Chapter 1-His Memory

"Aspettami non correre così velocemente!"
Furono le parole di un ragazzino di 6 anni che correva spenzierato seguendo l'altro ragazzino.

"Sei troppo lento!"
Rispose l'altro ridacchiando.

"Non è vero,Sei tu che corri troppo!"
Si lamentò il viola mettendo il broncio e girandosi in dietro

"Non dirmi che ti sei arrabiato?" Domandò il rosso andando verso il suo amico voltato.

"anche se fosse?"
Chiese il viola all'amico rimanendo lo stesso voltato.

"Non volevo farti arrabbiare,scusami"
Disse il rosso all'orecchio del viola facendolo spaventare.
Non si era accorto che l'amico si era avvicinato,e che il suo fiato era sul suo collo

"CICO!"
Urlò il più piccolo fra i due spaventato e facendo un salto indietro.

"Dovresti vedere la tua faccia Stre,è divertentissima" disse il maggiore fra i due scoppiando a ridere per la faccia buffa e spaventata del suo amico di giochi.

"Ah-ah,molto divertente"
Disse il viola un pò offeso.

"...Cico prometti che saremo migliori amici per sempre?"
Chiese il viola al rosso che nel mentre aveva fermato la sua risata cristallina per ascoltare l'amico.

"Certo Stre! Saremo amici per sempre.Parola mia!"
Rispose Cico stringendo col il suo mignolino quello del violetto,in un rituale di promessa infrangibile.

"È invece non fu così..."
Le parole angosciate,seguite da un sospiro,di un ragazzo che fissava una foto sul suo comodino,con malinconia. Raffigurava due bambini di sei anni che si rincorrevano in uno splendito giardino fiorito sorridendo felici.

I raggi della luna illuminavano il suo volto di profilo facendo intravedere la sua pelle chiara e i suoi occhi dorati,luminosi al buio. Alcuni raggi toccarono anche i suoi capelli,corti e ben curati,di colore viola.

Ben presto in quella villa moderna tappezzata da intonaco bianco e grigio calò un silenzio tombale e lasciando ai propri pensieri quel ragazzo dai capelli sgargianti.

°•♢•°•♢°•♢•°

La finestra della sua camera,che prima era stata unica testimone del suo incontro con la luna,ora ospitava i raggi del sole. Ricadevano dolcemente sul suo viso illuminando il suo volto e costringendolo ad aprire gli occhi per il troppo bagliore.

Spostò delicatamente le lenzuola color lillà,al tocco morbide e setose,per poi andare in bagno a farsi una doccia fredda.

Il ragazzo adorava farsi la doccia durante le prime ore della mattina,per lui era un vero toccasana.
L'acqua fredda che ricadeva sul suo corpo e il fresco di rose dell'aria a prima mattina erano una buona terapia per iniziare una nuova giornata intensiva. Lo aiutava a non pensare a niente,gli svuotava la mente e lo tranquillizzava.

Appena uscì dal bagno,con indosso un'asciugamano bianco in vita,si diresse al suo armadio. Il mobilio faceva contrasto con le pareti bianco anonime della sua stanza. Era di legno,betulla scelto da lui un paio di mesi prima,ed arrivava fino al soffitto occupando un quinto di parente. Apri delicatamente le ante,rivelando un contenuto pieno di vestiti di mille colori.

Prese una maglietta rosa a maniche corte e mise sopra con sopra una felpa fucsia aperta. Per un qualsiasi ragazzo diciassettenne sarebbe stato un affronto indossare quei colori troppo femminili,e stereotipamente valutati solo per le donne,ma a lui non faceva differenza.

Per Strecatto la distinzione dei colori per il genere non gli importava. Dopottutto chi aveva deciso che una maglietta rosa potesse essere indossata da solo una donna? Era un capo di abbigliamento,nulla di più,nulla di meno,non era la fine del mondo se un uomo indossava colori differenti dalla solita scala monocolore di bianco-nero.

Fin da bambino,ha sempre adorato i colori vivaci e gli oggetti sgargianti,il rosa era ormai diventato un suo marchio di fabbrica. Era raro non trovarlo per strada senza la sua iconica felpa rosa.

La gente mentre camminava parlava,o eccome se parlava,lo insultavano e sparlavano dietro. Per poi comprendere chi fosse e fare gli ipocriti scusandosi. Delle scuse di certo non avrebbero cambiato certo il loro modo di pensare antiquato.
E non sono le persone per strada,ma anche i suoi genitori erano un pesante fiato sul collo. Non c'era giorno che non lo facevano presente e provavano a colpirlo in qualche modo. Ma dopo la prima volta non si era trovato più impreparato,aveva eretto un muro che lo avrebbe protetto,e mai avrebbe abbassato in loro presenza.

Accoppiò la felpa e la maglietta insieme a dei jeans strappati neri e delle convers del medesimo colore.
Per nascondere la sua identità si mise un berretto in testa,per coprire parzialmente il suo volto.

Scese silenziosamente le scale per arrivare al primo piano dell'enorme villa. Riaccheggiavano solo i suoi passi per quanto deserto potesse essere.

Una volta in sala da pranzo dalle pareti bianco immacolato e dal pavimento di marmo nero,si diresse al suo posto,alla sinistra del capotavola,dove trovò già la sua colazione,precedentemente preparata dalla servitù.

I suoi genitori,come sempre,erano già partiti per i propri impegni lavorativi,e con molte probabilità sarebbero tornati entro domani sera. Questo lo lasciava a casa da solo,di nuovo. Non era una novità che la sua famiglia non era mai stata unità,soprattutto dopo il suo coming out con i suoi genitori. Adesso da entrambi le parti c'era poco dialogo e voglia di andare il più lontano possibile e passare solo il minimo tempo possibile insieme.

Finì la sua colazione,composta da un cappuccino ed un cornetto alla crema–i suoi preferiti– in silenzio,come sempre,per poi alzarsi e dirigersi fuori la villa,dove la limousine di famiglia lo stava già aspettando,per accompagnarlo al set fotografico il più presto possibile.

Una volta fuori dalla visuale della villa potè tirare un sospiro di sollievo. Quel posto era angosciante e gli sembrava che le pareti prima o poi l'avrebbero schiacciato.

"Tutto bene signor De Lucis?"
L'autista,un uomo alto di corporatura magra,sui suoi 40 anni,chiese osservando l'espressione del suo viso dallo specchietto.
Essendo poco propenso per un interazione,annuì solamente e lasciò morire così la domanda. L'autista non gli chiese altro,e lui ne fù grato.

Strecatto De Lucis,ecco il suo nome completo. Ma non era altro che uno spettro di una qualsiasi moda.
Era un giovane modello che reppresentava l'idolo del momento.
Posava per molti brand famosi e nel tempo libero si dedicava a creare modelli,che sfortunatamente,non avrebbero mai visto la luce del sole a causa dei suoi genitori.

Era questo il suo sogno,diventare uno stilista famoso.Non gli importava della fama del momento,dei set fotografici,delle orde di ragazzine che gli venivano dietro o dei vari capi di abbigliamento che era obbligato ad indossare per puro egocentrismo di suo padre. Ma come sapeva nel profondo anche lui,quel sogno non era altro che una scusa per scappare da quel mondo che lo rinchiudeva in una gabbia sempre più piccola.

"Grazie per il passaggio"
il ragazzo ringraziò l'autista,che gli rispose con un cenno di capo,e scese dalla limousine.

Il set fotografico era allestito in una delle piazze di Milano,avevano voluto optare per uno sfondo più realistico,invece dei soliti greenscreen nello studio. Questo però,lo metteva al centro dell'attenzione dei passanti e della folla già radunata in torno alla piazza.

Mentre camminava verso la piazza,già sporgendo una folta folla di ragazzine urlanti,alzò lo sguardo per scorgere il territorio circostante. Milano era sempre affollata e piena di persone,non c'era strada deserta,soprattutto in questi ultimi giorni,essendo l'ultima settimana prima del rientro scolastico,e quindi gli ultimi giorni di vacanza estiva.

I palazzi erano tappezzati con manifesti pubblicitari e poster enormi con la sua immagine sopra....era risaputo dopottutto che era il modello più famoso di Milano.
D'ovunque andasse le ragazze parlavano solo di lui e della sua bellezza,la definivano "mozzafiato",facendo commenti anche sul suo fisico di tanto in tanto.
Ma lui non ci trovava nulla di tanto ricercatorio anzi,si vedeva come un normale ragazzo solo con una vita un pò frenetica.Per il resto era un diciassettenne normale.

Attraverso a falcate i metri restanti,facendosi spazzi fra la folla di ragazze adoranti in rosa,con cartelloni con sopra il suo volto,arrivando al centro della piazza facendosi notare dai fotografi.

"Signor De Lucis siete in ritardo. Posizionatevi sul set presto"
Gli disse il fotografo,una volta notato,nel mentre che puliva l'obbiettivo della telecamera. Pronta,lucidata e scattante.

"Come vuole lei"
Rispose il ragazzo posizionandosi per dare il via al servizio,rimandato putroppo di 5 minuti.

°•♢•°•♢°•♢•°

"Può bastare,ci rivediamo domani e la volta prossima siate puntuale"
gli disse il fotografo dopo un'ora di scatti.

"Certo,non si preoccupi"
Aveva appena finito il servizio e il diciasettene volle tornare a casa a piedi.

Durante il tragitto,ripensò ai ricordi che la sera prima lo avevano travolto e annebbiandogli la mente,perdendosi così per i suoi pensieri,gli stessi che lo avevano tormentato la notte prima,e quella ancora prima.........

Da piccoli si erano fatti quella promessa poi Cico si era trasferito in Sardegna e lui aveva perso il suo unico amico.

Il cielo iniziò a incupirsi e la pioggia iniziò a scendere capiosamente,quelle stesse gocce si mischiarono alle sue lacrime nel mentre che camminava a testa bassa verso casa,in quell'alone di solitudine e dolore che lo avvolgeva da chissà quanti anni senza che se ne fosse mai reso conto.

Vivere così faceva male.

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