Capitolo II: Arrivo a sorpresa
Capitolo II: Arrivo a sorpresa
L'iPhone di Steve mandò il trillo identificativo della governatrice e lui rispose subito:
"McGarrett. Buongiorno Governatrice."
"Salve, comandante", lo ricambiò la Jameson, "La nostra nuova recluta è già arrivata e pronta a prender servizio. Che ne dice se gliela mando adesso, dato che non state lavorando a nessun caso?"
"Va bene", disse Steve, un po' sorpreso perché era in anticipo di tre giorni, "L'aspettiamo."
Meno di dieci minuti dopo – il Palazzo del Governatorato era a due isolati dallo Ali'iolani Hale – udì il suono del campanello. Kono verificò di chi si trattava guardando attraverso il monitor del sofisticato impianto d'allarme dell'edificio storico; vide una bella donna bruna, con una lunghissima coda di cavallo, che guardava direttamente nella telecamera e che fece pure un gesto di saluto accompagnato da un sorriso. Automaticamente, Kono sorrise per ricambiare, dimenticando che non l'avrebbe vista, e pensò che la tipa pareva proprio simpatica.
"Avanti", le disse attraverso il citofono, premendo il pulsante che sbloccava la serratura del portoncino blindato dell'ufficio.
La porta si aprì e Steve, che casualmente in quel momento ci stava passando davanti, fu il primo a vedere il nuovo membro della sua squadra.
Quel che vide lo colpì come una mazzata; si bloccò proprio davanti alla soglia.
Era una giovane donna – troppo giovane, pensò confusamente – che gli rivolse un sorriso luminoso; abbigliata con una corta maglietta sbracciata verde acqua che le lasciava scoperto l'ombelico e un paio di aderenti pantaloni rosa fucsia di tela, aveva i piedi calzati da sandali bianchi infradito con un accenno di tacco. Gli occhi neri, dal taglio a mandorla, ed i lineamenti vagamente simili a quelli di Kono indicavano ascendenze hawaiane, sebbene probabilmente non immediate come quelle della sua collega. Questo era inaspettato: il suo cognome – Rivelli – era italiano, e non c'erano molti italoamericani alle Hawaii, men che meno italohawaiani.
"La signorina Rivelli?", chiese. Lei gli porse la mano in un gesto franco e diretto:
"Leilani", disse, "E lei dev'essere il comandante McGarrett."
"Steve", rispose lui, prendendole la mano nella propria e scuotendola. Il suo nome significava Fiori del paradiso. Molto azzeccato, pensò. Perché era proprio bella come un fiore, dolce e delicato e pur tuttavia forte perché, anche se calpestato, torna sempre a raddrizzarsi.
Tutto questo gli passò per la testa in una frazione di secondo. Si riscosse:
"Prego, entra", la invitò, scostandosi per farla passare e poi accompagnandola fino alla porta a vetri che separava il corridoio d'ingresso dall'ufficio, che le aprì da perfetto cavaliere. Leilani lo ringraziò con un altro sorriso luminoso come il sole che lo abbagliò, poi fece due passi avanti e si guardò attorno. Steve la seguì a ruota e si affrettò a presentarla agli altri:
"Ragazzi, questa è la nostra nuova collega, Leilani Rivelli. Leilani, questa bella hawaiana è l'agente Kono Kalakaua, il ragazzone biondo è il detective Danny Williams, e quel brutto ceffo lì è l'agente Chin Ho Kelly."
Sorridendo, Leilani strinse la mano a tutti. Danny non fece mistero del suo stupore:
"Tu saresti la maga dei computer che ci diceva la Jameson? Con dieci anni di esperienza nell'FBI? Impossibile, sei troppo giovane..."
La giovane donna scoppiò a ridere:
"Perché, quanti anni mi dai?"
"Ventiquattro, ventisei al massimo", stimò Danny, e Chin annuì mostrandosi concorde. Leilani scosse la testa, facendo ondeggiare la lunga coda di cavallo sulla schiena:
"Stai scherzando! Il mese prossimo compirò trentasei anni."
Danny fece tanto d'occhi, e la donna pensò che non aveva mai visto due iridi così azzurre. Era davvero un gran bel pezzo di fico, anche se i biondi non erano molto il suo tipo: preferiva gli uomini bruni come Steve McGarrett – però, che magnifico paio d'occhi verdi che aveva! – e pure lui non scherzava, quanto all'essere fico. Un fico da paura.
"Complimenti", disse Chin, sorridendole, "sembri davvero molto più giovane."
Lei ricambiò il sorriso e lo ringraziò del complimento con un cenno del capo.
"Vieni, ti faccio vedere il tuo ufficio", intervenne Steve, accennandole di seguirlo. Le aveva destinato la stanza più spaziosa, che finora era stata in disuso, dato che lui s'era accontentato di una più piccola, mentre gli altri avevano ciascuno il proprio piccolo ufficio.
Leilani si guardò attorno e parve soddisfatta:
"Sì, è abbastanza grande. Occorre un sacco di spazio per le apparecchiature che ho in mente", spiegò, rivolta a Steve, "Occorrerà un'altra scrivania, e quegli schedari non mi servono a niente."
"Puoi fare come ritieni meglio", le disse l'uomo, "La governatrice Jameson mi ha detto che hai carta bianca."
"Intendo mettere insieme un impianto allo stesso livello di quello che avevo all'FBI", dichiarò Leilani, improvvisamente seria, "Se la Five-0 è un'unità d'élite, lo sarà anche il suo reparto elettronico."
Steve comprese che la Jameson aveva avuto perfettamente ragione: per Leilani Rivelli, il suo lavoro era una missione, un compito al quale aveva dedicato la sua vita e tutte le sue capacità. Come lo era per tutti loro. Sì, sarebbero andati d'accordo.
Soltanto che lui non voleva andarci solo d'accordo.
Si accigliò: e quel pensiero da dove gli era venuto? L'aveva appena incontrata e già faceva voli pindarici su di lei? Non sapeva manco se gli sarebbe veramente piaciuta, una volta conosciuta meglio... Gran bel fisico, sì, sedere sodo, fianchi a mandolino, vita stretta, seno piccolo ma perfettamente modellato, come lasciava intuire l'aderente maglietta...
Il suo cipiglio si accentuò: no, non andava bene, d'accordo ammettere che fosse una giovane donna attraente, ma era una collega e doveva mantenere le cose tra di loro ad un livello professionale, almeno all'inizio. Non era contrario per principio alle relazioni tra colleghi, dato che aveva constatato che più spesso che no portano ad un miglioramento anche dell'efficienza sul lavoro, ma non era proprio il caso che si mettesse a fantasticare su di loro due assieme. Non così presto, almeno.
Leilani notò la sua espressione torva e si impensierì: aveva detto qualcosa che non andava bene? Non le era sembrato, ma non conosceva Steve McGarrett e le sue eventuali idiosincrasie. Non era bene far inquietare colui che, da quel momento in poi, sarebbe stato il suo capo, meglio chiarirsi subito. Del resto, lei non era una che si tirava indietro, nelle difficoltà di un rapporto, personale o professionale che fosse; era un atteggiamento che le aveva procurato dei grattacapi, ma alla fine anche la stima e la considerazione di colleghi, subalterni e superiori.
"Qualcosa non va, Steve?", indagò pertanto.
Steve, pensò lui. Come suonava bene il suo nome su quelle labbra...
Si costrinse a fermare quel treno di pensieri.
"No, no, niente", si affrettò a dirle, e poiché l'espressione di Leilani non si schiariva, si sforzò di sorridere, "Solo un pensiero fastidioso. Niente a che fare con te."
"Ah, bene", disse lei, ricambiando il sorriso, "Non vorrei partire col piede sbagliato."
Non potrebbe, neanche se lo facesse apposta, ponderò Steve. Ammettilo, vecchio mio: sei già decollato.
E Catherine, dove rimaneva in tutto questo? Lo disturbava rendersi conto di sentirsi tanto attratto da una donna quando aveva appena rotto con un'altra, una con la quale era stato per anni, tra l'altro, non un'avventura qualsiasi. Maledizione, lui non era così volubile! Che fosse allora solo una reazione indispettita al fatto d'esser stato piantato? In tal caso era meglio che la smettesse subito: non era giusto che usasse una persona in quel modo.
"Nessun problema", ripeté, "La governatrice diceva che potevi iniziare subito, ma se non hai ancora nessuna apparecchiatura, non vedo come potresti fare."
Assunse un'espressione interrogativa; Leilani occhieggiò il telefono sulla scrivania vuota.
"Per ora mi basta quello", affermò, "Comincerò col fare qualche chiamata per ordinare il materiale che mi occorre."
Steve annuì compiaciuto: le piaceva il suo stile diretto.
"Ottimo. Se vuoi del caffè, la macchina è nel cucinino", le indicò una porta poco più oltre, "C'è anche un forno a microonde e un frigo. La boccia per l'acqua invece è accanto all'ingresso."
"Okay, allora direi che possiamo dare l'avvio alle danze", disse Leilani con un altro sorriso, ed avanzò nella stanza che, a breve, avrebbe fatto diventare un centro operativo degno dell'FBI, "Ci vediamo dopo."
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