Whatever happened to the young, young lovers?
Non sa molte cose della vita Gabriele. Sa di avere sedici anni, sa di non avere i genitori e di essere cresciuto in uno sciatto bordello, sa di non potersi permettere di andare a scuola come i suoi coetanei e sa di avere degli amici che lo accettano nonostante sia più maturo della sua età. Ma sul serio, non sa molto altro. E questa notte, mentre era sul punto di andare a dormire, sa che Giulia viene a bussare alla sua porta, sa che le apre e vede la donna visibilmente scossa.
«Ga' è successo un casino.»
La voce bassa, le iridi che tremano. Afferra il suo polso e lo porta fuori dalla sua camera, lungo il corridoio, e indica la stanza adibita all'acconglienza della "clientela" di Giulia e delle altre ragazze. E Gabriele sa di essersi incamminato confuso, i capelli scuri legati in una scomposta coda e i passi pesanti. Ma quando vede Michele in posizione fetale sul divanetto, sdraiato con le ginocchia al petto e una coperta appoggiatta sopra al suo corpo, non capisce più niente. Giulia gli dice che è arrivato da poco e che non ha ancora aperto bocca, che tremava come un dannato e che Vincenzo, il gestore del bordello, gli ha dato una coperta per quello. Ma Gabriele non afferra. Non recepisce veramente quelle informazioni, il suo cervello non riesce ad elaborarle. Ha conosciuto Michele quando aveva 10 anni, lo conosce meglio di chiunque altro. Sa che è tanto forte quanto infantile, che è solo un ragazzino con l'atteggiamento di un bimbo che fa tanto il duro. Ma in quello stato stenta a riconoscete il suo Michele, colui che ha tanto amato per quei sei anni della sua breve vita. Le sue gambe sono pesanti quando si fa avanti e si sfaldano quando si lascia cadere sul tavolino davanti al divanetto.
«Portami il telefono.»
Sente la sua stessa voce parlare senza ricordarsi nemmeno di avergli dato quel preciso imput e quando si ritrova solo con Michele prova a chiamarlo ma lui non risponde. Prova e riprova, sperando che ad un certo punto lo stato catatonico che lo ha risucchiato sparisca e che il suo ragazzo lo guardi, mostrando tutti i suoi denti nel sorriso bambinesco che sa fare solo a lui. Giulia gli porta il telefono dopo qualche attimo, già sbloccato che tanto le ragazze sanno il codice per le emergenze di questo tipo, e gli chiese se vuole che chiami lei la famiglia di Michele. Gabriele scuote la testa, afferra il telefono e compone il numero di Mattia, che sono amici da una vita loro tre e sicuramente lui, abituato a prendersi cura delle sue sorelline, sa come può aiutare una persona in uno stato del genere. Che se fosse razionale lo saprebbe anche lui che non può chiedere questo a Mattia, che nessuno è preparato ad aiutare qualcuno in quelle condizioni ma Gabriele è disperato perché non sa che fare, non lo sa proprio. Lui ha imparato a cavarsela con mille mamme sempre diverse e disinteressate ed è vero che a Michele fa da babysitter quando escono insieme ma in un stato come questo non lo aveva mai visto.
«Spero tu abbia un buon motivo per svegliarmi alle 3 di notte Gabri.»
È stanco Mattia. Ha una voce assonnata che graccia fuori dall'autoparlante e il tono aggressivo non lo percepisce proprio Gabriele mentre risponde.
«Vieni subito qui, Michele è in uno stato orribile.»
«Quindici minuti e sono da te.»
Questo vuol dire essere amici, il ragazzo si rallegrerebbe della risposta se potesse, che sa che può sempre contare su Mattia se ha bisogno. Lo sguardo è fisso su Michele da quando è entrato in quella stanza. Tutto quel che vede di lui è il suo viso di sbiego, i capelli biondi che lo coprono appena, ma può vedere chiaramente un livido sulla guancia sinistra e degli ematomi che si estendono sul collo lattiginoso. Chissà quanti altri lividi ha sotto i vestiti, chissà chi ha stretto quelle carni bianche lontano dai suoi occhi, chissà per quale cazzo di motivo hanno osato mettere le mani addosso al suo ragazzo e chissà che diavolo gli hanno fatto per ridurre una persona forte e sicura come Michele così. E mentre pensa a questo la rabbia gli monta in petto come se stesse andando a fuoco, si leva il maglione dalle spalle perché in quella stanza sta diventando veramente troppo caldo e ricomincia a chiamare il nome di Michele.
«Michi, tesoro, sono io. Sono Gabriele. Vuoi dirmi cosa è successo?»
Avrà ripetuto quella frase allo sfinimento, ad intervalli irregolari di alcuni minuti, ma senza ricevere nessuna risposta. Ad un certo punto sente l'ascensore entrare in funzione, che le pareti sono sottili in quell'edificio e si sente il casino che fa quel catorcio quando qualcuno lo chiama, e dopo pochi attimi la porta si apre rivelando un Mattia con il fiato corto e lo zainetto sulle spalle.
«Gabri, che è successo?»
Mattia parla con un tono controllato, come se fosse abituato da tutta la vita a tenere a freno le proprie emozioni per il bene di altri, ma quando avanza e vede Michele, l'incredibile Michele, in quello stato il suo volto vacilla. Vede chiaramente la bocca tremare e le pupille restringersi mentre si fa avanti, sedendosi al fianco di Gabriele e lasciando lo zaino a terra tra le sue gambe.
«Mikey, che diavolo ti è successo?»
Le labbra sono incerte mentre accarezzano il soprannome di Michele, dietro gli occhi neri un leggero strato di paura che cerca di distruggere la sua perenne facciata di sicurezza e pacatezza.
«È così da venti minuti ormai, non so che fare.»
Gabriele voreebbe solo mettersi le mani tra i capelli e strapparseli forte via dalla testa per l'angoscia che sente opprimergli il petto. Mattia però è saggio, non sembra dai suoi corti capelli lilla e i piercing alle orecchie ma è un grande uomo di casa, così si inginocchia davanti al volto di Michele e gli accarezza i capelli, spostando una ciocca bionda da davanti il viso.
«Ti ho preparato il tuo thè preferito, quello ai frutti di bosco, e ti ho portato dei dorayaki dal tuo negozio preferito»
Parla con voce moderata, come se avesse davanti un cucciolo ferito o spaventato e non un suo amico. I suoi movimenti sono lenti mentre porta le pietanze elencate fuori dallo zaino e versa il thè in una tazzina apposita. Il thermos è ancora quasi pieno così Gabriele si permette di prenderne un sorso direttamente dal contenitore mentre vede gli occhi di Michele spostarsi sul fumo che gli sbuffa in faccia. Si tira su, la coperta che crolla al suo fianco, e fa una smorfia di dolore quando il suo fondoschiena si appoggia ai cuscini del divano. I due ragazzi davanti a lui registrano immediatamente il piccolo cambiamento e capiscono entrambi che il ragazzo ha altre ferite, probabilmente gravi, nascoste dai vestiti. Le minute dita di Michele si sporgono e acciuffano il manico della tazzina, se la porta alla bocca e prende un sorso, sicuramente scottandosi la lingua come al solito, ma questa volta non guiaisce di dolore facendo ridere i suoi amici, no, continua a tracannare il thè come se nulla fosse, come se non potesse sentire più niente. Gabriele riesce a recepire un tremore alla mano, la tazzina che balla piano tra le labbra del ragazzo sul divano, ma prima che possa appoggiarsi al suo braccio per calmarlo lui ha già finito il thè e Mattia gli porta via la tazza.
«Ne vuoi ancora Mikey?»
Domanda Mattia e riceve come risposta un cenno negativo della testa.
«Dorayaki allora?»
Ritenta il ragazzo e stavolta sembra quasi che gli occhi di Michele prendano vita quando nel suo campo visivo entra la scatola dei suoi dolci preferiti. I suoi occhi neri si allargano per un attimo e dalla sua bocca sembra star per proferire un sì ma tutto si spegne nell'istante seguente, la testa che cade sulle ginocchia, ancora strette al petto, e lo sguardo vacuo sul nulla. Gabriele e Mattia si scambiano uno sguardo preoccupato e quest'ultimo indietregga dopo aver risistemato la coperta sul corpo di Michele, nel caso il tremore tornasse.
«Io...io non ricordo molto di quello che è successo...»
Una voce bassa, rotta e incerta, comincia a parlare e i due ragazzi si voltano immediatamente nella direzione di Michele che parla contro le sue ginocchia.
«Mi hanno drogato.»
Continua lui, la voce che non trasmette un cenno di vitalità o energia.
«E mi hanno violentato.»
Gabriele lo sente il fuoco esplodere al centro del suo petto, che non è una persona violenta ma per difendere Michele li sterminerebbe uno ad uno quegli stronzi; sente anche gli occhi pizzicare, timide lacrime che provano a scivolargli sul viso, ma lui le ricaccia indietro noncurante.
«Hanno detto che era per correggermi, che ero malato e che li avrei dovuti ringraziare per quello che stavano facendo.»
Ed è come se tutto tornasse come prima. Michele si spegne, gli occhi scuri persi nel vuoto, e si accascia maggiormente sul proprio corpo. Oh, ora capiscono tutto. Michele è asessuale e qualche maniaco ha ben deciso di fargli del male per questo; luridi bastardi. Si ricorda bene Gabriele il giorno in cui il suo ragazzo ha fatto coming out. Uscivano insieme da poco e da quando lo conosceva era la prima volta che lo vedeva veramente nervoso. Ai posteri probabilmente Michele si è sentito pressato a fare coming out prima ancora di quanto avesse voluto dal fatto che Gabriele vivesse in un bordello, che per lui fosse tanto naturale fare sesso quanto per Michele non sentirne l'attrazione. Gli aveva fatto un lungo discorso cominciato con un "Mi piaci un sacco ma non mi ecciti, nessuno lo fa" e finito con un "Ti prego, dimmi che sarai per sempre al mio fianco nonostante tutto" mentre si sforzava di tirare su le lacrime e farsi vedere composto. Gabriele gli si era avvicinato, gli occhi che brillavano come stelle, e lo ha stretto tra le braccia dicendo una cosa similare a "Sarò al tuo fianco anche dopo la morte". Michele sentiva il corpo leggero, le converse bianche poggiate dolcemente su uno strato di nuvole soffici in mezzo al cielo azzurro; era al settimo cielo. Ma non tutte le cose vanno sempre per il verso giusto. A scuola, dopo un anno di relazione tra i due, si era sparsa la voce che non avessero ancora avuto un rapporto sessuale, che alle gente che diavolo fregasse di loro due non lo sapevano, e qualcuno azzardò l'ipotesi che Michele non fosse interessato. Una gentile ragazza di terza, che aveva avuto una cotta per lui prima di sapere che fosse impegnato, glielo andò a chiedere e Michele rispose semplicemente che sì, era asessuale e che a Gabriele andava bene tutto di lui. A Michele bastava che il suo fidanzato lo accettasse, poco gli importava delle voci che lo seguivano per tutta la scuola da quel giorno. Lo stesso non si può dire di Gabriele che fulminava con lo sguardo tutti quei ragazzini, che credendosi furbi, prendevano in giro Michele quando lui non vedeva all'uscita da scuola. Gabriele sapeva che se Michele avesse voluto li avrebbe messi K.O. in meno di cinque minuti ma ogni tanto gli piaceva fare il grande e grosso fidanzato protettivo. Ora da semplici risatine e versi di scherno chissà quanti ragazzi avevano osato mettere le mani su Michele, violandolo, e Gabriele veramente si pente di non averli presi a pugni a tempo debito.
«Michi, andiamo che ti porto a letto.»
Gabriele posando una mano sulla spalla del fidanzato, cercando come meglio poteva di fare qualcosa ora visto che non era riuscito a proteggerlo a tempo debito. Fu un attimo. La mano di Michele si chiuse a pugno e volò celere contro il fianco dell'altro. Se fosse stato in una condizione normale non lo avrebbe mai schivato, lo sapeva, che Michele fa arti marziali da quando è piccolo e nonostante sia basso è letale. Ma i suoi movimenti erano meno precisi e più lenti, che fosse per l'esperienza traumatica o per la droga ancora in circolo non lo sapeva, così riuscì a prendergli il polso in tempo e bloccare il colpo. Alla presa sul polso il minore sobbalza sul posto e i suoi occhi si aprono in direzione di Gabriele.
«Scusami, non volevo.»
Mormora con la voce a pezzi e comincia nuovamente a tremare sotto il suo tocco, terrorizzato dal pensiero di aver quasi fatto del male ad un suo caro.
«Michi shh, non è successo nulla.»
Lo tranquillizza Gabriele sciogliendo la presa dal polso e lo solleva dal divano, tenendolo stretto tra le braccia e cullandolo appena.
«Vuoi fare un bagno prima di andare a letto?»
Sta attento a toccare solo la sua schiena e le gambe per non spaventarlo ancora mentre gli porge quella domanda, e Michele non lo guarda nemmeno quando annuisce mentre si lascia andare contro un suo braccio. Gabriele cammina lento oltre il corridoio, con un po' di fatica apre la porta della sua stanza e si dirige verso il bagno. Lascia sedere Michele sul pavimento mentre apre l'acqua calda per riempire la vasca da bagno; per fortuna non è la prima volta che fa il bagno con lui e sà benissimo a che temperatura la gradisce.
«Michi, vado di là mentre ti lavi.»
E mentre prova ad oltrepassare la porta del bagno una mano si stringe attorno ai suoi pantaloni.
«Resta.»
«Sei sicuro?»
«Resta.»
Michele ripete solo quella parole per poi slacciare la presa della propria mano, lasciando che la stoffa si sfilasse tra le sue piccole dita. Gabriele sospira profondamente e solleva delicatamente Michele dalle braccia, levandogli i vestiti con delicatezza e facendolo poi immergere nella vasca calda. Il ragazzo si ritrova a storcere il naso e a strizzare gli occhi ad ogni livido che vede sulla pelle nivea e quando si trova a spremere sulla propria mano una generosa dose di bagnoschiuma usa tutta la delicatezza che possiede per massaggiargli il corpo, cercando di lavare via anche la sensazione delle mani di quegli sconosciuti addosso oltre che allo sporco. Finito di insaponare il corpo si passa un po' di shampoo tra le dita e massaggia il cuoio capelluto; Michele socchiude gli occhi, cercando di lasciarsi andare alle carezze del suo fidanzato.
«Michi tiene gli occhi chiusi okay? Ora ti tolgo lo shampoo.»
Gli raccomanda Gabriele accarezzandogli il viso prima di passare con il soffione della doccia tra le ciocche bionde e liberarle dal sapone.
«Ho finito, possiamo uscire.»
E senza aspettare che il ragazzo possa sollevarsi da solo, cosa che ormai sà che non farà, Gabriele se lo porta addosso e gli fa scavalcare la vasca, avvolgendolo dentro il suo accappatoio che sbatte contro il pavimento per quanto gli sta largo. Avvolge una mano contro il suo polso magro e lo trascina dolcemente verso il letto, lasciandolo lì disteso mentre cerca dei vestiti che possano andare bene a qualcuno della sua statura. Che diciamocelo, i ragazzi quando vedono arrivare Michele e Gabriele in coppia non sanno mai se è Michele ad essere troppo basso per essere un quindicenne o Gabriele ad essere troppo alto per essere un sedicenne. Gabriele sa solo che difficilmente può dare dei maglioni al suo ragazzo senza che sembra che ci stia nuotando dentro e per i pantaloni neanche se lo sogna di prestarglieli. Così i due, da quando stanno insieme, hanno ovviato il problema spostando parte dell'armadio di Michele a casa dell'altro, così che avesse dei vestiti per la notte e dei cambi. E Gabriele proprio quelli sta cercando. Fruga nei cassetti finché non trova un pigiama blu in pile della misura giusta e pescando un paio di mutande lì affianco si affretta a vestire il suo ragazzo prima che prenda freddo. Michele sente le mani del fidanzato su di lui e nonostante prima avesse provato ad attaccarlo quando l'aveva toccato la prima volta ora si lascia fare. Come se, in quello stato di trance sconcertante, riuscisse comunque a riconoscere il tocco confortevole di Gabriele sulla propria pelle.
«Cazzo, mi sono dimenticato i capelli. Fermo qui che prendo il phon.»
Esclama Gabriele, battendosi una mano sulla fronte, e velocemente scatta verso il bagno per recuperare l'elettrodomestico, fa così veloce che Michele non si rende conto nemmeno della sua assenza sulla propria pelle prima di sentirlo contro la schiena.
«Rilassati.»
Gli sussura all'orecchio, accarezzandogli una ciocca bagnata di capelli quando lo sente sobbalzare su di lui.
«Lo abbiamo fatto un milione di volte, ricordi?»
E quando Michele si tranquillizza accende il phon al minimo e si mette a spazzolargli i capelli.
Non li ha mai capiti i suicidi Michele. Infondo non ha niente da spartire con loro. Ha una bella famiglia, i suoi fratelli lo adorano, ed ha un gruppo di amici che lo credono invincibile. Ma c'è qualcosa nel profondo che lo fa sentire vicino a quelle persone. Ogni volta che sente il telegiornale parlare di un caso di suicidio c'è qualcosa, dietro sulla schiena, un nodo che lo lega stretto a quella vicenda. Ogni volta diventa taciturno e non finisce mai di mangiare, se ascolta il notiziario all'ora di pranzo, si rinchiude in camera e si ficca le mano tra i capelli con un solo pensiero. Potevo essere io. E non si è mai spiegato perché dovesse essere lui, lui che ama la sua vita, lui che ha così tanto da fare, lui che vuole costruire un nuovo mondo. Ora però, quella sensazione se la spiega. Sono sogni agitati i suoi. È tutto buio attorno a lui, come se non potesse aprire gli occhi, e sente della mani ovunque. Mani tra i capelli intente a tirargli i filamenti d'oro, mani sulla schiena, mani scavate sui fianchi, mani che bloccano i magri polsi, mani sul fondoschiena, mani sulle cosce. Mani ovunque. E quel qualcosa alla base della schiena lo strattona via ma le mani lo trattengono. Quella corda cerca di portarlo via; via da lì, via dall'abuso. Via. Libero. E non gli sembra sbagliato, e forse non lo è mai stato, quando riesce a defilarsi da quelle strette e scappa, trovandosi in bilico su un cornicione. Punta lo sguardo verso il terreno e stavolta i suoi occhi riescono a scorgere la strada trafficata sotto di lui, una cinquantina di metri che lo separano dal suolo illuminato dai lampioni in quella notte buia. I suoi capelli son simili all'argento sotto il chiarore della luna e con un sorriso, prima un piede e poi l'altro, si lascia andare contro il suolo.
«Non credevo che la tua morte, la nostra fine, sarebbe stata così vicina.»
Gabriele gli parla da sopra quel tetto da cui si è appena lanciato e il corpo di Michele si protende verso il suono, cercando di rincorrerlo. Alza un braccio, il vento che gli sferza violentemente i capelli sul volto bianco, e cerca di riportarsi in alto; vicino a Gabriele, vicino alla sua roccia.
«GABRIELE!»
Urla aiuto, la voce gli esce disperata, come se non fosse stato proprio lui a decidere deliberatamente di lanciarsi da quel tetto pochi attimi prima ma il vento cancella la sua voce e gli spezza il respiro. I suoi occhi scivolano in basso, il terreno sempre più drammaticamente vicino, e delle lacrime scappano dal suo viso.
«Gabri salvami.»
Michele si sveglia. Gli occhi neri guizzano subito su Gabriele che dorme profondamente accanto a lui. Le lenzuola blu arruffate sui loro corpi e il maglione rosso di Gabriele che si abbassa e si alza con il suo petto ad ogni respiro regolare e Michele riesce a sgusciare più vicino a lui, accucciandosi contro un suo braccio. Che dovrà attraversare l'inferno, che vorrà farla finita altre migliaia di volte ma non può permettere che questa sia la loro di fine.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top