1. Enantiosemia
Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s'era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così.
Italo Calvino, Il barone rampante
Nove anni dopo
Marah
"Uno, due, tre, quattro... cinque, sei, sette, otto..."
Conto i passi nella mia mente guardandomi allo specchio della parete di fronte, mentre ondeggio mantenendomi in equilibrio sulle mezze punte. Quattro scatti con il bacino, poi ruoto i fianchi disegnando un cerchio a destra e un cerchio a sinistra come a voler raffigurare un otto, il simbolo dell'infinito.
"Uno, due, tre, quattro..."
Punto i talloni per terra e aiutandomi con le ginocchia, comincio a far vibrare il ventre a pieno ritmo per eseguire uno shimmy...
A quel punto chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla musica e dalle oscillazioni del mio corpo. Per un attimo spengo i pensieri e comincio a girare: è così liberatorio, così magico... Ora capisco l'estasi che inebria i dervisci rotanti con la loro danza sacra. Un vortice che imita la rotazione dei pianeti intorno al sole, un'armonia cosmica che simboleggia la ricerca di sé nel creato universale.
«Marah!» mi riprende Nahid, la mia insegnante di raqs sharqi, la danza orientale il cui stile classico, con i suoi movimenti eleganti e sinuosi, si è diffuso dall'Egitto in tutto il mondo.
Mi guardo intorno a fatica, cercando di tornare alla cognizione di ciò che mi circonda e mi accorgo di essere al centro della sala con gli occhi di tutte le altre allieve puntati addosso. Mi fermo e, arrossendo dalla vergogna, abbasso il capo per fissare le punte dei miei piedi scalzi.
«Marah, devi rimanere concentrata con la testa! Torna indietro e ricomincia» mi ammonisce duramente Nahid, ma mentre mi giro, incrocio il mio sguardo con quello della mia amica Leyla che mi sorride.
Sorrido anch'io e il resto della lezione passa in fretta, tra prove, coreografie e stretching finale.
Alla fine, corro ad abbracciare Nahid: nonostante sia un'insegnante un po' severa, mi guarda con benevolenza facendomi l'occhiolino. Mi basta questo per capire che i suoi continui rimproveri sono solo per il mio bene: per lei la danza non è solo uno svago, ma una vera e propria disciplina a cui dedica tutta se stessa, pretendendo il massimo dalle sue allieve.
Io l'adoro e le sono grata per tutto quello che mi ha insegnato.
Dopo averla salutata, filo verso gli spogliatoi per raggiungere Leyla, che è già quasi pronta per uscire. Non so come faccia a essere così veloce: è probabile che abbia solo paura di essere scoperta da suo fratello, che non sa nulla della sua passione per la danza.
La osservo incantata mentre si copre i capelli con l'hijab e le faccio cenno di aspettarmi.
«Sei troppo lenta!» mi rimprovera la mia amica, quando riprendo a piegare con cura i miei vestiti e a riporli nel borsone.
«Sono solo metodica, forse per deformazione professionale. Ricordami perché abbiamo scelto di studiare archeologia» la stuzzico.
«Forse per rigore scientifico e propensione ad analizzare ogni minimo dettaglio; non per perfezionismo maniacale: la tua è una malattia, lo sai? Forza, sbrigati!»
Alzo gli occhi al cielo, ma non posso fare a meno di sorridere.
A Leyla devo tutto.
Quando ci siamo conosciute alla Columbia University, oltre a starmi vicino in un brutto periodo della mia vita, è stata lei a farmi innamorare della belly dance e di tutto ciò che riguarda il Vicino Oriente e il Mondo Arabo. Leyla non è solo una danzatrice fantastica, ma è anche bellissima. Le invidio da morire i suoi grandi occhi neri e i capelli lunghissimi che le coprono tutta la schiena, mentre io sono la tipica ragazza americana con occhi chiari e capelli castani.
Quando sono pronta, usciamo insieme dalla scuola di ballo. Fuori mi aspetta Galen, che, non appena mi nota, cerca di nascondere invano la sua espressione spazientita. Anche lui a volte mi rimprovera di essere troppo lenta. Lo ignoro e chiedo a Leyla se vuole un passaggio in macchina.
Lei mi guarda un po' imbarazzata e mi ringrazia, ma come sempre rifiuta dicendomi che preferisce tornare a piedi. Sono abbastanza sicura però che non vuole rischiare di essere scoperta in macchina con un ragazzo estraneo alla sua famiglia, per giunta non musulmano.
La saluto quindi, dandole un bacio sulla guancia e poi raggiungo Galen che mi fulmina con lo sguardo. Metto il broncio e salgo sulla sua Ford F-150 senza degnarlo di un'occhiata, finché lui mi si avvicina per darmi un bacio.
«Devi per forza far amicizia con quella gente? Le donne con il velo mi mettono i brividi! E se fosse una terrorista?» mi rimprovera facendomi innervosire.
«Solo perché Leyla è musulmana non vuol dire che è una terrorista!» cerco di spiegargli. «È mia amica ed è una delle migliori studentesse del mio corso. La sua famiglia è di origini siriane, ma vive negli Stati Uniti da prima che nascesse: è americana quanto me e te!» continuo cercando di non sembrargli troppo indignata per la sua uscita. «Leyla indossa il velo per sua scelta perché è molto credente. Parliamo spesso di fede e sebbene io sia di una religione diversa dalla sua, abbiamo scoperto di avere molti valori in comune.»
Vorrei dirgli che detesto invece chi giudica le persone in maniera superficiale, senza conoscere le loro reali motivazioni, ma Galen non è così: non capisco che gli prenda oggi.
Quando cala il silenzio, mette in moto la macchina e parte senza più controbattere.
Accende la radio a tutto volume e per il resto del tragitto non ci rivolgiamo più la parola. Non so cosa pensare: non immaginavo affatto che potesse essere razzista e la cosa mi sorprende.
Dopo circa dieci minuti di strada, sfrecciando per le strade caotiche di New York, si ferma di fronte al nostro pub preferito.
Stasera mi è passata la voglia di mangiare, oltre al fatto che sono stufa di trascorrere tutte le sere nel solito posto: rimango in macchina finché Galen si accorge che non mi sono mossa e mi apre lo sportello.
«Dai, Marah! Non fare la finta offesa... Vieni?» mi dice con il suo solito sguardo malandrino con cui riesce sempre ad abbindolarmi.
A quel punto cedo e lo guardo negli occhi accennandogli un sorriso. Scendo dalla macchina e lo raggiungo. Entriamo nel pub e ci sediamo al nostro solito posto accanto al bancone di legno invecchiato. Lui ordina una birra, io una coca zero zuccheri.
Il locale è carino: stile irlandese con piccoli tavolini e le pareti decorate da vecchie foto e stampe.
Anche la musica di sottofondo è piacevole, ma in netto contrasto con le note arabeggianti della darbuka e dei sagat che qualche ora prima riecheggiavano nelle mie orecchie fino a raggiungere la mia anima.
«Che mangi?» mi chiede Galen riportandomi alla realtà e indicando la lavagna con il menu del giorno.
«Non ho fame» sbuffo e così, dopo un'alzata di spalle, lui ordina solo per sé, senza insistere o ordinare le patatine che mi piacciono tanto.
Lo osservo attentamente e qualcosa dentro di me scatta. Non era mai successo prima.
Come siamo finiti così? Io e Galen stiamo insieme da poco più di un anno e sembriamo già una vecchia coppia stufa della vita.
Sono solo io a pensarlo? Possibile che lui non si accorga di quanto sia cambiato? O forse sono cambiata io?
Rimango a fissarlo per tutto il tempo senza che i suoi occhi azzurri ricambino i miei sguardi. Sembra sfuggente, distratto, come se io non fossi seduta davanti a lui.
Dopo aver finito di mangiare, va un attimo in bagno, mentre io rimango qualche minuto da sola. Non lo faccio mai, ma stasera non so che mi succede e, senza pensare, afferro il cellulare che ha lasciato sul bancone e, caso strano, non ha il codice di blocco.
Scorgo distrattamente le sue ultime chiamate, finché un nome attira la mia attenzione: Betty.
Perché la mia amica Betty l'ha chiamato?
Rimetto a posto il telefono e cerco di scacciare dalla mia mente quel piccolo dubbio: forse sono troppo paranoica...
Mi fido di Galen: so che mi ama e che non mi farebbe mai del male.
Poi però nella mia mente mi torna un flash: quando prima Galen si è avvicinato per baciarmi, gli ho sentito il mio profumo addosso, quel profumo che però oggi non ho messo; quel profumo di cui qualche giorno fa Betty mi ha chiesto il nome...
***
Galen mi ha riaccompagnata a casa presto. Non ho sonno, per cui accendo il mio pc per controllare le e-mail.
In quel momento, il mio telefono vibra e mi accorgo che Leyla mi ha mandato un messaggio: "Mio fratello è strano in questi giorni: temo che mi abbia scoperta".
Provo a chiamarla, sebbene sappia che a volte non può parlare, ma per fortuna mi risponde.
«Cosa ha fatto?» le chiedo subito.
«Credo abbia spiato nel mio pc... però si è anche collegato a una chat strana e ha scaricato dei video di propaganda jihadista. Secondo me, si sta facendo influenzare da alcuni ragazzi che frequenta all'università.»
«Sì, ne ho sentito parlare anch'io» le rispondo ricordandomi di aver ascoltato alcune voci su alcuni ragazzi musulmani dell'università che stavano cercando di diffondere idee estremiste.
«Ho paura, Marah! Perché mio fratello dovrebbe guardare video del genere?» mi risponde con la voce trafelata.
«Leyla, sta' calma! Magari era solo per curiosità, o pensa di poter rimorchiare qualche ragazza. Dammi il nome della chat, così gli do un'occhiata» le dico nascondendo anch'io una certa preoccupazione.
«Marah, i ragazzi musulmani non rimorchiano: è ḥarām, proibito! Comunque ti mando dei video con il link e la password in un messaggio, ma stai attenta!»
Presa dalla curiosità clicco sul link e, dopo diversi passaggi, riesco a collegarmi a una chat con un nome falso.
Scelgo di chiamarmi Violet: è un nome che mi è sempre piaciuto perché mio padre mi diceva che appena nata, i miei occhi erano color pervinca e ancora adesso, a seconda della luce, le mie iridi hanno delle sottili screziature grigie tendenti al viola.
<Violet> ciao a tutti!
Comincio con i saluti e poi do un'occhiata alla lista degli utenti collegati: credo di essere l'unica donna.
Neanche il tempo di pensarlo che vengo subito bersagliata da una marea di messaggi privati, ma tra tanti, il primo nickname che mi attira per via della mia passione per le civiltà dell'antica Mesopotamia è Hammurabi.
Che coincidenza!
<[Hammurabi]> ciao, sei nuova?
Decido di rispondergli e, mentre scrivo, mi tremano un po' le mani.
<[Violet]> sì, è la prima volta che passo di qua...
<[Hammurabi]> da dove dgt?
<[Violet]> dal nord di New York
<[Hammurabi]> risposta vaga
<[Violet]> 😀
<[Hammurabi]> io invece dal sud di New York
<[Violet]> bene, restiamo sul generico
<[Hammurabi]> o magari sul fantasioso
<[Violet]> ci sto
<[Hammurabi]> allora dove vivi Violet, in un prato fiorito?
Ci penso per qualche secondo, poi mi lascio trasportare dalla fantasia.
<[Violet]> io fluttuo su una barca in mezzo al mare
<[Hammurabi]> bello... quindi usi un collegamento satellitare?
<[Violet]> macché, la connessione mi cade di continuo...
Neanche a farlo apposta, giusto in quel momento perdo la connessione, ma quella strana conversazione con uno sconosciuto inizia a incuriosirmi, così presa da una strana euforia, mi ricollego subito sperando che il mio modem antiquato non faccia le bizze.
<[Hammurabi]> eccoti... bentornata
<[Violet]> grazie... sono in mezzo a una tempesta!
<[Hammurabi]> succede a tutti prima o poi...
<[Violet]> cosa posso fare per non affondare?
<[Hammurabi]> pregare e avere fede
<[Violet]> o avere il salvagente? 😀
* <[Hammurabi]> offre un salvagente di sicurezza a Violet
<[Violet]> grazie 😀
<[Hammurabi]> di niente
<[Violet]> e tu invece dove vivi?
<[Hammurabi]> io su una casetta costruita fra gli alberi
Per l'ennesima volta perdo la connessione e cerco di ricollegarmi in fretta, temendo che il mio interlocutore si stufi e decida di lasciarmi perdere.
<[Hammurabi]> tutto ok?
<[Violet]> sì.... ero caduta in mare... di nuovo
* <[Hammurabi]> offre un salvagente a Violet contro il mal di mare
<[Violet]> eheheheheheheh.... grazie, ti meriti un bacio 😘
Per qualche secondo lui non scrive più... oddio, cosa ho scritto? Sarà il fatto che c'è uno schermo a proteggermi, ma davvero sto flirtando con uno sconosciuto che non conosco e che potenzialmente potrebbe essere un terrorista?
Mi tornano in mente le parole di Leyla: "i ragazzi musulmani non rimorchiano: è ḥarām!"
Devo stare più attenta. Anzi, forse è meglio se abbandono la chat prima che mi ficco in qualche guaio.
Mentre medito una fuga, sullo schermo finalmente compare la risposta dello sconosciuto.
<[Hammurabi]> wow... non potevo desiderare di meglio da una che si chiama Violet...
<[Violet]> perché? cosa c'entra il mio nome?
* <[Hammurabi]> approda volteggiando fra i rami e raggiunge Violet in mezzo al mare
<[Hammurabi]> perché è il tuo nome che mi ha ispirato... l'idea della nave mi piace
<[Violet]> davvero?
<[Hammurabi]> sì, il tuo nome mi ha ricordato "Il barone rampante" di Calvino... lo conosci?
Avevo letto un articolo sull'archeologia urbana, per cui conosco bene questo autore italiano, così associo subito il nome Viola a Cosimo, il protagonista della storia che per un capriccio sale su un albero e da quel momento non metterà mai più piede a terra.
Anche lui adesso ci prova con me?
Dopo qualche secondo d'incertezza, decido di rispondergli.
<[Violet]> certo
<[Hammurabi]> ok, allora sai cosa succede quando i pirati mori sbarcarono nel porto?
Ancora una volta perdo la connessione.
<[Hammurabi]> stavo per venire a salvarti
<[Violet]> per fortuna ho il salvagente... e si è fatto tardi: mi racconterai la storia di Cosimo che sventa l'attacco dei pirati un'altra volta...
<[Hammurabi]> quando vuoi
<[Violet]> ora devo chiudere
<[Hammurabi]> aspetta
<[Violet]> dimmi
<[Hammurabi]> Violet, mi piace davvero il tuo nome... mi ricorda i fiori della mia terra natia
<[Violet]> scommetto che il tuo nome ha a che fare con le tue origini, vero?
<[Hammurabi]> sì, Hammurabi era un sovrano babilonese molto potente e anche un grande guerriero
<[Hammurabi]> ricevette il Codice contenente la legge direttamente dal dio Sole, il dio della Giustizia, così come è stato per i nostri Profeti a cui Allah si è rivelato
<[Hammurabi]> portare la giustizia nel mondo e fare scempio dei nemici di Dio è la missione di ogni soldato
Le sue parole sanno di vendetta e mi fanno venire in mente la spada a due tagli del Salmo 149, ma qualcosa mi dice che sia meglio cambiare discorso.
La mia curiosità prende il sopravvento.
<[Violet]> come sei finito qui a New York?
<[Hammurabi]> una lunga storia... vivo a New York da più di vent'anni... mi chiamo Malak
<[Violet]> toglimi una curiosità: quanti anni hai?
<[Hammurabi]> 32
<[Hammurabi]> e tu?
<[Violet]> 21 e il mio vero nome è Marah
<[Hammurabi]> piacere Marah
<[Violet]> piacere mio Malak: ti chiami come Darth Malak di Star Wars? 😁
<[Hammurabi]> ahahahah... o come l'angelo della morte...
<[Violet]> no, secondo me, sei un angelo buono 😉
<[Hammurabi]> forse... lo ero, prima di cedere al lato oscuro 😉
<[Violet]> buonanotte
<[Hammurabi]> buonanotte Marah e stai attenta agli uragani...
<[Violet]> ora sono al sicuro con il tuo salvagente
<[Hammurabi]> puoi contarci
Esco dalla chat e dopo qualche secondo realizzo che con fin troppa leggerezza gli ho dato il mio vero nome.
Ma che stupida!
Certo, è solo un nome, ma in certi casi la prudenza non è mai troppa. E se si trattava di un vecchio pervertito in cerca di qualche ragazza ingenua? O un hacker che ruberà la mia identità per poi chiedermi un riscatto? O peggio ancora un reclutatore di ragazzi e ragazze da immolare alla fede islamica?
Mentre sono lì che rimugino sulla mia idiozia, una notifica lampeggia sul mio computer.
Mi ero scordata di disconnettermi, così apro il messaggio.
È ancora lui:
<[Hammurabi]> il nome Marah in arabo ha un significato bellissimo: è stata una vera gioia per me conoscerti 😉
Non gli rispondo, ma apro la pagina di Google in cerca del traduttore e digito Marah: scopro che il mio nome significa "gioia" e sorrido tra me e me...
Sono sempre stata convinta che il suo significato etimologico fosse "amarezza".
Solo ora scopro che, nel corso dei secoli, il mio nome ha mutato significato, diventando in realtà una sorta di enantiosemia.
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