuparmi se lui riesca a vedermi al buio. Lo seguo mentre mi fa strada fino ad arrivare davanti alla mia camera.

Ora che siamo del tutto soli, nella penombra, non mi sento più a mio agio con lui. Frugo nella mia borsa alla ricerca della chiave della mia stanza e dopo alcuni secondi che sembrano interminabili, finalmente la trovo.

«Buonanotte, Niklaus» bisbiglio per non farmi sentire dalla mia vicina di stanza, come se stessi facendo qualcosa di male, ma dopo essere stata sorpresa questa mattina in accappatoio, mi sento colpevole semplicemente per essere lì, in quelle tenebre che rendono tutto più intimo.

Eppure, la voce di Niklaus, pur avendo delle leggere sfumature di delusione, non ha nulla di oscuro e peccaminoso quando mi augura a sua volta la buonanotte.

Non so spiegarmi il motivo, ma l'immagine della sagoma di quel guardone, che è stato a lungo presente come un'ombra tra me e Galen, fa la sua comparsa, costringendomi a rintanarmi di corsa dietro l'uscio della mia stanza.

Anche stanotte, Lana e il suo misterioso amante non mi lasciano dormire.

Non vorrei essere come lei. Non ci tengo a diventare una praticante del sesso occasionale, ma in fondo non mi dispiacerebbe essere un po' meno problematica su questo punto.

Non chiudo occhio fino all'alba anche per via del fuso orario.

I misteri che attanagliano il mio cuore sono come una coltre di vapore che m'impedisce di rilassarmi, ma quando la luce dell'alba filtra dalle finestre, tutti i miei dubbi e le mie paure si dissolvono come la nebbia del mattino.


***


Abbiamo lasciato Damasco da quasi una settimana.

Vedere il Leone di Al-lāt con i miei occhi è qualcosa che non avrei mai immaginato possibile: la statua, che in passato ornava il tempio dell'antica dea nei pressi della città ai tempi dei fasti preislamici, ora è in mostra nel giardino che circonda il museo archeologico di Palmira.

È meraviglioso stare qui. Non ho ancora iniziato a lavorare negli scavi archeologici, ma sto comunque occupando il tempo in piccole ricerche sui reperti conservati nel museo, al fine di compararli con i ritrovamenti appena giunti dalla necropoli di cui ci occuperemo nei prossimi giorni.

È un'attività piuttosto lunga e noiosa, così dopo la chiusura delle sale ai visitatori, scendo in giardino per prendere una boccata d'aria in solitudine e abbandonarmi ai miei pensieri per scrivere un diario.

Mi mancava troppo qualcuno a cui confidare i miei stati d'animo, così ho iniziato a farlo su quelle pagine bianche per non avere più la tentazione di scrivere a Malak.

Non l'ho più cercato dall'ultima volta e mentirei se dicessi che non è più nei miei pensieri e soprattutto che non scrivo quel diario come se mi rivolgessi a lui, così come facevo con quel cellulare che ho gettato via in un momento di rabbia.

So che dovrei fare di tutto per non pensare più a lui, ma è l'unica cosa che mi ha aiutato ad andare avanti nei momenti più bui.

Sono sempre convinta che lui sia stato un angelo per me: da quando ha esaurito il suo compito, devo camminare con i miei passi e con la forza che ogni giorno Dio mi concede.

In giardino c'è una brezza leggera che fa frusciare le foglie degli alberi. Sollevo i miei capelli e una sensazione di freschezza mi dà sollievo dalla calura.

Mi perdo tra quelle statue, i sarcofagi e resti architettonici dei templi che sorgevano nelle vicinanze.

Sono così presa che quasi non mi accorgo della dottoressa Marchenko che mi oltrepassa furtiva per perdersi sul retro della villa.

Lana è sempre così scostante e sulle sue, che nonostante più di una settimana passata a stretto contatto, non riesco ancora a chiamarla per nome.

Per fortuna non si è accorta di me, nonostante si sia girata più di una volta come ad accertarsi di non essere seguita.

Vorrei andarle dietro per scoprire se nasconde qualcosa, ma poi decido che è meglio rientrare all'interno del museo.

La curiosità continua a tormentarmi, al punto che mi aggiro nei corridoi del primo piano, sbirciando da ogni finestra fin quando riesco a raggiungerla con il mio sguardo senza essere vista.

Si è appartata nell'angolo più isolato del giardino. La mia curiosità cresce quando mi accorgo che non è sola, ma in compagnia di un uomo.

Lui è di spalle, per cui non riesco a capire se sia qualcuno della nostra spedizione: è piuttosto alto e con i capelli ricci e lunghi fino alla base del collo.

Parlano animatamente e al tempo stesso sembrano piuttosto intimi, soprattutto perché lei gli poggia le mani sul petto e lui le sta quasi addosso.

Che sia lui l'uomo del mistero con cui ha passato notti infuocate a Damasco?

In fondo non sono fatti miei se vogliono flirtare in giardino, pensando di essere al riparo da sguardi indiscreti, ma qualcosa di quell'uomo m'incuriosisce. Non è solo il suo fisico prorompente e muscoloso che cattura il mio sguardo, ma il suo portamento che emana sicurezza e una virilità fuori dal comune.

Strabuzzo gli occhi quando lo vedo estrarre qualcosa dalla tasca della giacca per passarla nelle mani di lei: sembrerebbe un manufatto antico, forse una piccola statua.

Tutto questo mi fa pensare subito a qualcosa di illegale.

Devo ad ogni costo scoprire di cosa si tratta.




Spazio autrice

Allora, cosa ne pensate di questo capitolo?

Scusate se è troppo condensato, con pochi dialoghi o descrizioni, ma non volevo allungarlo ancora di più.

Ci sono molti indizi e particolari importanti che spero abbiate colto.

Chi credete che sia quest'uomo misterioso che incontra Lana? Dai, su! Non è difficile indovinare... anche perché a breve avrete un suo pov 😉
Non lasciatevi fuorviare dal nome del capitolo! 😂😂😂

Ci avviciniamo sempre di più alla parte centrale della storia: fatemi sapere cosa ne pensate?

Baci e a presto 😘

D.J.

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